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“Noi, gli Homo sapiens, noi che siamo chiamati gliksin dai nostri cugini neanderthal, abbiamo un carisma unico tra i primati, un carisma particolare fra tutti gli esseri dotati di coscienza…”


— Ciao, Jock — disse Mary, entrando nel suo ufficio.

— Mary! Bentornati! — Jock si alzò dalla scrivania e le strinse la mano. — Bentornata tra noi.

Lei indicò la porta d’ingresso, dove si erano affacciati i due accompagnatori. — Già conosci Ponter. Ti presento lo scienziato Adikor Huld.

Jock inarcò le sopracciglia grigie. — Questa sì che è una sorpresa!

— Non sapevi che eravamo in arrivo?

Jock scosse la testa. — Ero tutto preso da… altre faccende. Ricevo rapporti su ogni spostamento dei neanderthal, ma sono indietro con la lettura.

A Mary tornò in mente una vecchia barzelletta: “II brutto è che la CIA legge tutte le mie e-mail. Il bello è che la CIA legge tutte le mie e-mail”.

— Comunque — disse Jock, stringendo la mano a Ponter — bentornato anche a te. — Quindi salutò Adikor. — Dottor Huld, le do il benvenuto negli Stati Uniti d’America.

— La ringrazio — fece lui. — Qui è tutto così… travolgente.

— Concordo.

Mary spiegò: — Lonwis Trob ha chiesto a Ponter di rientrare alla base, accompagnato da Adikor.

Ponter sorrise. — Le mie idee sono troppo astratte per Lonwis. Adikor è più bravo a smanettare.

— A proposito di scienza neanderthaliana — disse Mary — hai studiato il codificatore che ti avevo dato?

— Altroché. Un’apparecchiatura formidabile.

— Sì — disse Mary. Poi non riuscì più a trattenersi: — Permetterà a Ponter e me di avere un figlio, nonostante le differenze genetiche.

Jock Krieger fu colto completamente alla sprovvista. — D… davvero? Dio mio! Non… non lo avrei mai ritenuto possibile.

TaTaaa! — fece Mary, radiosa.

— Oh… congratulazioni. A tutti e due.

— Grazie — rispose Ponter.

Jock si accigliò. — Un ibrido tra Homo sapiens e Homo neanderthalensis… Avrà 23 o 24 coppie di cromosomi?

— Ovvero: sarà gliksin o barast? — chiese Mary. Jock annuì. — Solo… ecco… curiosità.

— Dopo lunghe discussioni, abbiamo optato per 23 coppie. A quel livello, conterà come gliksin.

— Capisco — disse Jock. Sembrava dispiaciuto.

— Siccome si svilupperà nel mio grembo — e Mary se lo accarezzò — vogliamo evitare rigetti del sistema immunitario.

Jock osservò. — Non sei ancora incinta, però?

— No. La generazione 149 verrà concepita solo il prossimo anno.

— Significa che il bambino crescerà nel mondo neanderthal? E che tu ti trasferirai là in pianta stabile?

Mary lanciò un’occhiata a Ponter e Adikor. Non si aspettava che la questione emergesse così presto. — In realtà, per la maggior parte del tempo, starò da questa parte del varco…

— Ma c’è un “ma” — sottolineò Jock.

Mary annuì. — Infatti. Ho portato a termine prima del previsto il mio compito qui alla Synergy. Penso che sia arrivato il momento di salutare. Mi è stata offerta una cattedra alla facoltà di Genetica dell’Università Laurenziana.

— Dov’è?

— A Sudbury, nei pressi del varco. Si tratta di un piccolo ateneo, ma con un dipartimento di Genetica avanzatissimo, e in più è convenzionato con il tribunale per le analisi. — Pausa. — È un settore che mi coinvolge sempre di più.

— Chi l’avrebbe mai detto che Sudbury avrebbe avuto un boom demografico — commentò Jock.

— Ciao, Mary.

Lei lasciò cadere il tazzone di caffelatte con cioccolata che si frantumò sul pavimento. — Vattene o grido! — disse. — Chiamo Ponter!

Cornelius chiuse la porta dell’ufficio. — Non ce n’è bisogno.

