39

“Sì, perché è una nuova Era, quella in cui stiamo entrando. Il Cenozoico, ‘epoca della vita recente’, si è concluso. Sta per iniziare il Novozoico…”


— Emergenza medica! — gridò Reuben. — Immediatamente al livello inferiore!

Il tecnico dell’ascensore annuì. — Faccia conto di essere già lì, dottore.

La gabbia metallica li aveva aspettati su richiesta telefonica di Reuben. Mary, Louise e il medico si infilarono nell’ascensore; il tecnico avviò la modalità di discesa senza fermate intermedie. E il gruppo cominciò a calarsi nelle viscere della Terra per una profondità che superava di cinque volte l’altezza delle ex Torri Gemelle.

Nel tragitto fino a lì, i tre si erano muniti di elmetti e giubbotti da minatore, che si infilarono goffamente mentre l’ascensore scendeva sferragliando per il pozzo.

— Com’è la polizia neanderthaliana? — chiese Reuben, urlando per farsi sentire.

— Quasi inesistente — rispose Mary. Aggiunse tra sé: “E speriamo che resti così”. Un mondo senza violenza.

— Quindi dovremo cavarcela da soli? — fece lui.

— Temo di sì.

— E se ci facessimo scortare da qualche militare canadese? — suggerì Louise.

— Non sappiamo chi ci sia dietro questo intrigo internazionale — disse Man’. — Potrebbe essere coinvolto anche il nostro governo.

Louise si voltò verso Reuben, che le si accostò per farle coraggio. Gesto comprensibilissimo, se quei due erano terrorizzati la metà di lei, pensò Mary. Si mise a osservare le pareti del pozzo per concedere loro un minimo d’intimità.

— Il mio vocabolario è ancora carente — le disse Christine nell’impianto cocleare. — Che significa getèm?

Mary non aveva sentito una parola della conversazione tra Louise e Reuben, ma il Companion aveva sensori raffinati. Mary rispose in un sussurro: — E francese: je t’aime, che significa “ti amo”.

— Ah — disse Christine.

E infine, l’ascensore arrivò a destinazione. Davanti a loro, un cunicolo semibuio.

— A che ora è sceso? — chiese Mary, una volta raggiunta la piattaforma da cui si imboccava il varco.

— Chi? — disse il soldato, sollevando un sopracciglio.

— Jock Krieger, del gruppo Synergy.

Il militare consultò un bloc-notes. — Circa tre ore fa.

— Portava qualcosa con sé?

— Mi perdoni, professoressa Vaughan, ma non credo di essere autorizzato…

Reuben fece un passo avanti e mostrò la propria targhetta. — Sono il dottor Montego, responsabile sanitario della miniera. Questa è un’emergenza: Krieger ha un’infezione grave.

— Devo sentire i miei superiori — disse il soldato.

— E lo faccia! Ma per favore ci dica se portava del bagaglio.

Lui ci meditò. — Aveva un trolley.

— Nient’altro?

— Una scatoletta metallica. Reuben guardò Mary. — Merda.

— La scatola è stata sottoposta a decontaminazione?— chiese Mary.

— Certo — rispose il militare, un po’ irritato. — Come tutto.

— Bene. Andiamo — disse Mary.

— Posso vedere i vostri documenti, per favore? Mary e Louise gli mostrarono i passaporti. — Soddisfatto? — disse Mary. — E adesso, via.

— E lei? — chiese il soldato a Reuben.

— Maledizione, le ho appena fatto vedere la mia qualifica alla Inco. Non ho qui il passaporto.

— Il regolamento…

— Cristo santo! — gridò Mary. — C’è un’emergenza!

Il soldato annuì. — E va bene. Avanti.

Mary si introdusse per prima nel tubo Derkers. Sentendo rumore di passi dietro di sé, non perse nemmeno un secondo a controllare che i due la stessero seguendo.

Uscita che fu dal varco, vide un muscoloso tecnico barast dall’aria incuriosita. Doveva essere la prima volta che arrivavano dei visitatori di corsa.

