I freni della Sprite agirono energicamente, mentre l’auto svoltava per imboccare il vialetto d’accesso, con grande stridore di pneumatici. Ove Rasmussen balzò a terra, scavalcando la portiera senza aprirla, e si precipitò su per gli scalini, suonando poi energicamente il campanello. Mentre il suono riecheggiava con insistenza all’interno, provò ad abbassare la maniglia. La porta non era chiusa a chiave e si spalancò.
— Martha… dove siete? — gridò. — Siete qui?
Richiuse la porta e tese l’orecchio. Si udiva soltanto il ticchettare di un orologio. Poi sentì dei singhiozzi soffocati provenire dal soggiorno. Martha era sdraiata sul divano, e le sue spalle si scuotevano in un pianto disperato, incontrollato. Un giornale giaceva sul pavimento, lì accanto.
— Mi ha chiamato Ulla. Ero rimasto in laboratorio tutta la notte — disse Ove. — Avevate una voce così disperata al telefono, che Ulla ha perso la testa. Sono venuto subito. Che succede?
Poi vide la prima pagina del giornale e capì. Si chinò a raccoglierla e guardò la foto che riempiva quasi completamente il foglio. Mostrava un veicolo di forma ovale, grande quanto una piccola auto, che se ne stava sospeso alcuni metri sopra una folla di gente intenta a guardare a bocca aperta. Una ragazza sorridente salutava agitando la mano dal piccolo abitacolo; e davanti, tra i due fari, spiccava chiaramente la parola Honda. Il veicolo non mostrava mezzi di propulsione evidenti. Il titolo diceva: I GIAPPONESI ANNUNCIANO LA SCOPERTA DELLO SCOOTER A GRAVITÀ, e più SOTTO: IL NUOVO PRINCIPIO RIVOLUZIONERÀ I SISTEMI DI TRASPORTO.
Martha si era levata a sedere, ora, e si tamponava gli occhi col fazzoletto bagnato. La faccia era gonfia e arrossata; i capelli spettinati.
— Avevo preso un sonnifero — disse, mentre le parole le uscivano a fatica di bocca. — Ho dormito per dodici ore, senza sentire la radio, niente. Mentre mi preparavo la colazione, ho dato un’occhiata al giornale. E lì… — La voce le si spezzò e poté solo indicare col dito. Ove annuì stancamente e si lasciò cadere su una poltrona.
— È vero? — domandò lei. — I giapponesi hanno la propulsione Daleth?
Lui annuì di nuovo.
Martha portò le mani al viso, affondando le unghie nella carne, e gridò:
— Sprecati! Tutti morti per niente! I giapponesi sapevano già tutto sull’effetto Daleth. L’avevano rubato! Nils e gli altri sono morti per niente!
— Calmatevi! — disse Ove, protendendosi e afferrandola per le spalle, mentre lei tremava tutta, in un’agonia di dolore. — Le lacrime non possono farlo tornare, né lui né gli altri.
— Tutte quelle misure di sicurezza… inutili… Il segreto è trapelato…
— Sono state le misure di sicurezza a ucciderli — disse Ove, con voce squallida come una notte d’inverno. — Uno spreco stupido, infinitamente stupido!
L’amarezza delle sue parole fece quello che la compassione non riusciva a fare: raggiunse Martha, la scosse. — Che cosa volete dire? — gridò, asciugandosi gli occhi col dorso della mano.
— Quello che ho detto. — Ove guardò il giornale con odio profondo, poi lo calpestò. — Non avevamo alcun segreto eterno, solo eravamo in anticipo sugli altri. Arnie e io cercammo di farlo capire a quelli del servizio di sicurezza, ma loro non hanno voluto sentire ragione. Evidentemente soltanto Nils e i suoi ufficiali sapevano delle cariche di esplosivo sulla nave. Se Arnie o io avessimo saputo, avremmo sollevato un putiferio e ci saremmo rifiutati di partire. È stato uno spreco di vite, una stupidità criminale!
— Che dite? — Martha era agghiacciata dalle sue parole.
— Soltanto questo. Solo gli uomini politici e gli agenti dei servizi di sicurezza credono nei Segreti con la S maiuscola. E forse i lettori di romanzi di spionaggio che parlano di immaginarie formule rubate. Ma madre natura non ha segreti. Tutto è lì, all’aperto, e lo si può vedere. Anche se a volte la risposta è complessa, oppure se bisogna saper dove cercare, per trovarla. Arnie se ne rendeva conto, e questa è una delle ragioni per cui aveva affidato la sua scoperta alla Danimarca. Qui poteva essere sviluppata più rapidamente perché noi possediamo il macchinario industriale pesante necessario a costruire la propulsione Daleth. Ma era solo questione di tempo; poi tutti ci avrebbero raggiunto. Una volta sentito che esisteva un effetto Daleth, avrebbero saputo esattamente ciò che dovevano cercare. Avevamo due cose in nostro favore. Parecchi scienziati di diverse parti del mondo sapevano che Arnie stava compiendo ricerche sulla gravità, erano in corrispondenza con lui e leggevano ciò che pubblicava nelle riviste scientifiche sui risultati dei suoi studi. Ma non sapevano un particolare: che esisteva un errore di impostazione. Lui se n’era accorto, ma non ha mai avuto il tempo di pubblicarlo. La vera scoperta dell’effetto Daleth è stata fatta attraverso i rilevamenti telemetrici del brillamento solare. I dati ottenuti erano stati distribuiti a tutti i paesi che collaboravano, ed era solo questione di tempo perché il nesso venisse notato. Noi quel tempo l’abbiamo avuto, quasi due anni, e ci ha dato il vantaggio di cui avevamo bisogno.
