Quando furono nelle loro stanze, Callista si girò verso Andrew e disse, con veemenza: — Ha ucciso lui Domenic! Non so come ci sia riuscito, ma ne sono sicura!
— Potrebbe averlo fatto in un unico modo — replicò Damon. — E quasi non oso credere che sia tanto forte!
Ellemir chiese: — Potrebbe aver forzato la mente di Cathal, spingendolo a colpire Domenic in un punto vulnerabile? Lui ha il dono degli Alton e può imporre il rapporto telepatico… — Ma sembrava esitante, e Callista scrollò il capo.
— Non poteva, senza uccidere Cathal o senza infliggergli lesioni cerebrali così gravi che le sue stesse condizioni sarebbero state rivelatrici.
Il volto di Damon era impenetrabile. — Dezi ha le facoltà necessarie per compiere il lavoro di una Custode — disse. — L’abbiamo visto tutti, quando gli ho tolto la matrice. Può dominare o modificare la pietra di un altro, adattarla alle proprie risonanze. Credo che quando è rimasto solo con Domenic, ferito ma vivo, non abbia saputo resistere alla tentazione di mettere le mani su un’altra matrice. E quando ha tolto la pietra a Domenic… — Rabbrividì, e Andrew vide che gli tremavano le mani. — Il cuore di Domenic si è fermato per il trauma. Un delitto perfetto, poiché non era presente una Custode e molti non sapevano neppure che Domenic possedesse la matrice. E questo spiegherebbe perché Dezi si tiene barricato contro di me.
La voce di Callista tremava. — Tra i telepati, dovrà restare barricato fino al giorno della sua morte: una sorte spaventosa!
Ellemir esclamò dignitosamente: — Ma meno spaventosa della morte che ha inflitto a Domenic!
— È molto peggio di quanto tu immagini — disse Damon, a bassa voce. — Ora che Dezi conosce il proprio potere, credi che Valdir sia al sicuro? Per quanto tempo Dezi lo risparmierà, adesso che soltanto Valdir sta fra lui e l’eredità di Alton? E quando si sarà assicurato la fiducia di Dom Esteban, quale altro ostacolo gli impedirà di ottenere la signoria del dominio?
Ellemir impallidì e si portò le mani sul ventre, come per proteggere il bambino. — Te l’avevo detto che avresti dovuto ucciderlo — replicò, scoppiando in pianto. Callista la guardò costernata.
— Sarebbe fin troppo semplice: qualche fragile vaso sanguigno che si spezza, e il bambino morirebbe dissanguato prima della nascita.
— No! — gridò Ellemir.
— Perché credi che siamo tanto cauti, quando istruiamo i controllori psi? — chiese Callista. — Le donne, nelle Torri, si guardano bene dal restare incinte durante il periodo del loro lavoro: ma qualche volta succede, naturalmente. E Dezi ha imparato là… Avarra abbia misericordia, sono stata io a istruirlo! E quando s’imparano i punti vulnerabili, quando s’impara a non danneggiare madre e figlio, diventa facile apprendere come colpirli.
— Io lo ritengo capace anche di questo — disse Andrew, intervenendo per la prima volta. — Ma non impiccherei neanche un cane senza avere prove più precise. Ma ci sarà mai il modo di dimostrarlo? — Anche se Dezi aveva ucciso Domenic togliendogli la matrice mentre era svenuto, bastava che gettasse via quel frammento di cristallo spento.
Damon assunse un’aria decisa. — Io credo che sarà la stessa debolezza di Dezi, a smascherarlo. È vero, può essersi liberato della pietra, ma non lo credo disposto a rinunciare a un simile potere. Possibile che abbia resistito alla tentazione di avere di nuovo una matrice? No, se conosco Dezi. E poteva modificare la pietra per usarla lui, e questo significa che c’è ancora un testimone a suo carico. Un testimone muto: ma c’è.
— Magnifico — ribatté sarcastico Andrew. — Allora dobbiamo solo andare da lui e dirgli: fa’ il bravo, consegna la matrice per la quale hai ucciso Domenic.
