CAPITOLO VENTIDUESIMO

Quando ritornarono nell’appartamento degli Alton, per prima cosa Damon prese uno smorzatore telepatico e isolò la stanza di Dom Esteban. Spiegò a Ferrika ciò che stava facendo.

— Al levar del sole potrebbe esserci una… una perturbazione telepatica — l’avvertì, pensando quanto erano ridicolmente inadeguate quelle parole. — Così lui non si sveglierà e non vi verrà coinvolto: è troppo debole, per queste cose. Lo lascio alle tue cure, Ferrika: mi fido di te.

Avrebbe desiderato isolare anche Ellemir e il bambino dietro una barriera protettiva. Glielo disse, quando ritornò nelle stanze che dividevano con Callista e Andrew, e lei fece un lieve sorriso.

— Non sei migliore delle dame del Consiglio dei Comyn, marito mio, se credi che io vada protetta perché sono una donna e per di più incinta. Non capisci? Io so che dobbiamo batterci tutti insieme, per il diritto di vivere insieme e di dare ai nostri figli una vita migliore di quella che possono avere tanti figli e tante figlie dei Comyn. Credi che voglia vedere lui — continuò, posandosi la mano sul ventre in un gesto espressivo, — costretto ad affrontare la rovinosa scelta che avete dovuto compiere tu o Callista o Leonie? Credi che non sia disposta a battermi come te?

Damon la strinse a sé: sentiva che l’intuizione di lei era più esatta della sua. — Tesoro, gli dèi non vogliano che sia io a negarti questo diritto.

Ma quando raggiunsero Callista e Andrew, comprese che la posta della battaglia imminente era qualcosa di più della vita e della morte. Se perdevano — e sopravvivevano — sarebbero stati peggio che morti.

— Verrà combattuta nel sopramondo — annunciò, — come l’ultima battaglia col Grande Felino. Dobbiamo essere tutti molto sicuri di noi stessi, perché solo i nostri pensieri possono sconfiggerci.

Ellemir ordinò la cena: mangiarono insieme, fingendo che fosse una festa e dimenticando che cercavano di acquistare le forze per un’ordalia. Callista era pallida, ma Damon notò con sollievo che mangiava di buon appetito.

Erano in due ad avere la preparazione e la forza dei Custodi. Ma poi gli venne un pensiero inquietante. Se perdevano sarebbe stato lo stesso; ma se vincevano sarebbe rimasta aperta una questione.

— Se vinceremo — disse, — io avrò conquistato il diritto di operare come voglio col cerchio da me scelto, e Ellemir in quanto mia moglie e Andrew in quanto mio vassallo giurato saranno sottratti all’interferenza del Consiglio. Ma tu, Callista, sei molto vicina all’eredità Comyn: più vicino di te ci sono soltanto due bambini, e uno deve ancora nascere. Il Consiglio sosterrà che è mio dovere, quale reggente di Alton, sposarti a un consorte adatto, uno di sangue Comyn. Una donna della tua età, a meno che lavori in una Torre, solitamente è sposata.

— Io lo sono — ribatté Callista.

Breda, il tuo matrimonio non verrà considerato valido, se qualcuno lo contesterà. E credi davvero che il Consiglio non lo contesterà? Il vecchio Dom Gabriel di Ardais mi ha già proposto di darti in moglie a suo figlio Kyril…

— Kyril Ardais? — Callista dilatò le narici per lo sdegno. — Preferirei sposare un bandito degli Heller! Non parlo più con lui da quando era un bulletto e c’intimidiva tutti alle feste dei bambini, ma non credo che crescendo sia migliorato.

— Tuttavia è un matrimonio che il Consiglio approverebbe. Oppure potrebbero ricordarsi del vecchio desiderio di tuo padre e darti in moglie a Cathal, come lui intendeva dargli Ellemir. Ma di sicuro ti costringeranno a sposarti. Conosci la legge sul libero matrimonio come la conosco io.

E infatti lei la conosceva. Il libero matrimonio diventava legale solo quando veniva consumato, e se non c’erano figli poteva essere annullato con un atto del Consiglio.

— Per la misericordia di Avarra — disse Callista, girando lo sguardo sugli altri, — questo è peggio che essere messa a letto alla presenza di mezzo dominio di Alton… E io credevo che quello fosse imbarazzante!

Rise, ma non era una risata divertita. Ellemir disse, con dolcezza: — Perché credi che una donna venga messa a letto pubblicamente? Perché tutti possano vedere e sapere che il matrimonio è una realtà legale. Ma nel tuo caso è stato messo in questione. Senza dubbio Dezi avrà chiacchierato chissà quanto, possa essere dannato!

— Non dubito che ormai lo sarà — commentò Damon. — Ma il male è fatto.

