Capitolo 18 SAFFAR E HMEL

Arrotolato sulle ginocchia di Rheba, Fssa canticchiava dolcemente e con voce morbida godendosi il contatto delle dita di lei che gli carezzavano il dorso. La ragazza era seduta presso la parete di un vasto stanzone, e osservava pigramente gli J/taals che chiacchieravano fra loro poco più in là. Vedendo arrivare Dapsl si alzò, lieta che la pausa fosse finita, e i mercenari la imitarono. M/Dere attese che ella fosse pronta, quindi diede il segnale d’inizio della scena che dovevano provare.

Il piccolo schiavo dalla pelle purpurea urlò alcune frasi imbestialite, e Rheba fece cenno al serpente che non importava tradurle: si trattava di insulti, e ormai tutti loro avevano imparato a conoscerli alla perfezione.

«Fermi dove siete, ho detto!», berciò ancora Dapsl. «Non ho ancora dato il segnale d’avvio. E il segnale lo dò soltanto io. Chiaro?»

La sferza neuronica che teneva nella mano destra si muoveva come se fosse stata viva. Era un nerbo flessibile di colore violetto, che nel toccare il suolo crepitava scaricando l’energia di cui era saturo. Nel notare l’occhiata ostile di M/Dere, Dapsl le lasciò andare una frustata a un braccio che la fece trasalire da capo a piedi.

«Bada a quel che ti dico, tu. Oppure finiremo tutti quanti nella Fossa!», abbaiò l’ometto.

Ad onta del dolore violento M/Dere non s’era mossa d’un millimetro, ma i suoi occhi colmi di luce nera non erano fissi su di lui: la donna guardava Rheba, la sua J/Taaleri, come in attesa di ordini. Rheba le restituì un’occhiata inespressiva. Non aveva certo difficoltà a intuire i suoi sentimenti. Volendo avrebbe potuto colpire Dapsl con la stessa energia della sferza e nel momento in cui l’aveva usata, e se non l’aveva fatto era solo per non fargli vedere quali fossero ì suoi poteri. Inoltre Dapsl sarebbe scappato in cerca di Jal per riferirgli l’accaduto, e forse avrebbe ottenuto da lui un’arma più potente. Ma mancavano sette giorni alla Concatenazione, e Rheba non voleva destare i sospetti di nessuno. Avrebbe dovuto sopportare, evitare di mostrare le sue capacità, e fingersi docile finché possibile.

«Mi hai sentito, Pelosa?», strillò ancora Dapsl, e di nuovo lo staffile neuronico sferzò il braccio di M/Dere.

Stavolta i capelli di Rheba svolazzarono come serpentelli, agitati da un’energia che ella non sapeva più trattenere, e nascosto fra essi Fssa diventò scuro per la paura.

«Basta!», sibilò la ragazza. «Un altro colpo di quella frusta, e io non lavorerò più. Non ci sarà nessuna Azione, e tu andrai nella Fossa, sporco vermiciattolo!»

«E lo stesso accadrà a te, schifosa kaza-flatch!», gridò l’altro, agitando il nerbo che vibrava di luce violetta.

«Forse. Ma io sopravviverei alla Fossa, e tu no».

«Al Signore Jal questo tuo atteggiamento non piacerà. E lui sa che senza la frusta quei dannati animali non lavorano».

«Devi scegliere, e adesso: lo la sferza neuronica, o me?», stabilì lei.

L’ometto la fissò a lungo, poi con una bestemmia oscena spense la sferza, la spezzò in due, la calpestò selvaggiamente e la scaraventò nell’angolo opposto del locale.

«Eccoti accontentata!», ringhiò. «E adesso?»

«Siamo a tua disposizione», disse lei calma, e fece cenno agli J/Taals di riprendere i loro posti.

Dapsl avanzò a lunghi passi, per quanto glielo permetteva la sua scarsa statura. Li osservò l’uno dopo l’altro e poi disse soltanto: «La scena numero uno. Avanti!»

