Capitolo 11 YO KERRATON DAPSL

«Cerchiamo d’esser pratici», disse Rheba a Kirtn ed ai mercenari J/taals. «Avete avuto parecchi giorni per pensarci sopra. Adesso sentiamo: come possiamo andarcene da qui?»

Fssa diede alla traduzione delle sue parole un eco melodioso, residuo delle strane frequenze sonore che aveva imparato da Arcobaleno. Era il primo giorno che la ragazza si sentiva in grado di mettere l’uno dietro l’altro due pensieri che avessero un senso, ed ora che stava meglio il problema di come lasciare il Recinto l’assillava. Il serpente s’era sistemato fra i suoi capelli, posto che ormai gli riusciva gradito più di ogni altro, e non metteva fuori la testa neppure per parlare.

Alla domanda di lei gli J/taals si volsero verso la compagna che per le sue mansioni chiamavano M/Dere, ovvero la Stratega, la donna dalla pelliccia nera che aveva accettato il contratto con Rheba a nome del gruppo. Il riposo era valso a farli guarire tutti e cinque, ma quelli che avevano sofferto di strappi muscolari erano ancora costretti a sottoporsi a massaggi quotidiani, oltreché a singolari esercizi ginnici di notevole complessità.

M/Dere restituì loro una lunga occhiata per capire cosa pensassero. Erano forniti di una forma abbastanza sviluppata di telepatia, simile a un contatto empatico, che nel loro lavoro li aiutava non poco. Generalmente usavano la voce soltanto per comunicare con umanoidi di razza diversa, e come risultato di ciò non possedevano un vocabolario molto esteso, né voci troppo ben modulate.

«Come tu hai suggerito, J/taaleri», disse la donna, «ci siamo consultati sul problema. Ma mi spiace dirti che nessuno di noi ha esperienza di situazioni come questa. Non sappiamo nulla del Recinto, né di come si possa evadere da qui. Abbiamo notizia di schiavi che sono sfuggiti ai loro padroni, o che si sono nascosti in località selvagge di Loo, e di qualcuno che è riuscito a lasciare il pianeta su un’astronave rubata. Si dice che non pochi siano riusciti a scappare da Loo, con vari espedienti».

Kirtn annuì. «Questo è incoraggiante. Ma per uscire dal Recinto come si fa?»

«Scusa. M/Dur mi sta informando di avere qualche notizia in merito».

La donna fissò il compagno di nome M/Dur, per il quale doveva avere del tenero viste le cure che gli aveva prodigato. Era un uomo di pelle liscia, il loro più forte combattente, e secondo in ordine di autorità soltanto a lei. Dopo averlo guardato fisso negli occhi per una ventina di secondi, disse:

«Gli schiavi giudicati di buon valore vengono lasciati nel Recinto finché non li si considera Addomesticati».

«E quanto tempo dura la faccenda?», chiese Rheba.

«Varia da individuo a individuo. Gli schiavi Addomesticati si riconoscono come tali perché restano in permanenza all’interno dei due circoli azzurri. I non-Addomesticati invece entrano solo per bere e mangiare, e poi tornano fuori».

«E i Loos non si interessano di sapere quali schiavi si comportano nel modo voluto?»

«Sappiamo che non prestano alcuna attenzione ai non-Addomesticati», rispose M/Dere.

«La cosa ha un senso», borbottò Kirtn. «Se uno è così testardo e pericoloso da preferire la vita selvaggia fuori dalla zona franca, darebbe ai Loos più guai che altro. E i Loos vogliono gente pacifica, non dei piantagrane. È un sistema di selezione per atteggiamenti mentali».

M/Dur schioccò le dita, nel gesto che gli J/taals usavano fare per dichiararsi d’accordo.

«Dunque», concluse Rheba, «noi ci stiamo già comportando come schiavi ben Addomesticati. Il problema è: in che modo attirare l’attenzione dei Loos su questo fatto, e venir tolti dal Recinto?»

Gli J/taals si guardarono l’un l’altro, ma M/Dere rimase zitta. Non avevano una risposta a quella domanda.

Fssa sibilò dolcemente in un orecchio di Rheba: «Da quando sono qui, ho notato che ogni trentotto giorni intorno al pozzo c’è molta attività. La cupola d’energia cambia aspetto, e né scende della gente. Gli schiavi che si trovano qui all’interno vengono divisi in gruppi. Poi alcuni sono condotti via».

«E cosa accade a quelli che non vengono scelti?»