— Vuoi dire — chiese Andrew, posando la mano su quella di Callista e notando con timore che lei la ritraeva, col solito gesto automatico, — che la provocazione di Dezi era vera? Il nostro matrimonio non è legalmente valido?

Damon annuì, riluttante. — Finché era vivo Domenic e Dom Esteban stava bene, nessuno avrebbe sindacato quello che facevano le sue figlie, lontano, fra le Colline di Kilghard. Ma la situazione è cambiata. Il dominio è nelle mani di un bambino e di un vecchio morente. Anche se Callista fosse ancora Custode, legalmente non potrebbero costringerla a sposarsi ma ricorrerebbero a tutti i metodi di persuasione, esclusa la forza. E poiché ha già restituito il giuramento, e ha rifiutato pubblicamente di ritornare ad Arilinn, il suo matrimonio riguarda il Consiglio.

— E io non ho più diritti, in questa faccenda, di un cavallo condotto al mercato? — chiese Callista.

— Callie, non sono stato io a promulgare le leggi — disse dolcemente Damon. — Ne abrogherò alcune, se potrò, ma non posso farlo da un giorno all’altro. La legge è quella che è.

— Il padre di Callista ha acconsentito a darla in sposa a me — disse Andrew. — Questa decisione non ha valore legale?

— Ma Dom Esteban è moribondo, Andrew. Potrebbe spegnersi stanotte, e io sono soltanto reggente di Alton sotto l’autorità del Consiglio, nient’altro. — Damon era profondamente turbato. — Solo se potessimo presentarci al Consiglio con un matrimonio valido ai sensi della legge di Valeron…

— Che roba è? — chiese Andrew, e Callista rispose, con voce atona: — Una donna del dominio di Aillar, delle pianure di Valeron, aveva ottenuto dal Consiglio una decisione che da allora ha valore di precedente. Che il matrimonio sia libero o no, nessuna donna può venire separata contro il suo consenso dal padre di suo figlio. Damon intende dire che se tu mi portassi a letto, e magari mi mettessi subito incinta, avremmo la possibilità di contestare il Consiglio. — Fece una smorfia. — Io non voglio ancora un figlio… e meno ancora lo voglio per comando del Consiglio, come una fattrice condotta allo stallone… Ma sempre meglio che dover sposare uno scelto dal Consiglio per ragioni politiche e mettere al mondo i figli suoi. — Guardò disperata prima Damon e poi Andrew, e concluse: — Ma sapete che è impossibile.

Senza alzare la voce, Damon disse: — No, Callista. Il tuo matrimonio, come sai bene, risulterà valido se domani potrai presentarti al Consiglio e giurare che è stato consumato.

Lei lanciò un grido atterrito. — Vuoi che lo uccida, questa volta? — E si nascose la faccia tra le mani.

Damon le si accostò e la fece girare gentilmente perché lo guardasse. — C’è un altro modo, Callista. No, guarda me. Io e Andrew siamo bredin. E io sono più forte di te. Tu potresti scagliarmi addosso tutta l’energia che hai scagliato contro Andrew, e anche di più, e non mi faresti il minimo male.

Callista distolse il volto, singhiozzando. — Se proprio devo. Se proprio devo. Ma… Oh, Avarra misericordiosa, volevo che avvenisse per amore, quando fossi stata pronta, non in una battaglia a morte.

Ci fu un lungo silenzio, rotto solo dal pianto soffocato di Callista. Quel suono straziava il cuore a Andrew, ma lui sapeva che doveva fidarsi di Damon: avrebbe trovato una via d’uscita. Infine Damon disse: — C’è solo un modo, Callista. Varzil mi ha detto che la soluzione stava nel liberare la tua mente dall’impronta lasciata nel tuo corpo dagli anni vissuti come Custode. Io posso liberare la tua mente: e anche il tuo corpo si libererà, com’è avvenuto alla fioritura invernale.

— Mi avevi detto che era stata un’illusione… — balbettò Callista.

— Mi sbagliavo — replicò pacatamente Damon. — Fino a poco tempo fa non avevo collegato tutti i fattori. Vorrei, per il tuo bene, che tu e Andrew aveste potuto fidarvi dei vostri istinti. Ma adesso… Ho un mazzo di fiori di kireseth, Callista.

Lei si portò le mani alla bocca in uno scatto di apprensione, di terrore e di comprensione. — È tabù! È proibito, a chi è stato addestrato in una Torre!