Stavolta M/Dere attese il cenno di lui e l’Azione cominciò senza intoppi. Poggiato a terra in mezzo al locale stava Arcobaleno, immobile e isolato nella penombra e sempre in forma di corona. Da un lato entrarono gli J/taals e i loro cani da guerra, che muovendosi con lentezza ma in preda a convulsioni oscene andarono a disporsi in circolo. Le loro facce contratte, i gemiti rabbiosi e i gesti scoordinati rappresentavano il Male di cui essi erano i diavoli servitori. Il copione li voleva di guardia alla corona magica, chiusa in un antro sotterraneo nel più profondo dell’inferno, ed essi vi giravano intorno ciecamente, ciascuno come immerso nei suoi personali incubi diabolici.

Rheba prestava lingue di fiamme violette alla scena, senza ancora impegnarsi troppo. La sua attenzione era focalizzata sulla finestra posta in alto, da cui entrava la scarsa luce del tramonto. Il cielo era però sereno, e da esso assorbiva energia per trasformarla in un’imitazione dei fuochi infernali, che pur freddi divampavano bassi fra i piedi dei diavoli. Nelle prime due scene lei non recitava.

Arrotolato fra i suoi capelli, Fssa mandava suoni come un organo dalle molte canne assordandole le orecchie. Produceva un sottofondo di rumori che andavano dai gemiti al rotolare di tuoni, dalle grida cavernose agli ansiti di orride creature fuori campo, con una nota armonica raggelante che a tratti si trasformava nel pulsare di un cuore enorme. Ad un certo punto Fssa captò il segnale di Dapsl e smorzò il sonoro.

Questo era l’inizio della scena numero due, dove avrebbe dovuto apparire Kirtn nel suo ruolo di Hmel, che sebbene posseduto da una demonessa aveva abbandonato l’alcova di lei per cercare, la sua innocenza perduta rappresentata dalla corona. Ma Kirtn non c’era, non essendo ancora tornato dalla sua escursione notturna nel letto di Ilfn. La sua assenza era all’origine del malumore di Dapsl, e a dire il vero anche di quello di Rheba. La ragazza ovviò alla mancanza del personaggio chiave creando una forma d’energia, avente una vaga rassomiglianza con Kirtn e pervasa di luce azzurrina.

Nel veder arrivare in scena quella figura allucinante, Dapsl si scostò con un ansito. Hmel vacillava come ubriaco, essendo giusto allora sfuggito momentaneamente al Male che lo possedeva. Il suo scopo era recuperare la corona, appartenente alla sua Chim Saffar, ma le sue mosse erano quelle di un invasato. Secondo la leggenda egli aveva regalato la corona a una bellissima diavolessa, in pegno di una notte di passione durante la quale era giunto all’apice del piacere carnale, e travolto dall’estasi aveva poi venduto l’anima.

In ottemperanza alle istruzioni ricevute, Arcobaleno cominciò a brillare per indicargli la giusta direzione. Ma era circondato dai clepts e dagli J/taals, i diavoli che sbarravano la strada all’intruso.

Il simulacro di Kirtn/Hmel vide la corona e si gettò avanti con un grido di esultanza, ma quando fu per superare il circolo dei diavoli, si levarono terribili fiamme violette che lo ricacciarono indietro. La figura immateriale urlò di sorpresa e di dolore, tentò di avanzare e ancora i fuochi divamparono a respingerla. Hmel non aveva forza sufficiente per sconfiggere i diavoli e recuperare il magico monile, essendo egli stesso una creatura invasata e quindi impura. Levando le braccia in alto, Hmel singhiozzò e pianse dispertamente, cacciando urla così acute da sfiorare gli ultrasuoni.

A un segno di Dapsl, Fssa smorzò ancora il sonoro. Rheba attese pochi secondi per sottolineare la fine dell’atto, quindi fu lei a fare il suo ingresso sulla scena per il terzo movimento, vacillante e sul punto di cadere al suolo per la sfinitezza. Fingersi stanca non le riusciva affatto difficile, dopo una giornata intera in cui aveva lavorato con l’energia, e si sentiva più stordita di quel che le sarebbe piaciuto. Avrebbe preferito attendere Kirtn, e fare così a meno di costruirne un simulacro; ma nessuno le garantiva che il compagno sarebbe tornato in breve tempo, e Jal aveva preteso che le Azioni dei suoi schiavi fossero pronte in fretta per eliminare intanto quelle meno promettenti. Alcune di esse erano allo studio da quasi un anno, e quella di Rheba e Kirtn aveva necessità d’essere rifinita alquanto.