«Non lo so. Però potrei domandarlo ad Arcobaleno. Lui conosce …»

«No!», esclamarono Rheba e Kirtn insieme, ricordando i dolori intensi che avevano già dovuto sopportare. La ragazza aggiunse: «Dubito che quella roccia abbia imparato qualcosa di utile, standosene conficcata nel fango». Il nervosismo e la frustrazione che si sentiva addosso le fecero emettere un bagliore di energia dalle braccia. Cercò di calmarsi. «Perché, in nome di tutte le stelle, Mercante Jal non ci ha detto nient’altro di questa dannata faccenda?»

«Forse Jal si aspetta che tu faccia qualcosa di spettacolare con l’energia, per far salire il prezzo che spera di ricavare da te», disse Kirtn.

«Poniamo che io lo accontenti: in questo caso credo che verrei separata da voi. E che ne sarebbe di te, degli J/taals e di Fssa?»

In quel momento uno dei clepts mandò un ringhio d’avvertimento. M/Dur gli fece cenno di star fermo: a poca distanza da loro era comparso uno schiavo piccolo e sporco, che indossava un abito preso evidentemente al distributore del pozzo. I cani da guerra scoprirono minacciosamente le zanne nella sua direzione.

«Per favore», gridò l’individuo in universale. «Tenete a freno queste terribili bestie. Io soltanto un miserabile schiavo e non faccio del male a nessuno. Appartengo a una razza pacifica».

M/Dere guardò Rheba interrogativamente, visto che non capiva l’universale e che Fssa non aveva tradotto.

Kirtn s’era alzato. «Cosa sei venuto a cercare?»

Nel vedere l’aspetto fisico del Bre’n, l’uomo indietreggiò. Poi si rivolse a Rheba, pallido e tremante: «Senti, buona signora, tutto ciò che voglio è di andarmene da questo kaza-flatch di un Recinto», ansimò.

La parola usata dall’individuo rimase oscura alla giovane donna, ma il suo atteggiamento la tranquillizzò. «Vieni pure avanti. Non ti siamo ostili». Poi parlò a Fssa: «Traduci per gli J/taals, serpente».

Lo sconosciuto si mosse a passi esitanti, rivelando un carattere pavido e sospettoso. «Buona signora, il mio nome è Yo Kerraton Dapsl. Dapsl per gli amici … e io desidero esservi amico», affermò con fervore.

Era fisicamente molto minuto, magro e con un’epidermide scura dai toni purpurei. Portava i capelli uniti in due trecce untuose, aveva occhi privi di pupilla e d’un colore giallo chiaro, che parevano mal sopportare anche la luce nebulosa del Recinto, ed a paragone di tutti loro sembrava un bambino di dieci anni. Dal suo aspetto non era possibile capire come avesse fatto a sopravvivere alle insidie di quell’ambiente.

«Chi ti ha aiutato ad arrivare sano e salvo fin qui, Dapsl?», chiese Kirth, interpretando anche la curiosità degli altri.

L’ometto vacillò e si portò le mani sul volto. «Oh, io … io non … questa è una cosa che …», balbettò confusamente.

«Calmati, Dapsl», disse Rheba gentilmente. «Certo dev’essere stato terribile per te, ma ora sei al sicuro».

Lui ansimò stancamente. «Sì … al sicuro! Sono al sicuro, non è vero? Dopotutto sono qui al pozzo, e questo significa che sono vivo. Sì, è … è abbastanza chiaro».

Rheba indirizzò a Kirtn un’occhiata ironica. «Costui mi sembra un po’ matto. Non pare anche a te?», sussurrò.

Dapsl stava accostandosi a lei, ma un paio di clepts righiarono così cupamente che balzò subito indietro, mormorando una supplica a certi suoi Dei di Porpora.

«Fai stare calmi gli animali», raccomandò Rheba a M/Dere. «Questo poveretto sembra innocuo».

I mercenari placarono i clepts, e per una volta tanto mormorarono qualcosa fra loro a voce. Fssa non tradusse a Rheba le loro parole, ma commentò: «Gli J/Taals sono convinti che questo schiavo sia pericoloso».

La ragazza s’affrettò a chiedere ai cinque se avessero qualche buon motivo per diffidare di Dapsl. M/Dere e M/Dur si consultarono ancora in silenzio, quindi ambedue fecero il gesto che per loro era l’equivalente d’una scrollata di spalle. La donna aggiunse. «La J/taaleri può fare ciò che vuole».

«Sentiamo: hai bisogno di qualcosa?», disse allora Rheba all’ometto.

«Un semplice scambio, buona signora. Le mie informazioni per un posto nella tua Azione».

«Non ti capisco».

Lui sorrise. «Lo so. Questo vuol dire che faresti un affare, allora».