Mary conosceva di vista quel neanderthal. Anche lui la riconobbe; poi, con enorme stupore di Mary, si lanciò dritto contro Reuben.

All’improvviso, lei comprese l’equivoco: il neanderthal pensava che la stessero inseguendo. — No! — gridò.

— Sono con me! Falli passare!

Il volume con cui gridò era tale che Christine, per farsi sentire, dovette attendere che lei tacesse. Quindi dal polso sinistro si sentirono le parole: — Rak! Ta sooparb nolani, rak! Derpant helk!

Già a metà della traduzione il tecnico tentò di frenare, ma scivolò sul lucido pavimento di granito dell’impianto e andò a sbattere contro Reuben, mandandolo a gambe all’aria. Louise inciampò nel corpo del neanderthal e rovinò a terra.

Mary aiutò Louise a rialzarsi, mentre Reuben si tirava da solo in piedi.

Lupal — disse il tecnico. “Chiedo scusa.”

Mary guidò il terzetto, sempre di corsa, su per i gradini fino in sala controllo. Superato un altro neanderthal esterrefatto, proseguirono lungo il cunicolo che portava agli ascensori.

— Fermi! — urlò il secondo barast. — Dovete fare la decontaminazione!

— Non c’è tempo! È un’emergenza! — replicò Mary.

— No! — la fermò Reuben. — Ha ragione lui. Ricordi la malattia di Ponter? Siamo qui per prevenire un’epidemia, non per diffonderla.

Mary bestemmiò. — Okay. — Osservò i due fidanzati. Di sicuro si erano visti nudi molte volte, ma mai lei.

— Spogliatevi — disse, in preda all’ansia. — Tutto, inclusi orologi e gioielli.

Louise e Reuben si erano abituati alle procedure di decontaminazione già all’Osservatorio di neutrini, ma ebbero un attimo di esitazione. — Forza! — disse Mary. — Non c’è un minuto da perdere.

I due cominciarono a sfilarsi gli abiti.

— Lasciate qui i vestiti — disse Mary, gettando i suoi nella cesta. — Nella stanza accanto ne prenderemo altri.

Completamente nuda, Mary entrò nella camera cilindrica. Insistette perché tutti e tre si sottoponessero alla procedura in una volta sola. Si ritrovarono pigiati, le natiche di Louise premute contro quelle di Mary, il torace di Reuben contro il seno di lei. Ma Mary era troppo nervosa per sentirsi imbarazzata.

Louise emise un gemito quando si attivarono i laser.

— Va tutto bene — le disse Mary, sforzandosi di ignorare quali parti di Reuben fossero a contatto con quali parti del proprio corpo. — L’operazione è sicura e indolore. I laser selezionano e distruggono solo le proteine estranee.

Louise rabbrividì, ma al contempo era affascinata. — E come fanno? Che laser sono?

— Laser a cascata quantistica — rispose lei, ripetendo a pappagallo una spiegazione di Ponter. — Nell’ordine del trilione di cicli per battito.

— Laser regolabili nell’ordine dei terahertz! — esclamò Louise. — Grande! Quanto dura la procedura?

— Tre minuti.

— Ahia, Mary — intervenne Reuben. — Dovresti farti vedere quel neo sulla spalla sinistra.

— Santo cielo, Reuben, non mi pare il momento di… — Ma s’interruppe. Il medico stava facendo esattamente ciò che faceva lei: distrarre la mente con questioni tecniche. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era mettersi a elucubrare su un possibile articolo per “Penthouse”. — Appena possibile andrò dal dermatologo — disse. — Dannato buco nell’ozono.

Poi aggiunse: — Louise, dovrebbe essere comparso un quadrato luminoso sulla porta davanti a te. Lo vedi?

— Sì, semaforo verde. Ottimo! — E stava per uscire.

— Ferma! — la bloccò Mary. — Il verde per i neanderthal è il colore negativo, quello della carne ammuffita. Si può passare quando la luce è rossa.

Louise annuì. A Mary venne il sospetto che forse era stato un errore venire con due persone totalmente inesperte dell’“altro” mondo.