Ma la ragazza dovette interrompere subito la sua danza, perché proprio allora una figura alta entrò nello stanzone male illuminato. Era Kirtn. Il suo sollievo fu tale che solo in ritardo vide le altre due persone venute dietro di lui: uno di essi era Jal, l’altro il Polo Maschile dell’Imperiale Loo-chim in persona.

«Io devo protestare formalmente», stava dicendo il primo. «Voi sapete, Signore Puca, che quest’Azione ha potuto fare poche prove, e non è ragionevole decidere adesso se sia pronta o meno per la Concatenazione!»

«È diritto dell’Imperiale Loo-chim esaminare le Azioni in qualsiasi momento», replicò l’effeminato individuo. «Se ciò che vedremo ci piacerà, tu avrai un posto assicurato sul palco, alla Concatenazione. Se invece non ci piacerà, ti verrà risparmiato l’imbarazzo di presentare un’Azione scadente davanti ai Chim riuniti».

Fssa mormorò una traduzione dal Loo-padronale che non andò oltre le orecchie di Rheba. Ma alla ragazza era bastata un’occhiata a Kirtn per capire che qualcosa stava andando storto, e che all’origine di ciò c’era la gelosia del Polo Maschile.

«Ma il parere della vostra Chim, Signore?», insisté Jal, in tono sorprendentemente poco rispettoso. «La vostra Chim non può essere assente, se intendete giudicare ora questa Azione!»

Signore Puca lo fissò a lungo e in silenzio, con occhi inespressivi come pezzi di vetro azzurro. Prudentemente Jal decise d’inchinarsi con rispetto, e si volse agli occupanti del locale. Parlò in universale, una lingua che l’Imperiale Loo-chim non s’era mai degnato d’imparare:

«Hai fatto il tuo lavoro fin troppo bene», borbottò a Kirtn. «Sembra che la cagna Pelosa abbia diviso il letto di Signore Puca molto svogliatamente in queste ultime notti, e senza soddisfarlo per nulla. Il Polo Femminile ne è compiaciuto … ma Signore Puca no di certo».

Il Bre’n ebbe una smorfia. «Ilfn è incinta. Non potrà essere desiderosa di sesso fino al termine della gravidanza».

«Così gli ha detto anche lei. Lui se la porta a letto ugualmente, ma senza averne alcuna soddisfazione. E continuando di questo passo, alla tua Pelosa potrebbe accadere qualcosa di brutto».

Kirtn li fissò entrambi così minacciosamente che Rheba ne fu spaventata. Gli corse accanto e lo prese per mano, invitandolo a calmarsi con uh tocco silenzioso e accorato.

«Adesso Signore Puca vuole vendicarsi», continuò Jal. «Tutto ciò che posso dirvi è di eseguire l’Azione col massimo impegno».

«E se deciderà che non gli garba, come sembra assolutamente certo, finiremo tutti nella Fossa», concluse Rheba.

Signore Jal ebbe un sorrisetto storto. «Questo è il rischio che corrono gli schiavi. Ma non preoccuparti. Forse Signora Kurs non ha ancora rinunciato all’idea di divertirsi col tuo Peloso».

Il Polo Maschile stava fissando Kirtn con un astio che non aveva bisogno di traduzione, e appariva roso da una gelosia quasi paranoica. Rheba prese atto di quell’emozione con stupore, e si chiese cos’avesse di tanto speciale la donna Bre’n per destare nei suoi amanti sentimenti simili. Attanagliata dal sospetto che anche Kirtn subisse con la stessa violenza il fascino di Ilfn, fremette e strinse i pugni.

«Avanti, si cominci», ordinò Signore Puca.

«Non con tanta fretta, Chim», disse in quel momento una voce dalla porta. «Non vuoi che la tua Pelosa prediletta e il suo piccolo amico assistano anch’essi? Così ella saprà come mantieni le tue promesse».

Con un ansito di sorpresa Signore Puca si volse. Sulla soglia c’erano Signora Kurs, Ilfn e Lheket. Nel vedere i due schiavi, il Polo Maschile ebbe un plateale gesto di rabbia, e batté un piede a terra.

