“L’ipotesi della terraformazione era stata contestata da quanti ritenevano che, pur in assenza di vita indigena su Marte, noi dovremmo lasciare inalterata la sua bellezza. Dovremmo visitare Marte come fosse un parco naturale, limitandoci a scattare qualche fotografia, senza lasciare cartacce in giro…”
Alla fine Ponter e Adikor trascorsero la nottata in ospedale, insieme a Lonwis e Jock. Mary era tornata da sola al Village.
Esausta com’era, non aveva rimesso piede a Seabreeze prima delle 11 del mattino, ma gli altri non erano ancora rientrati. Dopo essersi informata in reception sulle condizioni di Lonwis (stabili), era salita al laboratorio di Louise. — Ti va di mangiare insieme?
Lei ne fu piacevolmente sorpresa. — Sicuro. A che ora?
— Anche adesso.
Louise osservò stupita l’orologio. Era un po’ presto, ma c’era qualcosa nel tono di Mary… — Bon — rispose.
— Magnifico.
Uscirono nel clima frizzante di novembre, con qualche fiocco di neve che danzava nell’aria.
Molti ristoranti sulla Calver Road aprivano solo d’estate, comunque qualcuno in attività c’era. Mary si diresse verso ovest, con Louise al fianco.
— Allora, che c’è? — chiese Louise.
— Ieri sera sono stata al computer di Jock — rispose, senza tanti preamboli — dopo che lui era uscito per l’incidente a Lonwis. Jock si è fatto progettare un virus che colpisce solo i neanderthal.
Il tono di Louise era incredulo. — Cosa?
— Penso che voglia… sterminarli tutti.
— Perché?
Mary si voltò rapidamente per assicurarsi che nessuno le seguisse. — Perché l’erba del pianeta vicino è sempre più verde. Jock vuole piantare la bandiera gliksin sul loro territorio. — Diede un calcio a una cartaccia sul marciapiede. — Magari per ricominciare da zero, senza queste porcherie tra i piedi.
Molto più avanti si intravedeva un luna park chiuso. Come uno scheletro preistorico di ferraglia.
— Che facciamo? — disse Louise. — Come lo fermiamo?
— Non lo so. È stato un puro caso se l’ho scoperto, perché il mio computer si era bloccato e sono andata alla sua postazione. Per ora ho copiato i file su un CD, ma ciò che vorrei riuscire a fare è rientrare nel sistema con l’account di Jock e modificare le formule in modo da renderle innocue. Credo che il suo piano consista nel trasmettere le istruzioni al codificatore di codoni, e poi liberare il virus nell’altro universo.
— E se lo avesse già prodotto? — chiese Louise.
— Non so. Se fosse così, potremmo arrivare troppo tardi.
Proseguirono per qualche secondo in silenzio.
Riprese la parola Louise: — Hai valutato l’ipotesi di fare esplodere la bomba sui media?
Mary annuì. — Sì, ma prima voglio disinnescare il virus. E avrò bisogno di aiuto per violare il computer di Jock.
— La rete Synergy è criptata con il sistema RSA.
— Ed esiste un modo per aggirarlo?
Louise sorrise. — Prima di conoscere i nostri amici neanderthal, avrei risposto di no, visto che si tratta di un sistema crittografico basato su due numeri primi molto elevati. Un computer convenzionale ci metterebbe millenni a provare tutti i fattori possibili. Ma un computer quantistico…
Mary s’illuminò: — … esamina tutte le possibilità in simultanea! — Poi si rabbuiò di nuovo. — Quindi, che cosa proponi? Di chiudere il varco, in modo da sfruttare il computer di Ponter per decrittare la nostra rete?
Louise scosse la testa. — A parte il fatto che quello di Ponter non è l’unico computer quantistico del suo pianeta, sebbene sia il più grande, non è necessario attraversare il varco per risolvere il problema. — Sorrise. — Mentre tu facevi la spola da un mondo all’altro, io qui ho lavorato sodo per realizzare una versione gliksin della meraviglia tecnologica barast. E adesso, nel mio laboratorio alla Synergy, è installato un piccolo ma perfetto computer quantistico. Non riuscirebbe mai ad aprire un varco tra universi, ma di certo un sistema RSA è in grado di gestirlo.