— Ma la nostra Torre — disse Damon, in tono gentile, — non è soggetta alle leggi di Arilinn, breda, e io non sono Custode secondo quelle leggi. Perché credi che sia diventato tabù, Callista? Perché, sotto l’effetto del kireseth, come hai visto, neppure una Custode può conservare la sua immunità alla passione, al desiderio umano. È un catalizzatore telepatico: ma è anche molto di più. Dopo l’addestramento cui sono sottoposte le Custodi nelle Torri, è impensabile, spaventoso, ammettere che non c’è ragione perché una Custode si conservi casta se non temporaneamente, per il lavoro più arduo. Non è necessaria una vita di solitudine e d’isolamento. Le Torri impongono leggi crudeli e superflue alle loro Custodi fin dalle epoche del caos, quando è andato perduto il rituale della Fine dell’Anno. Credo che allora avvenisse al tempo del solstizio d’estate. In occasione della nostra festa, in tutti i dominii, alle donne vengono offerti fiori e frutti in ricordo del dono di Cassilda a Hastur: ma come viene sempre raffigurata, la Signora dei dominii? Con la campanula d’oro del kireseth in mano. Questo era l’antico rito, perché una donna potesse operare come Custode nei cerchi delle matrici, con i canali liberi, e poi ritornare alla femminilità normale quando lo desiderava.

Le prese le mani. Callista cercò automaticamente di liberarle, ma Damon le tenne strette. — Callista, hai il coraggio di voltare le spalle ad Arilinn e di esplorare insieme a noi una tradizione che ti permetterà di essere nello stesso tempo donna e Custode?

Si accorse di aver colpito nel segno, facendo appello al suo coraggio. Insieme, l’avevano messo alla prova fino al limite estremo. Callista piegò la testa in segno di consenso. Quando Damon portò i fiori di kireseth avvolti in un telo, lei esitò, reggendo il mazzo tra le mani. — Ho infranto tutte le leggi di Arilinn, tranne questa. Ora sono veramente fuoricasta — disse, sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime.

Damon replicò: — Ci hanno chiamati rinnegati. Non ti chiederò di fare qualcosa che non sia disposto a fare prima di te.

Le prese il mazzo dalla mano, lo sciolse dal telo e se l’accostò alla faccia, aspirando intensamente quel profumo che dava le vertigini. La paura lo invase (il tabù, la proibizione), ma ricordò le parole di Varzil: «Per questo abbiamo istituito il vecchio rito sacramentale della Fine dell’Anno… Tu sei il suo Custode: la responsabilità è tua».

Callista era pallida e tremante: ma prese il kireseth dalle mani di Damon, e aspirò. Damon, intanto, pensava al cerchio di Arilinn, che li avrebbe attaccati al levar del sole. Stava commettendo un tragico errore?

Durante gli anni che aveva trascorso alla Torre, quando si prospettava un lavoro importante era vietato ogni genere di tensione, e soprattutto il rapporto sessuale. Loro avrebbero trascorso la notte in solitaria concentrazione, preparandosi alla battaglia che li attendeva.

Ma Damon non seguiva quelle direttrici. Sapeva che non poteva sconfiggere Arilinn facendo ciò che facevano gli altri. La sua Torre stava creando qualcosa d’interamente nuovo, costruito sul loro quadruplice rapporto. Era giusto che trascorressero la notte completando il legame, aiutando Callista a farne parte, a condividerlo pienamente.

Andrew prese i fiori dalle mani di Callista. Quando ne aspirò l’aroma — arido, polveroso, ma ancora carico del ricordo del prato di corolle dorate sotto la luce cremisi del sole — gli parve di vedere Callista che attraversava di nuovo il campo fiorito: e quel ricordo lo stordì, lo accese di desiderio. Quando Ellemir prese a sua volta il mazzo, lui provò l’impulso di protestare: non era pericoloso, per lei, nelle sue condizioni? Ma Ellemir aveva il diritto di scegliere. E avrebbe partecipato a tutto ciò che portava loro quella notte.

Damon provò un senso di espansione della coscienza, di sensibilità intensificata. La matrice, sulla sua gola, sembrava pulsare come una cosa viva. La strinse nella mano e gli parve che gli parlasse, e per un momento si chiese se le matrici erano, dopotutto, forme di vita aliene, in simbiosi con l’umanità, capaci di percepire il tempo su un ritmo fantasticamente diverso.

Poi gli sembrò di precipitare com’era avvenuto durante la Ricerca nel Tempo e di vivere, in una bizzarra chiaroveggenza, ciò che aveva appreso della storia delle Torri, ad Arilinn e a Nevarsin. Dopo le epoche del caos — secoli di decadenza, di corruzione, e di conflitti che avevano decimato i dominii e si erano scatenati su mezzo mondo — le Torri erano state ricostruite ed era stato concluso il Patto, che vietava tutte le armi eccettuate quelle che potevano colpire entro la portata delle mani di chi le impugnava e che comportavano per chi intendeva uccidere un’uguale possibilità di essere ucciso. L’attività con le matrici era stata limitata alle Torri e a coloro che avevano nelle vene sangue Comyn e avevano giurato fedeltà alle Torri e alle Custodi. Le Custodi, votate alla castità e sciolte dal vincolo di devozione alle rispettive famiglie, non dovevano avere interessi politici o dinastici nel governo dei dominii. L’addestramento degli operatori delle Torri era basato su saldi principi etici e sulla rottura di tutti gli altri legami, creando forza e integrità in un mondo corrotto e devastato.