«I miei ordini erano che lei non dovesse mai vedere il ragazzo, a meno che io non sia presente!», sbottò.

«Ma tu eri presente, mio Chim, mia altra metà, mio petulante e poco amorevole amante. Dove io sono, sei anche tu. Non agitarti, caro Chim: la tua animalesca Pelosa non ha toccato il suo bambino cieco». Il suo sorriso fu un capolavoro di affettuosa freddezza. «Voglio sperare, Puca, che le vicissitudini personali fra te e una Pelosa non influiscano sul giudizio che darai dell’Azione».

Signore Puca fece uno sforzo disumano per controllare l’ira. «Naturalmente. Le Azioni sono sacre».

Signora Kurs annuì. «Allora si dia inizio subito», ordinò a Jal.

Le sue parole erano così flautate che per un istante Jal stentò a comprenderne il senso imperativo. Poi spiegò in fretta la trama dell’Azione impostata sulla leggenda di Saffar e Hmel. Signora Kurs lo ascoltava, ma i suoi occhi non si distoglievano un istante dal corpo di Kirtn, apprezzandone la compattezza muscolare. La sottilissima peluria di cui era velato ne sottolineava le forme invece di celarle, generando un effetto estetico assai piacevole per gli occhi femminili.

In quella breve attesa Rheba fu costretta a rendersi conto, per l’ennesima volta, che come tutti gli schiavi Pelosi Kirtn era nudo, in base al concetto che la dignità del vestiario non si accordava agli animali. Il modo in cui la femmina lo accarezava con lo sguardo la fece quasi ringhiare, e per un istante le sue Linee di Potenza luccicarono con tale intensità che furono visibili attraverso la stoffa del vestito. Kirtn vide l’odio con cui la sua Danzatrice del Fuoco fissava la sofisticata creatura, e ne comprese la ragione. Con un sorrisetto volse le spalle al Polo Femminile.

«… ma pur avendo infine ritrovato la corona, Hmel non poté entrare nel circolo infuocato dei diavoli», stava riassumendo Jal, anch’egli innervosito dalle tensioni che c’erano nell’aria. «Nel frattempo la sua Chim spinta dall’amore scende nell’inferno in cerca di lui. Ella lo ha perdonato della sua innaturale passione, comprendendo che è sotto l’influsso della diavolessa Pelosa. Saffar stessa combatte i demoni, e permette a Hmel di riconquistare la corona. Egli è così libero dalla diavolessa che gli occupava l’anima e dall’inferno. Ma affinché non dimentichi mai i suoi peccati, viene condannato ad avere fra i suoi figli un Peloso. È per questo motivo che ancor oggi, talvolta, i Chim nascono col pelo della maledizione addosso, a testimoniare in eterno l’accoppiamento peccaminoso di Hmel con la diavolessa».

Signora Kurs si passò sulle labbra sottili la lingua azzurrina. «Accoppiamenti peccaminosi coi Pelosi … la maledizione di tutti gli Imperiali Loo-chim. Non è così, fratello mio, mio Chim?»

Signore Puca guardò Kirtn come se volesse ucciderlo con gli occhi, e non rispose.

Jal fece un gesto a Dapsl. «Lasciamo perdere le prime due scene, e inizia con l’ingresso di Saffar», disse in universale. «E fai presto, per amore degli Dei Gemelli. Dobbiamo distrarli, o qui ci scappa il morto».

Con uno sforzo Rheba distolse lo sguardo dalla donna di pelle azzurrina. Per la prima volta riuscì a portare la sua attenzione sui due nuovi venuti, la donna Bre’n e il ragazzino Senyasi, che fino a quel momento erano stati in disparte e nell’ombra. Ma anche quando furono avanzati di qualche passo, Lheket restò seminascosto dal corpo di Ilfn ed ella non poté vedere di lui che un braccio sottile e una spalla. Represse il suo desiderio di corrergli accanto, perché Dapsl le stava già facendo segno di entrare in scena.

«Via col sonoro!», ordinò l’ometto a Fssa. «Terzo movimento!»

