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La Jaguar sfrecciava verso nord, lungo la costa, senza però superare il limite di velocità. Nils Hansen guidava disinvolto con una mano sola, mentre cori l’altra cercava un programma di musica alla radio.

— Siamo partiti un po’ tardi — disse. — Devi fermarti a Helsingør?

— Devo passare dall’ufficio postale. Ci metto un minuto — rispose Martha.

— Che c’è di tanto importante? — Aveva trovato una stazione svedese che trasmetteva una piacevole polka.

— Devo spedire una pellicola per farla sviluppare.

— E perché non vai dal fotografo, in Rungsted?

— Sono troppo lenti. Questo è un posto speciale, a Copenaghen. Se hai paura che ti faccia far tardi, lasciami giù vicino al traghetto e va per conto tuo.

Lui le lanciò un’occhiata con la coda dell’occhio, ma Martha fissava dritto davanti a sé, senza espressione.

— Ehi! Ma questa è una vacanza… certo che ti aspetto! Solo, non vorrei che perdessimo il varo… o l’ascensione, o che altro diavolo vuoi chiamarlo. Ti piacerà. Quei rimorchiatori si abbasseranno, agganceranno l’astronave e la solleveranno dallo scafo di costruzione. La propulsione verrà installata sulla Luna.

Dovettero aspettare davanti allo scivolo del traghetto, perché una locomotiva a vapore attraversava la strada sbuffando e tirandosi dietro una fila di vagoni merci chiusi.

— Guarda un po’ quel somaro da cantiere! — disse Nils. — Perde vapore e olio da tutte le giunture… eppure è ancora capace di far sbarcare i convogli dalla nave traghetto. Lo sai quanti anni ha? — Martha evidentemente non lo sapeva, e neanche sembrava che la cosa la interessasse molto. — Te lo dico io. Sta scritto sulla targhetta, di fianco. Quella veterana è stata costruita nel milleottocentonovantadue!! E lavora ancora. Noi danesi non eliminiamo niente che sia in grado di lavorare. Siamo gente molto pratica.

— Al contrario di noi americani, che costruiamo auto e cose da rompere subito e gettar via, vero?

Nils non rispose, ma passò davanti alla stazione e svoltò in Jernbanevej, proseguendo fino all’ufficio postale, sul retro del terminal. Parcheggiò, e Martha scese portando con sé il pacchetto. Una pellicola. Nils si domandò da quanto tempo l’avesse nella macchina fotografica. Non aveva mai fatto fotografie da quando lui era tornato. Che vacanza… Pensò che Martha era stata insopportabile durante tutto il suo periodo di licenza. Chissà che cosa diavolo aveva… Proprio non riusciva a capirlo. Si accorse di essersi fermato vicino alla bancarella dei panini imbottiti e il suo stomaco cominciò a gorgogliare, interessato, a quella vista. Avrebbero certamente pranzato tardi, ed era meglio provvedere. Scese e ordinò due tartine, senza cipolla cruda, ricordandosi che doveva assistere al varo in compagnia di uomini politici e pezzi grossi. Comunque, era un posticino da tener presente, quello. Oltre alle tartine, prese una bottiglietta di birra.

Che diavolo aveva Martha? Non che fosse insensibile, ma c’era qualcosa che la teneva lontana da lui, nel letto, la notte. Forse era la tensione nervosa causata dai suoi voli sulla Luna, dal sabotaggio e da tutto il resto. Erano difficili da capire, le donne. Creature maledettamente strane. Di umore balzano. La vide uscire dall’ufficio postale e si affrettò a finire la birra…

Nils non dubitò mai, neppure un istante… Dopo quel pomeriggio di domenica, non aveva mai più ripensato, neppure una volta, alla biondissima Inger.

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