Capitolo 21 L’ILLUSIONISTA YHELLE

Kirtn represse l’impulso di risponderle bruscamente. La ragazza era sul punto di perdere il controllo di sé stessa, o l’aveva già perso. E chiunque avesse osato toccare una Danzatrice del Fuoco in quello stato di eccitazione avrebbe ricevuto una scossa elettrica molto pericolosa. Ma non per nulla gli Akhenet Bre’n erano allenati al dolore.

Volutamente le insinuò la mano destra fra i capelli, sfiorandole il cuoio capelluto. Le chiome di lei crepitarono con violenza, scaricandogli nel braccio una saetta d’energia. Ad onta della sofferenza Kirtn restò impassibile, ritrasse la mano lentamente e se la osservò con aria critica. La peluria era visibilmente strinata. Scosse il capo con un sospiro.

Quando Rheba si rese conto di quel che gli aveva fatto ansimò, ad occhi sbarrati, e con voce rotta gemette alcune parole di scusa. Poi un forte tremito la scosse. Senza dir niente Kirtn le toccò ancora i capelli. Stavolta fu un tenero e dolce lucore dorato ad avvolgergli il braccio, e il Bre’n sorrise. Le diede un affettuoso buffetto su una guancia.

«Tutto bene, bambina», mormorò. «Sapevo già cosa sarebbe successo se ti avesse toccata».

«Perché lo hai fatto, se lo sapevi?»

«Straripavi di energia pronta a essere incanalata contro un bersaglio qualsiasi, Danzatrice del Fuoco. Ti sarebbe bastato guardato uno degli J/taals per scaricargliela addosso senza accorgetene. E avresti potuto ucciderlo».

Con un sorriso Kirtn le fece cenno di seguirlo, e andò a raggiungere i mercenari. I clepts si scostarono davanti a lui. Poi parlò con M/Dere usufruendo dei servizi di Fssa, che arrotolato sotto i capelli di Rheba faceva da traduttore. Stupita la ragazza alzò una mano a sfiorare il serpentello. S’era del tutto dimenticata di averlo sulla testa. Al contatto le parve insolitamente caldo, eppure non sembrava aver sofferto affatto della scossa energetica che aveva colpito Kirtn. In apparenza lo Fssreeme era dunque capace di utilizzare in qualche modo l’energia libera, visto che il suo corpo ne aveva assorbito una buona dose. Ma Rheba promise a sé stessa che un’altra volta avrebbe evitato il rischio di nuocere al serpentello con le sue emozioni incontrollate.

Restò immobile accanto a Kirtn, intanto che lui illustrava agli J/taals il disegno dell’anfiteatro e le regole dello spettacolo. Fssa aveva sviluppato un’abilità incredibile nell’imitare la voce del Bre’n, e usava un volume sonoro superiore per sovrapporre ad essa la sua traduzione contemporanea. Nello stesso tempo emetteva una bizzarra vibrazione subsonica, il cui effetto era di sfocare le parole di Kirtn mettendo in risalto le sue. Anche Ilfn s’era avvicinata ad ascoltare, seguita come un’ombra da Lheket che le sfiorava un braccio per avere un costante punto di riferimento.

M/Dere attese che Kirtn avesse finito, poi indicò il disegno. «Dove si trova l’astroporto, rispetto all’anfiteatro?»

Fu Ilfn a indicare un angolo del foglio, del tutto bianco. «Qui sulla sinistra. C’è una strada, chiamata Via del Golfo, che potremmo seguire passando lungo il mare. Ma esiste anche un’altra uscita … questa, attraverso il parco del Loo-chim, un giardino riservato all’Imperiale ed ai suoi favoriti».

«Come si accede al parco?», domandò M/Dere.

«Da qui». Ilfn puntò un dito sul disegno. «Anticamente il parco era circondato dai vecchi palazzi del governo, che oggi sono una serie di rovine. L’anfiteatro è in pratica l’unica costruzione rimasta in piedi. Il tunnel fa parte di un sistema di gallerie che corrono sotto l’intera zona, e ho sentito dire che è possibile raggiungere il parco da una di queste. Sarebbe la via più breve, perché dal parco all’astroporto ci sono appena due minuti di strada».

