Capitolo 17 LA RECLUSA

Kirtn seguì la silenziosa coppia di guardie attraverso le stradine deserte e buie. Era notte fonda, ma qua e là si vedevano muoversi schiavi che non avevano bisogno di luce per lavorare. Si trattava di individui schivi, provenienti da chissà quale pianeta sperduto e destinati a faticare duramente fino alla morte, ma non erano quelli che stavano peggio. In tutta la zona chiusa — così era chiamato il quartiere dov’erano tenuti i futuri partecipanti alla Concatenazione — molti umanoidi dagli occhi brillanti come lampadine o con la pelle fluorescente affinavano i loro particolari Talenti e provavano le Azioni.

Il quartiere era recintato, composto da una gran quantità di edifici cadenti attorniati da vicoli ciechi, rampe, muri e cancellate. Le costruzioni in blocchi di pietra massiccia davano un’impressione di antichità millenaria, e il selciato era stato reso liscio da generazioni di schiavi a piedi scalzi. L’aria era tiepida, umida, ma poco prima aveva piovuto e al suolo c’erano pozzanghere fredde.

Dalle vecchissime case emanava un odore sgradevole, misto di sporcizia e di cibi di pessima qualità, e alcune fognature erano scoperte, ma la brezza portava con sé il profumo del mare. La capitale di Loo sorgeva presso l’equatore, sulla riva di un oceano del quale Kirtn non sapeva il nome né la forma, e tutto ciò che poteva dire era che alla periferia di essa c’era più di un astroporto. Ma non era in grado di fare alcuna supposizione sulla sorte toccata al Devalon: Jal poteva aver lasciato l’astronave lì, averla venduta, o averla portata altrove, sebbene le due ultime ipotesi fossero le meno probabili.

Le guardie si fermarono dinnanzi a un portone permeato da lievi e minacciosi bagliori d’energia: uno di essi parlò nell’interfono collegato alla serratura, e il sistema di sicurezza si spense automaticamente. Come le altre misure adottate per impedire le evasioni dalla zona chiusa, anche quella era piuttosto inadeguata. Non esistevano ostacoli davvero insuperabili per uno schiavo dotato di normale intelligenza e abilità. Nessuno … salvo la consapevolezza che lasciare il pianeta era tutt’altra faccenda, e che la punizione per i fuggiaschi era la morte. I Loos davano per scontato che uno schiavo Addomesticato fosse intelligente, e che di conseguenza non si sarebbe suicidato tentando stupidamente la fuga. Gli unici a lasciare la zona chiusa erano quelli che le sofferenze facevano quasi uscire di senno, e che poi vagavano senza meta fino a incappare in una pattuglia o a morire di fame.

Ciò malgrado Kirtn s’impresse nella mente tutte le chiavi verbali che le guardie usarono per oltrepassare i portoni e i cancelli interni. Non era cosa difficile per un Bre’n, le cui facoltà mnemoniche erano sviluppate al pari di altre caratteristiche psichiche: da millenni i membri della sua razza venivano allenati a guidare le pericolose energie mentali dei Danzatori Senyasi.

Ci furono altri portoni, e altre chiavi verbali usate per aprirli. Poi intorno a lui l’aria divenne più dolce, e nella notte gli giunse alle nari il profumo di piante in fiore. Il mare non era lontano, ne poteva sentire la risacca. Fra le nubi splendevano le due piccole lune del pianeta. Gli sarebbe piaciuto poter salire su un edificio, per farsi un’idea del territorio circostante, ma tutto ciò che i suoi occhi vedevano erano le ombre di un giardino cinto da alti muri. Lo attraversarono, e in fondo ad esso la porta di una villetta si aprì a un ultimo comando verbale. Davanti a lui apparve un locale illuminato di luce gialla e ben arredato, e sulla soglia dell’abitazione si stagliò la figura scura di una donna Bre’n: Ilfn. Il suo armonioso fischio di saluto fu uno dei suoni più piacevoli che Kirtn avesse mai udito.

Nell’accennargli di entrare, Ilfn sorrise appena. Le guardie si allontanarono senza dir parola, e quando la porta fu chiusa Kirtn si rese conto d’essere dinnanzi a una realtà inseguita per anni e anni: una donna dalla sua stessa razza. Era rigido per l’emozione.

La mano destra di lei si levò ad accarezzargli la mascherina di peluria intorno agli occhi, nel caratteristico gesto Bre’n di benvenuto. Ilfn era di statura inferiore alla media e non gli arrivava che al mento, come Rheba. I peluzzi sulle sue arcate orbitali erano di un giallo dorato più chiaro del suo, che risaltava maggiormente a causa della sua pelliccia piuttosto scura. Era così tesa che al tocco di lui sul viso ebbe un brivido violento.