E le Custodi giuravano di proteggere i dominii e d’impedire ulteriori abusi delle matrici. Prive di potere politico, avevano assunto tuttavia un’immane potenza personale e carismatica: sacerdotesse e maghe con un enorme ascendente spirituale e religioso, dominavano tutti gli operatori delle matrici di Darkover.

Ma questo era diventato a sua volta un abuso?

Damon aveva la sensazione di essere in contatto telepatico, attraverso i secoli, col suo lontano antenato Varzil… Oppure era solo un vago ricordo razziale? In quale epoca le Torri avevano abbandonato il rito della Fine dell’Anno, che le manteneva in contatto con l’umanità? Il rito aveva permesso a una Custode, casta per le dure necessità del suo lavoro incredibilmente difficile e pesante (e in quei giorni, al culmine del fiorire delle Torri, ancora più massacrante), di diventare periodicamente conscia della sua umanità, di dividere gli istinti e i desideri degli altri, uomini e donne.

Quando l’avevano abbandonato? E soprattutto, perché l’avevano abbandonato? Durante le epoche del caos era diventato una specie di orgia? Comunque era scomparso, e insieme era scomparsa la conoscenza del modo di liberare i canali per l’attività psi a livello altissimo. Perciò le Custodi, non più castrate, erano state costrette ad affidarsi a un addestramento sostanzialmente disumano, e il potere era nelle mani delle donne capaci d’isolarsi completamente dagli istinti e dai desideri.

A Damon, mentre attraversava gli anni, sembrava di sentire in sé tutte le sofferenze di quegli uomini e di quelle donne, alienati, disperati, incapaci di distaccarsi completamente dal destino umano. E coloro che ci riuscivano dovevano adottare principi impossìbili, un addestramento di rigore inumano, l’alienazione totale perfino nei confronti dei loro cerchi. Ma quale altra possibilità avevano?

Ma adesso avrebbero riscoperto ciò che poteva fare l’antico rito…

Damon non guardava Callista ma sentiva la sua gelida compostezza dissolversi, sentiva attenuarsi la rigidità fisica e la tensione defluire da lei come acqua corrente. Si era lasciata cadere su una sedia. Damon si voltò e la vide sorridere, stiracchiarsi come un gatto, tendere le braccia a Andrew. Andrew si avvicinò e s’inginocchiò accanto a lei, e Damon rimase a osservare, pensando con rimpianto a una deliziosa bambina, nella Torre, che giorno per giorno perdeva la sua squisita spontaneità e lentamente sprofondava in un silenzio teso e pudibondo. Adesso, con una stretta al cuore, rivedeva quella bambina nel dolce sorriso che Callista rivolgeva a Andrew. Andrew la baciò esitando, poi con passione crescente. Quando il quadruplice legame incominciò a intessersi fra loro, tutti parteciparono per un momento a quel bacio. Ma Andrew, con le inibizioni infrante dal kireseth. si mosse un po’ troppo in fretta. Le sue braccia cinsero Callista, stringendola con forza, e la crescente avidità dei suoi baci la spaventò. In preda a un panico improvviso, lei si svincolò, respingendolo con tutta la forza delle braccia e spalancando gli occhi per la paura,

Damon captò la duplice trama di quella paura: in parte, lei temeva che si ripetesse quanto era già accaduto, che il riflesso incontrollabile colpisse Andrew, lo ferisse, lo uccidesse; in parte, temeva l’eccitazione sconosciuta che si accendeva in lei. Guardò Andrew con un’espressione di terrore, poi fissò Damon con un’aria stordita e spaventata che lo sconcertò.

I pensieri di Ellemir si insinuarono nel collegamento telepatico. Hai dimenticato quanto è giovane?

Andrew la fissò senza capire. Dopotutto Callista era la gemella di Ellemir!

Sì, e dopo tanti anni trascorsi come Custode, sotto certi aspetti è più anziana: ma tutto questo, ormai, è svanito dalla sua memoria. In sostanza è ancora la ragazzina di tredici anni che si era recata alla Torre. Per lei, il sesso è ancora un ricordo di terrore e di sofferenza, il ricordo di come ha rischiato di ucciderti. Non ha nulla di bello da ricordare se non qualche bacio tra i fiori. Lasciala per un po’ a me, Andrew.

Riluttante, Andrew si scostò da Callista, e Ellemir cinse con un braccio le spalle tremanti della gemella. Non avevano bisogno di parlare, in quel momento.

Vieni con me tesoro, non soffriranno troppo ad aspettare che tu sia pronta. La condusse nell’altra stanza, dicendole: Questa è la tua vera notte nuziale, Callista, e non ci saranno battute e scherzi grossolani.