Mary si guardò intorno alla ricerca di un’arma. — Che cazzo ci fai qui?

Lui provò a sorridere. — Ci lavoro. Ti sostituisco.

— Controlliamo subito — disse lei, allungando la mano sul telefono.

Cornelius le si avvicinò.

— Non toccarmi! Non ci provare!

— Mary…

— Fuori di qui! Fuori! Fuori!

— Solo due minuti, ti chiedo solo due minuti.

— Chiamo la polizia!

— Sai che non sarebbe saggio. Dopo quello che mi ha fatto Ponter…

Cornelius si interruppe. Mary aveva un’espressione stupita.

— Non lo sai! — fece lui, spalancando gli occhi blu. — È così? Non ti ha detto niente.

— Detto cosa?

Cornelius parve accasciarsi. — Non mi era mai venuto in mente che tu non fossi coinvolta, che non sapessi…

— Non sapessi cosa?

Cornelius indietreggiò. — Non ti farò mai più del male, Mary. Non potrei.

— Di che stai parlando?

— Non sapevi che Ponter era venuto a casa mia?

— Menti.

— No.

— E quando?

— A settembre, in piena notte.

— Allora menti davvero. Lui non è mai…

— Oh, certo che sì.

— Me lo avrebbe detto.

— Era ciò che pensavo anch’io — disse Cornelius, e rassegnato fece spallucce. — Pare che non lo abbia fatto, invece.

— Sentimi bene, non mi interessa un accidente. Voglio solo che tu esca di qui. Subito! O chiamo la polizia.

— Meglio di no.

— Fa’ un solo passo avanti, e urlo.

— Mary…

— Non ti avvicinare!

— Mary, Ponter mi ha evirato.

Lei restò senza fiato. — Menti. Stai solo raccontando palle.

— Be’, se vuoi sincerarti di persona…

— No! — gridò lei, reprimendo un conato di vomito.

— Ma è la verità. È venuto nel mio appartamento, saranno state le due di notte, e mi ha…

— Ponter non avrebbe mai l’atto una cosa del genere. Non senza avvertirmi.

Cornelius si toccò la lampo. — Posso dimostrarlo.

— No! — Mary si sentiva mancare il fiato.

— Qaiser mi ha detto che ti eri trasferita in modo permanente dall’altra parte, altrimenti non sarei mai venuto qui. Ma… — fece spallucce — ho bisogno di questo lavoro. York per me è un binario morto, e lo sai.

Mary slava andando in iperventilazione. — Non intendo stare in un ufficio dove ci sia anche tu.

— Mi terrò alla larga. Promesso. — La sua voce divenne un mormorio: — Maledizione, Mary, pensi che io sia l’elice di vederti? Non posso fare a meno di ripensare a… al passato.

— Io ti odio — sibilò lei.

— Lo so. E non posso biasimarti. Ma se farai una soffiata contro di me a Krieger, o a chiunque altro, Ponter è finito. Lo attende la galera.

— Va’ all’inferno — ringhiò Mary.

Cornelius si limitò ad annuire. — Ci andrò, prima o poi.

— Ponter! — disse Mary, facendo irruzione nella sala in cui lui, Adikor e Lonwis stavano lavorando. — Dobbiamo parlare!

— Che è successo, Mèr? — disse Ponter.

— Adesso! Subito!! — scattò lei.

Ponter fece un cenno di scuse agli altri due neanderthal (Lonwis sussurrò che Mary doveva essere nei suoi Ultimi Cinque), quindi la seguì in corridoio.

— Non qui. Fuori — disse Mary a denti stretti, e preso al volo il cappotto dall’appendiabiti si diresse come una l’uria verso l’ingresso principale.

Ponter non si coprì. Mary tirò dritto fino al lungolago, che in quel momento era deserto, e lì si voltò di colpo. — Cornelius Ruskin è qui — disse.

— No. Avrei avvertito il suo odore — rispose Ponter.

— Forse senza le palle ha un odore diverso — ruggì lei.

— Oh… — disse Ponter. E poi: — Ah.

— Non hai altro da aggiungere?

— To… be’…

— Perché cazzo non me l’hai detto?

