CAPITOLO TERZO

Le due Custodi di Arilinn, la giovane e la vecchia, si fronteggiavano. Callista scrutava Leonie: forse non era mai stata bella, a parte i magnifici occhi, ma aveva i lineamenti sereni, regolari; la sua figura era magra e piatta, asessuata come un emmasca; il volto era pallido e impassibile, come scolpito nel marmo. Callista provò un lieve brivido di orrore pensando che l’abitudine degli anni, la disciplina penetrata fino al midollo delle ossa, stavano trasformando la sua espressione rendendola fredda e remota, distaccata come quella di Leonie. Sembrava che il volto della vecchia Custode rispecchiasse il suo attraverso i molti anni opachi a venire. Tra mezzo secolo sarò esattamente come lei… Ma no! No! Non lo sarò, non lo sarò!

Come tutte le Custodi, aveva appreso a barricare i propri pensieri. Sapeva, grazie a una strana chiaroveggenza, che Leonie si aspettava di vederla crollare e piangere, implorare e supplicare come una ragazza isterica; ma era stata la stessa Leonie a corazzarla, anni addietro, con quella calma gelida, con quell’autodominio assoluto. Lei era una Custode, istruita ad Arilinn; non si sarebbe dimostrata indegna. Posò le mani in grembo e attese, e infine Leonie fu costretta a parlare per prima.

— Un tempo — disse — un uomo che avesse cercato di sedurre una Custode sarebbe stato ucciso fra le torture.

— Quel tempo è passato da molti secoli — replicò Callista, con una voce spassionata quanto quella di Leonie. — E Andrew non ha tentato di sedurmi: mi ha offerto nozze onorevoli.

Leonie scrollò le spalle. — È la stessa cosa — disse. Rimase a lungo in silenzio; il silenzio si protrasse per parecchi minuti, e Callista sentì di nuovo che Leonie cercava di farle perdere l’autodominio, d’indurla a supplicare. Ma Callista attese, immobile, e fu di nuovo Leonie a dover rompere il silenzio.

— È così, dunque, che mantieni il tuo giuramento, Callista di Arilinn?

Per un attimo Callista provò una stretta dolorosa alla gola. Quel titolo veniva usato solo per una Custode, e lei l’aveva acquisito a un prezzo tanto terribile! E Leonie appariva così vecchia, così triste, così stanca!

Leonie è vecchia, si disse. Desidera deporre il suo fardello, affidarlo alle mie mani. Sono stata addestrata così scrupolosamente, fin da quando ero bambina. Leonie ha lavorato e ha atteso con tanta pazienza il giorno in cui avrei potuto prendere il posto che mi preparava. Cosa farà, adesso?

E poi al dolore subentrò la collera: collera contro Leonie, perché puntava sui suoi sentimenti. Rispose con voce calma.

— Per nove anni, Leonie, ho portato il peso del giuramento delle Custodi. Non sono la prima che chiede di deporlo, e non sarò neppure l’ultima.

— Quando io sono stata nominata Custode, era inteso che sarebbe stata una decisione valida per tutta la vita. Ho mantenuto il mio giuramento. Avevo sperato che tu fossi disposta a fare altrettanto.

Callista avrebbe voluto piangere e gridare Non posso, e implorare Leonie. Pensò, con desolato distacco, che sarebbe stato meglio se ci fosse riuscita. Leonie sarebbe stata più propensa a giudicarla inadatta, a lasciarla libera. Ma le era stato insegnato l’orgoglio: aveva lottato per conquistarlo e per armarsene, e adesso non poteva rinunciarvi.

— A me non è mai stato detto che dovevo pronunciare un giuramento a vita. E tu stessa mi hai avvertita che è un peso troppo grande perché sia possibile portarlo senza pieno consenso.

Con pazienza impassibile, Leonie replicò: — È vero. Eppure ti avevo creduta più forte. Bene, allora parlamene. Hai giaciuto col tuo innamorato? — Questa parola aveva un tono di disprezzo: era la stessa che lei aveva usato in precedenza per intendere «promesso sposo», ma questa volta l’inflessione offensiva le dava invece il significato di «amante», e Callista dovette trattenersi e dare fermezza alla propria voce prima di trovare la calma sufficiente per rispondere.

