15

“In una località chiamata Lètoli le ceneri vulcaniche hanno conservato delle impronte umane. Sono state lasciate da un maschio e una femmina di australopiteco, gli antenati sia dei gliksin che dei barasi. Stavano facendo una passeggiata, mano nella mano… Così, come ci sono impronte umane a Base della Tranquillità, e nell’Oceano delle Tempeste, e sull’altopiano di Fra Mauro, gli appennini Hadley, le Descartes Highlands e la valle di Taurus-Littrow. Tutti passi davvero da gigante…”


L’intervento aveva spossato Mary, e non appena mise piede in casa di Lurt, si buttò a letto e crollò addormentata.

Non si risvegliò fino a due decimi di giorno dopo, al rientro di Lurt.

— Guarda! — le disse Mary, mostrandole il Companion.

L’aspetto esterno degli impianti era standard, ma Lurt comprese di dover fare un complimento. — È delizioso — disse.

— Vero? — fece Mary. — 0 meglio: è deliziosa. Si chiama Christine.

— Ciao — salutò il Companion.

— Christine — le disse Mary — ti presento la scienziata Lurt Fradlo. È la compagna di Adikor Huld, il quale a sua volta è il compagno del mio… — cercò il termine esatto, poi fece spallucce e proseguì: —… fidanzato, lo scienziato e inviato speciale Ponter Boddit.

— Salute a lei, scienziata Fradlo — disse Christine.

— Salute a te, Christine. Ma dammi pure del tu.

— Ti ringrazio — disse Christine.

Lurt inspirò a lungo con il naso, analizzando gli odori.— Ginrald non è ancora rincasata — disse. Era la sua compagna.

— No — disse Mary. — E neppure Dab e Karatal. — Rispettivamente, il figlio di Lurt e Adikor, e la figlia di Ginrald e del suo compagno.

— Bene — fece Lurt — allora possiamo parlare più liberamente. C’è una questione che dobbiamo affrontare.

— Quale?

Ma Lurt appariva riluttante a parlare.

— Ho fatto qualcosa che non va? — chiese Mary. — Senza volerlo ti ho offesa? — Aveva fatto del suo meglio per adeguarsi alle abitudini locali.

— No, no — rispose lei — nulla del genere. — Le fece segno di sedersi sul divano. Lurt prese posto su una delle sedie a sella. — Si tratta solo del problema abitativo.

Doveva arrivare quel momento. — Ho abusato della tua ospitalità. Chiedo scusa — disse Mary.

Lurt sollevò una mano. — Non fraintendermi. Ho gradito enormemente la tua visita, ma la mia casa è già sovraffollata. È vero che tra una ventina di mesi Dab andrà ad abitare con Adikor e Ponter, ma…

Mary annuì. — … Ma sono pur sempre venti mesi.

— Già — disse Lurt. — Se intendi trascorrere lunghi periodi in questo mondo, dovrai avere una casa tutta tua.

Mary si accigliò — Non so come si faccia. Ne parlerò con Ponter. Va bene approfittare di lui per le spese quotidiane… ma una casa…

Lurt rise. — Oh, non c’è bisogno di acquistarla. Basta sceglierne una tra quelle vacanti. Il tuo contributo al bene comune è indiscutibile, perciò possiedi tutti i titoli per avere diritto a una casa.

— Cioè, non sono di proprietà privata?

— No. Perché dovrebbero? Ah, credo di aver capito. Ricorda che la nostra popolazione è numericamente stabile, per cui c’è bisogno di nuove case solo quando muoiono gli alberi che le costituiscono. A piantarli e prendersene cura ci pensa il governo, però esiste sempre qualche abitazione in sovrappiù, per ospitare persone di passaggio. Ti consegneremo una di quelle. Conosco un’ottima artigiana per l’arredo interno; penso che la entusiasmerà l’idea di venire incontro alle esigenze e ai gusti di una gliksin. — Pausa. — Ovviamente, ti toccherà vivere da sola.

Mary non disse: “Meno male!”, ma era vero che era abituata alla vita da single. Dopo la separazione da Colm, aveva imparato ad apprezzare le serate in solitudine; e viceversa, il caos domestico di Lurt le aveva dato un po’ sui nervi. Eppure…

Eppure, quello era un mondo ben strano. Mary non era ancora neppure lontanamente pronta a cavarsela da sola, neppure con l’ausilio di Christine. Rischiava di restare travolta dallo shock culturale.

— Forse… hai un’amica che potrebbe condividere con me l’appartamento? — azzardò Mary. — Intendo, una persona sola, disposta a dividere le faccende domestiche?

Lurt si grattò la fronte, sopra la radice del naso. — Fammici pensare… hmmm… — Poi abbassò lievemente la testa, in ascolto del proprio Companion. — Idea geniale! — esclamò. Si rivolse a Mary: — Poco distante da qui vive una donna di nome Bandra Tolgak. È una geologa, nonché una mia carissima amica. E una fanatica delle “cronache gliksin”.

— Senza famiglia?

— Infatti. Qualche tempo fa ha sciolto il Legame con la sua compagna, e nessuna delle due figlie abita più con lei. Mi ha detto spesso che la casa adesso le sembra così vuota… Si può chiedere, no?