M/Dere studiò ancora la mappa. Il dito di Ilfn non aveva lasciato però alcuna traccia dov’era passato a indicare percorsi e uscite. La donna J/taal si chinò a mormorare in un orecchio di uno dei clepts qualcosa che Fssa non udì e non tradusse. L’animale spalancò la bocca, rivelando una chiostra di zanne acuminate come pugnali e abbondantemente umide di saliva. Con tutta naturalezza M/Dere usò la saliva del clepts per cospargerne il foglio di plastica, e gli altri videro stupiti che su di esso comparivano tenui linee scure, là dove il dito di Ilfn s’era posato.

«L’uscita del tunnel è qui?», chiese M/Dere.

Ilfn annuì, e Fssa trasformò quel cenno del capo in una parola in lingua J/taal.

«E il parco è qui, vero? Per l’astroporto si va in questa direzione?»

«Sì. Un po’ a destra».

«Quanto sono estese le piste di atterraggio?»

«Non molto. È uno scalo secondario».

«E l’astronave della J/taaleri dove si trova?»

Ilfn la guardò senza capire. «La J/taaleri?»

«Sono stati assoldati da Rheba», spiegò brevemente Kirtn.

Ilfn gettò uno sguardo perplesso alla ragazza. Puntò un dito su un angolo del foglio. «Le piste sono disposte in senso est-ovest, e l’astronave è in uno spiazzo fra gli hangar e il parco. L’hanno rimorchiata con dei carrelli, vicino ad altre piccole navi in attesa di riparazioni».

«Il Devalon non aveva nessun bisogno di riparazioni quando siamo atterrati», disse Kirtn. «Ma credo di sapere perché l’anno portato lì».

«Perché?», chiese Ilfn.

«Il Devalon risponde solo alla voce del padrone», ridacchiò lui. «Dubito perfino che i Loos siano riusciti ad aprire il portello. Non si ruba facilmente un’astronave di Deva».

«Speriamo», disse Ilfn. «Comunque la nostra nave non è lì. Era dello stesso modello del Devalon».

«E dove l’avete lasciata?», chiese subito Rheba.

«Se l’avessero trasportata qui, Lheket e io saremmo fuggito il giorno dopo essere usciti dal Recinto».

«Ma non hai idea di dove possa essere?», insisté la ragazza.

«No». Ilfn abbassò lo sguardo, corrucciata. «Appena usciti dall’overdrive, senza ancora sapere che il balzo ci aveva portati nella Confederazione Yhelle, rispondemmo a una chiamata di soccorso. Come immaginare che si trattava di una trappola? Seguendo il segnale diressi la Luna d’autunno verso un pianeta disabitato che sulle carte non figurava neppure, nel sistema di Sorriaix, e accostai a un’astronave in orbita circumpolare. Ci venne chiesto di salire a bordo per soccorrere il pilota ferito, così indossammo le tute e uscimmo nello spazio. Entrati nella camera stagna dell’altra nave scoprimmo come stavano le cose … pirati e mercanti di schiavi! Ma dovettero lasciare la Luna d’autunno in orbita attorno a quel pianeta, perché non sapevano neppure come entrarci. Ignoro se in seguito l’abbiano rimorchiata da qualche parte».

«Senza raggi trattori?» Kirtn fece una smorfia disgustata. «Se è come dici, la vostra astronave è ancora là».

M/Dere stava intanto tracciando altri segni sulla mappa, con l’ausilio del clept quando Dapsl che s’era avvicinato a guardare, mandò un grido rauco.

«Questo animale sta rovinando il mio disegno!», strillò.

L’ometto si insinuò a forza fra loro e cercò di togliere il foglio dalle mani di M/Dere, ma una spinta di Kirtn lo rimandò indietro. Rheba ebbe un attimo di panico: in quale lingua aveva parlato fin’allora? Non lo ricordava più. Era stato solo in Senyas e in J/taal, oppure avevano usato distrattamente anche l’universale? E Dapsl cos’aveva capito dei loro discorsi? Per quanto tempo l’ometto aveva potuto osservare la mappa, mentre gli altri vi tracciavano segni privi di nesso con l’Azione?