Kirtn sfiorò una spalla della compagna. «Attenta! Sembra un ragazzino indifeso, ma è un adulto», le fischiò in lingua Bre’n. «Perciò non farti trascinare dal tuo istinto protettivo. Capito?»

Lei sospirò impaziente. «Ma insomma, Mentore, non la smetti mai di farmi la lezione?»

«Nessuno fa il Mentore, qui. Tutti dobbiamo imparare l’uno dall’altro … o morire».

La ragazza si appoggiò a lui e gli strofinò una guancia sulla peluria di una spalla, atto che provocò un’escalamazione di stupore e di disgusto da parte di Dapsl. Kirtn lo fissò con i suoi occhi dorati, inespressivo.

«Allora, facciamo l’affare?», ripeté lo schiavo.

«Da quanto tempo sei nel Recinto?», volle sapere il Bre’n. «Cosa sai dei Loos che potrebbe venirci utile? Perché non sfrutti a tuo vantaggio le tue conoscenze? E perché vuoi aiutare proprio noi?»

Il volto sparuto di Daspl si contorse in quella che poteva essere una smorfia d’ansia e d’infelicità. «Se rispondo a tutte queste domande, non mi resterà null’altro con cui trattare», obiettò.

«Ma se non rispondi alle principali, non faremo proprio nessun affare con te», ribatté Kirtn.

Dapsl esitò. «Le mie informazioni vi farebbero comodo. Io sono già stato qui nel Recinto e ho vissuto fuori. Mi trovo di nuovo dentro per … diciamo per punizione. Ma io so quel che vi serve: come andarvene nel miglior modo possibile».

«Da schiavi o da uomini liberi?»

L’altro ridacchiò nervosamente. «Schiavi, si capisce. Da qui si esce soltanto schiavi, oppure morti. Non lo sapevi, Peloso? Non si scappa dal Recinto. Mai!»

«Allora parla, piccoletto», ringhiò Kirtn. «Noi vogliamo andarcene quanto prima».

«Prima dovrete essere scelti. E dopo esser stati scelti mostrare un’Azione abbastanza buona da essere rappresentata nella Concatenazione del Loo-chim».

«Questo cosa significa?»

«Non dirò altro, se non vi accordate con me». La sua voce suonò inaspettatamente incisiva, e sostenne senza fare una piega i loro sguardi.

«Posso tirargli fuori di bocca tutto quello che sa», intervenne M/Dere, con espressione gelida e ostile come quella dei clepts. «Lasciamelo qualche minuto, e gli insegnerò a cantare in tutte le lingue della Confederazione».

Tradotte da Fssa, le parole della J/taal furono solo per le orecchie di Rheba. La ragazza le fece cenno di star calma e interrogò ancora lo schiavo: «E in cambio di queste notizie, dici che vuoi far parte della nostra Azione?»

«Proprio così», confermò lui. «Questo è per me il solo modo di uscire dal Recinto».

Rheba chiuse gli occhi. L’aspetto di lui era quello di un bambino, ma la sua voce era da adulto, e cercò di concentrarsi soltanto sulla voce. Gli istinti di ogni Akhenet erano inflessibili nel regolare il suo comportamento verso i bambini, e ignorarli non era facile.

«Kirtn, possiamo considerarlo uno di noi?», chiese.

Il Bre’n annuì di malavoglia. «Se proprio vuoi».

«Voi J/taals, siete contro quest’uomo o a favore?»

Dopo la solita pausa di silenzio M/Dere parlò per tutti, in tono chiaramente ostile all’idea. «Dobbiamo avere queste informazioni, perciò decidi tu, J/taaleri. Ma se costui provocherà dei guai lo darò in pasto ai clepts».

Dapsl rabbrividì, perché stavolta Fssa aveva tradotto ad alta voce in universale.

«E tu, serpente, che ne pensi?», chiese ancora Rheba.

La creatura arrotolata fra i suoi capelli si dichiarò d’accordo, e lei tornò a volgersi all’ometto. «E va bene: informazioni in cambio della tua partecipazione alla nostra Azione … qualunque cosa essa sia».

Rheba sedette sull’erba, e subito Dapsl le si accovacciò accanto in modo da stare il più lontano possibile dagli J/taals e dai loro cani da guerra. Ma nel farlo le poggiò una mano su un braccio con tale familiarità che ella si scostò d’istinto. Immediatamente due J/taals balzarono avanti, e con facce tali che lo schiavo ansimò di spavento.

«Ehi, tu», lo avvertì Kirtn. «Non sederle così vicino, e non toccarla, se non te lo chiede lei stessa. Altrimenti innervosisci loro», e indicò gli J/taals, e me. «Teniamo molto alla ragazza. Chiaro?»