— Rosso! — esclamò Louise.

— Bene — disse Mary. — Puoi aprire la porta. La maniglia ha una forma a stella marina, la vedi? Va spostata verso l’alto.

Un istante dopo, la pressione dei glutei di Louise contro i suoi svanì. Mary fece un passo all’indietro, si voltò e sgattaiolò fuori anche lei. — Da questa parte — disse.

Entrarono nella stanza con gli scaffali, cubici, pieni di vestili. — Quella dovrebbe essere la tua misura, Reuben. E questa la tua, Louise.

I due ebbero parecchie difficoltà con le allacciature degli abiti barast.

Dopo un po’, si infilarono per il cunicolo. Mary sperava che fosse disponibile un veicolo, ma non c’era; l’ultimo doveva averlo preso Jock. Il che significava 3 chilometri di corsa. Erano secoli che Mary non osava tanto, ma l’adrenalina le scorreva a fiumi. Si lanciò per il tunnel.

Su questo lato la luce era molto più fievole che sul lato gliksin, visto che qui per i lavori minerari si utilizzavano operai-robot. Del resto, gli stessi neanderthal avevano bisogno di poca luce per percepire la realtà circostante, data la sensibilità dell’olfatto.

— Quan… to… man… ca? — ansimò Louise da dietro.

Mary fu compiaciuta che la giovane stentasse a tenere il suo passo. — Meno di 3000 metri — gridò.

All’improvviso qualcosa le passò davanti. A Mary sarebbe accelerato il battilo, se già non fosse stato al massimo. Ma era solo un robot. Decise di chiarire la cosa per non spaventare i due amici, e gridò alla macchina: — Aspetta! Torna qui!

Il robot fece dietrofront. Sembrava un granchio lungo due metri, con scandagli conici e cucchiai a semisfera che si protendevano dagli arti snodati.

Ehi, un momento, doveva essere ben resistente. Se sollevava massi, poteva reggere anche… — Ci potresti dare un passaggio? — chiese Mary.

Il Companion tradusse. Sulla corazza del granchio lampeggiò una luce rossa. — Questo modello non è fornito di apparato vocale — spiegò Christine — ma la risposta è sì.

Mary non se lo fece ripetere e saltò in groppa. — Tutti a bordo! — disse agli attoniti Reuben e Louise.

I due, dopo essersi scambiati un’occhiata, presero posto sul carapace metallico. Mary gli assestò un pacca: — Yahhh! Ahhh!

Christine non conosceva quell’espressione, ma ne intuì il senso, e tradusse. Il robot fletté le sei zampe come per valutare il peso del carico, quindi partì così veloce che i passeggeri si sentivano la brezza in faccia. Ogni volta che una zampa centrava una pozzanghera, li raggiungevano schizzi di fango.

— Tenetevi forte! — gridò più volte Mary, per quanto non ci fosse affatto bisogno di quel consiglio. Quanto a lei, si sentiva esplodere la vescica a causa degli urti ripetuti.

Sorpassarono un modello diverso di operaio, che ricordava una mantide. Altri 600 metri, e incrociarono due neanderthal diretti nella direzione opposta, i quali fecero appena in tempo a saltare da un lato per non essere travolti.

Finalmente arrivarono agli ascensori. Grazie a quei due uomini che erano appena scesi, un ascensore era al piano. I tre scivolarono giù dal granchio e si catapultarono nella cabina.

Durante il tragitto verso la superficie Mary diede un’occhiata alle condizioni dei due compagni, sotto la luce verde della luciferina. Una volta tanto, Louise non sembrava una top-model: il sudore le colava lungo il viso, aveva i capelli sporchi di fango e i vestiti macchiati non solo di fango ma di una specie di grasso per motori.

Reuben era ridotto anche peggio. Tra un sobbalzo e l’altro, doveva aver sbattuto la testa contro il robot: aveva un brutto taglio sulla testa rasala.

