Capitolo 25 IL DANZATORE DELLA TEMPESTA

Quando raggiunsero il locale dove in quei giorni avevano lavorato e dormito, lo trovarono deserto. Rheba bevve e si lavò la faccia, poi indossò un abito fornito di cappuccio che Kirtn scovò nell’unico armadio.

«Tiratelo sulla faccia. Non nasconde le tue nuove Linee, ma tieni la testa bassa e le mani in tasca finché non troveremo gli altri», le disse.

Da lontano proveniva un rumore appena udibile, e Kirtn si volse innervosito verso la finestra. Non riuscendo a identificarlo scosse le spalle, ma il suono si ripeté ancora.

«Cos’è?», sussurrò Rheba.

«Non siamo distanti dall’anfiteatro. Potrebbe essere un applauso dei Loos, o qualcosa di simile».

«O le grida degli schiavi in rivolta».

«Assomigliava a un tuono», osservò Fssa fra i suoi capelli.

«Tuono? Ma è la stagione secca». Kirtn non li ascoltava più. Era tornato sulla soglia e sbirciava nel corridoio di destra, quello che portava al tunnel sotto l’anfiteatro. Le fece cenno di muoversi, e si avviarono in fretta per il passaggio male illuminato.

Pochi minuti prima, uscendo dalla prigione, il silenzio di Imperiapolis li aveva informati che la mezzanotte non era ancora scoccata. Gli edifici erario deserti. Cominciarono a vedere i primi schiavi quando il percorso scese sotto il livello del suolo, e ben presto si trovarono a passare fra centinaia di essi fittamente assiepati nel tunnel e nelle diramazioni secondarie. Dal loro atteggiamento capirono che le Azioni di cui facevano parte erano già state rappresentate da un pezzo. Apparivano stanchi, affamati e preoccupati. Nessuno prestò attenzione alla loro presenza. Avrebbero dovuto restare lì finché i loro nuovi padroni non fossero venuti a prenderli, e a differenza degli schiavi di Imperiapolis nessuno di loro sarebbe uscito nelle strade cittadine per celebrare l’Ora del Non-Tempo.

Le facce di quegli individui di cento razze diverse misero a disagio Rheba. Come tutti i nuovi schiavi erano depressi e amareggiati, ancora incapaci di adattarsi a una vita servile. Fra di loro il vento della rivolta avrebbe serpeggiato in fretta, se fossero stati a conoscenza di quel che si andava preparando. Ma a programmare la ribellione erano stati altri, che non volevano novellini fra i piedi.

Da lì a poco, mentre percorrevano il centro di una vasta sala illuminata da torce fumose, udirono attraverso il brusio il fischio di Ifln. Veniva da una delle tante stanzette laterali, così piccola che quando anche Rheba e Kirtn vi entrarono dovettero schiacciarsi l’uno contro l’altro. Sentendosi sfiorare il volto da Rheba; Lheket le afferrò le mani con forza. La donna Bre’n gli teneva le dita affondate nelle spalle, standogli dietro, ed era così pallido e teso che lei lo fissò stupefatta.

«Siete arrivati appena in tempo», disse Ilfn. «La vostra Azione sta per cominciare. Gli J/taals e gli altri sono già alla base della rampa, in attesa del gong».

Kirtn la mise rapidamente al corrente di quanto era accaduto, e poi le spiegò le sue intenzioni. «Lheket dovrà danzare», concluse. «Rheba ha bisogno di energia per agire, e l’unica sorgente possibile è la cupola dell’anfiteatro. Chiamare la pioggia sarà duro, se questa è la sua prima volta, forse impossibile. Ma l’oceano è vicino, e nell’aria sovrastante dev’esserci molta umidità. Tutto quel che dovrà fare sarà di sfruttarla e …»

Ilfn rise crudamente, interrompendo il flusso di parole. «Sei più cieco di lui? Guardalo!»