Dapsl si umettò le labbra, poi fece un sogghigno. «Naturalmente. Chi non ci terrebbe a lei? È bella e sensuale, con pelle bianca e capelli dorati». Il suo tono s’indurì. «Ma io sono un uomo e tu un Peloso. E stai sicuro che la bambola preferisce essere toccata da me, piuttosto che … Ehi, no!»

Una mano di Kirtn sollevò l’ometto di peso e lo sbatté di nuovo al suolo un po’ più in là. Il Bre’n sedette fra lui e Rheba. Gli J/taals assistevano a denti stretti, con l’aria di attendere appena un cenno per fare a pezzi il piccolo schiavo. Lui li guardò negli occhi e impallidì.

«Calma, lasciate fare a me», disse Rheba in tono conciliante. Appoggiò un gomito su una spalla di Kirtn e si volse a Dapsl. «Non devi farti venire strane idee. Tu non sei affatto attraente per me. Comunque con la tua pelle purpurea non sei più umano di quanto lo sia Kirtn con la sua peluria, che detto fra noi è molto più bella della tua epidermide liscia. «Accarezzò la spalla del Bre’n e poi. passò un braccio intorno al suo, con evidente piacere. «Ora sai come la penso, Dapsl».

Lui non perse il sorriso. «Certo. Le perversioni sessuali non sono una novità per me».

I capelli della Danzatrice del Fuoco ondeggiarono, e lievi flussi d’energia fuori controllo le scaturirono dalle dita. Fu solo il fischio di Kirtn a impedirle di colpire l’individuo, e l’ordine del Bre’n echeggiò in una nota così perentoria che Fssa s’agitò fra i capelli di lei, quasi in estasi.

Rheba ritrovò la calma, ma non la gentilezza di modi. «Non toccarmi mai. Dapsl. Quel che ti accadrebbe sarebbe molto spiacevole. Se non puoi accettare questo fatto, meglio che tu te ne vada. Adesso».

Lo schiavo la fissò a occhi stretti, in silenzio, e lei fu costretta a riflettere che in essi c’era più crudeltà di quanto le sarebbe piaciuto. Subito Dapsl modificò la sua espressione in un sorriso servile, e annuì.

«Come vuoi. Del resto non toccherei mai una femmina kaza-flatch come te», disse.

Quando Rheba chiese a Fssa di tradurle la parola kaza-flatch lui si rifiutò. Diresse però a Kirtn una serie di fischi rapidissimi e acuti, che lo fecero ringhiare. Una mano del Bre’n si alzò quasi da sola verso la gola dell’ometto, arrestandosi un attimo prima di compiere l’irreparabile.

«Tu …», sibilò imbestialito. «Dì quel che hai da dire, e prega il tuo Dio che valga la pena di ascoltarti».

Dapsl si ritrasse fuori portata. Poi cominciò a parlare in fretta: «Tutti gli schiavi del Recinto appartengono potenzialmente al Loo-chim. Ma Lui-Lei può anche non prenderne nessuno, se vuole. Di conseguenza voi dovrete mostrare un’Azione che sia degna di far parte della Concatenazione Imperiale».

Rheba fece per domandare qualcosa, ma l’altro la interruppe subito: «Sarà meglio che non mi chiediate particolari finché non avrò finito. Al momento stabilito verranno i compratori, osserveranno l’Azione degli schiavi, e decideranno chi far uscire. Esser portati fuori dal Recinto è appena il primo passo. Successivamente dovrete competere fra voi, e solo le tre Azioni migliori potranno andare alla Concatenazione. Le altre verranno vendute a chi ha i soldi per comprarsele. Una volta che si fa parte della Concatenazione, sia l’Azione che chi ne fa parte divengono un tutto indivisibile che può essere acquistato solo nel suo intero e soltanto da membri dell’aristocrazia. Magari dallo stesso Loo-chim. E per noi sarebbe un onore supremo appartenere al Loo-chim», aggiunse con tono quantomai convinto.

Kirtn brontolò alcuni commenti in Senyas, che Fssa cominciò a tradurre finché Rheba non gli ordinò di tacere. Ma Dapsl aveva sentito abbastanza.

«Non mi aspetto che un animale apprezzi quello che dico», replicò, offeso. «Mi chiedo perché Jal non vi abbia mandati nella Fossa, invece che qui nel Recinto».

«Jal?», scattò Kirtn. «Come sai che è stato lui a condurci qui?»