— Bene — disse Mary — ci vorrà qualche minuto prima di arrivare. Il personale di superficie non vi lascerà proseguire senza prima munirvi di un Companion provvisorio. Il che ci permetterà di comunicare a qualsiasi distanza tra noi, e con qualunque barast. Tutti i Companion di questo tipo hanno il traduttore incorporato.

Sollevò l’avambraccio sinistro e disse: — Christine, sei di nuovo collegata con la Rete planetaria?

— No — le rispose nella coclea. — Probabilmente non potrò farlo prima che ci troviamo a poca distanza dalla superficie. Ti terrò… aspetta, sì, ci sono, sono connessa!

— Magnifico! Chiama Ponter!

— Chiamata inoltrata… Per ora nessuna risposta.

— Dai, Ponter — ringhiò Mary. — Dai…

— Mèr! — fece la voce di lui, imitata da Christine. — Che ci fai su questo lato? I Due non sono ancora…

— Ma lascia perdere! Jock è già arrivato! Dobbiamo scovarlo e fermarlo!

— Allora indosserà un Companion — disse Ponter. — Ho seguito sul Voyeur il dibattito nel Gran Consiglio: hanno deciso che mai più un gliksin potrà entrare nel nostro mondo senza averne uno.

— Jock non è un pivellino. Possiamo provare a individuare il suo Companion, ma sono pronta a scommettere che lo ha rimosso.

— Impossibile — rispose Ponter. — Avrebbe innescato diversi allarmi. Né può andare a spasso da solo. Probabilmente si trova insieme a Bedros o qualche altro consigliere; per cui dovremmo poterlo rintracciare. Tu dove sei?

L’ascensore si fermò. Mary fece segno ai due compagni di uscire. — Siamo appena arrivati… io, Louise e Ruben… in cima alla miniera di Debrai.

— Io sono a casa. Hak, prenota dei cubi a nome mio e di Mèr. E contatta un giudice. — Hak diede risposta affermativa, poi Ponter chiese a Mary: — Hai qualche idea di dove si trovi Krieger?

— No, anche se ritengo che voglia diffondere il virus in Centro, appena i Due saranno Uno.

— Mossa astuta. Approfitterà del fatto che… — S’intromise la voce di Hak, in lingua barast. Qualche secondo dopo, Ponter disse a Mary: — Hak ha contattato un giudice. Quando arriverà il vostro cubo, dirigetevi al Padiglione degli alibi. Mi troverete lì.

In quel momento un assistente stava agganciando il Companion al polso di Reuben. Quindi toccò a Louise. Mary fece vedere che ne aveva uno permanente impiantato.

— Okay — disse quindi — mettiamoci i cappotti e andiamo.

Aveva nevicato dall’ultima volta; il manto bianco era accecante. Tornò in linea la voce di Ponter: — Il giudice ha convocato altri due magistrati per poter avviare un’inchiesta sulle trasmissioni del Companion di Jock. Appena la cosa sarà deliberata, potranno eseguire le triangolazioni per individuarlo.

— Merda — disse Mary, facendosi solecchio per vedere meglio se arrivava il cubo. — Quanto ci vorrà?

— Non molto, spero.

— Ti richiamerò io — disse Mary. — Christine, mettimi in contatto con Bandra.

— Salute a voi — disse la voce di Bandra.

— Tesoro, sono Mary.

— Mary, amore! Non ti aspettavo fino a dopodomani. Questo Due-Uno mi rende così nervosa. Se Harb…

— Bandra, lascia immediatamente il Centro. Non chiedermi perché: fallo e basta.

— Harb sta…?

— Lui non c’entra niente. Prendi un cubo e va’ dove ti pare, ma via di lì.

— Non capisco. È…

— Fallo! — esclamò Mary. — Fidati di me.

— Mi fido, ma…

— Bandra… — lanciò un’occhiata a Louise e Reuben. Ma sì, all’inferno tutto. — Bandra, è da un po’ che avrei dovuto dirtelo: sì, io ti amo.

La voce di Bandra era entusiasta: — Anch’io ti amo. Non vedo l’ora di riabbracciarti.