La ragazza dovette dedicarsi all’Azione, e le Linee di Potenza diventarono tracce d’oro incandescente, così fitte sulle sue mani che brillavano fino ad occultarne la forma. Mandò tracce d’energia sugli J/taals e sui clepts, e la scena prese una luce infernale. Ma prima d’iniziare il balletto la nudità dei suoi compagni la colpì come non mai, e cedendo a un impulso improvviso si tolse il vestito. Lo gettò via con rabbia: se loro erano nudi, lo sarebbe stata anche lei.

Privo degli indumenti, il suo corpo snello e flessuoso rivelò in pieno l’arabesco delle Linee di Potenza, fittamente intrecciate sulle braccia e dietro le spalle. Sotto la nuca si univano, e una nuova di zecca le scendeva lungo la colonna vertebrale fino ai lombi, dove si diramava già verso entrambi i fianchi.

L’aria fresca della stanza le parve una benedizione. Controllare l’energia senza vestiti addosso le riusciva assai più agevole, visto che il lavoro le rialzava la temperatura epidermica. Ma il sospiro di sollievo che ebbe nel liberarsi della veste fu echeggiato dalle esclamazioni stupefatte di Kirtn e di Ilfn. I Bre’n conoscevano abbastanza le Linee di Potenza da sapere che alla sua età era pericoloso averle così sviluppate. E sapevano anche cosa significavano le due che si diramavano sui fianchi: era troppo giovane per portare su di sé le linee più strettamente collegate agli impulsi sessuali. Per un istante i due Bre’n si guardarono allarmati, ma non potevano far nulla per modificare quel dato di fatto e tacquero.

Rheba aveva intuito benissimo i sentimenti dei due Bre’n, tuttavia la loro preoccupazione la seccava e non voleva pensarci. Il balletto chiedeva tutto il suo impegno, ed era già stanca. Dapsl diede il segnale indicante che i diavoli e Hmel erano in posa, immobili nella pausa fra la seconda e la terza scena, e Fssa emise note flautate.

Il ritornello del serpente aveva toni bassi e penetranti, interrogativi, e poi d’un tratto leggeri per sottolineare i passi di una fanciulla spaurita. Rheba/Saffar corse di lato e cominciò la sua discesa negli antri infernali alla ricerca del suo Chim perduto. Non usò energia supplementare per illuminare sé stessa, poiché nel locale quasi buio le sue linee di Akhenet bastavano a delinearla. Fssa aveva l’incarico di parlare per lei e per ogni altro, e gridò con voce femminile.

Il suo richiamo non fu udito da Kirtn/Hmel, che aveva ripreso i tentativi di raggiungere la corona difesa dai diavoli. Saffar gli si avvicinò per gradi, miniando una ricerca in oscuri labirinti dove a guidarla era solo l’infallibile istinto dei Chim. Hmel si lanciò nel circolo dei diavoli e ne venne scacciato da terribili ventagli di fiamma violetta che stupirono la coppia Imperiale. Il corpo di Kirtn era avvolto da un bagliore azzurro, studiato apposta per nascondere la peluria della sua epidermide, mentre gli J/Taals e i clepts erano permeati da una luce violetta alquanto più scura.

Con un grido di sollievo Saffar vide il suo Chim, gli corse incontro e lo toccò. Ma la leggenda voleva che Hmel fosse ancora invasato dallo spirito della diavolessa, e al contatto con le mani innocenti di Saffar le sue membra bruciarono con lingue rosseggianti di fiamma. A questo seguì una cacofonia terribile, i diavoli si agitarono pazzamente e Saffar cominciò a lottare per scacciare dall’anima del suo chim l’entità maligna.

La battaglia della purezza contro il peccato illuminò la scena, ci furono fiamme e grida, azioni convulse e giochi di energia, momenti di speranza e altri di disperazione. A un tratto la coraggiosa Saffar fu messa alle strette e parve soccombere. Ma proprio mentre il suo stesso Chim, indemoniato, si accingeva a ucciderla, ella cominciò a cantare e la sua voce raffreddò la furia di Hmel e lo bloccò.