«Lo so, perché … Lasciami!», gridò l’ometto, divincolandosi e facendosi indietro. «È una voce che circola in città. Tutti sanno che nel Recinto c’è un Peloso con una mascherina di peli dorati. Si fanno pettegolezzi. Dicono che il Polo Maschile spera che tu muoia, prima di riuscire a fare le tue sudicerie di Peloso col Polo Femminile.» Sbarrò gli occhi, nel vedere i clepts e gli J/taals avanzare minacciosi su di lui. «Buona signora, per favore! Tieni a freno i tuoi animali!»

Lo sguardo di Rheba era tempestoso, ma tutto ciò che disse fu: «Hai parlato di Concatenazione, di Azione, di aristocrazia. Parlaci di questi tre argomenti, piccoletto. E non chiamare più animali i miei amici, o ti brucerò quelle stupide trecce impomatate».

«Se la vostra Azione sarà tale da consentirci di uscire dal Recinto, ma non abbastanza buona per la Concatenazione, noi verremmo acquistati da gente troppo povera per comprare macchine». Dapsl ebbe una smorfia. «Sarebbe una tremenda perdita di casta, e dura, molto dura. Perfino i più forti non vivono a lungo in quelle condizioni. Ci verrebbe azzoppata una gamba e incatenata l’altra, e non vi sarebbe fuga né salvezza …» Si prese la testa fra le mani. «Nessuna salvezza, no … nessuna speranza!»

Nel vederlo tanto spaurito Rheba sentì che la sua rabbia se ne andava. Le restava difficile provare irritazione verso un individuo così miserevole e tremante, anche se ogni tanto esibiva la mentalità di un verme.

«L’Azione», gli ricordò. «In cosa consiste, e come se ne determina la validità?»

«Questo dipende dal vostro Talento, naturalmente», disse lui, sorpreso. «E dovete avere un Talento, altrimenti vi avrebbero mandati nella Fossa».

Rheba gettò uno sguardo a Kirtn, rammentando la brama che aveva letto sul volto del Polo Femminile. «Un Talento …», mormorò. «E la seduzione in pubblico viene considerata un’Azione, forse?»

Dapsl annuì pazientemente. «Certo. E quando è eseguita da animali di razze diverse fra loro, la si apprezza come una forma di spettacolo. Gli Gnigs e i Loradoras, ad esempio. Le femmine Gnigs son così grosse e pesanti che …»

Lei lo fece tacere con un gesto seccato. «No. Roba di questo genere non ha niente a che vedere con quel che intendiamo fare noi». Si volse agli J/taals. «M/Dere, voi siete stati scelti come possibili gladiatori?»

«Non lo so. Quando l’astronave del nostro precedente J/taaleri è stata catturata, abbiamo combattuto finché lui è rimasto in vita. Con la sua morte, annullatosi il contratto, dovevamo smettere di lottare».

Fssa aggiunse alla traduzione un suo commento personale: «Se lo schiavista li ha portati qui, è stato certo per farli partecipare a gare molto sanguinose».

«Il Loo-chim vi ha già visti combattere?», chiese Kirtn.

«No. Però lo schiavista gli ha fatto un rapporto dettagliato sulla battaglia».

«E questo dev’essere bastato», mormorò Fssa.

M/Dere annuì verso Rheba. «Faremo i gladiatori, se vorrai. Tu sei la nostra J/taaleri, e combattere è il nostro Talento».

«No», disse subito lei. «Se il Loo-chim scoprisse che siete sotto contratto con me, probabilmente ci farebbe uccidere tutti. Inoltre i giochi di gladiatori non sono molto più piacevoli di quelli erotici in pubblico». Sospirò, mordendosi le labbra. Poi ricordò gli esercizi ginnici di bell’effetto di cui gli J/taals erano capaci. «Ginnasti! Io farò giochetti di forme e colori con l’energia, Kirtn potrà cantare, e voi farete i funamboli. Che ne pensi, Dapsl? È un genere di Azione capace di piacere al Loo-chim?»

«Troppo confusionario. Tu e il grosso Peloso fareste un effetto migliore da soli».

«No», dissero insieme la ragazza e il Bre’n. Poi lei aggiunse con decisione. «Tutti insieme o nessuno».

Dapsl si strinse nelle spalle. «Un’Azione di varietà, eh? Sono le più difficili da organizzare, ma … anche le più insolite. Gli schiavi hanno sempre problemi di linguaggio o razziali, e riunirli in gruppi di attori e fantasisti non è facile». Si grattò la testa pensosamente, poi annuì. «Sì … forse può funzionare».

«E tu?», chiese Kirtn. «Quale sarà la tua Azione?»

«Naturalmente io farò il capo teatrante», stabilì l’ometto.

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