— Perché non lo avresti approvato — disse Ponter, con gli occhi rivolti al marciapiede mezzo sepolto sotto le foglie secche.

— Puoi dirlo forte che non lo avrei approvato! Ponter, come hai potuto fare una cosa simile?! Cristo santo!

— È vero, Cristo insegnava che la massima virtù è il perdono. Ma…

— Ma cosa?

— Ma io non sono Cristo — disse con una nota triste nella voce. — Non ho saputo perdonare.

— Mi avevi promesso che non gli avresti fatto del male — disse Mary.

— Avevo promesso che non lo avrei ucciso — rispose.

— E non l’ho fatto. Anche se… — Alzò le spalle. — Ero partito con l’intenzione di avvertirlo che lo avevo scoperto, per dissuaderlo dal riprovarci. Ma quando l’ho visto in faccia, quando ho sentito il suo odore… quello stesso che c’era sui reperti… non sono riuscito a trattenermi.

— Gesù, Ponter, adesso ha lui il coltello dalla parte del manico. Può denunciarti in qualunque momento. E al processo contro di te i suoi trascorsi potrebbero passare in secondo piano.

— Non sopportavo l’idea che non pagasse per i suoi crimini.

— I suoi parenti! — Mary era stata fulminata da un’idea.

— I suoi fratelli, sorelle, genitori… Mio Dio, a loro non hai fatto niente, vero?

Ponter chinò la testa, e Mary ebbe orrore che stesse per rispondere di sì. Invece lui disse: — No, non sono intervenuto sui pool genetici che lo hanno reso ciò che è. Volevo punire solo lui. Farlo soffrire per aver fatto soffrire te.

— Adesso però lui può fare del male a te.

— Non lo rivelerà mai.

— Come puoi esserne sicuro?

— Perché questo riporterebbe a galla anche i suoi crimini. Se non al mio processo, a un altro.

— Forse sì — disse Mary, ancora furiosa. — Ma il giudice potrebbe stabilire che Cornelius ha già ricevuto una punizione più che sufficiente, visto che la legge canadese non prevede la castrazione. Perciò resterebbe a piede libero, e potrebbe fare di tutto per fare sbattere te in galera.

— Eppure, l’opinione pubblica scoprirebbe che lui è uno stupratore, con tutte le conseguenze.

— Avresti dovuto parlarne a me prima.

— Te l’ho detto: non avevo previsto di fare questo… questo…

— Questa vendetta — disse Mary, ma in tono piatto, come se stesse solo insegnando una parola nuova. Scosse la testa. — Non avresti dovuto farlo.

— Lo so.

— E senza dirmi nulla! Cristo, Ponter, tra noi non ci devono essere segreti!

Lui contemplò le fredde acque grigie del lago. — Il motivo è che penso di essere al riparo da ripercussioni, su questo pianeta. Ma se lo si scoprisse nel mio mondo…

— Che succederebbe?

— Verrei giudicato una persona violenta.

— Ti fidi di quel bastardo di Ruskin per mantenere un segreto, ma non di me!

— Non è quello. È che, se ti avessi rivelato l’accaduto, nei nostri archivi degli alibi sarebbe rimasta registrata la conversazione. E se per qualche motivo il tribunale barasi avesse aperto gli archivi, allora…

— Cosa? Cosa?

— Non sarei stato punito solo io, ma anche Mega e Jasmel.

“Oh Dio” pensò Mary. “Ora tutti i conti tornano.”

— Mi spiace — continuò Ponter. — Per ciò che ho fatto a Ruskin, e a te. — La guardò negli occhi. — Credimi, non è stato un peso facile da portare.

E di colpo, Mary comprese. — Lo scultore di personalità!

— Sì, è per questo che sono andato da Jurard Selgan.

— Non a causa della violenza che avevo subito…

— No, non direttamente.

— … ma a causa di ciò che tu avevi fatto.

— Sì.

Mary emise un lungo sospiro, che portò via la rabbia e tanti altri sentimenti. Ponter non la accusava per ciò che era successo. — Ponter — disse in un sussurro. — Oh, Ponter, Ponter…

— Io ti amo, Mèr:

Lei scosse il capo, chiedendosi quale fosse la prossima mossa.

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