«Stai indietro», brontolò Kirtn. «Non sai che i denti dei clepts sono velenosi?»

Solo un pusillanime avrebbe preso per buona quella menzogna, e Dapsl arretrò in fretta. Velenose o meno, le zanne dei cani da guerra erano però spalancate minacciosamente. M/Dere placò gli animali.

«Cosa stava facendo quella Pelosa? Ditele di non pasticciare il mio foglio. Capito?»

«Calmati. M/Dere stava solo divertendosi a fare qualche scarabocchio. Abbiamo finito, e il disegno non ci serve più».

Dapsl fremette, strinse i pugni e cercò ancora di agguantare il foglio, ma M/Dere se lo nascose dietro la schiena. L’ometto bestemmiò, con una voce dura e fredda che non gli avevano mai sentito. Poi si contorse per scacciare le mani di Kirtn che lo tenevano.

«E va bene. Lasciami stare tu!», latrò. «Ho fatto tutto quel che potevo per quest’Azione, e mi sono sacrificato in modo indegno per un caposchiavo. Ma voi non volete saperne di mettere la testa a posto, maledetti bastardi». Li incenerì con lo sguardo. «Nessuno di voi è abbastanza intelligente da capire quali sono i suoi interessi. Siete solo barbari e selvaggi!» Detto ciò aggirò Kirtn urtandolo con una spallata e corse fuori dal locale.

Rheba e gli altri seguirono la sua uscita senza far commenti, poi si strinsero nelle spalle e tornarono a dedicarsi alla mappa. La ragazza chiese: «Dove sono disposte le guardie? Quale uscita sceglieremo? E soprattutto, ci sarà qualcuno a darci man forte se dovremo batterci, nel tragitto fra l’anfiteatro e l’astroporto?»

Ilfn esitò, e sul suo volto gli altri poterono vedere solo una certa perplessità. Ma Rheba e Kirtn, che conoscevano l’animo Bre’n, sapevano che a trattenerla dal parlare non era l’indecisione. Kirtn le fischiò una frase d’incoraggiamento, così melodiosa che Lheket si volse a sorridere nella sua direzione. Il giovanetto la ripeté, unendovi una nota interrogativa polifonica che divertì i compagni, e poi fischiò ancora la stessa, richiesta sull’aria di una vecchia canzone Bre’n, mutandone il significato comicamente.

Ilfn fu costretta a sorridere, ma tornò subito seria. «Il termine della vostra Azione sarà il segnale d’inizio per la rivolta, nello stesso istante in cui comincerà l’Ora del Non-Tempo e gli schiavi sciameranno per le vie della città. Non faranno altro che celebrare una sorta di festività tradizionale, ma fra loro dovremo aprirci la strada fino all’astroporto e forse verremo assaliti da qualche energumeno. Quasi tutti in città si droganp … Imperiapolis è una città viziosa e le droghe più diverse vi circolano a fiumi. Il crimine dilaga anche nelle notti tranquille. Ci saranno balli all’aperto e fuochi artificiali, e tanto i cittadini quanto gli schiavi più favoriti indosseranno costumi ispirati alla mitologia di Loo. Da quanto mi è stato detto, nelle strade ci sarà molta confusione e verrà consentito solo il traffico a piedi, dunque avremo una possibilità di passare inosservati. Ma dovremo aspettarci ogni eccesso, perché nell’Ora del Non-Tempo non c’è legge. Delitti, vendette, orge, violenza … e si dice che tutto questo sia voluto dal Loo-chim, per togliere di mezzo gli schiavi poco Addomesticati».

«Ci occorrono armi», fece notare M/Dere.

«Non ne avremo». Ilfn fece una smorfia. «Sirgi, il mio contatto, non può darmene, o probabilmente non vuole. Non si fidano troppo di una che divide il letto del Loochim».

