42

“Se poi, come afferma un’altra teoria, questo e altri universi pullulano di vita intelligente, allora nel compiere i prossimi passi avremo un ulteriore dovere: quello di dare il meglio di noi stessi. Così che tutte le altre forme di vita possano ammirare la grandezza dell’Homo sapiens…”


Quella notte Mary pregò mollo, sottovoce: — Dio del cielo, Dio di misericordia, salvalo…

E poi: — Dio, ti prego, non permettere che Ponter muoia…

E poi ancora: -r- Maledizione, hai già un debito con me!

Dopo essersi rigirata per tutta la notte, in preda a incubi in cui affogava in un mare di sangue, Mary fu svegliata dai raggi del sole che filtravano da una finestra. Dall’esterno giungeva il kek-kek-kek delle colombe migratrici.

Anche Louise era sveglia. Fissava il soffitto di legno.

Il capanno era dotato di impianto sotto vuoto per la conservazione degli alimenti e di forno laser. Nel “frigo” c’erano pezzi di carne di qualche animale e alcune radici, Mary le fece cuocere per colazione.

Sedettero a un tavolino quadrato.

— Come va? — chiese Mary quando ebbero terminato. Non l’aveva mai vista in quello stato.

— Tutto okay — rispose lei, mentendo.

Mary non sapeva bene come proseguire. Era indecisa se permettere all’amica di sfogarsi o se tenere sotto silenzio l’argomento Reuben. Poi si ricordò dello stupro, e della propria incapacità di pensare ad altro, all’indomani.

Strinse le dita di Louise tra le sue. — Era una persona stupenda — disse, con la voce incrinata.

Louise annuì. Aveva gli occhi asciutti ma arrossati.

— Stavamo progettando di andare a vivere insieme… — Scosse la testa. — Lui era divorziato, e nessuna donna della mia età pensa al matrimonio nel Québec, dove la legge garantisce gli stessi benefici che si sia sposati o meno… perciò, che fretta c’è? Ma noi due sognavamo una situazione stabile. — Distolse lo sguardo. — Tra noi avevamo adottato un codice, così, per ridere. Lui diceva, per esempio: “Quando saremo nella nostra nuova casa, ci sarà bisogno di trecento armadi”, riferendosi al fatto che, secondo lui, io ho troppi vestiti. — Adesso aveva gli occhi umidi. — Era solo uno scherzo, ma… — Scosse di nuovo la testa. — Ma ormai quasi mi vedevo la scena. Concluso l’impegno con la Synergy, mi sarei trasferita a Sudbury, oppure avremmo potuto andare a Montréal, dove lui avrebbe aperto uno studio… O… — Fece spallucce. Inutile affastellare progetti irrealizzabili.

Mary le strinse con più forza la mano. Per un po’ rimasero immobili, in silenzio.

Alla fine, Mary disse: — Andrò a cercare Ponter. Dannazione, mi ero abituata a rimanere in costante contatto con lui grazie ai Companion, ma con Hak fuori uso…

— Ponter starà benone — disse Louise, accorgendosi che anche l’amica era in un momento difficile. — Non aveva nessun sintomo.

Mary voleva annuire, ma aveva la testa come paralizzata. Troppi stress.

La fece riscuotere qualcosa che grattava alla porta. Dai neanderthal non c’era nulla da temere, ma quello era territorio di caccia, e che bestie potevano essere in agguato là fuori?

— Non possiamo andarlo a cercare — proseguì Louise.

— Pensaci: i laser avranno eliminato tutti gli agenti patogeni dal suo corpo, ma questo non lo rende immune da un nuovo contagio; e noi due siamo ancora infette, per quanto portatrici sane. Dovrà stare lontano da noi finché non saremo decontaminate.

— E allora che facciamo?

— Torniamo da Jock.

— Che? E perché? Dov’è ora, non può nuocere a nessuno.

— No, ma se esiste un antidoto, lui è l’unico a saperlo.

— Cosa ti fa pensare che ce lo rivelerebbe? — chiese Mary.

Per la prima volta dopo la morte di Reuben, Louise assunse un aspetto guerriero. — Se non lo farà, lo ammazzerò.

Attesero per qualche minuto che dall’esterno non provenisse nessun fruscio animale. Alla fine, con cautela, aprirono la porta. Un mulinello d’aria portò neve all’interno.

Camminarono per quasi l’intera mattinata per raggiungere l’edificio presso piazza Konbor.

Prima che aprissero la porta, Louise disse: — Non mi stupirebbe se fosse fuggito. Quel figlio di puttana conosce un sacco di trucchetti.

Spinse l’uscio.

Jock non era fuggito.

Giaceva disteso su un fianco, attorniato da macchie scure. Aveva la pelle cerea.

Mary lo rivoltò sulla schiena. Il volto era coperto di sangue rappreso. E anche i pantaloni, all’altezza degli orifizi.

Mary ricacciò a forza nello stomaco la colazione. Louise si morse un labbro. Ma cosa…?

Due gliksin morti.

Due uomini gliksin morti.

Come se…

“Surfer Joe II.”

No, no, assurdo. Era impossibile. È vero, Mary aveva giocherellato con l’idea di un virus che colpisse solo i maschi gliksin, ma poi aveva accartocciato il foglio con la formula, e di certo non l’aveva mai digitata nel computer di Jock. Perciò, era evidente che Jock aveva realizzato il virus prima del sabotaggio di Mary. Ciononostante…

Ciononostante, il virus si comportava esattamente come il Surfer Joe II teorizzato da Mary.

Ma lei non lo aveva programmato. No.

A meno che…

Andiamo! Era un’ipotesi delirante!

Però era vero che sia lei che Jock avevano attraversato universi paralleli. Perciò, se in una versione del suo mondo Mary non aveva dato vita a quel virus… forse lo aveva fatto in un altro mondo. E il Jock Krieger che le giaceva morto davanti agli occhi, proveniva da quella realtà.

Mary scosse la testa. Pura fantascienza. Inoltre, Ponter e Louise avevano ripetuto spesso che gli universi gliksin e barasi esistevano all’interno di un legame di coerenza quantistica. Erano quegli stessi due universi che si erano formati in seguito alla spaccatura di 40.000 anni prima.

Se era così…

Se era così, qualcun altro era intervenuto a modificare la formula del virus.

Ma chi?

Загрузка...