— No. Non sono ancora stata liberata dal mio giuramento, e lui è troppo uomo d’onore per chiedermelo. Io ho chiesto l’autorizzazione di sposarmi, Leonie, non l’assoluzione per un tradimento.

— Davvero? — ribatté Leonie, in tono incredulo, con un’espressione sprezzante sul volto freddo. — Dopo aver deciso d’infrangere il giuramento, mi sorprende che tu abbia atteso la mia risposta!

Questa volta Callista dovette fare appello a tutto l’autodominio per non prorompere in una sdegnata difesa di se stessa e di Andrew… e poi si accorse che Leonie le aveva gettato un’esca, per vedere se aveva perso davvero il comando dei sentimenti meticolosamente disciplinati. Conosceva quel gioco fin dai primi tempi del soggiorno ad Arilinn, e il sollievo di quel ricordo le mise addosso la voglia di ridere. L’ilarità sarebbe stata impensabile quanto le lacrime, in quel confronto solenne; ma c’era divertimento nella sua voce, e sapeva che Leonie se ne rendeva conto mentre lei diceva con tranquilla gaiezza: — Ad Armida c’è una levatrice, Leonie: mandala a chiamare, e chiedile di controllare se sono vergine.

Fu Leonie ad abbassare gli occhi; e infine disse: — Non sarà necessario, figliola. Ma sono venuta qui preparata ad affrontare, se era il caso, la rivelazione che tu eri stata violentata.

— Dai non-umani? No: ho sofferto paura, freddo, prigionia, fame, maltrattamenti, ma lo stupro mi è stato risparmiato.

— Non avrebbe avuto molta importanza, lo sai — disse Leonie, in tono molto gentile. — Naturalmente una Custode, in generale, non deve temere lo stupro. Sai benissimo, come lo so io, che se un uomo mette le mani su una Custode addestrata come te rischia la vita. Tuttavia, lo stupro è possibile. Certe Custodi sono state sopraffatte dalla violenza e all’ultimo momento non hanno osato fare appello alla forza per proteggersi. Perciò è questo che ero venuta a dirti, tra le altre cose: anche se fossi stata violentata veramente, avresti ancora una scelta, figlia mia. Non è l’atto fisico in se stesso a causare la differenza, lo sai. — Callista non lo sapeva, e ne rimase vagamente sbalordii a.

Leonie continuò, spassionatamente: — Se tu fossi stata presa contro la tua volontà, interamente senza il tuo consenso, non ci sarebbe nessuna differenza che non si potesse superare con un breve periodo d’isolamento, per guarirti dalle paure e dalle sofferenze. Ma anche se non si trattasse di stupro, se in seguito avessi giaciuto col tuo salvatore, per gratitudine o generosità, senza un’autentica partecipazione affettiva (come potresti aver fatto), neanche questo sarebbe irrevocabile. Un periodo d’isolamento, di riaddestramento, e tu potresti essere come prima, immutata, indenne, ancora libera di essere Custode. Questo non è di dominio pubblico: lo teniamo segreto, per ovvie ragioni. Ma tu hai ancora una scelta, figliola. Non voglio che tu creda di essere scacciata per sempre dalla Torre a causa di qualcosa che è accaduto indipendentemente dalla tua volontà.

Leonie parlava ancora quietamente, quasi impassibile: ma Callista sapeva che la stava implorando. Replicò, straziata dalla pietà e dalla sofferenza: — No, non è affatto così, Leonie. Ciò che è accaduto tra noi… È molto diverso. L’ho conosciuto e l’ho amato prima ancora di vedere la sua faccia in questo mondo. Ma lui è un uomo d’onore, e non mi chiederebbe mai d’infrangere il giuramento senza autorizzazione.

Leonie alzò gli occhi, e lo sguardo azzurro-acciaio sembrò all’improvviso il bagliore di un lampo.

— Lui è un uomo d’onore — chiese aspramente, — oppure tu hai paura?

Callista provò una fitta al cuore, ma rispose con voce ferma: — Io non ho paura.