«Fin’ora lo speravo soltanto … Non osavo credere davvero che un giorno avrei di nuovo incontrato un Bre’n», disse Ilfn sottovoce. «Mi hanno tenuta in vita solo la speranza e il dovere verso il mio Akhenet, il bambino. Anche tu sei un Akhenet, vero?»

«Sì. Lei si chiama Rheba, ed è Una Danzatrice del Fuoco. Abitavamo nella penisola di Tirrl».

«La verde Tirrl!», sospirò lei. «Dalla parte opposta del pianeta, rispetto agli altipiani di Semmadoh. Ma la morte scese uguale e terribile dappertutto».

«Non siamo tutti morti. Voi siete qui, e Rheba ed io vi abbiamo trovato seguendo le vostre tracce su tre pianeti diversi. Devono esserci altri. Li troveremo, ci uniremo a loro, e insieme costruiremo una nuova patria su un nuovo mondo. I Bre’n e i Seriyasi danzeranno ancora».

Il sorriso di Ilfn fu molto più triste di quel che gli sarebbe piaciuto, come se lei avesse già imparato a sue spese che gli schiavi non devono sperare troppo.

«Una Danzatrice del Fuoco? Lheket è un Danzatore della Tempesta. È molto forte …» Il suo fischiare scese alla chiave armonica inferiore. «Forse perfino troppo forte, per un ragazzino di soli undici anni».

Kirtn annuì. «Anche Rheba è forte. Ha Linee di Potenza sin dietro le spalle, e questo alla sua età è eccessivo».

Ilfn gli poggiò una mano su un braccio, quasi avida di toccarlo. «Credo che solo le Danzatrici e i Danzatori più forti ce l’abbiano fatta … o i più fortunati, forse». I suoi occhi parvero scurirsi al ricordo, poi scosse il capo scacciando quei pensieri. «Non credevo che Signore Puca avrebbe ascoltato le mie suppliche».

Kirtn la fissò interrogativamente, ed ella spiegò: «Gli ho chiesto se eri vivo, e ha risposto di sì. Allora l’ho pregato di lasciarci incontrare. Ma dapprima ha rifiutato, e mi ha percossa.» Lo vide stringere i denti e gli fece cenno di star calmo. «Non mi ha fatto niente. Nessuno di questi smidollati Loos può far davvero male a un Bre’n, a mani nude. E Signore Puca è debole come un lattante». Ebbe un sorrisetto crudele. «Già, il Polo Maschile è tenero e fragile, e quando verrà il momento lo voglio per me. Questo diritto me lo sono meritato, credimi».

«Quando verrà il momento? Che significa?»

Ilfn esitò, poi scrollò le spalle. «Suppongo di potertelo dire. Del resto, se non posso fidarmi dell’ultimo Bre’n rimasto in vita, tanto vale morire». Lo fissò intensamente. «Sto parlando di una rivolta».

«Quando, come, e quanti siete?», scattò lui, parlando in Senyas.

«L’Ultima Notte dell’Anno, la notte conclusiva della Concatenazione, durante l’Ora del Non-Tempo. È un’ora di caos. Conosciamo le chiavi verbali di tutte le porte principali nella zona chiusa. E c’è uno spazioporto a non molta distanza dall’anfiteatro della Concatenazione. Ruberemo un’astronave e lasceremo definitivamente questa fogna di pianeta».

Kirtn tacque. Non intendeva criticare quel progetto, un po’ per non offenderla e un po’ perché non ne sapeva ancora abbastanza. Ilfn sorrise, e nell’osservarla meglio Kirtn comprese che la donna doveva essere alquanto più anziana di lui.

«Non è la pazzia che potrebbe sembrarti», aggiunse lei. «Nella notte della Concatenazione c’è un’ora, dopo la mezzanotte, che per recuperare un difetto nel calendario di Loo viene considerata inesistente. È chiamata l’Ora del Non-Tempo. E durante quest’ora non esiste la Legge, non ci sono regole né autorità per farle rispettare, e gli schiavi vagano per le strade. L’anno nuovo inizierà soltanto al suo scadere. Fino a quel momento tutta la nobiltà di Loo e le loro guardie armate resteranno al sicuro nell’anfiteatro, a occuparsi delle Azioni lì rappresentate».

Kirtn rifletté qualche istante su quelle notizie. «Che genere di anfiteatro è?», chiese poi.