Damon si portò la mano alla matrice appesa al collo. — Se porta una pietra modificata, gli schermi di Arilinn e delle altre Torri lo riveleranno.
— Magnifico — ripeté Andrew. — Quanto dista Arilinn da qui? Dieci giorni di viaggio o di più?
— È molto più semplice — disse Callista. — Ci sono schermi dei relè anche qui, nella Torre Vecchia di Castel Comyn. In passato, dicono, i tecnici potevano teletrasportarsi da una Torre all’altra per mezzo dei grandi schermi. Questo non avviene più. Ma ci sono anche gli schermi di controllo, sintonizzati su quelli delle altre Torri. Qualunque tecnico può collegarsi e rintracciare tutte le matrici autorizzate di Darkover. — Esitò. — Io non posso farlo: ho rinunciato al giuramento.
Damon si spazientì per quel cavillo. Era una perdita enorme per le Torri e per Callista: ma chiunque fosse la Custode o il tecnico responsabile della Torre Vecchia, lei avrebbe rispettato la proibizione, e non c’era nulla da fare.
— Chi è la Custode della Torre Vecchia, Callista? Non posso credere che la Madre Ashara ci riceverebbe, con una richiesta simile.
— Nessuno, a memoria d’uomo, ha visto Ashara fuori dalla Torre — disse Callista. — Credo che non possa più lasciarla neppure se volesse. È troppo vecchia. Io stessa non l’ho mai vista se non attraverso gli schermi, e credo che non l’abbia mai vista neppure Leonie. Ma a quanto ne so, la sua sotto-Custode era Margwenn Elhalyn: lei ti dirà quello che vuoi sapere.
— Margwenn era controllore psi ad Arilinn, quando c’ero io — disse Damon. — Poi è andata a Hali: non sapevo che fosse venuta qui. — I tecnici, i meccanici, i controllori venivano spostati da una Torre all’altra, a seconda delle necessità. Anche se Margwenn Elhalyn non era una sua vecchia amica, almeno lo conosceva: e questo avrebbe risparmiato lunghe spiegazioni.
Damon non era mai entrato nella Torre Vecchia di Castel Comyn. Margwenn lo ricevette nella camera delle matrici, tra schermi e griglie, e macchinari di cui era stata addirittura dimenticata l’esistenza dopo le epoche del caos. Damon, dimenticando per un istante il motivo della visita, guardò i macchinari con avida curiosità. Perché si era permesso che quella tecnologia, l’antica scienza di Darkover, precipitasse nell’oblio? Neppure ad Arilinn lui aveva imparato a usarli tutti. Certo, i tecnici e i meccanici erano troppo pochi per seguire i relè che assicuravano le comunicazioni e generavano l’energia essenziale per certe tecnologie: ma anche se gli operatori delle matrici, in quei tempi di declino, non erano più disposti a passare la vita chiusi nelle Torri, sicuramente qualcosa si poteva fare anche fuori!
Erano strani pensieri eretici, lì nel centro stesso dell’antica scienza. Quando i loro antenati l’avevano vietato, dovevano aver avuto buone ragioni.
Margwenn Elhalyn era una donna snella e bionda, di età indefinibile sebbene Damon sapesse che era poco più anziana di lui. Aveva la chiusa freddezza e la dignità quasi ieratica di tutte le Custodi. — La Madre Ashara non può riceverti: di questi tempi, la sua mente è spesso altrove. In cosa posso servirti, Damon?
Damon esitò: non se la sentiva di spiegare il motivo della visita e di accusare Dezi senza prove. Margwenn non aveva assistito al Consiglio, sebbene ne avesse il diritto. Molti tecnici si disinteressavano di politica. Una volta anche Damon aveva pensato la stessa cosa! il suo lavoro era al di sopra di quegli intrighi meschini. Adesso non ne era più molto sicuro.
Infine disse: — È sorta una certa confusione sull’ubicazione di alcune matrici nelle mani del clan Alton: sono state assegnate legittimamente, ma non si sa che fine abbiano fatto. Tu conosci Dezi Leynier, che molto tempo fa è stato ammesso ad Arilinn per circa un anno?