— Non per te stessa, forse: lo riconosco! Ma per lui, Callista? Tu puoi ancora ritornare ad Arilinn senza inconvenienti, senza punizioni. Ma se non ritorni… vuoi che il sangue del tuo innamorato ricada sulla tua testa? Non saresti la prima Custode a causare la morte di un uomo!

Callista alzò la testa e schiuse le labbra per protestare, ma Leonie le impose silenzio con un gesto e continuò, implacabile: — Hai potuto toccargli la mano? Almeno questo?

Callista si sentì invadere da un senso di sollievo, un sollievo così grande che era quasi una sofferenza fisica e le toglieva le forze. Con la memoria totale dei telepati, l’immagine nel suo ricordo ritornò, annullando ogni altra cosa…

Andrew l’aveva portata fuori dalla caverna dove giaceva morto il Grande Felino, un cadavere carbonizzato accanto alla matrice infranta che aveva profanato. Andrew l’aveva avvolta nel proprio mantello e l’aveva issata davanti a sé, sul cavallo. Lei sentiva ancora, nel ricordo totale, come si era appoggiata a lui, con la testa sul suo petto, stretta nella curva delle sue braccia, col suo cuore che le batteva contro la guancia. Salva, riscaldata, felice, completamente serena. Per la prima volta da quando era stata nominata Custode, si sentiva libera: lo toccava e lui la toccava, gli stava tra le braccia, contenta. E durante quella lunga cavalcata fino ad Armida era rimasta così, avviluppata nel suo mantello, felice di una felicità che non aveva mai neppure sognato.

Quando l’immagine nella sua mente si comunicò a Leonie, l’espressione di quest’ultima cambiò. Infine lei disse, con la voce più gentile che Callista avesse mai udito: — È così, chiya? Allora, se Avarra avrà misericordia di te, può essere come tu desideri. Non l’avevo creduto possibile.

E Callista provò uno strano senso d’inquietudine. Dopotutto, non era stata completamente sincera con Leonie. Sì, per quei momenti lei era stata accesa d’amore, senza paura, contenta… ma poi la vecchia costrizione nervosa era ritornata a poco a poco, e adesso le era difficile perfino toccare la punta delle dita di Andrew. Ma senza dubbio era solo l’abitudine, l’abitudine degli anni, si disse. Certamente sarebbe andato tutto a posto.

Leonie disse, in tono gentile: — Dunque, figliola: ti renderebbe davvero tanto infelice, separarti dal tuo innamorato?

Callista si accorse che la calma l’aveva abbandonata. Disse (e sentì che la voce le si spezzava e che le lacrime le inondavano gli occhi): — Non vorrei più vivere, Leonie.

— È così… — Leonie la guardò per un lungo istante, con una tristezza terribile e remota. — E lui comprende quanto sarà difficile, figliola?

— Credo… sono sicura che potrò farglielo comprendere. Ha promesso che attenderà per tutto il tempo necessario.

Leonie sospirò. Dopo un momento disse: — Allora, figliola… figliola, non voglio che tu sia infelice. Come ho detto, il giuramento di Custode è troppo pesante per poter essere mantenuto senza pieno consenso. — Lentamente, in un gesto stranamente formale, tese le mani, a palmo in alto, verso Callista; la giovane donna posò le sue su quelle dell’altra, palmo contro palmo. Leonie fece un profondo respiro e disse: — Sei libera dal tuo giuramento, Callista Lanart. Davanti agli dèi e davanti a tutti gli uomini, ti proclamo senza colpa e liberata dal vincolo, e lo sosterrò sempre.

Lentamente, le loro mani si staccarono. Callista tremava. Leonie prese il fazzoletto e le asciugò gli occhi. Disse: — Prego che siate entrambi abbastanza forti, allora. — Parve sul punto di aggiungere qualcosa, ma s’interruppe. — Bene, credo che tuo padre avrà parecchio da dire al riguardo, mia cara, perciò andiamo a sentirlo. — Sorrise e continuò: — E poi, quando si sarà sfogato, gli diremo come stanno le cose, gli piaccia o no. Non aver paura, figliola mia: io non ho paura di Esteban Lanart, e non devi averne neppure tu.