Stavolta era Rheba in persona, e non Fssa, a modulare quelle note. Nel silenzio improvviso, la dolcezza della canzone d’amore Bre’n contrastò fortemente con la scena infernale di poco prima. Le note chiare e alte colpirono Hmel con la loro magia, ma egli gridò e cadde al suolo scalciando, perché il male dentro di lui veniva ferito dalla bellezza e dall’armonia. Forte di questa intuizione Saffar balzò in avanti cantando con più ardore, usando le parole come pugnali per colpire l’anima del compagno, strali che cercavano il cuore della diavolessa insediata in lui. Il suo amore e la sua musica divennero armi penetranti.

Fssa aggiunse al canto un eco che servì a stordire gli otto diavoli, pur senza intervenire con altri effetti. Poco dopo una forma protoplasmatica scaturì dalla bocca di Hmel, prendendo l’aspetto della diavolessa che strillando d’ira dovette abbandonare la sua preda, e Saffar combatté con essa. Hmel piombò al suolo, lasciando la sua Chim alle prese con una creatura semisolida, né maschio né femmina, un essere pelosissimo e dunque bestiale al di là di ogni dubbio. La lotta si concluse con la cacciata della diavolessa nella tenebra.

Dolcemente Saffar si chinò ad accarezzare il suo Chim. Egli rinvenne e prese a fare saltelli allegri per dimostrare il suo ritorno alla tranquillità psichica, quindi corse a recuperare la corona scintillante. I diavoli abbattuti si torcevano al suolo, e gemettero strisciando ai margini della scena, mentre il trionfante Hmel poneva in capo alla sua Chim il prezioso monile, e Arcobaleno mandò mille bagliori. La stanza assunse un lucore dorato ed in esso i due furono rinchiusi come in un limbo, che sottolineò la santità del loro abbraccio finale. Il silenzio che seguì al termine dell’Azione durò parecchi secondi. Finalmente il Loo-chim si mosse, e i suoi due volti identici, quello maschile e quello femminile, apparvero trasfigurati dalla stessa espressione commossa. Entrambi ansimarono, guardandosi attorno come storditi. Signore Jal tossicchiò discretamente, per ricordare loro la questione in sospeso, poi Dapsl accese la luce e lo stanzone apparve improvvisamente squallido. Al centro di esso, Rheba e Kirtn si sciolsero dal loro abbraccio solo in quel momento.

Jal tentò un sorrisetto, accostandosi all’Imperiale. «Ebbene, è piaciuta l’Azione?»

Ma l’uomo sapeva già la risposta. In allestimento per la Concatenazione c’erano molte Azioni esteticamente migliori, ma neppure una che rappresentasse con tutte le sue ambiguità e le sue ossessioni il legame che univa i due gemelli.

Signore Puca osservò gli J/Taals e i clepts come se ancora vedesse in loro i suoi sogni contorti. Quando si volse a Kirtn nelle sue iridi azzurre non c’era più traccia di odio, bensì un insieme di emozioni indefinibili. Allo stesso modo Signora Kurs teneva gli occhi fissi su Rheba. L’Imperiale coppia guardava sé stessa, o una versione a sfondo soltanto sessuale. L’erotismo aveva sciolto la loro ostilità.

Il Polo Maschile fece un cenno a Jal. «Un’Azione meritevole della Concatenazione. Mi congratulo con te».

Signore Jal s’inchinò compaciuto, e si volse al Polo Femminile in attesa anche del suo parere.

«Sono d’accordo», disse lei con voce sottile. «Questa potrebbe essere la migliore Azione, nell’Ultima Notte dell’Anno. Ma … io non mi congratulo con te, o Senza-Chim, perché tu hai usato anche nella realtà i diavoli Pelosi del tuo inferno, e li hai messi fra noi due. E forse causerai a me e al mio Chim lo stesso dolore raccontato nella leggenda di Saffar e Hmel». Guardò Kirtn e continuò: «Ma prima del dolore ci sarà il piacere, e un piacere tale che solo i demoni ne conoscono l’eguale».

Signora Kurs prese per mano il suo Chim e lo condusse alla porta. Nel passare accanto a Ilfn, Signore Puca si fermò a guardarla, e parve volerle dire qualcosa, ma la sua gemella intervenne freddamente prima che egli potesse aprir bocca:

«Lei e il suo protetto resteranno qui fin dopo la Concatenazione», stabilì con fermezza. «Solo pochi giorni, caro Chim, e fino al termine dell’anno tu e io giocheremo fra noi. In seguito … avremo loro!»

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