Kirtn sbuffò così irosamente che i clepts si guardarono intorno scoprendo le zanne. «Chi è questo schiavo che crede d’essere tanto migliore di te?»

«È un umanoide coperto di peluria rossa, che dice di venire da una stella lontanissima, e così lontana che neppure lui riesce a distinguerla nel firmamento. Basso e robusto, piuttosto in gamba. L’unico suo scopo nella vita è di tornare in patria. Sul suo pianeta era un sacerdote o qualcosa di simile. E ha un’opinione fortemente negativa di tutte le donne, schiave o no».

«Conosce gli J/taals, e sa che ce ne sono cinque con noi?»

Il sorriso di Ilfn s’indurì. Fissò M/Dere, e fra le due donne .ci fu uno sguardo di intesa. «Non sono stata a dirgli che fra noi non ci sono dei mercenari. Ma questo non ha troppa importanza».

«Non voglio che ci credano degli inetti».

Ilfn sollevò un sopracciglio. «E lo siamo? La tua Danzatrice del Fuoco è l’arma più pericolosa che ci sia su Loo».

Kirtn fece per obiettare qualcosa, poi preferì tacere. Quel che aveva detto Ilfn era vero. Fra tutti gli Akhenet Senyasi, i Danzatori del Fuoco erano quelli che avevano la maggior capacità potenziale di distruzione. Ma silenziosamente promise a sé stesso che non avrebbe dato a Rheba l’opportunità di scatenarsi: la ragazza aveva già dovuto vedere troppa morte, e trasformandosi in un’assassina si sarebbe autodistrutta.

«Fino a che punto possiamo fidarci degli altri schiavi?», chiese Rheba.

Ilfn lasciò che fosse il suo silenzio a risponderle. Poi alzò le spalle. «Dobbiamo stare con loro, ma non siamo costretti a fidarcene a fondo. Sirgi è molto interessato al Devalon, forse troppo. Gli ho ripetuto dieci volte che, se anche riusciremo a metter piede nell’astronave, questa risponderebbe solo ai comandi della coppia di Akhenet conosciuta dal suo computer. Ma non so se mi abbia creduto. In ogni caso, ho dovuto promettergli che imbarcheremo tutti gli schiavi che l’astronave potrà portare».

«Questo l’avrei fatto anche se lui non l’avesse chiesto», borbottò Rheba. «Come siete rimasti d’accordo?»

«Ci aspetterà con altri al primo cancello. Appena arrivati, io lo aprirò con la chiave vocale, e poi passeremo nel parco. Da lì in avanti, raggiungere l’astroporto sarà questione di fortuna».

«Oh, noi sappiamo tutto sulla fortuna», sospirò Rheba. «Abbiamo cominciato su Deva a imparare cos’è».

Gli occhi di Ilfn si dissero d’accordo con lei. Rheba continuò: «Mi sentirei più sicura se ci fosse qualche fonte di energia da cui attingere. Anche un forte chiar di luna mi andrebbe bene».

«Niente lune», la informò Kirtn. «Si alzano solo dopo la mezzanotte».

«E il cielo si prevede sereno?»

«Limpido come il cristallo», rispose Ilfn.

«Allora non potrò contare che attivino la cupola d’energia sopra l’anfiteatro», rifletté Rheba. Si volse a osservare Lheket, e le sue tenui linee di Danzatore della Tempesta. «Il ragazzo sarebbe capace di chiamare qualche nuvola temporalesca?»

«No!», si oppose subito Ilfn.

«Perché no?» La voce della ragazza s’indurì. «È un Akhenet o cos’altro?»

«Non è stato addestrato».

«E la colpa di chi è?», sbottò lei.

L’espressione di Ilfn restò imperturbabile, quando rispose con calma glaciale: «È solo un bambino».

«Storie. È già abbastanza cresciuto per chiamare la pioggia. Su Deva avrebbe cominciato a fare la sua parte di lavoro da più di un anno».

«Qui non siamo su Deva. Non ci sono altri Danzatori della Tempesta ad aiutarlo».