Docile come una bambina (e a Ellemir sembrava quasi una bambina, veramente), Callista lasciò che!a sorella la spogliasse, le togliesse i cosmetici con cui aveva nascosto i segni dei graffi, le spazzolasse sulle spalle i lunghi capelli, le infilasse una camicia da notte, il contatto mentale schiudeva le due donne una all’altra: anche la guardia di Ellemir cedeva sotto la crescente influenza del kireseth. Sentì il flusso dei ricordi che la sua gemella non aveva potuto condividere quando avevano tentato, la notte prima delle nozze, di scambiarsi confidenze esitanti.

Ellemir sentì e provò, insieme a Callista, il condizionamento ai rifiuto, la dura disciplina che vietava anche il contatto casuale di un’altra mano umana. Con orrore schiacciante, guardò le piccole cicatrici rimarginate sui polsi e sulle mani di Callista, inondata dall’angoscia fisica ed emotiva di quei primi terribili anni alla Torre. E Damon aveva avuto una parte in tutto questo! Per un momento condivise il tormentoso risentimento di Callista, la rabbia che non trovava mai sfogo o espressione, riversata in una tensione e in una forza che trovavano una via d’uscita solo nell’energia concentrata degli schermi e dei relè della matrice.

Rivisse insieme a Callista il lento e inesorabile smorzarsi delle reazioni fisiche normali, l’attutirsi dei riflessi, l’indurimento delle tensioni della mente e del corpo in una rigida armatura. Callista, al terzo anno di soggiorno ad Arilinn, non si era più sentita sola, non aveva più desiderato contatti umani o nutrimento emotivo.

Era una Custode.

Era un miracolo, pensò Ellemir, che le fosse rimasto un po’ di compassione umana, un po’ di autentico sentimento. Ancora qualche anno e sarebbe stato troppo tardi: neppure il kireseth avrebbe potuto dissolvere l’impenetrabile armatura degli anni, l’impressione di una simile tensione incisa nella mente.

Ma il kireseth le aveva dissolto quello schema, lasciandola trasformata in una bambina impaurita. La sua mente era libera, e il suo corpo non era più prigioniero degli inesorabili riflessi dell’addestramento: ma erano scomparse anche l’accettazione e la maturità intellettuale con cui Callista aveva nascosto l’inesperienza, e adesso era solo una ragazzina spaventata. Sostanzialmente, pensò Ellemir con profonda compassione, Callista era più giovane di quanto lo era lei stessa quando si era presa il primo amante.

Dopo essersi liberata in quel modo, Callista avrebbe dovuto disporre di un anno o due per diventare adulta normalmente, per raggiungere prima la coscienza emotiva e poi quella fisica dell’amore. Ma non ne aveva il tempo. Aveva soltanto quella notte per varcare un abisso di molti anni.

Con angosciosa empatia, cullando tra le braccia la bambina tremante, Ellemir si augurò di poter trasmettere a Callista qualcosa della propria accettazione. A Callista non mancava il coraggio: non poteva mancare a chi era riuscito a sopportare quel genere di addestramento. Si sarebbe fatta forza, avrebbe compiuto la consumazione delle nozze, per poter affrontare il Consiglio, l’indomani, e giurare che il matrimonio era valido; ma, temeva Ellemir, sarebbe stata un’ordalia, una prova di coraggio, e non la gioia che avrebbe dovuto essere.

Era una crudeltà, pensò. Stavano chiedendo a una bambina di acconsentire allo stupro… perché in sostanza non sarebbe stato altro!

Non sarebbe stata la prima. Tante donne dei Comyn si sposavano, quasi bambine, con uomini che conoscevano appena e che non amavano. Callista era coraggiosa, e non si sarebbe ribellata. E amava veramente Andrew. Eppure, pensò Ellemir, sarebbe stata per lei una triste notte di nozze, povera piccola.

Il tempo era il fattore indispensabile, ed era l’unica cosa che Ellemir non poteva darle.

Sentì nella mente l’incerto contatto di Callista, una richiesta di rassicurazione, e all’improvviso si rese conto che c’era un modo per condividere la propria esperienza con la gemella. Entrambe erano telepati. Ellemir aveva sempre avuto dubbi circa il proprio laran, ma sotto l’effetto del kireseth anche lei stava scoprendo un potenziale nuovo.

Fiduciosamente, stringendo tra le proprie le mani di Callista, lasciò che la mente ritornasse a quando lei aveva quindici anni: la gravidanza di Dorian, la crescente intimità col suo giovane marito, l’accordo tra le due sorelle perché Ellemir prendesse il posto di Dorian nel letto di lui. Ellemir aveva avuto un po’ di paura, ma non dell’esperienza in sé: aveva temuto che Mikhail la giudicasse ignorante e infantile, troppo giovane, troppo inesperta, inadatta a sostituire Dorian. Quando Mikahil era andato da lei per la prima volta (di questo non si ricordava più da anni), si era sentita paralizzata dalla paura, quasi com’era adesso Callista. Lui l’avrebbe considerata goffa e brutta?

