“Permettetemi anzitutto di chiarire che questa non è una gara tra noi e loro. Non si tratta di decidere se sia meglio essere un sapiens o un neanderthal. Non si tratta di stabilire se siano più intelligenti i gliksin o i barasi. Piuttosto, si tratta di far emergere le nostre energie migliori, i nostri supremi talenti, e compiere le imprese di cui andiamo più giustamente fieri…”
Terminato il pranzo con Colm, Mary passò a prendere Ponter al suo appartamento di Richmond Hill. Lui aveva passato il tempo guardando in TV delle repliche di vecchi episodi di Star Trek, che per lui ovviamente erano puntate inedite.
Cinque ore di macchina, e sarebbero arrivati nella casa di campagna di Reuben Montego. Giusto in tempo per la cena.
Lungo l’autostrada, a un certo punto Mary suonò il clacson e sventolò la mano; li aveva sorpassati a razzo una Ford Explorer nera con targa personalizzata “D2O”, la formula dell’acqua pesante. Era Louise, che ricambiò il saluto dal finestrino.
— Mi pare che stia superando i limiti di velocità — osservò Ponter.
Mary sorrise. — Ma credo che abbia il tipo di carrozzeria perfetta per farsi annullare una multa.
Trascorsero le ore e i chilometri. Shania Twain e Martina McBride erano state rimpiazzate da Faith Hill e Susan Aglukark.
Rispondendo a una curiosità di Ponter, Mary disse: — Forse non sono la portavoce più qualificata della Chiesa cattolica. Dovrei presentarti padre Caldicott.
— Che cosa lo rende più qualificato di te? — chiese Ponter, distogliendo gli occhi dallo spettacolo del paesaggio che sfrecciava intorno a loro.
— Be’, è stato ordinato. — Fece un rapido gesto con la mano sinistra: segnale convenuto con Hak perché non emettesse un bip di fronte a un termine sconosciuto. — Ha ricevuto quello che chiamiamo “ordine sacro”. É un prete, un sacerdote.
— Mi spiace — disse Ponter. — Continuo a non afferrare.
— Nella Chiesa esistono due classi di persone: i sacerdoti e i laici.
— E noi apparteniamo alla categoria che non riuscirei a pronunciare — commentò Ponter con un sorriso.
Mary gli restituì il sorriso; le piaceva il suo humour. — Esatto. I preti ricevono una formazione specifica nel campo della religione. I laici sono la “gente normale”, come me.
— Però mi avevi detto che la religione è un sistema di credenze e un codice etico.
— Infatti.
— Quindi, di sicuro tutti hanno la stessa comprensione di queste cose.
Mary si trovò indecisa. — Certo, ma, be’, molto del… molta documentazione è passibile di diverse interpretazioni.
— Ad esempio?
Mary aggrottò la fronte. — Ad esempio, se Maria… la madre di Gesù… sia rimasta vergine per tutta la vita. Il fatto è che nei Vangeli compaiono allusioni ai fratelli di Gesù.
— Ed è una questione importante?
— No, immagino di no. Ma ce ne sono altre che hanno conseguenze sul piano morale.
— Del tipo?
— L’aborto.
— L’eliminazione del feto?
— Sì.
— Dov’è il problema morale?
— Be’, è giusto farlo? Uccidere un bambino non ancora nato?
— Perché si dovrebbe fare una cosa del genere? — chiese Ponter.
— In caso la gravidanza non sia voluta…
— Come si può avere una gravidanza non voluta?
— Sai… — Ma poi Mary ci ripensò. — No, non puoi saperlo. Nel tuo mondo le generazioni si susseguono ogni dieci anni, e le vostre donne hanno cicli mestruali sincronizzati. Questo vi permette di accoppiarvi, di solito, mentre le donne non sono fertili.
Ponter annuì.
— Be’, da noi è diverso. Uomini e donne vivono insieme tutto l’anno, e hanno rapporti sessuali in qualsiasi periodo. Perciò si verificano gravidanze indesiderate.
— Mi avevi detto che esistono tecniche per prevenirle.
— Ed è vero. Si chiama “controllo delle nascite”.
— Ma non funzionano?
— Di solito, sì. Però molte persone non le applicano.
— Perché?
Mary fece spallucce. — Perché sono fastidiose, o troppo costose, o perché costringono a interrompere l’eccitazione…
— Concepire una vita, e poi eliminarla…
— Lo vedi? — disse Mary. — Anche per te è un problema morale.
— Certo che sì. La vita è preziosa, perché è limitata. — Pausa. — Quindi, cosa dice sull’aborto la tua religione?
— Che è un peccato. E un peccato mortale.
— Allora, sarà a favore del controllo delle nascite.
— No — rispose Mary. — Anche quello è considerato un peccato.
— I conti non tornano.
— È che Dio disse: “Crescete e moltiplicatevi”.
— Per questo la vostra popolazione è così numerosa? Perché lo ha ordinato Dio?
— La si può mettere così.
— Perdonami, ma non capisco. Hai avuto un compagno per molte decine di mesi, no?
— Colm. Sì.