In quel momento un rombo lontano echeggiò, udibile anche nell’intreccio di locali sotterranei, e con un’esclamazione soffocata Kirtn si volse di scatto a fissare Lheket. Sulle mani del giovinetto le Linee di Potenza erano scarse e brevi, ma rilucevano di lievi bagliori argentei. E intorno al suo collo se n’erano accese altre in un arabesco sottile. Ma Rheba aveva già capito cosa stava accadendo, perché le sue mani si erano illuminate per la reazione sin da quando l’aveva toccato. Fra i due Akhenet era in atto uno scambio di energia libera, che rianimò molto la ragazza. Un altro tuono rotolò nell’atmosfera vibrando fin giù nei tunnel. Gli occhi verdi di Lheket erano spalancati, colmi di luce interna. I suoi capelli crepitarono, gonfiandosi carichi di energia elettrostatica.

«Sta danzando!», sussurrò Rheba.

«Naturalmente». La voce bassa e tesa di Ilfn era gravida di emozione repressa. «Ho cercato di fermarlo, ma il suo tempo è venuto. Ha cominciato a cambiare circa un’ora fa. Si è svegliato. Tutto ciò che in lui sembrava dormire è balzato fuori di colpo, come se fosse stato chiamato in un cerchio di Danzatori Anziani. Non ho potuto impedirlo».

«Ha sentito il rez», sussurrò Rheba.

«Cosa?»

«Il rez. Deve aver sentito l’energia libera fin da qui, quando ho incanalato il rez di Kirtn».

Ilfn fece per fischiare qualcosa, ma per lo sbalordimento non vi riuscì. Guardò Kirtn e Rheba più volte, quindi parlò in Senyas: «Che stai dicendo? Nessuno, né Bre’n né Senyasi, può controllare il rez. Quando il rez brucia, si muore e basta. È sempre stato così».

«Non ho detto controllare, ho detto incanalare. Io ho …» Scosse la testa, incapace di spiegarsi bene. «Lasciamo perdere. Credi che Lheket abbia chiamato abbastanza nuvole da costringere i Loos ad attivare la cupola d’energia?»

Un altro tuono rumoreggiò sopra le loro teste, attraverso i soffitti di pietra. Ilfn rise ancora, di una risata che Rheba trovò spiacevole e innaturale.

«Cosa credi che stia accadendo lassù? Lheket è un Danzatore della Tempesta. Non è una candida nuvoletta quella che hai chiamato».

«Una tempesta?», chiese Kirtn.

«Puoi scommetterci». La voce di Ilfn conteneva una nota di orgoglio. «E se non avessi fatto tutto quel che potevo per trattenerlo, avrebbe chiamato qui sopra il padre di tutti gli uragani. Te l’ho detto che è forte».

Kirtn mandò un fischio di soddisfazione: lo scudo antipioggia sarebbe stato acceso, e Rheba avrebbe avuto tutta l’energia che le serviva.

«Hai bisogno di aiuto per tenere il ragazzo sotto controllo?»

Ilfn esitò. «Su Deva avrei chiesto aiuto. Ma qui…» Sorrise freddamente, un freddo sorriso Bre’n. «Qui non importa nulla se esagera. Per me può anche inondare la città e affogare tutti i Loos dal primo all’ultimo».

«Ma ci siamo anche noi», puntualizzò Kirtn.

«Lo so», tagliò corto lei. «Gli sto togliendo abbastanza energia da tenerlo sotto controllo, anche se rozzamente. Se lo lasciassi a sé stesso … poi dovrei ucciderlo. E ancora non è escluso che questo avvenga», terminò in un sussurro.

Rheba sentì un violento impulso di mettersi fra il giovinetto e la sua Bre’n, per proteggerlo, poi capì che il solo pensiero era folle. La prima cosa che chiunque su Deva doveva imparare era che nessuno doveva interporsi fra due Akhenet Bre’n e Senyasi. Ma dalla bocca le uscì un ansito:

«Non ucciderlo!»