Eppure, dopotutto, com’era stato facile e semplice e piacevole, e quanto le era parsa sciocca la sua apprensione. Quando era nata la creatura di Dorian e tutto era finito, lei l’aveva rimpianto.

Lentamente avanzò nel tempo, fondendo la propria consapevolezza con quella di Callista, condividendo l’intensificarsi del proprio amore per Damon. La prima volta che avevano ballato insieme a Thendara, alla Festa del solstizio d’estate, le era parso troppo anziano per lei: era solo uno degli ufficiali di suo padre, silenzioso, chiuso, che si mostrava cortese con la cugina per pura educazione, nulla più. Solo quando Callista era caduta prigioniera degli uomini-felini, e lei l’aveva mandato a chiamare, spinta dal panico, si era accorta che Damon era qualcosa di più di un parente premuroso, l’amico di suo fratello maggiore morto da tanto tempo. E poi aveva compreso cosa significava per lei. Divise con Callista, come non avrebbe mai potuto fare a parole, la crescente frustrazione dell’attesa, l’insoddisfazione per i baci e i casti abbracci, l’estasi del primo accoppiamento. Se l’avessi saputo allora, Callie, come condividere tutto questo con te!

Rivisse, con gioia frammista al ricordo del timore, le sensazioni di quando aveva incominciato a sospettare di essere incinta: la felicità, la paura e il malessere, il tumulto del suo corpo che era diventato all’improvviso ostile ed estraneo, ma soprattutto la goia. Sentì se stessa singhiozzare di nuovo, irrefrenabilmente, rivivendo il giorno in cui quel fragile legame si era spezzato e la figlia di Damon era morta prima di nascere. E poi, con maggior esitazione (Puoi accettarlo? Ti offende?), rivisse la consapevolezza del bisogno di Andrew, il momento in cui l’aveva accolto nel proprio letto, temendo per qualche istante che questo attenuasse il legame con Damon; e poi la gioia di scoprire che lo rinsaldava perché adesso era una scelta e non solo una consuetudine, perché il vincolo con Damon era diventato ancora più profondo quando lei aveva imparato a conoscere se stessa e i propri desideri attraverso Andrew.

Sapevo che tu volevi che lo facessi, ma non potevo fare a meno di chiedermi se era perché non sapevi veramente cosa significasse per me.

Callista si sollevò a sedere sul letto, cinse Ellemir con le braccia e la baciò per rassicurarla. Aveva gli occhi spalancati per lo stupore e lo sgomento. Ellemir fu colpita dalla sua bellezza. Sapeva che anche Damon amava Callista, che aveva in comune con Callista qualcosa che lei non poteva condividere. Eppure poteva accettarlo, come sapeva che Callista accettava il fatto che sarebbe stata Ellemir e non lei a dare il primo figlio a Andrew. Indipendentemente, giunse alla conclusione cui era arrivato Andrew: non erano due coppie che si scambiavano di tanto in tanto, come in una complessa figura di danza. Erano qualcosa di diverso, e ognuno di loro aveva qualcosa di unico da donare agli altri.

Sapeva che la paura di Callista si era dissolta, che lei era impaziente di entrare a far parte di quell’entità: e non aveva bisogno di alzare gli occhi per sapere che Andrew e Damon erano venuti a raggiungerle. Per un momento si chiese se lei e Damon dovevano ritirarsi, lasciando Andrew solo con Callista: poi quasi rise all’idea. Erano parte di un tutto unico.

Per un poco il contatto fu limitato alle menti, quando Damon incominciò a intessere il quadruplice collegamento tra loro, stretto, allacciato e completato come non era stato mai. Ellemir pensava in termini e immagini musicali, e per lei era come una mescolanza di voci: quella di Callista aurea e nitida come il canto dell’arpa, quella di Andrew un robusto sottofondo di basso, quella di Damon una bizzarra armonia polifonica, e la sua che le intrecciava tutte, mescolandosi a ognuna. E mentre visualizzava quel rapporto come una musica, un’armonia, condivideva le immagini degli altri: una raggiera di colori nella mente di Callista; l’intimo senso tattile delle immagini di Andrew, così che per un poco sembrò che fossero tutti raggomitolati insieme, nudi, in una strana oscurità, in stretto contatto; scintillanti fili di ragnatela protesi dalla coscienza di Damon, per avvincerli tutti. Per molto tempo parve che a loro non fosse necessario null’altro. Callista, fluttuante nei luminosi colori, era lievemente divertita nel percepire il tocco di Damon, e capiva che lui aveva conservato una misura di coscienza distaccata per controllare i suoi canali. Poi, mentre lui la toccava, il rapporto emotivo si approfondì, diventò una percezione più forte nel suo corpo, qualcosa che era nuovo e strano ma non spaventoso.