— Dezi? — ripeté la donna, senza interesse. — Un bastardo del nobile Alton, vero? Sì, lo ricordo. È stato allontanato perché non si adattava alla disciplina, ho sentito dire. — Si accostò allo schermo di controllo, restando immobile davanti alla superficie vitrea. Dopo un po’, alcune luci cominciarono ad ammiccare, a grande profondità; e Damon, che scrutava il volto di Margwenn senza cercare di seguirne i pensieri, comprese che era collegata con Arilinn. Infine, lei disse: — Evidentemente ha rinunciato alla sua matrice. È nelle mani di una Custode: non è disattivata, ma è a un livello molto basso.
Nelle mani di una Custode. Damon, che aveva abbassato il livello della pietra e l’aveva chiusa in uno scrigno sigillato, fasciato di metallo e impenetrabile, comprese.
Nelle mani di una Custode. Ma qualunque tecnico efficiente poteva svolgere il lavoro di una Custode. Perché doveva essere circondato di tabù, di reverenza superstiziosa? Celando a Margwenn i propri pensieri, disse: — E ora puoi controllare che fine ha fatto la matrice di Domenic Lanart?
— Tenterò. Ma mi risulta che sia morto. La sua matrice, probabilmente, è morta con lui.
— L’avevo pensato anch’io. Ma non gliel’hanno trovata addosso. È possibile che anche quella sia nelle mani di una Custode?
Margwenn scrollò le spalle. — Mi sembra improbabile; anche se, dato che difficilmente Domenic avrebbe usato il laran, suppongo che la Custode potrebbe averla recuperata e modificata per un uso diverso, o per servirsene lei stessa. Però quasi tutte le Custodi preferiscono incominciare con una pietra vergine. Dov’era stato sottoposto all’esame? Ad Arilinn no, sicuramente.
— A Neskaya, credo.
Margwenn inarcò le sopracciglia, accostandosi allo schermo. Non era necessaria la telepatia per seguire i suoi pensieri: A Neskaya sono capaci di tutto. Infine la donna si voltò e disse: — La tua intuizione è esatta: è nelle mani di una Custode, sebbene non sia a Neskaya. Dev’essere stata modificata e assegnata a un altro. Non è morta con Domenic: è pienamente funzionante.
Ecco, pensò Damon con una stretta al cuore. Una minuscola pietra, la prova di un diabolico omicidio a sangue freddo.
Non premeditato, no. C’era quella piccola consolazione. Nessuno al mondo avrebbe potuto prevedere che Cathal avrebbe fatto perdere involontariamente i sensi a Domenic durante un’esercitazione. Ma una tentazione improvvisa… E la matrice di Domenic gli era sopravvissuta, e indicava senza possibilità di errore l’unica persona che poteva avergliela sottratta senza perdere la vita.
Dèi onnipotenti, che spreco! Se Dom Esteban fosse stato capace di vincere l’orgoglio, di ammettere le vergognose circostanze del concepimento di Dezi, se fosse stato disposto a riconoscere quel giovane così dotato, Dezi non si sarebbe mai spinto a tanto.
Damon pensò, con un’empatia straziante, che la tentazione doveva essere stata improvvisa e irresistibile. Per un telepate addestrato, essere privo di matrice era come essere sordo, cieco, mutilato: la vista di Domenic privo di sensi l’aveva spronato a commettere il delitto, l’assassinio del fratello che aveva sostenuto i suoi diritti, che era stato suo amico e suo protettore.
— Damon, cos’hai? — Margwenn lo fissava stupita. — Ti senti male, parente?
Lui si scusò, cortesemente, la ringraziò per l’aiuto, e se ne andò. Margwenn l’avrebbe saputo ben presto. Per gli inferni di Zandru, sarebbe stato impossibile tenerlo nascosto! Presto tutti i Comyn l’avrebbero saputo, e tutti gli abitanti di Thendara! Che scandalo, per gli Alton!