Kirtn zittì con un cenno Rheba, che stava per replicare ancora, e il suo fischio suonò basso e penetrante: «Di cosa hai paura, Ilfn?»

«Io …» La donna s’interruppe, poi passò a parlare in Senyas per essere più chiara. «Non l’ho addestrato a chiamare la pioggia, e non so se possa farlo. Il potenziale elettrico contenuto in un temporale è imprevedibile. Dove sono la sua famiglia Bre’n, la sua famiglia Senyasi, e gli Akhenet più esperti di lui che dovrebbero guidarlo nel suo primo pericolosissimo tentativo? Lui è molto forte. E se io non riuscissi a controllarlo … dovrei ucciderlo con le mie mani, prima che sia lui a fare un’ecatombe». Strinse i denti. «E poi ucciderei me stessa!»

Rheba ricordò la facilità con cui Lheket aveva assorbito l’energia da lei, l’istintiva avidità per quelle correnti di forza che era la caratteristica di ogni Akhenet. Non dubitava che fosse potenzialmente forte. E nessuno sapeva meglio di lei cosa sarebbe successo, se un Akhenet molto dotato ma privo di allenamento fosse esploso nelle loro mani. Lo aveva visto accadere più di una volta su Deva, quando la disperazione aveva spinto Danzatori del Fuoco ancor più giovani di lei a lottare per tenere saldi gli scudi di energia. I risultati erano stati ancor più terribili che se lo stesso plasma stellare fosse penetrato nella bassa atmosfera fino al suolo.

Di fronte a un’alternativa di morte, sarebbe stato meglio lasciare addormentati i poteri di Lheket ancora per qualche tempo, finché tutti loro non avessero potuto dedicarsi ad allenarlo con le dovute cautele.

«Ilfn ha ragione», decise, e lo ripeté fischiandolo in Bre’n per dare maggiore risonanza a quella constatazione. «Saprò sostenere l’Azione usando solo la mia energia corporea. Una volta fuori dall’anfiteatro, sono certa che troverò qualche altra sorgente utilizzabile. Ma non mi piace. Sul palcoscenico sarò … come un’arma scarica».

Guardò ancora Lheket in silenzio. I ciechi occhi verdi erano puntati su di lei, fuori fuoco e tuttavia nella sua direzione. I sensi già sviluppatissimi dell’Akhenet gli consentivano di captare le turbolenze d’energia intorno a lei, e per istinto seguiva i suoi spostamenti come un fiore eliotropico segue quelli del sole. Anch’ella sentiva qualcosa provenire da lui, una potenza dormiente, una segreta sorgente di forza che stagnava nelle profondità del suo corpo. Se quella forza fosse sgorgata senza controllo, Lheket avrebbe potuto uccidere chi gli stava vicino:

Rheba si volse bruscamente, avvertendo la presenza di qualcuno nel corridoio esterno. Dapsl comparve a passi felpati sulla soglia, e dietro di lui entrarono svelti Signore Jal e una donna pallida, di media statura e dalle chiome nere. La faccia di quest’ultima era priva di espressione come un volto di creta non rifinito.

Signore Jal fece arrestare gli altri due con un gesto, e si avvicinò a Rheba. Gli occhi della sconosciuta erano fissi su di lei con ipnotica concentrazione, come se volesse memorizzare i suoi lineamenti. L’individuo dalla pelle azzurra sfiorò dapprima Kirtn e poi la stessa Rheba, con un tocco apparentemente casuale: e all’istante la ragazza avvertì una sofferenza raggelante pervaderle le membra.

Un freddo intenso le annebbiò la mente per alcuni secondi, e subito dopo ella si rese conto di non avere più alcun controllo del suo corpo. Tutto ciò che riusciva a fare era di stare in piedi e ferma, con gli occhi fissi nella direzione in cui guardava prima d’essere toccata da Jal. Non poteva muovere un sol muscolo né aprire la bocca per parlare, ed era a malapena capace di deglutire saliva e di sbattere le palpebre. Sebbene non riuscisse ad osservare Kirtn direttamente, era conscia che anch’egli era paralizzato dall’azione della droga o di qualunque fosse l’arma che Jal aveva usato su di loro.