Vagamente, al limitare dei pensieri, ricordò le storie di suo padre. Il kireseth veniva dato alle spose riluttanti. Bene, lei non era più riluttante. La resina faceva effetto sul corpo o sulla mente? Era stato lo schiudersi della mente a renderla libera di sentirsi così conscia del proprio corpo, della vicinanza di Ellemir, eccitata e conscia di tutti loro? Oppure era il bisogno d’intimità del corpo a schiudere la mente alla comunicazione più profonda? Ma aveva importanza? Sapeva che Andrew aveva ancora paura di toccarla. Povero Andrew, lei gli aveva fatto tanto male. Si tese verso di lui, lo prese tra le braccia, sentì che la copriva di baci. Questa volta si abbandonò, con la sensazione di sprofondare in un estatico brillio di luci e nello stesso tempo d’immergersi in una tremula oscurità.

Nell’improvvisa e sconcertante rivelazione della sensualità, non le bastava più essere tra le braccia di Andrew. Non si scostò da lui, ma tese le braccia verso Damon: sentì il suo tocco, lo baciò, e poi, in un lampo, ricordò che aveva desiderato farlo durante il primo anno alla Torre e poi aveva soffocato quel ricordo in una frenesia di terrore e di vergogna. Mentre toccava quei due solidi corpi maschili, sentì le proprie dita seguire la curva del seno della sorella e il ventre gravido, e lasciò che la coscienza penetrasse più a fondo, sfiorando il lieve fremito del sonno senza sogni del bimbo non ancora nato. Inspiegabilmente, si sentì protetta allo stesso modo, sicura, circondata dall’amore, e comprese di essere pronta anche al resto.

Andrew, che sentiva tutto questo insieme a lei, comprese che per Callista l’accettazione sensuale di Ellemir sarebbe stata la chiave, e che ciò aveva colmato per Callista l’abisso, come per poco non era avvenuto durante il catastrofico primo tentativo. Sapeva che, se lui avesse accettato quel collegamento, già allora Ellemir avrebbe potuto riuscire a condurli tutti, sani e salvi, sull’altra sponda. Ma lui aveva voluto essere solo con Callista, separato dagli altri.

Se avessi potuto fidarmi di Ellemir e di Damon, allora… E attraverso il rimpianto captò i pensieri di Damon. Quello era allora, questo è adesso, e noi tutti siamo cambiati e maturati.

E quello fu l’ultimo istante di percezione separata, per ognuno di loro. Adesso, com’era quasi avvenuto al solstizio d’inverno, il rapporto telepatico era completo. Nessuno di loro sapeva o desiderava sapere, nessuno di loro cercava di separare e di scindere le sensazioni isolate. A quel punto, i dettagli non avevano importanza: chi apriva o serrava le cosce, chi stringeva le braccia, chi si scostava per un attimo ma solo per venire più vicino, chi baciava, chi schiudeva le labbra al bacio, chi penetrava e chi si lasciava penetrare. Per qualche tempo parve che tutti loro si toccassero, dovunque, condividendo ogni intimità così profondamente da cancellare l’esistenza di ogni coscienza individuale. Callista non seppe mai, dopo, se aveva spartito le sensazioni di Ellemir per l’atto d’amore o se l’aveva provato in prima persona; e per qualche istante, entrando in rapporto mentale con uno degli uomini, vide e abbracciò se stessa… o era la sua gemella? Sentì uno degli uomini esplodere nell’orgasmo, ma non seppe con certezza se lei vi aveva partecipato. La sua coscienza era troppo dispersa, rarefatta: la sentiva espandersi, e Damon e Andrew e Ellemir erano punti di maggior solidità nel suo corpo, che inspiegabilmente si era espanso fino a colmare tutto lo spazio della camera, pulsando nei multipli ritmi dell’eccitazione e della sensibilità. Non sapeva se aveva conosciuto direttamente il piacere o aveva semplicemente condiviso l’intenso piacere degli altri: e non voleva saperlo. E nessuno degli altri sapeva, o avrebbe mai saputo, chi di loro aveva posseduto per primo il corpo di Callista. Non aveva importanza: nessuno di loro voleva saperlo. Fluttuavano e sprofondavano nell’estasi così uniti dalla sensualità e dall’intenso amore che quelle cose diventavano irrilevanti. Il tempo si era completamente sfocato: sembrava che l’attimo durasse da anni.

