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“Allo stesso modo, alcuni nostri cugini barasi, originari dell’Europa, scesero a Gibilterra… quella magnifica rocca, simbolo di stabilità. E da quel punto di osservazione, guardando a sud, i neanderthal notarono le incognite terre d’Africa…”


— Jock, hai un minuto?

Lui sollevò lo sguardo dalla scrivania. I suoi sforzi per evitare qualsiasi apprezzamento fisico su Louise avevano un che di paranoico; un po’ erano dovuti a motivi generazionali (lui aveva 36 anni in più di lei), un po’ al fatto che alcuni ex colleghi della RAND si erano messi nei guai per certi commenti maschilisti. — Toh, la dottoressa Benoît — disse. — Che cosa posso fare per te?

— Ricordi quando parlavamo dei possibili effetti di un collasso del campo magnetico terrestre sulla coscienza umana?

— Altroché. Sostenevi che la coscienza era sorta proprio durante un collasso.

— Infatti. Quarantamila anni fa, all’epoca del Grande balzo in avanti. E adesso ci risiamo.

— La tua tesi — disse Jock — era che l’evento potrebbe di nuovo avere degli effetti sulla coscienza… stavolta, facendola implodere.

— Esatto. Ma a farmelo pensare era solo la coincidenza cronologica tra il Grande balzo e il collasso magnetico. Solo che adesso mi sono messa a vagliare più a fondo l’argomento, per vedere se fosse stata compiuta qualche ricerca sulla natura elettromagnetica della coscienza. E francamente, Jock, i risultati hanno accresciuto i miei timori.

— Bella questa. I neanderthal hanno già sperimentato il fenomeno nel loro mondo, un quarto di secolo fa, e ne sono usciti sani e salvi. — Il fatto incredibile era che, dando ragione agli studi di Coe e Prévot, il collasso magnetico era durato qualche settimana, non qualche secolo. — Se per loro è filata liscia, perché non dovrebbe essere così anche per noi?

— Con lutto il bene che voglio ai barast — era diventato politicamente scorretto chiamarli “neanderthal” — non posso negare che loro sono diversi da noi. Hanno cervelli strutturati in modo diverso; basta osservare i loro crani. Perciò, se loro se la sono cavata, ciò non implica che ce la caveremo anche noi.

— Ah, via, Louise!

— Non sto scherzando. Navigando su Internet alla ricerca di possibili informazioni sui rapporti tra campi elettromagnetici e coscienza, mi sono imbattuta in un’interessante teoria chiamala GEMI.

— Scemi? — ironizzò Jock.

Ce-mi — lo rintuzzò Louise. — Sta per Conscious Electromagnetic Information. Una teoria sviluppata in modo indipendente da due ricercatori: Johnjoe McFadden, dell’Università del Surrey, e Susan Pockett in Nuova Zelanda. — Guardò fuori dalla finestra, come in cerca di ispirazione. — Come saprai, sono state identificate ogni sorta di aree cerebrali: quella in cui vengono prodotte le immagini visive, quella della matematica, e perfino quella dell’esperienza religiosa. Però a non essere mai stata individuata è la parte del cervello in cui sia localizzata la coscienza. Be’, McFadden e la Pockett pensano di esserci riusciti. Non si troverebbe in un punto del cervello, ma sarebbe una presenza diffusa, permeante: un campo elettromagnetico, appunto. Ciò permetterebbe a neuroni, anche distanti tra loro, di connettersi trasformando in un tutt’uno i tanti piccoli brandelli d’informazione.

— Un impianto wireless? — disse Jock, che nonostante tutto era intrigato dall’ipotesi.

— Sì. Già nel 1993 Karl Popper aveva proposto che la coscienza fosse la manifestazione di un campo di forze presente nel cervello, che però lui riteneva di tipo ignoto, altrimenti sarebbe stato identificabile. Ma, secondo McFadden e Pockett, si tratta semplicemente di un campo elettromagnetico.

— E lo hanno misurato?

— È certo che nel cervello c’è; in fondo, cos’altro misura un elettroencefalogramma? Però ricorda che la scienza dei nostri amici barasi ha unificato l’elettromagnetismo e l’interazione nucleare forte. In altre parole, i campi elettromagnetici includono più cose di quante sospettiamo.

— Ma quei due studiosi hanno dimostrato che da ciò dipenda anche la coscienza?