Prima che gli altri avessero capito cosa stava succedendo, Signore Jal era già passato fra i cinque J/taals. Vedendo che la loro J/taaleri stava zitta e non pareva degnare d’attenzione lo schiavista, non reagirono in alcun modo, e fu così che M/Dere venne anch’essa toccata rimanendo come pietrificata all’istante. Ilfn sollevò un sopracciglio, forse colpita da un vago sospetto, ma non si scostò quando una mano le si poggiò su una spalla, e il suo corpo divenne quello di una statua. Jal ignorò il giovinetto cieco, estrasse di tasca una pistola lancia-aghi, si accostò a Rheba e gliela puntò alla gola, tenendo un dito sul grilletto.

«Caposchiavo», ordinò. «Informa M/Dere che se i cani da guerra fanno tanto di muoversi, io ammazzo la ragazza».

Dapsl ripeté il comando in pessimo e sgrammaticato J/taal, rivelando in quel momento che aveva una certa infarinatura di quella lingua.

«Adesso liberale la bocca, che possa parlare», disse Jal.

Nervosamente l’ometto raggiunse la mercenaria, le punzecchiò la nuca con un ago lungo e sottile e sgambettò subito in zona di sicurezza.

«Dille che voglio quelle bestiacce stese a terra», sibilò Jal, premendo l’arma sotto la mandibola di Rheba.

Se la ragazza avesse potuto almeno girare gli occhi nelle orbite, avrebbe tentato di incenerirlo con un’occhiata. Cercò di sprigionare una saetta d’energia, ma le sue Linee di Potenza risposero allo sforzo emanando appena un lucore quasi invisibile. Si sentiva confusa, e intuì che la droga le paralizzava i pensieri non meno del corpo.

M/Dere borbottò un ordine di malavoglia, e i clepts si sdraiarono sul pavimento. Fissavano Jal con una ferocia nera come la morte, ma non fecero più un movimento.

«Bada, Pelosa, che se parli senza il mio permesso la ragazza muore. Se mi hai capito rispondi un sì, e usa solo quella parola».

La mercenaria attese la rafforzata traduzione di Dapsl, quindi rispose: «Sì».

Jal sorrise freddamente all’ometto. «Avevi ragione, caposchiavo: Rheba è proprio la loro J/taaleri, sebbene io non capisca come … Ma non ha importanza», Inarcò un sopracciglio verso M/Dere. «Come vedi, non ho ancora fatto alcun male alla vostra J/taaleri. Di conseguenza non c’è motivo di combattere. Anzi dovreste ringraziarmi … tenendola in vita io salvo anche il vostro lavoro, che con la sua morte cesserebbe. Non è così?» disse, ignorando gli sforzi che Dapsl faceva per stargli dietro con la traduzione.

Detto ciò, Jal afferrò Rheba con la mano libera, la fece inclinare di lato e poi la sorresse deponendola senza scosse sul pavimento. A quella vista i clepts ringhiarono, ma non mutarono posizione. Neppure M/Dere aprì la bocca: la pistola dell’individuo era costantemente puntata sulla ragazza inerte, e disarmarlo prima che potesse usarla era impossibile.

«È viva e perfettamente sana», disse Dapsl, tornando alla porta. «La droga è innocua … e anche lei è innocua, adesso. Signore Jal non è certo così sciocco da rovinare una schiava costosa».

M/Dere non fece commenti, né si volse a guardare i clepts, che la fissavano come in avida attesa di un suo cenno.

La voce di Signore Jal conteneva un filo di disprezzo: «So bene che voi J/taals vi attenete a regole precise, e conto su questo. Io detesto uccidere o rovinare schiavi che mi sono costati denaro sonante». Si volse alla donna che era entrata con lui. «Hai visto abbanstaza di lei, i’sNara?»

«Si, Signore».