Andrew attendeva nella serra che stava dietro l’edificio principale, ad Armida. Solo, guardava attraverso il robusto vetro ondulato i contorni delle lontane colline. Faceva caldo, lì dentro, e c’era un odore di foglie e di terriccio e di piante. La luce proveniente dai collettori solari lo costrinse a socchiudere gli occhi, fino a quando si fu abituato. Camminava tra le file di piante, bagnate dall’innaffiatura, e si sentiva isolato, infinitamente solo.

Gli capitava, di tanto in tanto. Quasi sempre si sentiva a suo agio, lì; più a suo agio di quanto si fosse mai sentito da quando, a diciotto anni, l’allevamento di cavalli nell’Arizona dove aveva trascorso l’infanzia era stato venduto per i debiti e lui era andato nello spazio come funzionario civile dell’impero, passando da un pianeta all’altro secondo la volontà degli amministratori e degli elaboratori. E lì l’avevano accolto bene, dopo i primi giorni. Quando avevano saputo che s’intendeva di allevamento e di addestramento di cavalli — una cosa rara, su Darkover, e ben retribuita — l’avevano trattato con rispetto, come un professionista specializzato. Si diceva che i cavalli di Armida fossero i migliori dei dominii, ma solitamente gli addestratori venivano importati da Dalereuth, molto lontano nel sud.

E così, in generale, lì era stato felice, nelle settimane trascorse da quando era arrivato, come promesso sposo di Callista. La sua nascita terrestre era nota solo a Damon e a Dom Esteban, a Callista e a Ellemir: gli altri lo credevano semplicemente uno straniero venuto dai bassopiani al di là di Thendara. Incredibilmente, lì aveva trovato una seconda patria. Il sole era enorme, rosso-sangue, e le quattro lune che di notte orbitavano nel cielo biazzarramente violetto avevano strani colori e portavano nomi che lui non conosceva ancora: ma a parte questo, era diventata la sua patria…

La sua patria. Eppure c’erano momenti come quello, momenti in cui sentiva il suo crudele isolamento e sapeva che era soltanto la presenza di Callista a fargliela sentire come una patria. Nella luce meridiana della serra, adesso, stava vivendo uno di quei momenti. Si sentiva solo: perché? Nel mondo che gli era stato insegnato a chiamare suo, il mondo arido e spoglio del comando supremo terrestre, non c’era nulla che lui desiderasse. Ma ci sarebbe stata una vita per lui, lì, dopotutto? Oppure Leonie avrebbe ricondotto Callista al mondo alieno delle Torri?

Dopo molto tempo, si accorse che Damon stava dietro di lui, senza toccarlo — Andrew ci era ormai abituato, fra telepati — ma abbastanza vicino perché lui potesse sentirne la presenza confortante.

— Non preoccuparti così, Andrew. Leonie non è una megera. Vuole bene, a Callista. I legami del cerchio di una Torre sono i più stretti che noi conosciamo. Lei saprà quello che vuole veramente Callista.

— È appunto questo, che mi fa paura — disse Andrew, con la gola arida. — Forse Callista non sa quello che vuole. Forse si è affezionata a me unicamente perché era sola e spaventata. Temo il potere che quella vecchia ha su di lei. Il potere della Torre… Temo che sia troppo forte.

Damon sospirò. — Tuttavia può essere infranto. Io l’ho fatto. È stato difficile, non so dirti quanto… eppure mi sono finalmente costruito un’altra vita. E se tu dovessi perdere Callista in questo modo… meglio adesso che quando sarà troppo tardi per tornare indietro.

— Per me è già troppo tardi — replicò Andrew; e Damon annuì, con un sorriso turbato.

— Non voglio perdere anche te, amico mio — disse; ma pensò: Tu fai parte di questa nuova vita che mi sono costruito con tanta fatica. Tu, e Ellemir, e Callista. Non potrei sopportare un’altra amputazione. Ma non pronunciò quelle parole: si limitò a sospirare, restando accanto a Andrew. Nella serra, il silenzio si protrasse così a lungo che il purpureo sole, scendendo dallo zenit, perse forza, e Damon, con un altro sospiro, andò a regolare i collettori. Andrew gli chiese, di scatto: — Come puoi attendere con tanta calma? Cosa le sta dicendo quella vecchia?

