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“Comunque, che i neanderthal vengano o no con noi, dovremmo imparare a guardare il pianeta rosso come lo guardano loro. Marte non è il simbolo della guerra ma della salute, della vita. E se attualmente, forse, è privo di vita, ciò non significa che dobbiamo lasciarlo in quella condizione…”


Era il momento per Mary di consegnare a Jock il codificatore di codoni, così che lui lo potesse portare su…

Su “dove”? I barast chiamavano il pianeta con il singolo appellativo di “Jantar”, ma per i gliksin poteva essere Earth, Terra, Terre (francese), Tero (esperanto), Gea (termine ambientalista derivato dal greco ghé), Zemlja (russo), Jorden (svedese), Eretz (ebraico), Ard (arabo), Zamin (farsi), Diqiu (cinese), Chikyuu (giapponese)… A Mary piaceva in particolare il nome che le davano i tahitiani: Vuravura. Ponter la chiamava spesso “il mondo di Mèr”, ma c’era da dubitare che la definizione prendesse piede.

Insomma, Jock avrebbe portato il codificatore… in gliksinia.

Hmm, bruttino. Allora, Sapientia? Oppure…

Nel frattempo era arrivato il cubo volante che aveva prenotato. Prese posto su uno dei sedili posteriori, e disse:

— Alla miniera di Debrai.

Il conducente la osservò con aria imperturbabile. — Si torna a casa?

— Non io — rispose Mary. — Qualcun altro.

Mary ebbe un sussulto di gioia quando notò Ponter in mezzo al gruppo che rientrava dall’isola di Donakat. Però si era ripromessa di comportarsi da brava nativa, quindi non corse ad abbracciarlo. I Due non erano Uno.

Tuttavia, in un momento in cui nessuno vedeva, gli lanciò un bacio da lontano; lui sorrise a trentadue denti.

Poi Mary si accostò a Jock con il fagotto sottobraccio.

— “Temo i gliksin anche quando portano doni” — disse, riadattando Virgilio.

— Mary! — esclamò Jock.

Lei gli fece cenno che doveva parlargli in privato. Un Esibizionista fece atto di seguirli, ma lei lo dissuase fulminandolo con lo sguardo.

— Allora — disse Mary a Jock — che te ne pare di questo mondo?

— Assolutamente sbalorditivo. Sapevo, in teoria, che noi avevamo strapazzato l’ambiente, ma finché non ho visto questo spettacolo… — fece un ampio gesto all’intorno. — È come essere tornati al paradiso terrestre.

Mary rise. — Peccato che sia già occupato, eh?

— Già — rispose Jock. — Torni indietro con noi, o resti ancora un po’ in giardino?

— Se a voi non crea problemi, vorrei fermarmi ancora qualche giorno. — Cercò di non sorridere in modo troppo sfacciato. — Sto facendo… molti progressi. — Mostrò il pacco. — Però c’è qualcosa che ti chiederei di portare via.

— Che cos’è?

Mary scrutò a destra e sinistra, poi alle sue spalle, infine si accertò che Jock non avesse un Companion. — Un sintetizzatore barast di DNA.

— Perché vuoi che lo porti io? Non puoi farlo tu, appena ti capiterà?

Lei abbassò il volume di voce: — Si tratta di tecnologia illegale. Non dovrei esserne in possesso… né io né nessun altro. Ma è un vero miracolo scientifico. Ne ho dato una breve descrizione, si trova in alcuni fogli infilati nel pacco.

Jock era visibilmente impressionato. — Tecnologia illegale? Sapevo di aver avuto una buona idea ad assumerti.

E all’improvviso Mary si svegliò. Le ci volle qualche istante a distinguere qualcosa nell’oscurità, e ricordare dove si trovasse.

Accanto a lei dormiva una figura robusta, che la scaldava con il proprio calore. Ponter?

No. Non ancora.

Era Bandra, con cui condivideva il letto da alcune notti.

Mary guardò il soffitto, su cui si distinguevano cifre digitali barast che indicavano l’ora. Di per sé sarebbe stata in grado di leggerle, ma ora aveva ancora la vista offuscata. Pian piano però le decifrò: 8 decimi e mezzo. Le 3 del mattino.

Resistette alla tentazione di saltare giù, anzi fuori dal letto. Non perché la urtasse dormire insieme a una donna; quella era una novità a cui si era abituata sorprendentemente in fretta. Ma il pensiero che le aveva interrotto il sonno continuava a perseguitarla.

Già in passato, in alcune occasioni, si era svegliata di soprassalto con un’idea geniale in testa. Poi si era riaddormentata, e al mattino l’idea si era dileguata. Ma questa volta il pensiero che le era venuto, questa intuizione meravigliosa, oh sì, meravigliosa, non sarebbe svanita alle luci dell’alba. Stavolta era troppo importante.

Si riaddormentò beata.

Il mattino dopo Christine la ridestò dolcemente all’ora fissata: 9 decimi e tre quarti. Il Companion di Bandra aveva ricevuto ordine di svegliare la padrona di casa alla stessa ora.

Mary sorrise a Bandra e le diede una pacca sul braccio.

— Buongiorno!

— Salute a te — rispose Bandra. Sbatté gli occhi, ancora mezza addormentata. — Vado a preparare la colazione.