Quando ritornò nell’appartamento, la sua espressione rivelò subito a Ellemir la verità. — Allora è vero. Avarra misericordiosa, cosa succederà a nostro padre? Amava Dezi. E l’amava anche Domenic.
— Vorrei che fosse possibile tenerglielo nascosto — replicò Damon, avvilito. — Ma tu sai perché non posso, Elli.
Callista disse: — Quando nostro padre saprà la verità, ci sarà sicuramente un altro omicidio.
— Lui ama quel ragazzo, l’ha già risparmiato — protestò Andrew.
Callista strinse le labbra. — È vero. Ma quando ero bambina, mio padre aveva un segugio prediletto. L’aveva allevato da cucciolo: di notte dormiva sul suo letto, e gli si sdraiava ai piedi nella Grande Sala. Con gli anni, però, si è incattivito. Ha cominciato a uccidere gli animali da cortile, e una volta ha morso a sangue Dorian. Il coridom ha detto che bisognava ucciderlo; ma sapeva che mio padre era affezionato al cane, e si è offerto di farlo eliminare. Ma mio padre ha replicato: «No, questo è affar mio». È andato alle scuderie, ha chiamato il cane, e quando quello si è avvicinato lui gli ha spezzato il collo con le proprie mani. — Poi tacque, ricordando che suo padre, dopo, aveva pianto: era l’unica volta che lei l’aveva visto piangere, dopo la morte di Coryn.
Ma non si tirava mai indietro, quando doveva fare una cosa.
Damon comprese che Callista aveva ragione. Avrebbe preferito risparmiare quel dolore al suocero: ma Esteban Lanart era il nobile Alton, e aveva diritto di vita e di morte su ogni uomo, donna e bambino del dominio di Alton. Non aveva mai amministrato la giustizia in modo iniquo, ma non si era mai rifiutato di amministrarla.
— Vieni — disse a Andrew. — Dobbiamo dirglielo. — Ma quando Callista si alzò per seguirli, scosse la testa.
— Breda, questa è una cosa da uomini.
Lei impallidì per la collera. — Come osi parlarmi così? Domenic era mio fratello, e anche Dezi lo è. Io sono un’Alton!
— Anch’io — disse Ellemir. — E mio figlio è l’erede, dopo Valdir!
Mentre si giravano verso la porta, Damon si sentì echeggiare incongruamente nella memoria un brano di canzone dal tono dolce e triste insieme. Dopo un attimo rammentò che era la ballata che Callista aveva incominciato a cantare, attirandosi un rimprovero:
Perché hai quel sangue sulla mano destra,
Fratello, dimmi, dimmi…
È questo il sangue dei fratelli miei,
Che sedevano a bere insieme a me.
Ellemir aveva detto la verità, senza saperlo: portava sventura, se una sorella la cantava alla presenza di un fratello. Ma, guardando le due donne, Damon pensò che, come l’eroina della vecchia ballata, la quale aveva condannato al bando il fratricida, non si sarebbero rifiutate di pronunciare la sentenza.
C’erano solo pochi passi per giungere nell’altra parte dell’alloggio, ma a Damon sembrò una strada interminabile, attraverso un abisso d’infelicità. Si presentarono a Dom Esteban, che li guardò sbalordito.
— Cosa significa? Perché avete tutti quell’aria solenne? Callista, cos’hai, chiya? Elli, hai pianto?
— Padre — disse Callista, pallida come una morta, — dov’è Valdir? E Dezi è qui vicino?
— Sono insieme, spero. So che gli serbi rancore, Damon. Ma dopotutto, quel ragazzo ha il diritto dalla sua parte. Avrei dovuto fare anni addietro ciò che mi propongo di fare adesso. Non è abbastanza adulto per diventare reggente del dominio, naturalmente, o tutore di Valdir: è un’idea assurda. Ma quando l’avrò riconosciuto, diventerà ragionevole. E allora sarà un fratello devoto per Valdir, come lo è stato per il mio povero Domenic.
— Padre — disse Ellemir, a voce bassa, — è appunto ciò che temiamo.