— Allora gli assassini, le spie…
— Tutto inutile. Il segreto dei servizi di sicurezza è di non lasciare mai sapere alla destra che cosa fa la sinistra. Un’organizzazione segreta cerca di carpire il segreto, mentre laboratori, pure segreti, cercano di elaborarlo. E una volta che tutti questi organismi segretissimi si mettono in movimento, è molto difficile fermarli. Ci sarebbe da ridere, se la cosa non fosse tanto tragica. Ho saputo finalmente l’intera storia… sono rimasto alzato tutta la notte con quelli dei servizi di sicurezza, che me l’hanno raccontata. Lo sapete quanti erano i paesi già avviati alla scoperta della natura dell’effetto Daleth, quando la nave è stata fatta esplodere? Ve lo dico io: cinque! I giapponesi credevano di essere i primi, e hanno chiesto il brevetto internazionale. La loro richiesta è stata respinta da quattro nazioni, perché precedenti richieste di brevetto erano state registrate in quei paesi e tenute segrete dai governi. Due di tali paesi erano la Germania e l’India.
— E gli altri due? — chiese Martha in un soffio, come se già conoscesse la risposta.
— L’America e l’Unione Sovietica.
— No!
— Mi spiace. Mi fa male dirlo, quanto a voi sentirlo. Vostro marito, Arnie, i miei amici e colleghi sono morti nell’esplosione… inutilmente. Perché i paesi che ne hanno causato la morte conoscevano la risposta. Ma poiché quell’informazione era top secret, essi non hanno potuto avvisare le altre organizzazioni o gli uomini di quel settore. Però io non me la sento di biasimarli più di quanto non biasimi il nostro servizio di sicurezza, che ha messo l’esplosivo sulla nave. E neppure ce l’ho con le altre nazioni coinvolte in questo brutto guaio. Si tratta semplicemente di paranoia istituzionalizzata. Tutti gli agenti dei servizi segreti sono uguali, legati al proprio lavoro dalla propria insicurezza e dalle proprie paure. Può darsi che siano patrioti sinceri, ma è la loro malattia che li induce a dimostrare in quel modo il loro patriottismo. Questo tipo di individuo non capirà mai che quando è il tempo delle imbarcazioni a vapore si costruiscono navi a vapore, e quando è giunto il tempo degli aeroplani si costruiscono aerei.
— Non vi capisco. — Martha avrebbe voluto gridare, ma non poteva. Era al di là delle lacrime.
— La storia continua a ripetersi. Durante la seconda guerra mondiale, non appena i giapponesi «sentirono» del radar americano, si misero al lavoro. E svilupparono il magnetron e altre parti vitali, quasi con la stessa rapidità degli americani. Solo i dissidi interni e la mancanza di impianti per la produzione impedirono di realizzarle su un piano pratico. Era l’epoca del radar. E ora… ora è l’epoca del Daleth.
Seguì un lungo silenzio. Una nube passò davanti al sole e la stanza si oscurò. Finalmente Martha parlò. Doveva fare quella domanda.
— E allora, è stato tutto inutile? La loro morte. Completamente inutile?
— No! — Ove esitò e cercò di sorridere, ma non ci riuscì. — Almeno lo spero. Nell’esplosione sono morti uomini di molti paesi. Questa scossa potrebbe risvegliare un po’ di buonsenso nella testa della gente, magari in quella degli uomini politici. Chissà che non decidano di sfruttare la nuova scoperta per il bene comune dell’umanità. Di fare una cosa giusta, una volta tanto, senza litigare e senza trasformare la scoperta in un’arma distruttiva ancora più terribile. Applicato correttamente, l’effetto Daleth potrebbe mutare il mondo in un paradiso. I giapponesi sono andati anche più avanti di noi: hanno eliminato la fonte di potenza separata. Hanno scrutato nella legge di conservazione dell’energia e scoperto che potevano usare l’effetto Daleth come autopropellente. Così, ora viviamo tutti alla periferia della stessa città mondiale. Qualcuno farà fatica ad abituarsi all’idea. Ma il mondo deve unirsi e affrontare la realtà. Chiunque, individuo o nazione, cerchi di usare questa forza in male o per la guerra, dovrà essere immediatamente fermato, per il bene comune. Considerate sotto questo aspetto, quelle morti non sono state inutili. Se riusciremo a imparare qualcosa da un tale sacrificio, forse valeva anche la pena di farlo.
— Riusciremo? — domandò Martha. — Riusciremo davvero a costruire quel mondo che diciamo sempre di volere, ma che sembriamo incapaci di ottenere?
— Dovremo riuscirci, per forza — disse Ove Rasmussen, protendendosi e afferrandole le mani. — Altrimenti moriremo nel tentativo.
Martha rise mestamente.
— Un mondo solo, o niente. Mi sembra di averlo già sentito dire prima d’ora.
La nube passò e il sole splendette di nuovo. Ma in quella casa, nella stanza dove sedevano due persone, c’era un’ombra che non si dissipò.