Eppure aveva già imparato che!o spionaggio telepatico era considerato una delle colpe più vergognose in una casta di telepati. Non osava neppure cercare di porsi in contatto con Callista in quel modo. Sfogava la frustrazione camminando avanti e indietro.

— Calma, calma — protestò Damon. — Callista ti ama. Non si lascerà convincere da Leonie.

— Non ne sono più sicuro — ribatté Andrew, disperato. — Non vuole che la tocchi, che la baci…

Damon disse, gentilmente: — Mi pareva di avertelo spiegato: non può. Si tratta di… riflessi. Sono più profondi di quanto tu possa immaginare. L’abitudine di tanti anni non può essere annullata in pochi giorni; eppure posso dirti che si sta sforzando di superare questo… questo condizionamento profondo. Tu sai, vero?, che in una Torre sarebbe impensabile che lei ti prendesse la mano, come le ho visto fare qui, e lasciasse che tu le baciassi la punta delle dita. Hai un’idea della lotta che deve sostenere contro anni di addestramento e di condizionamento?

Suo malgrado, Damon stava ricordando un tempo della sua vita in cui aveva imparato, dolorosamente, a non ricordare: una lotta solitaria — tanto più terribile in quanto non era fisica — per soffocare i sentimenti verso Leonie, per soffocare perfino i pensieri, in modo che lei non intuisse mai ciò che le nascondeva. Non avrebbe mai osato immaginare un lieve contatto delle dita, come Callista aveva concesso a Andrew nel corridoio poco prima di salire da Leonie.

Con sollievo, vide che Ellemir era entrata nella serra. Lei passò tra le file di piante e s’inginocchiò davanti a un tralcio carico. Si rialzò, soddisfatta, e disse: — Se ci sarà un’altra giornata di sole, saranno maturi per le nozze. — Poi il sorriso le si spense quando scorse il volto teso di Damon e l’espressione disperata di Andrew. Si avvicinò in punta di piedi e cinse Damon con le braccia, sentendo che aveva bisogno della sua presenza, del suo contatto. Avrebbe desiderato confortare anche Andrew, quando lui disse, angosciato: — Anche se Leonie darà il consenso, cosa farà suo padre? Lui acconsentirà? Non credo che abbia molta simpatia per me…

— Ha simpatia per te — disse Ellemir. — Ma devi capire che è un uomo orgoglioso. Riteneva che Damon non andasse bene per me, ma io sono abbastanza adulta per fare ciò che voglio. Se mi avesse offerta a Aran Elhalyn, che scalda il trono a Thendara, ugualmente avrebbe pensato che non era degno di me. E per Callista, nessun uomo nato da donna andrebbe bene, neppure se fosse ricco quanto il signore di Carthon o se fosse il bastardo di un dio! E naturalmente, anche di questi tempi, è molto importante avere un figlio ad Arilinn. Callista doveva essere Custode di Arilinn, e per mio padre sarà duro rinunciarvi. — Andrew si sentì stringere il cuore. Ellemir proseguì: — Non preoccuparti! Credo che andrà tutto bene. Guarda, ecco Callista.

La porta in cima alla scala si aprì, e Callista scese nella serra. Tese le mani verso di loro, ciecamente.

— Non devo ritornare ad Arilinn — disse, — e mio padre ha dato il consenso alle nozze…

Poi crollò, singhiozzando. Andrew protese le braccia, ma Callista si scostò da lui e si appoggiò alla pesante vetrata, nascondendo il volto, con le fragili spalle scosse dalla violenza dei singhiozzi.

Dimenticando tutto tranne quella tristezza, Andrew fece per accostarsi; Damon gli toccò il braccio, e fece un cenno di diniego. Depresso, Andrew restò a guardare la donna che singhiozzava, incapace di sopportare la sua infelicità, incapace di rimediare in qualche modo, disperato e impotente.

Ellemir si avvicinò a Callista e la fece voltare, delicatamente. — Tesoro, non appoggiarti a quella vecchia vetrata quando ci siamo noi tre e puoi piangere sulle nostre spalle. — Asciugò le lacrime della gemella con l’orlo del grembiule. — Raccontaci tutto. Leonie è stata tanto terribile, con te?