Dom Esteban si voltò, incollerito. — Credevo che almeno tu, Ellemir, mostrassi un po’ di comprensione fraterna! — Poi incontrò gli occhi di Damon e di Andrew, fissi su di lui. Li guardò, uno dopo l’altro, con angoscia e irritazione crescenti.
— Come osate! — Poi, impaziente, cercò il contatto, e lesse direttamente ciò che sapevano. Damon sentì la rivelazione affondare nella mente del vecchio in un’immensa ondata di sofferenza. Fu come la morte, un momento accecante di dolore fisico. Colse l’ultimo pensiero del vecchio prima che sprofondasse nell’incoscienza. Il mio cuore, il mio cuore si spezza. Credevo che fosse solo una frase fatta, ma sento che è così. Prontamente Andrew raccolse tra le braccia Dom Esteban, mentre scivolava dalla poltrona a rotelle.
Troppo sconvolto per riflettere con lucidità, l’adagiò sul letto. Damon era ancora paralizzato dal contraccolpo dell’angoscia del nobile Alton.
— Credo che sia morto — disse Andrew, turbato, ma Callista andò a tastargli il polso e ad appoggiargli l’orecchio sul petto. — No, il cuore batte ancora. Presto, Ellemir! Corri a chiamare Ferrika, che è più vicina; ma uno di voi uomini deve scendere nella Sala delle Guardie a cercare mastro Nicol.
Attese, al fianco del padre, rammentando che Ferrika l’aveva avvertita circa le condizioni del cuore del vecchio Alton. Quando la donna arrivò, confermò i suoi timori.
— Il cuore non funziona più come dovrebbe, Callista. — In uno slancio di simpatia, dimenticò il formale «mia signora», ricordando che avevano giocato insieme da bambine. — Ha dovuto sopportare troppi colpi. — Portò gli stimolanti, e quando arrivò mastro Nicol, tra tutti e due riuscirono a farne inghiottire una dose al vecchio.
— Non c’è molto da fare — avvertì l’ufficiale ospitaliero. — Potrebbe morire da un momento all’altro, come potrebbe tirare avanti così fino al solstizio d’estate. Ha avuto un trauma? Con tutto il rispetto, nobile Damon, sarebbe stato necessario proteggerlo da ogni emozione.
Damon avrebbe voluto chiedergli com’era possibile proteggere un telepate dalle cattive notizie. Ma mastro Nicol stava facendo del proprio meglio, e neppure lui avrebbe saputo trovare una soluzione.
— Faremo tutto il possibile, nobile Damon, ma per ora… è una fortuna che ti avesse già scelto come reggente.
Fu come un getto d’acqua gelida. Lui era reggente di Alton, con la tutela e la sovranità del dominio, fino a quando Valdir fosse stato dichiarato adulto.
Reggente. Con potere di vita e di morte.
No, pensò, con un brivido di ripugnanza. Era troppo. Non voleva.
Ma quando guardò il vecchio privo di sensi, comprese che era suo dovere. Di fronte alla prova del tradimento di Dezi, il nobile Alton avrebbe agito senza esitare per proteggere il ragazzo e il nascituro, i suoi eredi. E adesso toccava a lui agire…
Quando Dezi tornò insieme a Valdir, li trovò ad attenderlo.
— Valdir — disse dolcemente Ellemir, — nostro padre sta molto male. Va’ a cercare Ferrika e chiedile notizie. — Con loro grande sollievo il ragazzo corse subito via, e Dezi rimase li con aria di sfida.
— Dunque l’hai spuntata, Damon. Sei reggente di Alton. Ma lo sei davvero? Vorrei proprio saperlo.
Damon ritrovò la voce. — So tutto, Dezi. Non puoi liquidarmi come hai liquidato Domenic. Come reggente di Alton ti ordino di consegnarmi la matrice che gli hai rubato.
Vide la comprensione balenare sul volto di Dezi. Poi, con immenso orrore di Damon, il giovane rise. Damon pensò che non aveva mai udito un suono sconvolgente come quella risata.