Gli occhi di Ilfn le dissero quel che già sapeva: più volentieri avrebbe ucciso sé stessa. La Bre’n era immobile alle sue spalle. «Lo terrò sotto controllo finché potrò», disse semplicemente.

Nell’aria vibravano rumori lontani, che il brusio delle conversazioni nella sala rendeva indistinti. Kirtn accostò la bocca a un orecchio di Ilfn e fischiò qualcosa. La risposta della donna fu un sorriso così sensuale che nel vederlo Rheba trattenne il fiato. Subito dopo Ilfn parve disinteressarsi a loro e si concentrò su Lheket, stringendogli le spalle fra le mani con forza. In quella posa statuaria solo i suoi occhi rimasero vigili, colmi di luce interna come quelli ciechi del suo Akhenet.

Senza dir altro Kirtn si volse e uscì nella sala sotterranea piena di folla, scostando la gente per far strada a Rheba che lo seguiva. Voltandosi a guardarla vide che aveva gettato indietro il cappuccio, e glielo rimise con un borbottio di rimprovero. «Jal potrebbe essere da queste parti».

«Neppure tu sei precisamente invisibile», replicò lei.

Era la verità, ma gli schiavi alti e coperti di peluria scura abbondavano in quel luogo, e fra essi avrebbe risaltato assai di più la bionda bellezza di Rheba.

Una cinquantina di metri più avanti Kirtn si fermò così bruscamente che la ragazza gli urtò addosso. Il tunnel si allargava ancora in una sala, ai lati della quale c’erano dozzine di stanzette, e M/Dere era lì che si agitava nervosamente come in attesa di qualcuno. Appena vide il Bre’n attraversò la folla verso di loro, con un’espressione stupefatta dipinta sul viso.

Rheba scosse la testa. «Fssa, sei sveglio?», chiamò.

Un sibilo rassicurante le vibrò presso l’orecchio sinistro. Il serpente si stava crogiolando fra i suoi capelli, ma prestava costante attenzione ai suoni che gli giungevano. Appena M/Dere cominciò a parlare, fornì loro i suoi servizi di traduttore istantaneo.

«Sono lieta di rivederti, J/taaleri», disse la donna con un lieve inchino. «Ho vergogna di me stessa. Ho lasciato che tu venissi rapita senza muovere un dito».

«Non potevi far altro. Il tuo comportamento non ha bisogno di scuse».

Con sorpresa di Rheba la traduzione di Fssa fu piuttosto lunga, e senza dubbio ben diversa da quel che lei aveva detto. La J/taal ascoltò il discorsetto del serpente con estrema attenzione, e infine le rivolse un inchino ancor più profondo del primo, con aria raggiante.

«Ti ringrazio, J/taaleri. Vuoi che ora uccidiamo i due illusionisti?», propose.

Interrogato da uno sguardo di Rheba, Kirtn si strinse nelle spalle. «Fai quel che vuoi, Danzatrice del Fuoco. Ma assicurati che non si mettano sulla nostra strada».

«Dì ai tuoi compagni che i due Yhelle devono essere soltanto immobilizzati. Forse potranno esserci utili in seguito, se conoscono la città», ordinò Rheba.

M/Dere si volse a inviare un messaggio mentale nella direzione in cui attendevano i mercenari. «Fatto, J/taaleri. Adesso andiamo».

I due la seguirono in una delle stanzette, giusto alla base di una liscia rampa in salita. Gli illusionisti Yhelle erano con le spalle al muro, ciascuno tenuto per il collo da un J/taal pronto a stringere la presa, e i clepts li guatavano minacciosi. Avevano ancora le sembianze di Rheba e Kirtn, ma a un cenno della ragazza si affrettarono a riassumere le loro.