— Sei grande, Louise!
Lei sorrise di nuovo. — Oh, te ne sei accorta, finalmente!
Appena Ponter e Adikor tornarono dall’ospedale, Mary li invitò fuori a pranzo (sperando che la signora Wallace non riferisse a Jock che lei aveva fatto doppia pausa mensa). Accompagnò i due uomini sulla spiaggia sabbiosa dell’Ontario, spazzata da un vento gelido.
— Ce qualcosa che ti turba — le disse Ponter.
— Jock ha creato un’arma biologica — rispose Mary. — Un virus capace di stabilire se l’organismo ospitante sia un neanderthal. Se lo è, gli trasmette una febbre emorragica.
Un doppio hip si levò dai Companion di Ponter e di Adikor.
— Una malattia letale —. disse Mary. — L’esempio tipico, nel mio mondo, è il virus Ebola, che fa colare sangue dagli occhi e da altri orifizi. Si tratta di febbri molto contagiose, per le quali non possediamo ancora una cura.
Ponter era disgustato. — Perché qualcuno dovrebbe fare questo?
— Per spazzare via i nativi del vostro pianeta, e dare alla nostra specie una seconda casa.
Ponter non trovò un’esclamazione adatta nella propria lingua. Ringhiò: — Cristo!
— Sì — disse Mary. — Ma non sono sicura di poterlo fermare. Non so se neppure stia agendo da solo o per conto del suo governo… e forse del mio.
— Lo hai detto a qualcuno oltre a noi?
— Solo a Louise, le ho chiesto di parlarne con Reuben.
Intervenne Adikor: — Possiamo fidarci di loro?
Ponter rispose prima che lo facesse Mary: — Metterei la mia vita nelle loro mani.
Mary annuì. — Su loro due possiamo contare. Ma su nessun altro.
— Be’ — disse Ponter — su nessun altro in questo mondo. Ma, se Jock rilascia quel virus, è in gioco la vita di tutti gli abitanti del mio pianeta. Dobbiamo tornare di là per…
— Per fare che? — chiese Mary.
Ponter alzò le spalle. — Chiudere il varco. Per difendere la nostra casa.
— Su questo lato si trovano più di una dozzina di barast — gli ricordò Mary.
— Prima li preleveremo.
— Il motivo per cui erano venuti — disse Adikor — era per impedire al Gran Consiglio di chiudere il varco. Non sarà facile convincerli a tornare indietro; senza contare le attuali condizioni di Lonwis.
Ponter aggrottò la fronte. — Ma è troppo pericoloso concedere del tempo a Jock.
— Forse abbiamo interpretato male — disse Adikor. — Forse Jock non sopporta che ci siano dei barast sulla sua Terra, e sono questi che progetta di eliminare.
— Anche in questo caso — disse Ponter — la prima cosa da fare è raccogliere i nostri e andarcene. Ma ricorda che cosa ha detto Jock: riceve regolari rapporti sui nostri spostamenti. Per un gruppetto di barast sarebbero sufficienti armi convenzionali.
Adikor sospirò in modo cupo. — Temo che abbia ragione tu. — Osservò Mary, poi Ponter. — Quando sei tornalo dalla prima visita a questa Terra, ti ho chiesto se fosse un popolo buono. Se fosse una buona idea reinstaurare i contatti.
— Me ne rendo conto — rispose Ponter. — Colpa mia.
— No! — esplose Mary. Un concetto scritto chiaro nel dépliant che le aveva dato Keisha, era che non si getta la colpa sulla vittima. — No, non è colpa tua, Ponter.
— Ti ringrazio — disse lui. — E allora, come procediamo?
— Stasera — rispose Mary — dopo che Jock avrà lasciato l’ufficio, tornerò al suo computer e modificherò la formula del virus in modo da renderlo innocuo. Pregando che lui non lo abbia già prodotto in serie.
— Mèr…
— Lo so, lo so, tu non preghi. Ma è l’occasione giusta per cominciare.