— Vieni a prenderla, mezzo uomo — lo sfidò Dezi. — Non ti sarà così facile, questa volta. Non riuscirai a sorprendermi, adesso, neppure con tutto il tuo Nido intorno a te! — Damon rabbrividì di fronte a quell’antica oscenità. — Avanti: ti ho sfidato in Consiglio, e adesso facciamola finita qui! Chi di noi dovrà essere il reggente di Alton? Sei abbastanza forte? Ti chiamano mezzo monaco e mezzo eunuco!
Damon comprese che Dezi aveva scovato quell’insulto nella mente di Lorenz, o forse nella sua. Ritrovò la voce. — Se mi uccidi, ti dimostrerai ancora meno adatto a diventare reggente. Non si tratta soltanto della forza, ma del diritto e della responsabilità.
— Oh, basta con queste chiacchiere! — sbuffò Dezi. — La stessa responsabilità, immagino, che il mio affezionatissimo padre ha dimostrato per me.
Damon avrebbe voluto ribattere che Dom Esteban l’aveva amato al punto che per poco il tradimento di Dezi non aveva ucciso anche lui. Ma non sprecò tempo a parlare: strinse la matrice e si concentrò, colpendo per alterare le risonanze di quella che portava Dezi. Quella che Dezi aveva rubato.
Dezi sentì il contatto, e sferrò un’accecante folgore mentale. Damon cadde in ginocchio, per la violenza del colpo. Dezi aveva il dono degli Alton, la collera che poteva uccidere. Lottando contro il panico, Damon comprese che Dezi era diventato più forte. Come un lupo che ha assaggiato il sangue umano, andava annientato subito perché quella belva feroce non si scatenasse in mezzo ai Comyn…
La stanza incominciò a offuscarsi, mentre fra loro si addensavano turbinando le linee di forza. Damon vacillò, poi sentì l’energia di Andrew che lo sosteneva così come il terrestre lo sorreggeva fisicamente. Dezi risplendeva nella nebbia, scagliava fulmini contro i due uomini. Damon senti il pavimento dissolversi sotto i suoi piedi, si sentì sprofondare.
Callista si mise in mezzo a loro. Sembrava torreggiare su tutti, alta, imperiosa, con la matrice che le sfolgorava sulla gola. Damon vide la pietra nella mano di Dezi brillare come una brace, la sentì bruciare attraverso la tunica e la carne. Dezi lanciò un urlo di rabbia e di dolore, e per un istante Damon vide Callista com’era stata ad Arilinn, avvolta nelle vesti cremisi di Custode. Col pugnaletto, che portava al polso, Callista recise il cinghiolo al collo di Dezi. La matrice cadde sul pavimento, e divampò come una fiamma quando Dezi cercò di afferrarla. Damon sentì, insieme a Dezi, il lampo di sofferenza quando la mano del giovane cominciò a bruciare nella fiamma. La matrice rotolò in un angolo, inutile, morta, annerita.
E Dezi scomparve. Per una frazione di secondo Andrew fissò il punto dov’era svanito, dove l’aria vibrava ancora. Poi nelle loro menti echeggiò un terribile urlo di disperazione e di rabbia. E allora videro, come se fossero stati presenti fisicamente in quella stanza ad Armida.
Quando Callista aveva distrutto la matrice rubata di Domenic, Dezi non aveva sopportato l’idea di restarne privo. Con le sue ultime forze si era teletrasportato attraverso il sopramondo, per materializzarsi nel luogo dove Damon aveva riposto la propria: una reazione di panico, irrazionale. Un attimo di riflessione gli avrebbe ricordato che era chiusa al sicuro, in una cassaforte metallica. Due oggetti solidi non potevano occupare lo stesso spazio nello stesso tempo, almeno nell’universo concreto. E Dezi — tutti lo videro, e rabbrividirono per l’orrore — si era materializzato per metà all’interno e per metà all’esterno della cassaforte contenente la matrice. E prima ancora che il disperato urlo di morte si spegnesse, avevano udito tutti l’eco nella mente di Damon. Dezi giaceva sul pavimento della stanza del tesoro di Armida, morto e orribilmente sfigurato. Nonostante l’orrore, Damon provò un fuggevole senso di pietà per coloro che avrebbero dovuto occuparsi di quel cadavere sfracellato, spaventosamente materializzato per metà all’esterno e per metà all’interno della cassaforte chiusa, che gli aveva spaccato il cranio come un frutto marcio.