Louise si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. — No, non ancora. Ed è innegabile che la teoria susciti vivaci reazioni nel mondo accademico. Il buon vecchio Cartesio dava corpo e pensiero come due realtà separate, ma ormai la sua filosofia è abbastanza fuori moda e, be’, c’è chi vede il CEMI come un velato ritorno a essa. Peccato che il CEMI presupponga una mentalità di tipo computeristico. In soldoni, McFadden e Pockett sostengono che coscienza e informazione sono lo stesso fenomeno osservato da due punti di vista, e…

— E quindi?

— E quindi — disse Louise — se la coscienza è un fenomeno elettromagnetico, non c’è troppo da stupirsi che sia emersa durante una crisi geomagnetica. Ora, come dicevo, il caso recente dei barasi dimostra che di per sé un collasso non danneggia la coscienza… ma io sono pur sempre una specialista in radiazioni solari, e ritengo che i nostri cervelli, con i loro delicati campi elettromagnetici, subiranno delle conseguenze da questo improvviso assalto di radiazioni, in assenza di campo. Più ci penso, più trovo inevitabile una qualche forma di implosione della coscienza.

— Sciocchezze — disse Jock. — L’anno scorso mi sono sottoposto a risonanza magnetica, e ti assicuro, ragazza mia, che per tutto il tempo ho conservato le piene facoltà.

— Questa infatti è la più comune obiezione alla teoria — disse Louise. — McFadden tuttavia sostiene che il fluido contenuto nei ventricoli cerebrali, di fatto, crea una gabbia di Faraday che isola il cervello da gran parte dei campi magnetici esterni. Quanto alla risonanza, sottolinea che si tratta di campi magnetici statici, che modificano solo la direzione delle cariche, perciò non hanno effetti fisiologici. Così come anche quello geomagnetico è un campo statico e sostanzialmente uniforme… almeno, finché non arriva un collasso. Ma un’inversione di campo induce correnti elettriche nel cervello, che ne condizionano l’attività. Non a caso esistono severe restrizioni all’iterazione di stimolazioni magnetiche trans-craniche: potrebbero produrre epilessia.

— Ma allora, se la coscienza è un campo elettromagnetico, perché non possiamo misurarlo?

— Possiamo. Susan Pockett ha raccolto numerose esperienze che dimostrano come il campo cerebrale muti in modo quantificabile in relazione a determinati fattori: per esempio, se si osserva una superficie rossa piuttosto che blu, eccetera. Ora, se si recide il corpo calloso, il fascio di nervi che connette i due emisferi, ci si aspetterebbe di interrompere la comunicazioni tra le due parti del cervello. E invece, tutto continua a funzionare in modo più o meno regolare. Pur in assenza di collegamento fisico, la coscienza rimane unita. Proprio perché quest’ultima, dice Pockett, si manifesta nel campo magnetico che continua ad avvolgere l’intero cervello.

— Insomma, stai sostenendo che… che i due emisferi cerebrali comunicano telepaticamente? Ma per favore!

— E però comunicano.

— Allora, perché non riesco a leggere i pensieri di chi mi sta accanto?

— Anzitutto, ricorda la gabbia di Faraday. In secondo luogo, sostiene Pockett, le principali oscillazioni associate alla coscienza hanno una frequenza nell’ordine dagli 1 ai 100 hertz, concentrate intorno ai 40 hertz. Il che significa che hanno una lunghezza d’onda intorno a 8000 km, e che per captarle occorrerebbe un’antenna gigantesca. In ogni caso, è perfettamente credibile che il campo magnetico si integri intorno al volume di un singolo cervello. Uno dei punti forti della coscienza è appunto la sua capacità d’integrazione. — Indicò un libro sulla scrivania di Jock. — Una parte del cervello riconosce il colore verde, un’altra distingue i contorni dell’oggetto, un’altra ripesca il concetto di “libro”… Come si mettono insieme i diversi comparti, producendo l’idea che noi stiamo osservando un oggetto verde chiamato “libro”? La teoria CEMI ne attribuisce il merito al campo elettromagnetico.

— Qui si fanno discorsi sui massimi sistemi…

— È una teoria-limite, ma con solide basi scientifiche. Guarda, Jock, finora non è che mi fossi spremuta troppo le meningi su questi temi, ma mi sono ritrovata in mezzo a un settore di ricerca affascinante.

— Con il risultato di preoccuparti per la sorte della nostra coscienza in caso di collasso geomagnetico?

— Non ho detto che succederà per forza qualcosa. Dopotutto, ai neanderthal non è successo niente. Ma… sì, sono davvero preoccupata. E penso che dovresti esserlo anche tu.

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