F’lTiri era un giovanotto magro e pallido, bruno come i’sNara, e aveva l’identica espressione vuota. Fissava Kirtn come se lo stesse paragonando criticamente con l’illusione che aveva proiettato di lui.

«Prima di farci uccidere», disse, «ricorda che siamo schiavi come voi. E come voi dobbiamo ubbidire al padrone».

«Nessuno vuole uccidervi», lo informò Rheba. «M/Dere vi farà dormire per un po’, e quando vi risveglerete la rivolta sarà già in corso e non potrete più nuocerci».

I’sNara mosse una mano verso di lei, cosa che provocò un ringhio feroce dei clepts. Parlò con voce priva di tono: «Lasciateci andare. Abbiamo diritto di cercare la libertà anche noi».

«Gli schiavi non hanno diritti», la corresse f’lTiri. «Non dire altro. Se qualcuno ti sente, sarai punita».

Per la prima volta da quando la conoscevano i’sNara mostrò un’emozione sul suo volto. Non rispose, ma gettò all’altro illusionista un’occhiata intensa. F’lTiri ebbe un movimento come per avvicinarsi a lei, ma le zanne di un clept gli si aprirono contro un fianco.

Rheba era indecisa. L’istinto le diceva di dare una possibilità ai due, la ragione le suggeriva di andare sul sicuro. Infine chiese: «Siete in grado di prendere sembianze da J/taal?»

Gli illusionisti parvero tremolare e sfuggire alla vista, poi gli J/taals mandarono mormoni di sorpresa: davanti a loro s’erano formate le figure di due mercenari della stessa razza. I clepts li annusarono perplessi, ma poi ringhiarono di nuovo. L’illusione era soltanto visiva, e al tatto e all’odorato gli Yhelle restavano Yhelle.

A uno sguardo di Rheba Kirtn annuì, risoluto a non contrastare qualsiasi cosa ella avesse in mente. Ambedue avevano visto abbastanza morte su Deva per desiderarne altra.

«Conoscete l’Azione», disse la ragazza. «La reciterete nella parte dei diavoli. Se farete un gesto per tradirci, i clepts saranno su di voi prima che chiunque possa fermarli».

I due doppioni J/taals mormorarono un assenso. Non ignoravano la ferocia dei cani da guerra, e li temevano più di un’arma puntata.

«Non credo che nessuno noterà la vostra presenza, eccetto naturalmente Dapsl», proseguì lei. «Dov’è quel bastardo?»

«Il caposchiavo è con Signore Jal. Non sopportava la vicinanza dei tuoi mercenari», rispose f’lTiri, e sorrise rivelando bianchi denti da J/taal. «Ma quando suonerà il gong di preavviso tornerà da noi».

Rheba imprecò in Senyas, e Fssa tradusse le sue parole in universale e in J/taal, aggiungendoci qualcosa di suo.

«Sentiamo, serpente», lo interrogò lei. «Hai qualcosa da proporre per nascondere a Dapsl due J/taals in sovrannumero?»

Fssa rimase zitto.

Intorno ai due duplicati J/taals l’aria vibrò e ondeggiò, e al termine di quell’effetto visivo restò … il vuoto. Gli illusionisti Yhelle erano scomparsi.

«Cosa diavolo …», ansimò Rheba.

Dal punto in cui poco prima i’sNara si trovava provenne la sua voce, a testimoniare che ella si trovava ancora lì. «Questa è la nostra illusione più difficile. E a dire il vero non possiamo …» Di colpo la donna riapparve, ancora in forma di J/taal. «Non possiamo mantenere a lungo. Ma basterà a farci arrivare sul palcoscenico. Una volta davanti al Loo-chim, Dapsl non potrà fermare l’Azione neanche se lo volesse. Sarebbe pericoloso per la sua stessa vita».

Un gong suonò quattro volte in distanza, a indicare che la penultima Azione era terminata.