Era una fresca giornata d’autunno, con un cielo argenteo striato dai cirri. Lurt e Mary si stavano dirigendo verso un edificio delle dimensioni di un campo da calcio, alto quattro piani. — L’Accademia femminile delle scienze — spiegò Lurt. — Bandra lavora qui.

Aprirono una delle porte d’ingresso, solida, opaca, fissata su cardini, e si inoltrarono per un corridoio a sezione quadrata, illuminato da tubi a reazione catalitica. Vi si muoveva un fiume di ragazze della generazione 147, oltre a robot affusolati che sfrecciavano avanti e indietro. Raggiunsero un punto in cui si aprivano due ascensori. Si aprivano davvero: i neanderthal lasciavano che gli ascensori, quando erano fermi, avessero un ricambio d’aria. Una delle cabine era già sul posto; le due salirono e Lurt disse: — Al laboratorio di Bandra. — Le porte si chiusero e l’ascensore partì. Pochi secondi, e si trovarono davanti al corridoio di un piano superiore. — Terza porta a destra — disse una voce artificiale. Mary e Lurt raggiunsero il laboratorio.

— Salute a te, Bandra — disse Lurt.

Una donna neanderthal, che volgeva loro le spalle da giocatore di rugby, si voltò sorridendo. — Lurt Fradlo! Salute a te! — Poi piantò su Mary le iridi giallo spento. — E lei — le disse — deve essere la scienziata Vaughan. Lurt mi ha preannunciato il suo arrivo. — Cogliendo Mary di sorpresa, le tese la mano.

Mary gliela strinse calorosamente. — Non… non ricordavo che anche i neanderthal si salutassero così.

— Non lo facciamo, infatti — disse lei. — Ma ho letto tutto su voi gliksin. Siete un popolo straordinario! — Allentò la morsa. — L’ho eseguito nel modo corretto?

— Perfetto — rispose Mary.

Bandra gongolò. Era una 144, quindi aveva nove anni in più di Mary. Aveva peluria e capelli di un bellissimo colore tra il ramato e l’argento. — Bene, bene. Oh aspetti, dimenticavo un altro importante rito. — Assunse un’espressione tra il serio e il faceto, e disse: — Come sta?

Mary rise. — Bene, grazie. E lei?

— Non ci lamentiamo. — Scoppiò a ridere. — Davvero, un popolo straordinario! Con tante piccole simpatiche abitudini… A parte gli scherzi, sono felicissima di conoscerla, scienziata Vaughan.

— Puoi chiamarmi Mary.

— Oh, no che non posso. Però posso chiamarti “Mèr”.

Il laboratorio traboccava di campioni mineralogici: cristalli rocciosi, minerali estratti dalla ganga, geodi preparati con grande perizia, e così via. — E un vero piacere incontrare di persona un gliksin — continuò Bandra. — Ho letto tutto quello che c’è in giro su di voi.

— Ahia… cioè, grazie.

— Allora, parlami un po’ di te! Hai figli?

— Non ancora — rispose Mary.

— Bene. Io ho due figlie e un nipotino. Ti va di vedere le foto?

— Oh… certo.

Bandra rise. — Voi gliksin e il vostro galateo! Potrei costringerti a passare mezza giornata a guardare tutte le immagini che ho realizzato nei miei viaggi!

Lo humour della donna ebbe un effetto rilassante su Mary.

— Spero che non ti abbiamo disturbato — disse Lurt. — È che…

— È che vi trovavate nei paraggi, e così… — disse Bandra, proseguendo la sua imitazione.

Mary annuì.

— Bando alle ciance — disse la geologa. — Lurt mi ha detto che volevi chiedermi un favore. — Indicò le rocce accatastate dappertutto. — Non riesco a capire a cosa possa servirti la mia scienza, ma… ed ecco un’altra delle mie espressioni gliksin preferite: “sono tutta orecchi”.

— Be’, ecco, stavo cercando un posto dove stare, qui a Saldak Centro.

— Dici sul serio? — chiese Bandra. Mary sorrise. — Mi possano ammazzare!

Bandra ruggì una risata. — Spero di no. — Pausa. — Ho una vecchia catapecchia, e mi sento così sola.

— Sì, Lurt me l’aveva accennato. Mi fermerò per circa un mese, ma se a te andasse di avere una coinquilina…

— Molto. Ma…

Mary stava per chiedere: “Ma, cosa?” poi pensò che non aveva il diritto di insistere. Bandra non doveva accampare nessuna scusa, se la cosa non le andava.

Dopo qualche secondo, la geologa riprese: — Solo un mese, dici? Quindi, starai qui solo fino al prossimo periodo in cui i Due diventano Uno?

— Sì. Ma in quell’occasione mi toglierò dai piedi.

Sul volto di Bandra si intrecciavano emozioni contrastanti. Da un lato, il peso di un’ospite a lungo termine; dall’altro, la compagnia di una creatura da un altro universo.

— Molto bene — decise alla fine. — Come direste voi: mi sentirò come a casa tua.

— Penso che sia l’opposto — disse Mary.

— Eh? Ah sì. Sto ancora imparando. Mary sorrise. — Anch’io.

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