«È un’antica piazza, collegata alla zona chiusa da un tunnel». Ilfn passò a fischiare in Bre’n, emozionata. «Questo tunnel è pieno di stanze laterali e diramazioni, e non ci sono guardie. Potremmo stare nascosti là fino al termine dell’ultima Azione. Subito dopo comincerà l’Ora del Non-Tempo, e a questo punto agiremo. Chiuderemo tutte le porte dietro di noi, per non farci seguire da troppi schiavi, e correremo all’astroporto. Poi … via su un’astronave!»

«Se fosse davvero così facile, su Loo non ci sarebbe rimasto un solo schiavo», obiettò Kirtn.

«Facile o difficile, noi tenteremo!»

D’improvviso Kirtn avvertì una nota disperata nelle sue parole, una forte emozione che ella lasciava trapelare solo in quel momento, e si aggrondò. «Che altro c’è? Cosa mi nascondi?»

«Vedi … Lheket ha un difetto alla vista. Non ha più l’uso degli occhi, da quando lasciammo Deva. Forse si tratta di una forma di cecità isterica, causata da quello che ha visto. Comunque il punto è che lui ha bisogno di me, più che mai».

«Ah!», mormorò Kirtn. «Continua».

Ilfn aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni, ma preferì poi tornare anch’ella al Senyas, per maggior precisione. «Lheket è ancora un ragazzino, ma è già alto quasi quanto me. E Signore Puca è geloso di lui. Non può credere che nessuno di noi Bre’n toccherebbe mai un Senyasi di quell’età, e specialmente il suo Akhenet. Lui vede il mio amore per Lheket, e lo scambia per passione sessuale. Un giorno questo sarà vero, naturalmente, quando lui raggiungerà l’età adulta, ma ciò accadrà fra vent’anni. Signore Puca è un perverso bastardo, come tutti quanti questi Loo, e non ha creduto a quel che gli ho spiegato di noi. Vede solo che Lheket è alto, che è un bel giovinetto, e che mi ama …» Chiuse gli occhi un attimo. «Così, presto mi separerà da Lheket. E allora … quello sarà il momento del rez e della morte! Dunque, vedi bene che io non ho nulla da perdere in questa rivolta. Non ha neppure troppa importanza che il piano di fuga sia buono o cattivo. Capisci?»

Lui non rispose. Non c’era modo di mutare i suoi propositi, né una buona ragione per farlo, se ciò che aveva detto era vero. Ilfn conosceva i rischi e aveva fatto la sua scelta.

«Sei certa che qualcuno degli altri schiavi non tradirà?», chiese.

Il fischio di lei, vibrante in due tonalità, indicò che la cosa era incerta. «Mi hanno proposto di unirmi a loro solo perché io conosco i codici vocali delle porte esterne. Li ho memorizzati sin dalla prima volta che le guardie mi hanno scortata da Signore Puca. Al loro piano servono solo le chiavi giuste».

«E tu sei la loro chiave per uscire da qui?»

«Così pare. Si fidano di me, naturalmente. Ma non credo che mi abbiano rivelato tutti i particolari del piano. Ho idea che vi siano coinvolti molti altri schiavi, sia dentro sia fuori la zona chiusa. Io ne conosco solo due, e neppure i più importanti. Tuttavia una di loro, una donna, è una pilota di astronavi. Ha riconosciuto anche lei la vostra, all’astroporto».

«La nostra? Come sai che è all’astroporto?», chiese lui, eccitato.

«Dalla mia finestra posso vedere un lato della pista. È stato così che mi sono accorta del vostro arrivo. Una mattina ho notato che laggiù c’era posteggiata un’astronave Senyas, e da quel giorno ho fatto in modo da trovarmi presso la rampa d’uscita del Recinto ogni volta che ne venivano portati fuori dei nuovi schiavi Addomesticati. Quando ti ho visto …» Ilfn gli poggiò le mani sulle spalle e tacque. «Quanto di ho visto mi sono afflosciata a terra. Ero convinta che tu fossi morto … ucciso dal mio fischio di benvenuto!»

Sentendola scossa lui la abbracciò con forza, e la donna scoppiò in lacrime. Doveva essere molto tempo che non si lasciava andare a quel modo, e soprattutto che non aveva nessuno a confortarla salvo il suo Akhenet. Kirtn continuò a tenerla fra le braccia anche quando si fu calmata.

Per un istante il pensiero che Signore Puca abusava di lei gli fece calare un velo rosso davanti agli occhi. Ilfn era diversa da lui, per molti versi, e probabilmente se fossero stati su Deva non si sarebbero mai scelti a vicenda come compagni. Tuttavia era una donna d’animo sincero, coraggiosa, ed era un’Akhenet. Kirtn non avrebbe tollerato a lungo che fosse il giocattolo del Loo-chim.