Il tono della pallida femmina era stato informe e vuoto come la sua faccia. Si accostò a Rheba e le girò intorno, studiandone i lineamenti, i capelli, e le sottili linee dorate che s’intrecciavano sul suo corpo. Le aprì il vestito sulla schiena e glielo sollevò per esaminarle le gambe, dove già si scorgevano nuove Linee di Potenza un po’ dappertutto.

«Ha l’abitudine di lavorare nuda?» chiese.

«Qualche volta», disse Dapsl. «Ma è difficile da duplicare. I disegni sulla sua pelle sono molto complicati … e pulsano oscenamente».

«Un vestito, allora», suggerì Signore Jal. «Sì», annuì i’sNara, assente.

Kirtn poteva vedere sia Rheba che le manovre dell’altra donna, ma fin’allora non era riuscito a piegare un dito neppure con uno sforzo di cocente intensità. I suoi frustranti tentativi s’erano risolti in un nulla di fatto. Di tanto in tanto Jal gli gettava un’occhiata, per controllare se fosse sotto il pieno effetto della droga. Ad un tratto la donna chiamata i’sNara parve scossa da una vibrazione, l’aria intorno a lei divenne stranamente nebulosa e il suo corpo si fece indistinto nei particolari. Poi quell’effetto sconcertante svanì, ed ella tornò ad essere nitida e concreta d’aspetto.

Ma davanti agli occhi sbalorditi di Kirtn, stava adesso un esatto duplicato di Rheba.

Signore Jal esamino l’incredibile creatura con grande attenzione, poi commentò: «Le ciglia più lunghe, e le sopracciglia più arcuate. E i capelli… puoi farli ondeggiare come lei?»

Kirtn fu preso da una sensazione molto vicina alla nausea vedendo le ciglia di lei crescere, le sopracciglia farsi arcuate ed i capelli muoversi nell’aria. Il suo istinto di Akhenet era sconvolto, quasi che in quel perfetto duplicato di Rheba vi fosse qualcosa di osceno che lo disgustava.

«Uhm! … Bene». Signore Jal approvò con un cenno. «Ma stai più dritta con le spalle. La nostra cagnetta è un tipo orgoglioso. Sì, così. Adesso prova a camminare». Dopo qualche passo però la fermò. «No, maledizione! Più elasticità, più energia fisica: la ragazza è molto leggera nel muoversi, non così moscia. Vorrei averti portata qui quando provava l’Azione. Ma … dopo quel che mi ha riferito il mio caposchiavo, ho preferito non far sospettare nulla a questi furbacchioni».

«Sei stato abile a immobilizzarli tutti, senza farci assalire dai clepts, Signore», lo unse doverosamente Dapsl.

L’altro grugnì, troppo smaliziato per apprezzare quelle leccate. Indicò M/Dere. «Dille di far camminare avanti e indietro lungo quella parete uno dei clept, e sempre a rispettosa distanza da noi».

L’ometto berciò l’ordine inciampando nelle parole J/taal, e M/Dere parlò a uno degli animali. Il clept percorse un lato del locale su e giù, docilmente, seguito dagli sguardi attenti di Jal e di i’sNara.

«Così può bastare», stabilì l’uomo. Attese che il clept si fosse steso a terra, s’accostò a M/Dere e le toccò la nuca, paralizzandole di nuovo la lingua. Poi tornò da i’sNara. «Rheba cammina più o meno come quel clept, elegante ma con sicurezza. Ha equilibrio, se mi capisci». Ebbe un sorrisetto storto. «Adesso che ci penso, devo dire che la nostra sgualdrinella è un gran pezzo di femmina. Proprio di quelle che con un’occhiata mettono nei guai un uomo, eh?»

I’sNara collaudò un’andatura modificata, e Kirtn non poté dominare il suo disagio nel vedere i flessuosi movimenti di Rheba imitati da quella schiava senz’anima.

«Ora va meglio». Signore Jal si portò di fronte al Bre’n. «Apri bene le orecchie, Peloso: se ci tieni alla vita della tua amichetta cerca di essere furbo d’ora in poi. In quanto ai tuoi stupidi piani di fuga, sarebbero solo serviti a farti crepare più in fretta. Credevi che il mio caposchiavo fosse cieco?»