— Aspetta. C’è una cosa di cui vorrei parlarti.

Stese sul giaciglio, erano faccia a faccia. — Dimmi.

— L’ultima volta che i Due erano Uno — rispose Mary — io e Ponter abbiamo parlato del… del nostro futuro.

Bandra notò qualcosa nel suo tono di voce. — Ah.

— Come sai, c’erano una serie di questioni da chiarire.

Bandra annuì.

— Ponter ha proposto una soluzione… se non altro, una soluzione parziale.

— Temevo che sarebbe arrivato questo momento — sospirò Bandra.

— Lo sapevi, che non poteva durare. Io non… posso rimanere qui in eterno.

— Perché no?

— Proprio ieri Jock, il mio capo, mi ha chiesto quando tornerò indietro. E devo farlo. C’è da portare avanti la pratica dell’annullamento del matrimonio con Colm. Inoltre…

— Sì?

Mary alzò le spalle, o meglio solo la spalla su cui non era distesa. — Non ce la faccio a rimanere qui, in questo mondo, con Ponter così vicino e così inavvicinabile.

Bandra chiuse gli occhi. — Quindi, che cosa farai?

— Tornerò sulla mia Terra.

— Abbandonerai Ponter così? E me?

— Non sto lasciando Ponter. Tornerò ogni volta che i Due diventeranno Uno.

— Avanti e indietro tra i due pianeti?

— Sì. Chiuderò il contratto con la Synergy, poi cercherò un lavoro a Sudbury, cioè la località in cui si trova il varco. C’è un’università laggiù.

— Capisco — disse Bandra, sforzandosi di mantenere la calma. — Immagino che sia la soluzione più sensata.

Mary annuì.

— Mi mancherai enormemente, Mèr.

Mary le sfiorò il braccio. — Non significa che ci diremo addio.

Bandra scosse la testa. — So come funziona con il Due-Uno. Oh, per qualche mese troverai il modo di fare una capatina anche da me, ma alla fine non avrai occhi che per il tuo compagno. — Sollevò una mano. — Ed è del tutto comprensibile. Tu hai un uomo buono, affettuoso. Fosse così anche per me…

— Non hai per forza bisogno di un compagno — disse Mary. — Questo vale per qualsiasi donna, da un lato o dall’altro del varco.

— Ma io ho già un compagno, quindi non ho alternative.

Mary sorrise. — “Alternative”… nella tua lingua, habadik. Diversamente da alcuni termini che si corrispondono solo in modo approssimativo, qui indicano lo stesso identico concetto: la scelta tra due possibilità. Alcuni miei amici biologi affermano che questo modo di pensare deriva dalla simmetria del nostro corpo: una mano di qua, una mano di là. Un polpo non avrebbe neppure l’idea di “un’alternativa”.

— Ma di che stai parlando? — disse Bandra, un po’ esasperata.

— Del fatto che tu hai anche altre alternative.

— Non metterò a repentaglio la futura maternità delle mie figlie.

— Lo so — disse Mary. — Non mi passava neanche per l’anticamera del cervello.

— Cosa, allora?

Mary baciò Bandra sulla bocca. — Vieni con me.

— Che?!

— Vieni con me nell’altro universo.

— E questo come risolverebbe il mio problema?

— Rimarresti di là anche nei periodi in cui i Due diventano Uno. Non vedresti mai più Harb.

— Ma le mie figlie…

Figlie, appunto. Vivranno in Centro, dove saranno per sempre al sicuro da lui.

— Morirei se non potessi rivederle.

— Allora, torna qui quando i Due saranno separati. Potrai stare con le tue figlie… e i nipotini… tutto il tempo che vorrai, senza Harb intorno.

Bandra stava cercando di metabolizzare tutto ciò. — intendi che entrambe faremmo le pendolari, ma in periodi diversi?

— Esatto.

— Harb sarà furioso.

— E allora?

— Ma per raggiungere il varco dovrò andare all’Anello cittadino.

— Basta che tu non viaggi da sola, e non gli dai opportunità di avvicinarsi a te.

— Immagino… immagino che potrebbe funzionare.

— Funzionerà. Se lui tentasse qualche mossa azzardata, verrebbe a galla il suo passato. Può infischiarsene degli effetti legali sulle altre persone, ma non credo che gli piacerebbe finire castralo.

— Faresti questo per me?

Mary annuì. La abbracciò stretta.

— Ma io che cosa farei, di là? — chiese Bandra.

— Insegnare alla Laurenziana insieme a me. Nessuna università gliksin si lascerebbe scappare una geologa barast.

— Sul serio?

— Sul serio.

— Vivere e lavorare insieme, nel tuo mondo?

— Proprio quello.

— Ma… nel tuo mondo, due donne non…

— La maggior parte delle donne, no. Però alcune sì, e l’Ontario è uno Stato in cui la mentalità è molto aperta.

— Tu… ne saresti felice?

Mary sorrise. — Non esistono soluzioni perfette. Questa però si avvicina.

Bandra aveva le lacrime agli occhi. — Io ti ringrazio, Mèr.

— Sono io che ringrazio te. E Ponter.

— Va bene Ponter… ma io?

Mary la strinse di nuovo a sé. — Mi avete insegnato nuovi modi di essere umana.

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