— Però non hai figli.
— Esatto.
— Ma sicuramente avevi rapporti con Colm. Allora come…
— Hmm… in effetti, io pratico il controllo delle nascite. Assumo un farmaco che impedisce il concepimento.
— Non era “peccato”?
— Moltissimi cattolici lo fanno, anche se con conflitti di coscienza. — Mary sospirò. — Personalmente, ritengo che il controllo delle nascite sia una scelta sensata.
— Mi sembra una soluzione migliore dell’aborto — disse Ponter. — Ma immaginiamo che ti capitasse di rimanere incinta quando non lo desideri. Nel caso…
Mary era impegnata a rallentare per facilitare un sorpasso. — Come?
— No, chiedo scusa. Cambiamo argomento.
Lei comprese al volo. — Pensavi allo stupro, vero? — Alzò le spalle. — Volevi sapere che cosa la Chiesa mi avrebbe prescritto di fare, se fossi rimasta incinta.
— Non mi va di toccare temi che siano dolorosi per te.
— No, no, tutto okay. Sono stata io a tirare fuori l’esempio dell’aborto. — Inspirò profondamente. — Se fosse successo, la Chiesa mi avrebbe chiesto di tenere il bambino, anche se frutto di violenza.
— E lo avresti tenuto?
— No — disse Mary. — Avrei abortito.
— Anche in questo caso, contro le norme della tua fede.
— Tengo molto alla mia fede, e sono felice di essere cattolica, ma non permetto a nessuno di dare ordini alla mia coscienza. Anche se…
— Ti ascolto.
— Un giorno o l’altro verrà un papa… un capo della Chiesa che cambierà le regole. Forse.
— Ah — commentò Ponter.
Proseguirono per un po’ in silenzio. Ai lati dell’autostrada, ormai in territorio canadese, affioravano grandi rocce intervallate da macchie di pini.
Poi Mary chiese: — Hai già pensalo al futuro?
— Non penso ad altro, in questo periodo.
— Intendevo il nostro futuro.
— Anch’io.
— Io… ti prego, non prendertela a male, ma penso che dovremmo almeno valutare l’eventualità: quando per me verrà il tempo di tornare sulla mia Terra, forse tu potresti venire con me. Capisci, trasferirti in modo permanente nel mio mondo.
— Perché? — chiese Ponter.
— Potremmo stare insieme sempre, non solo quattro giorni al mese.
— Vero, ma… ma io ho una vita, nel mio mondo. — Sollevò una di quelle sue mani che sembravano badili. — Lo so, tu hai una vita qui. Ma c’è anche Adikor.
— Magari… non so… Adikor potrebbe venire con noi. Ponter sollevò il sopracciglio. — E la compagna di Adikor, Lurt? Anche lei?
— Be’, lei…
— E suo figlio Dab, che tra due anni si dovrà trasferire a casa di Adikor? Senza dimenticare la compagna di Lurt, e il compagno della sua compagna, e i loro figli. E la mia figlia minore.
Mary sospirò. — Lo so. Lo so che ci sono un milione di inconvenienti, ma…
— Ma…?
Mary staccò una mano dal volante e gliela posò sulla coscia. — Io ti amo troppo, Ponter. Non posso vederti solo pochi giorni al mese.
— Adikor ama Lurt, ma la vede solo nel Due-Uno. Lo stesso facevo io con la mia adorata Klast. — Il suo volto rimase impassibile. — È così che funziona da noi.
— Lo so. Stavo solo riflettendo ad alta voce.
— Ci sono anche altri problemi. Per esempio, non potrei abitare stabilmente in mezzo al puzzo delle vostre città.
— Potremmo stare in campagna. Dovunque, purché con te.
— Non posso abbandonare il mio popolo, la mia famiglia — disse Ponter.
Mary sospirò. — Già…
Ponter si strofinò il mento. — Vorrei… vorrei trovare una soluzione che ti rendesse felice.
— Non ci sono solo io in ballo — disse Mary. — Che cosa renderebbe felice te?
— Io? Desidererei che tu fossi al Centro di Saldak ogni volta che i Due diventano Uno.
— E basta?
— Mèr, devi comprendere che per me è difficile pensare a qualcosa di più. Noi due stiamo insieme da lungo tempo, qui, ma io soffro per la mancanza di Adikor.
L’espressione di Mary suggerì l’idea che Ponter avesse detto qualcosa di offensivo. — Mi dispiace, Mèr. Ma è normale che io abbia una compagna e un compagno; essere gelosa sarebbe fuori luogo.
— Fuori luogo?! — scattò Mary. Poi si tranquillizzò. — No, hai ragione tu. Io lo capisco… a livello intellettuale, perlomeno. Cercherò di accettarlo anche sul piano emotivo.
— Per quello che può valere, ad Adikor tu piaci molto, Mèr. Tiene anche lui alla tua felicità. — Pausa. — E viceversa, spero?
Lei non rispose. Il sole era basso sull’orizzonte. L’automobile correva in autostrada.
— Mèr? — disse Ponter.
— Cosa?… Oh, sì, certo. Naturalmente.