Callista scrollò il capo, sbattendo le palpebre arrossate. — Oh, no, non avrebbe potuto essere più generosa…

Ellemir disse, scuotendo la testa con aria scettica: — E allora perché piangi come uno spettro che annuncia sventure? Noi stiamo qui ad aspettare, tormentandoci per timore che tu ci venga sottratta e ricondotta alla Torre: e poi, quando arrivi per dirci che è andato tutto bene, e noi stiamo per rallegrarci con te, cominci a piagnucolare come una serva incinta!

— No… — esclamò Callista. — Leonie… Leonie è stata generosa: credo che abbia capito, veramente. Ma nostro padre…

— Povera Callie — disse gentilmente Damon. — Anch’io so bene quanto può essere tagliente la lingua di tuo padre!

Andrew ascoltò quel vezzeggiativo con stupore e con un’acuta gelosia improvvisa. A lui non era mai venuto in mente, e quel grazioso abbreviativo, usato con tanta naturalezza da Damon, gli sembrava un’intimità che metteva in risalto il suo isolamento. Rammentò che Damon, dopotutto, era un amico di famiglia fin da quando Callista era bambina.

Callista alzò gli occhi e disse, calma: — Leonie mi ha liberata dal giuramento, Damon, e senza riserve. — Damon intuiva la lotta angosciosa dietro quella calma controllata, e pensò: Se Andrew la rende infelice, credo che l’ucciderò. Ma disse soltanto: — E con tuo padre, naturalmente, è andata in un modo diverso. È stato terribile, eh?

Per la prima volta, Callista sorrise. — Terribile, sì, ma Leonie è più testarda di lui. Ha detto che non è possibile incatenare una nuvola. E mio padre se l’è presa con me. Oh, Andrew, ha detto cose tremende: che hai abusato della sua ospitalità, che mi hai sedotta…

— Vecchio tiranno! — esclamò indignato Damon. Andrew strinse le labbra, con furia silenziosa. — Se lo crede davvero…

— Adesso non lo crede più — disse Callista, e nei suoi occhi si accese un riflesso della vecchia gaiezza. — Lei gli ha ricordato che io non ho più tredici anni; che quando le porte di Arilinn si sono chiuse per la prima volta dietro di me, lui ha ceduto per sempre il diritto di darmi in matrimonio o di rifiutarmi; che anche se Leonie mi avesse giudicata inadatta e mi avesse rimandata dalla Torre prima che diventassi maggiorenne e venissi dichiarata donna, sarebbe stata lei, non lui, ad avere il diritto di trovarmi marito. E ha aggiunto molte altre verità che mio padre non ha gradito per niente.

— Lode a Evanda che hai ripreso a ridere, tesoro — disse Ellemir. — Ma nostro padre, come ha accolto queste sgradite verità?

— Ecco, non gli sono piaciute, come puoi immaginare — rispose Callista. — Ma alla fine non ha potuto far altro che rassegnarsi. Credo che fosse addirittura contento di poter litigare con Leonie: l’abbiamo assecondato sempre troppo, da quando è stato ferito. Ha cominciato a comportarsi come al solito, e forse anche a sentirsi un po’ più se stesso. Poi, quando si è deciso a rassegnarsi brontolando, Leonie ha cominciato ad accattivarselo: gli ha detto che era fortunato ad avere due generi adulti che potranno dirigere la sua tenuta, in modo che Domenic possa prendere il suo posto in Consiglio, e due figlie che vivranno qui e gli terranno compagnia. Alla fine lui ha detto che Leonie gli aveva fatto capire che io non avevo bisogno di benedizioni per sposarmi, ma che tu dovevi andare a ricevere la sua benedizione.

Andrew era ancora incollerito. — Se quel vecchio tiranno crede che m’importi qualcosa della sua benedizione, o della sua maledizione… — cominciò; ma Damon gli posò la mano sul polso, interrompendolo.

— Andrew, questo significa che ti accoglierà nella sua casa come un figlio, e per il bene di Callista io penso che tu debba accettarlo con buona grazia. Callie ha già perso una famiglia quando ha deciso, per amor tuo, di non tornare ad Arilinn. A meno che tu lo odii tanto da non poter vivere in pace sotto il suo tetto…

— Non lo odio per nulla — replicò Andrew. — Ma posso prendermi cura di mia moglie nel mio mondo. Non voglio entrare in casa sua senza denaro, accettando la sua carità.