Molto più tardi Callista si accorse che stava sonnecchiando, infinitamente soddisfatta, ancora circondata da tutti gli altri. Ellemir dormiva con la testa sulla spalla di Andrew. Callista si sentiva stanca, strana, beata: ora affondava nella coscienza di Damon, ora in quella di Andrew, ora discendeva per interi minuti nel sonno di Ellemir. Aleggiando fra passato e futuro, conscia del proprio corpo come non lo era più stata dopo l’infanzia, comprese che avrebbe potuto presentarsi in Consiglio e giurare che il suo matrimonio era stato consumato; e poi, con una riluttanza che la fece ridere un poco, capì che era uscita incinta da quella notte. Non desiderava veramente un figlio, non ancora. Aveva desiderato di avere un po’ di tempo per imparare a conoscere se stessa, conoscere l’evoluzione che aveva conosciuto Ellemir, per esplorare tutte le dimensioni nuove e inspiegate della sua vita.

Ma sopravviverò, come tutte le donne, pensò con un’ilarità segreta; e quell’ilarità, traboccando, si comunicò a Damon. Lui le tese la mano, insinuandole le dita fra le dita.

Grazie agli dèi, Callie, riesci a riderne!

Non è come se avesse dovuto essere una scelta, come temevo. Come se non potessi mai più usare i miei doni. È un ampliamento di ciò che sono, non una limitazione.

Era ancora risentita della necessità di avere un figlio per imposizione del Consiglio e non per sua libera scelta (non l’avrebbe mai perdonato, per questo), ma accettava la necessità e sapeva che sarebbe riuscita facilmente ad amare la creatura indesiderata, al punto di sperare che quella figlia non sapesse — se non quando fosse stata abbastanza grande da poter capire — quanto era stata indesiderata.

Ma non voglio sapere mai chi è il padre… Ti prego, Elli: anche nel controllo, non dirmelo mai, mai. E si promisero, in silenzio, che non avrebbero mai cercato di scoprire se la creatura concepita quella notte era figlia di Damon o di Andrew. L’avrebbero sospettato, ma non l’avrebbero mai saputo con certezza.

Per lunghe ore rimasero a giacere, riposando, uniti dal quadruplice collegamento che si rafforzava e si attenuava alternativamente. Sebbene tutti gli altri si fossero abbandonati al sonno, verso il mattino, Damon rimase sveglio, intimorito. Li aveva forse indeboliti tutti — o almeno se stesso — in vista della battaglia imminente? Callista sarebbe riuscita a liberare i propri canali con sufficiente rapidità?

E poi, immergendosi nella coscienza di Callista, comprese che quei canali sarebbero rimasti sempre perfettamente liberi per l’energia che lei avesse deciso di usare. Non avrebbe avuto bisogno del kireseth: adesso sapeva cosa si provava nel passarli dai messaggi sessuali alla forza piena del laran. E Damon comprese, con crescente sicurezza, che avrebbe potuto affrontare qualunque cosa.

E poi capì, con riluttanza, perché era stato abbandonato l’uso del kireseth. Come rito raro e sacramentale, era necessario e non pericoloso, e aiutava i Custodi a riconfermare la comune umanità, a riaffermare lo stretto legame degli antichi cerchi delle Torri, il vincolo più stretto che si conoscesse, più stretto della parentela, più stretto del desiderio sessuale.

Ma poteva diventare anche troppo facilmente un’evasione, un’assuefazione. Se quella libertà fosse stata accessibile, gli uomini avrebbero mai accettato gli occasionali periodi d’impotenza dopo un’operazione impegnativa? Le donne avrebbero accettato la disciplina necessaria per imparare a mantenere liberi i canali? Il kireseth, nell’uso eccessivo, era pericoloso. Mille storie dei Venti Fantasma degli Heller lo confermavano. E la tentazione di abusarne sarebbe stata quasi irresistibile.

Perciò prima era sorto il tabù che lo limitava a un uso raro e sacramentale, e poi il tabù si era ampliato portando al disuso e alla pessima fama del kireseth. Con un senso di rimpianto per quella che avrebbe sempre ricordato come un’esperienza culminante della sua vita, Damon pensò che anche come rito della Fine dell’Anno sarebbe stato una tentazione troppo forte. Li aveva condotti indenni oltre l’ultima barriera, fino al compimento: ma in futuro avrebbero dovuto affidarsi alla disciplina e alla negazione di sé.

Alla negazione di sé? No, poiché ognuno di loro aveva tutti gli altri.

Eppure, se tutto il tempo coesisteva, quell’ora magica sarebbe stata per sempre presente e reale, per loro, come lo era adesso.

Tristemente, amorosamente, sentendo intorno a sé la loro presenza e rimpiangendo la necessità di separarsi, Damon sospirò. Li svegliò, a uno a uno.

— Manca poco al levar del sole — disse, sobriamente. — Rispetteranno esattamente i termini ma non ci concederanno neppure un attimo di vantaggio, quindi dobbiamo tenerci pronti. Dobbiamo prepararci per la sfida.

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