Rheba decise di rischiare. «Allora farete la parte che vi ho detto. Alla fine, quando Saffar bacerà Hmel, i fuochi non si spegneranno come da copione: li farò alzare, invece, fino alla cupola di energia, e questo sarà il segnale della rivolta. Nella confusione non sarà difficile tornare giù nel tunnel. Ilfn e Lheket ci aspettano là. Seguiteli. Se sarete ancora con noi quando raggiungeremo l’astroporto, vi porterò di nuovo a casa vostra».

F’lTiri emise una risata lieve, un suono insolito per un rigido volto J/taal. «Ora capisco perché i mercenari ti ubbidiscono. Sei avventurosa e pazza come loro. E va bene. Ti seguiremo, J/taaleri».

Dalla parte della rampa si udì la voce stridente di Dapsl, che attraversava la folla facendo serpeggiare nell’aria la sferza neuronica. Nell’udirlo i due illusionisti svanirono, e di loro restò soltanto l’interesse che i clepts continuavano a mostrare per quello che sembrava a tutti gli effetti uno spazio vuoto.

«Tu, i’sNara», disse l’ometto, puntando la frusta su Rheba. «Perché ti sei coperta la testa? Svegliati, e fai muovere i capelli come la sgualdrina Senyasi, dannazione a te!» E con un colpo dell’attrezzo le gettò indietro il cappùccio.

Rheba s’irrigidì un istante, temendo che Fssa gli risultasse visibile, ma il serpente s’era ben mimetizzato nella sua chioma. Una volta che si fu tranquillizzata, gettò uno sguardo critico a Kirtn e disse ad alta voce: «Imitare anche le bruciature di quel grosso bestione peloso è un buon tocco, f’lTiri. Ma lo hai fatto un po’ troppo bello, secondo me».

«Che vuoi dire?», berciò Dapsl. «Io non tollero errori!»

«La mia imitazione della Senyasi è perfetta, piccolo sgorbio purpureo. So perfino insultarti come faceva lei, non senti? È quello sciocco di f’lTiri che ha fatto il Peloso troppo attraente e virile».

Kirtn dovette fare uno sforzo per non ridacchiare.

Dapsl aveva stretto gli occhi come fessure. «Adesso non è il momento di perfezionare le vostre illusioni. Dovrete andare in scena. E se al Polo Femminile il Peloso apparirà più bello, tanto meglio. Muovetevi voialtri», continuò in J/taal sgrammaticato. «Fra poco ci sarà il segnale e voglio che siate pronti. M/Dere, dov’è quella maledetta corona?»

Rheba s’era del tutto dimenticata di Arcobaleno. Vide la mercenaria infilarsi una mano in tasca ed estrarne quella che aveva l’apparenza di una spessa collana. Ma in un istante l’oggetto mutò forma nelle sue mani, ingrossandosi e tornando ad essere una massiccia corona cristallina.

Dapsl brontolò: «Perché quella kaza-flatch abbia voluto un disgustoso affare come questo, io non lo capisco. Alla rampa, adesso». Agitò la frusta baluginante. «In fila, svelti».

Rheba precedette gli altri nel salone freddo e gremito di schiavi, e poi su per la rampa, sperando che nessuno inciampasse nei due Yhelle invisibili. Era così preoccupata di far presto, memore della loro difficoltà nel mantenere quell’illusione, che passò accanto a un Signore senza neppure guardarlo. Solo più in alto, con un brivido, si rese conto che si trattava di Jal.

Gettò un’occhiata dietro di sé. L’uomo la fissava ad occhi spalancati, come se avesse intuito solo allora e con qualche secondo di ritardo che l’illusione-Rheba aveva qualcosa di troppo perfetto. Ma prima che potesse aprir bocca tutti loro erano già usciti sul palcoscenico, nel silenzio dell’anfiteatro.

Il gong suonò due volte, e l’Azione ebbe inizio.

Загрузка...