Damon disse, senza alzare la voce: — La carità, Andrew, è da parte tua e mia. Forse lui vivrà ancora molti anni, ma non potrà più camminare. Domenic deve prendere il suo posto in Consiglio. Il figlio minore è un ragazzino di undici anni. Se gli porti via Callista, lo lascerai in balia di estranei prezzolati, o di lontani parenti che verranno qui spinti dall’avidità, per vedere quante ossa possono spolpare. Se tu rimani qui e l’aiuti a dirigere la tenuta, e gli dai la compagnia di sua figlia, gli donerai molto più di quanto tu riceva.

Andrew rifletté, e si rese conto che Damon aveva ragione. — Comunque, se Leonie gli ha strappato il consenso contro la sua volontà…

— No, altrimenti non avrebbe offerto la sua benedizione — disse Damon. — Io lo conosco da sempre. Se gli dispiacesse acconsentire, avrebbe detto qualcosa come «prenditela, e che siate maledetti tutti e due». Non è così, Callista?

— Damon ha ragione: mio padre è terribile quando s’infuria, ma non è uomo da serbare rancore.

— Ancora meno di me — disse Damon. — Esteban ha questi scoppi di collera, ma poi tutto si sistema e lui ti riaccetta nel suo cuore con la stessa facilità con cui ti ha scacciato un momento prima. Può darsi che litigherete ancora, anzi ci sono molte probabilità: è un tipo suscettibile e irritabile. Ma non ti scodellerà vecchi rancori come piatti freddi!

Quando Ellemir e Damon se ne furono andati, Andrew guardò Callista e chiese: — È proprio questo ciò che vuoi, amor mio? Io non detesto tuo padre. Ero solo incollerito perché ti aveva fatto piangere. Se vuoi restare qui…

Callista alzò lo sguardo verso di lui: li riafferrò la vicinanza, il vecchio contatto che li aveva uniti prima che s’incontrassero, quel contatto che per lui era ben più vero del timido e impaurito sfioramento concessogli da Callista. — Se tu e mio padre non aveste potuto andare d’accordo, io ti avrei seguito dovunque, su Darkover o nell’impero delle stelle. Ma l’avrei fatto con un’angoscia smisurata. Questa è la mia casa, Andrew. Il mio desiderio più grande è di non andarmene mai più.

Dolcemente, Andrew si portò alle labbra la punta delle sue dita. Disse, con voce tenera: — Allora sarà anche la mia casa, amor mio. Per sempre.


Quando Andrew e Callista seguirono gli altri in casa, trovarono Damon e Ellemir seduti fianco a fianco su una panca, accanto a Dom Esteban. Allorché entrarono, Damon si alzò e s’inginocchiò davanti al vecchio, mormorando qualcosa che Andrew non capì; e il nobile Alton disse, sorridendo:

— Hai dimostrato molte volte di essere un figlio, per me: non mi occorre altro. Ricevi la mia benedizione. — Posò la mano, per un momento, sulla testa di Damon. Il giovane, rialzatosi, si piegò a baciargli la guancia.

Dom Esteban guardò al di sopra della testa di Damon con un sorriso cupo. — Ann’dra, sei troppo orgoglioso per inginocchiarti e ricevere la mia benedizione?

— Non sono troppo orgoglioso, nobile Alton. Se vado contro la tradizione, in questo o in qualunque altra cosa, ti prego di ricordare che è per ignoranza delle consuetudini, non di proposito.

Dom Esteban accennò loro di sedersi accanto a Damon e Ellemir. — Ann’dra — disse, conferendo al nome un’inflessione darkovana, — del tuo popolo non conosco niente che sia veramente male ma conosco poche cose buone. Immagino che siate come tutti gli altri: alcuni buoni, altri cattivi, e in maggioranza né buoni né cattivi. Se tu fossi un malvagio, non credo che mia figlia sarebbe disposta a sposarti, mettendosi contro la tradizione e il buonsenso. Ma non puoi darmi torto se non sono entusiasta di dare la mia figlia prediletta a uno di un altro mondo, anche se ha dimostrato di possedere coraggio e senso dell’onore.