— Ora devo proprio andare. Ma tu spicciati a lasciare il Centro!

Mary lanciò uno sguardo di sfida a Louise, che la osservava con un’espressione attonita. Poi però Louise distolse l’attenzione: un cubo volante stava atterrando sulla neve.

Mary prese posto accanto all’autista, un 144 dai capelli rossi; Reuben e Louise si misero goffamente in sella sui sedili posteriori. — Saldak Centro, il più veloce possibile — disse Mary. Poi, alle obiezioni del neanderthal: — Lo so che i Due non sono Uno, e che tra i passeggeri c’è un uomo, ma questa è un’emergenza sanitaria! Vai! Vai!

Partiti che furono, Mary chiese al Companion: — Christine, chiama Ponter.

— Fatto.

— Ponter, perché servono tre giudici a emettere un’ordinanza?

La risposta le arrivò nell’impianto cocleare; allora Mary toccò un comando sul polso e trasferì l’audio sull’altoparlante esterno, per tenere aggiornati anche Louise e Reuben: — Ehi, non eri tu quella che sosteneva che qui tuteliamo troppo poco la privacy? Per avviare un’indagine su una persona non accusata di nessun crimine, occorre il parere unanime di tre magistrati.

Mary osservò il paesaggio che sfrecciava ai suoi lati… “sfrecciava” in base ai parametri barasi, visto che il cubo non superava i 60 km/h. — E non lo si può accusare? In quel caso basterebbe un solo giudice.

— Una denuncia formale richiederebbe una procedura complessa, che… ah, ecco il mio cubo. — Mary sentì i rumori prodotti dal veicolo e da Ponter che saliva a bordo e indicava all’autista la direzione. Poi riprese le comunicazioni: — Molto bene, e adesso… oh, aspetta solo un battilo… — Pausa di qualche secondo. — I giudici hanno approvato l’indagine. Il personale tecnico al Padiglione degli archivi degli alibi sta cercando di localizzare Jock.

Reuben si chinò verso il Companion di Mary: — Ponter, sono Reuben. Di’ loro che, appena lo avranno individuato, dovranno far evacuare la zona. Quel virus ha effetti letali sui neanderthal.

— Okay — rispose Ponter. — È possibile diffondere un allarme generale tramite i Companion. Tra poco sarò al Padiglione: mi assicurerò che lo facciano.

All’orizzonte apparvero gli edifici del Centro. Decine di donne erano intente ad appendere i festoni per il Due-Uno.

— Lo abbiamo localizzato — disse Ponter. — Hak, non tradurre, trasmetti direttamente il messaggio. — Ponter gridò qualcosa nella propria lingua, evidentemente rivolto al conducente del cubo su cui stava Mary.

L’autista rispose ka e altre parole, quindi eseguì una virata.

— Jock si trova in piazza Konbor — disse Ponter, di nuovo tradotto. — Ci incontreremo là.

— No! — disse Louise. — Ponter, per te è troppo rischioso. Lascia andare noi.

— Jock non è solo. Le sue trasmissioni indicano che è insieme a Dekant Dorst.

— Chi? — chiese Mary.

— Un membro della giunta di Saldak Centro. Una donna della generazione 141.

— Dannazione — sibilò Mary. A parità di condizioni, una donna barast era più forte di un uomo gliksin; ma, se Dekant era una 141, aveva 78 anni. — Non dobbiamo permettere a Jock di prendere un ostaggio. Dobbiamo farla allontanare di lì.

— Infatti — disse Ponter.

— Dekant deve avere un impianto cocleare, no?

— Ovvio — rispose Ponter.

— Christine, contattala.

— Fatto.

Mary parlò senza attendere il “pronto?”: — Dekant Dorst, non dica nulla, non permetta a Jock Krieger di capire che lei sta ricevendo una comunicazione. Per dire “sì”, dia un piccolo colpo di tosse.

Arrivò un piccolo colpo di tosse.