Kirtn sentì una morsa gelida allo stomaco, ma la sua faccia paralizzata non rivelò lo scoramento provocato da quelle parole. Tutto ciò che poteva fare era di stare immobile, mentre le sue speranze di libertà svanivano dolorosamente.

Alle sue spalle, Dapsl fornì una traduzione agli J/taals di quello che Jal stava dicendo con voce secca e perentoria:

«Gli schiavi che studiano piani di fuga si rivelano non-Addomesticati e vengono di solito giustiziati immediatamente. Ma buon per voi che io ho dei grossi interessi in gioco: l’Imperiale Loo-chim mi ricompenserà per questa Azione molto lautamente … e abbastanza perché io non mi debba più sentir chiamare un Senza-Chim, un mezzo uomo, da Signora Kurs. Fino a quel momento, io non ho intenzione di permettere che il vostro sciocco sogno di ribellione si metta fra me e il guadagno che mi spetta!»

L’espressione dell’uomo era di gelida rabbia, mentre li fissava l’uno dopo l’altro. Dopo una pausa, continuò: «Come avrete ormai capito, i’sNara è un’illusionista Yhelle del Decimo Grado. Appartiene a me. E adesso lei è Rheba fino all’ultimo capello. Sarà Rheba anche nell’Ultima Notte dell’Anno. Sì … una Danzatrice del Fuoco, con la differenza che le fiamme e gli effetti di luce creati intorno agli altri attori saranno illusori anch’essi. E se non riuscirà ad imitare bene quegli scherzetti, poco importa … Soltanto voi li conoscete. Nessuno nell’anfiteatro potrà distinguere l’illusione dalla realtà».

L’uomo tornò a puntare la pistola sulla ragazza. «E toglietevi dalla testa di potervi ribellare allo scoccare della mezzanotte. Se ci proverete, Rheba morirà. Se non reciterete l’Azione nel modo più perfetto, Rheba morirà. Se succederà qualsiasi cosa che dispiaccia a me o al Loo-chim, sulla scena o durante la successiva Ora del Non-Tempo, Rheba morirà. Mi hai capito bene, Peloso?»

Jal alzò una mano davanti al volto di Kirtn, schioccando le dita alla maniera dei Loo, e per la prima volta egli poté notare che portava un guanto trasparente, fornito di aghi all’estremità di ogni dito. L’individuo gli toccò la nuca e lui poté sentire i muscoli del collo e della gola rilassarsi, sebbene non tanto da parlare con naturalezza.

«Rispondimi, Peloso!»

«Sì, ho capito», disse Kirtn.

«E capisci anche che l’Azione verrà annullata, se farete parole con qualcuno della nostra piccola sostituzione? Io sarei rovinato, ma voi … messi a morte all’istante! Chiaro il concetto?» Gli occhi di Jal erano di ghiaccio.

«Sì», rispose lui, con voce tale che l’altro fece involontariamente un passo indietro.

«Allora ricorda quel che ho detto», lo avvertì Jal. «Altrimenti prima di morire vedrai la tua stessa pelliccia strappata via a strisce da un coltello rovente». Gli volse le spalle, quindi premette un. pulsante su una piccola trasmittente che portava alla cintura. Schioccò le dita verso i’sNara. «Torna te stessa, sbrigati. Non voglio che le mie guardie del corpo ti vedano».

In un breve istante le fattezze della illusionista Yhelle mutarono, ed ella fu di nuovo una donna bruna e pallida dal volto inespressivo. Nel corridoio risuonavano già dei passi pesanti. Due guardie in uniforme comparvero sulla soglia.

«Avete chiamato, Signore?»

«Prendete questa schiava e seguitemi». Jal indicò la ragazza che giaceva al suolo.

Kirtn non poté far altro che osservare con la coda dell’occhio, tormentandosi per l’odio e per la rabbia, mentre i militi di Signore Jal sollevavano Rheba come un sacco di patate e la protavano via.

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