Andrew, che si era seduto sulla panca accanto a Ellemir, le vide contrarre le mani quando Dom Esteban disse che Callista era la sua prediletta. Era una crudeltà, pensò, dirlo in sua presenza. Dopotutto, era stata Ellemir a restare a casa, da figlia devota, per tutti quegli anni. L’indignazione per la mancanza di tatto del vecchio rese più fredda la sua voce.

— Posso dire soltanto, signore, che amo Callista e che cercherò di renderla felice.

— Non credo che sarà felice, fra la tua gente. Hai intenzione di portarla via?

— Se tu non avessi dato il consenso al nostro matrimonio, signore, non avrei avuto altra scelta. — Ma davvero avrebbe potuto condurre nella zona terrestre quella sensitiva, cresciuta fra i telepati, per imprigionarla fra alti palazzi e macchinari, in mezzo a gente che l’avrebbe considerata una curiosità esotica? Il suo laran sarebbe stato giudicato un’assurdità o una ciarlataneria. — Così come stanno le cose, signore, sarò lieto di restare qui. Forse potrò dimostrarti che i terrestri non sono alieni come tu credi.

— Questo lo so già. Mi giudichi un ingrato? So benissimo che se non fosse stato per te, Callista sarebbe morta in quelle caverne e queste terre sarebbero ancora oppresse dalla tenebra maledetta.

— Credo che il merito sia stato di Damon, più che mio — osservò con fermezza Andrew. Il vecchio proruppe in una breve risata ironica.

— Dunque è come nelle favole: è giusto che come ricompensa voi otteniate le mie figlie in spose e metà del mio regno. Io non ho nessun regno da dare, Ann’dra, ma qui avrai un posto di figlio finché vivrai; e se vorrai, dopo di te l’avranno i tuoi figli.

Gli occhi di Callista traboccavano di lacrime. Scivolò dalla panca e s’inginocchiò accanto al padre. Mormorò: — Grazie. — Per un attimo, la mano del vecchio si posò sulle splendide trecce color rame. Chinatosi sopra di lei, Dom Esteban disse: — Bene, Ann’dra, vieni a inginocchiarti per ricevere la mia benedizione. — La voce aspra si era addolcita.

Con un senso di confusione che era per metà imbarazzo e per metà stordimento, Andrew s’inginocchiò accanto a Callista. Alla superficie della sua mente turbinavano pensieri a casaccio: che tutto ciò sarebbe sembrato assurdo agli altri terrestri, che bisognava adattarsi alle usanze locali… Ma a un livello più profondo avvertì un senso di calore umano. Sentì la tozza e callosa mano del vecchio posarsi sulla sua testa; e con la facoltà telepatica rivelatasi da poco tempo e alla quale non si era ancora abituato captò un bizzarro miscuglio di emozioni: tristi presentimenti uniti a una timida simpatia spontanea. Era sicuro che quanto percepiva era ciò che il vecchio provava per lui, e con sorpresa si accorse che non era molto diverso da ciò che provava lui stesso per il nobile Comyn.

Sforzandosi di dare alla voce un tono neutro, sebbene fosse certo che il vecchio poteva leggere ugualmente bene i suoi pensieri, disse: — Ti sono grato, signore. Cercherò di essere un bravo figlio.

Dom Esteban replicò, in tono burbero: — Come puoi vedere, avrò bisogno di due bravi figli. Senti, figliolo, hai intenzione di continuare a chiamarmi signore per il resto delle nostre vite?

— No di certo, parente. — Andrew usò la forma intima della parola, come faceva Damon. Poteva significare «zio», o qualunque altro parente stretto della generazione di un padre. Si alzò, e quando si scostò incontrò lo sguardo del giovane Dezi, silenzioso alle spalle di Esteban, carico di un’intensità collerica… sì, e di qualcosa che lui poteva percepire come risentimento e invidia.

Povero ragazzo, pensò. Io vengo qui da estraneo, e mi trattano come se fossi un membro della famiglia. Lui fa parte della famiglia… e il vecchio lo tratta come un servo o un cane! Non mi sorprende che sia geloso!

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