— Bene. Sono Mary Vaughan, una gliksin. Jock si trova sotto inchiesta: riteniamo che intenda diffondere una sostanza velenosa a Saldak Centro. Alla prima occasione, deve allontanarsi da lui. Noi stiamo arrivando. Ricevuto?

Altro colpetto di tosse.

Mary non osava pensare allo stato d’animo della donna.

— Qualche suggerimento? — chiese ai due compagni.

— Potrebbe dire a Jock che deve andare un attimo al bagno — propose Louise.

— Semplice ma geniale. Ponter, dove si trovano Jock e Dekant? In casa o all’esterno?

— Lo chiedo immediatamente ai giudici. — Pausa.

— All’esterno, diretti alla piazza centrale.

— Il virus Wipeout è studiato per trasmettersi per via aerea. Jock deve avere con sé una bomba spray dentro la scatola metallica. Probabilmente la sua intenzione è di farla esplodere in piazza durante la festa.

— Se è così — disse Ponter — la programmerà per la fine della lesta, in modo che gli uomini tornino a casa senza ancora mostrare segni d’infezione. E molti non provengono dall’Anello cittadino, ma da altre località.

— Ricevuto — disse Mary. — Dekant, appena può, dica a Jock che deve entrare in un edificio pubblico per andare al bagno. Ma lui dovrà restare fuori perché è un uomo, va bene? Noi siamo vicini.

Colpo di tosse; poi, per la prima volta, la voce della donna: — Scienziato Krieger, mi deve perdonare, ma noi vecchi… ecco, avrei bisogno di urinare. Lì dentro c’è un servizio igienico.

La risposta di Jock fu appena percettibile: — Va bene. La accomp…

— No, deve attendere all’esterno. I Due non sono ancora Uno, ricorda?

Voci indistinguibili, fruscii. Una ventina di secondi dopo, Dekant disse: — Scienziata Vaughan, sono sana e salva all’interno.

— Perfetto! Ora, se… — La interruppe una voce femminile, che proveniva da tutti e quattro i Companion presenti nel cubo volante, e non solo quelli: — Parla il giudice Mykalro. Questa è un’emergenza. Evacuare immediatamente Saldak Centro, con qualunque mezzo, a piedi, via cubo o via hover-bus. Ripeto: immediatamente. Nell’aria potrebbe diffondersi un’infezione mortale. Se vedete un uomo gliksin dai capelli color argento, state alla larga! È sotto inchiesta giudiziaria, e attualmente si trova in piazza Konbor. Ripeto…

L’autista frenò di colpo e atterrò. — Non mi avvicinerò di un metro di più — disse. — Se vorrete proseguire, dovrete farlo a piedi.

— ’Fanculo — ringhiò Mary, ma Christine non tradusse. — A che distanza siamo?

Lui indicò. — La piazza è quella.

Si notavano alcuni bassi edifici e una pila di cubi parcheggiati. Erano ancora a una certa distanza.

Furiosa, Mary aprì il portello del veicolo e partì a razzo, seguita da Louise e Reuben. Il veicolo decollò in direzione opposta.

Jock si trovava su uno spiazzo aperto, coperto di neve calpestata. Altri cubi si stavano allontanando dal Centro.

Adesso i tre erano a una ventina di metri da lui. Mary raccolse il fiato e gridò: — Jock! È finita!

Lui indossava il tipico cappotto di mammut; in mano aveva la famigerata scatola. Si voltò con espressione stupita. — Mary? Louise? E… il dottor Montego? Santo cielo, che ci fate tutti qui?

— Sappiamo tutto del virus Surfaris — gli buttò in faccia Mary.

Con grande sorpresa di lei, Jock sorrise. — Caspita, tre coraggiosi canadesi arrivano alla riscossa dei neanderthal! — Scosse la testa. — I vostri nobili ideali mi hanno sempre fatto ridere. Ma sapete qual è il colmo del ridicolo della società canadese? — Infilò una mano in una tasca interna e tirò fuori una pistola semiautomatica. — La vostra abitudine di girare disarmati. — Puntò la pistola contro Mary. — Vediamo un po’… Qual era il vostro piano per fermarmi?

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