Ellemir si era accasciata a terra, e gemeva per l’orrore. Il primo pensiero di Andrew fu per lei. Le corse accanto e l’abbracciò, cercando di trasfonderle la propria energia, come l’aveva trasfusa in Damon. Lentamente Damon si rialzò, con lo sguardo perso nel vuoto. Callista fissava la propria matrice, inorridita.
— Adesso sono davvero una spergiura… — mormorò. — Avevo reso il mio giuramento… e l’ho usato per uccidere… — Cominciò a urlare, disperatamente, percuotendosi con i pugni, graffiandosi il volto. Andrew spinse delicatamente Ellemir su una poltrona e corse da lei. Cercò di afferrarle le braccia. Ci fu una pioggia di scintille azzurre, e lui finì, stordito, contro il muro di fronte. Callista lo guardò con gli occhi sbarrati, quasi folli per l’orrore, poi urlò di nuovo e si graffiò le guance. Il sangue scorse in una sottile linea scarlatta.
Damon scattò. Le afferrò i polsi con una mano, la tenne immobile mentre lei urlava, e con la mano libera la schiaffeggiò, con violenza. Le urla si spensero in un singulto. Callista si accasciò, e Damon la sostenne facendole appoggiare la testa contro la sua spalla.
Callista cominciò a singhiozzare. — Avevo reso il mio giuramento — mormorò. — Non ho saputo trattenermi… Ho agito contro di lui da Custode, Damon. Sono ancora Custode nonostante il mio giuramento… il mio giuramento!
— All’inferno il tuo giuramento! — esclamò Damon, scuotendola. — Callista! Finiscila! Non capisci che hai salvato la vita a noi tutti?
Lei smise di piangere; ma il suo volto, sfigurato dal sangue e dalle lacrime, era una maschera di orrore. — Sono una spergiura. Una spergiura.
— Siamo tutti spergiuri — disse Damon. — Ormai è troppo tardi! Dannazione, Callie, riprenditi! Devo controllare se quel bastardo è riuscito a uccidere anche tuo padre. Ellemir… — Il respiro gli si mozzò in gola. Rassegnata, Callista accorse al fianco di Ellemir che giaceva immobile sulla poltrona.
Dopo un momento alzò la testa. — Non credo che il bambino abbia sofferto. Damon, va’ a vedere come sta nostro padre.
Damon si avviò verso le altre stanze. Ma sapeva, senza bisogno di muoversi, che Dom Esteban, così vicino alla morte, era stato protetto dalle sue stesse condizioni. Gli era stato risparmiato di assistere a quella battaglia mortale. Lui, però, aveva bisogno di un momento di solitudine per adattarsi a quella nuova consapevolezza.
Senza pensare, aveva agito contro una Custode, un’Alton: aveva agito automaticamente, per scuoterla, per strapparla all’isterismo, perché si assumesse la piena responsabilità.
Sono io che sono Custode di noi quattro. Qualunque cosa facciamo, la responsabilità è mia.
Tra non molto, lo sapeva, sarebbe stato chiamato a rendere conto di ciò che aveva fatto. Ogni telepate, da Dalereuth agli Heller, doveva aver assistito a quella morte.
E li aveva già avvertiti di quello che stava accadendo tra loro quattro, quando insieme a Andrew e a Dezi aveva costruito quella struttura nel sopramondo, per guarire gli uomini colpiti da congelamento. L’angoscia lo riassalì, per quel ragazzo morto così tragicamente. Aldones, Signore della Luce… Dezi, Dezi, che spreco, che orribile spreco di tutti i suoi doni…
Ma poi l’angoscia lasciò il posto alla consapevolezza di ciò che aveva fatto e di ciò che era diventato.
Esiliato da Arilinn, aveva costruito la propria Torre. E Varzil l’aveva salutato come tenerézu. Era Custode, Custode di una Torre proibita.