«Se riusciremo a rimettere i piedi sul Devalon, tu sarai al sicuro per sempre. E il tuo Lheket …» Esitò un attimo, per reprimere le sue emozioni. «Lheket avrà una compagna, quando raggiungerà l’età di dare figli alla mia Danzatrice del Fuoco. Forse non è quanto avremmo fatto su Deva, ma Rheba è una Akhenet e conosce il suo dovere. Così anche noi».

«Il dovere è un freddo compagno», mormorò Ilfn, «ma è meglio che niente. Sì, io pure credo che su Deva non ci saremmo cercati l’un l’altro. Tu sei molto più giovane dell’uomo che io amavo un tempo, e più duro … E tuttavia dovremo avere dei figli duri quanto te, che sappiano sopravvivere. Io li voglio. Sei d’accordo, Akhenet?»

«Non hai bisogno di chiederlo. E non si tratta solo di dovere».

Ilfn lo guardò, improvvisamente timida. «Spero che tu non ti consideri troppo giovane per diventare padre», disse.

«Non lo sono fino a questo punto», rise Kirtn, divertito dalla sua espressione.

«E la tua Akhenet? Quanti anni ha?»

«Non è più un’adolescente, ma neppure un’adulta», borbottò lui.

Ilfn si fece indietro con un fischio d’imbarazzo. «Scusami. Non voglio interferire col tuo desiderio. Hai la mia simpatia, Akhenet … ma ti aspettano giorni duri. Lei non è del tutto adulta, però da come ne parli capisco che è bella».

«Diciamo che non penso più a lei come a un’adolescente», ammise Kirtn.

«Dimmi quanti anni ha», insisté Ilfn.

«Il doppio del tuo ragazzino».

Lei si accigliò subito. «Una Senyasi ventiduenne non dovrebbe essere pronta ad accettarti per altri dieci anni … Eppure tu pensi a lei come a un’adulta. E lei è maturata in fretta. Questo significa che si è sviluppata una situazione potenzialmente pericolosa, per la tua e per la sua vita. Non si scherza con l’energia di una Senyasi … né con la mente di un Bre’n!»

Kirtn era riluttante a dirle la verità. «Io non l’ho mai toccata come toccherei una donna, salvo che una volta, forse. Mi ero messo in mente di convincere il Loo-chim che fra noi c’era uno scambio di enzimi vitali, una scusa per impedire che ci separassero, e il gioco mi prese la mano. Poi lo stesso o quasi a lei, proprio oggi, per irritare Signore Jal. Ma non è stato nulla d’importante. Lei è quello che è … troppo giovane

Dopo una pausa Kirtn si controllò. «Torniamo a noi. Io non sono qui per volere di Signore Puca, ma a causa di sua sorella. È Signora Kurs che vuole vederti incinta, per toglierti così dall’alcova del suo gemello e riavere i suoi favori».

La donna Bre’n lo guardò a lungo, poi scosse la testa con espressione addolorata. «Tu non puoi. Almeno, non con la tua Akhenet in questa età così delicata per entrambi. Diventare il mio compagno significherebbe frustrare e nello stesso tempo aumentare il tuo desiderio per lei. Impossibile. Rischi il rez».

«Ma se non divento il tuo compagno di letto, Rheba mi sarà tolta. E tu sai cosa accadrebbe allora».

«Rez!», sussurrò lei. Si tormentò nervosamente le mani. «Dunque siamo sopravvissuti a Deva, e a ciò che è successo poi, solo per finire nel rez».

«Non lo so. Ma di noi quattro, io sono il solo che può essere sacrificato senza compromettere il futuro della nostra razza».

«Che stai dicendo?»

«Se tu avrai un bambino Bren, la razza non si estinguerà. Il tuo Akhenet e Rheba potranno avere figli Senyasi. Una volta che tu sia incinta, io divento il meno importante di noi».

«È un ragionamento troppo freddo per me. Sei davvero duro», mormorò Ilfn.

«Sono l’unico compagno che tu possa avere, a quanto ne sappiamo. Dovrai prendermi così come sono».

«Mi hai frainteso. Io sono troppo vecchia per te, e tu troppo giovane per me, ma insieme dovremo avere figli capaci di sopravvivere. Questo è certo. E forse … forse la tua Danzatrice del Fuoco capirà le tue necessità prima che il rez ti porti via con sé».

«Forse», borbottò Kirtn. Ma ci credeva neppure lui.

Загрузка...