CAPITOLO VENTUNESIMO

Per tre giorni, Esteban Lanart-Alton rimase tra la vita e la morte. Callista, che vegliava al suo fianco (Ferrika aveva proibito a Ellemir di assisterlo), scoprì che la grande arteria del cuore era parzialmente ostruita. C’era un modo per eliminare la lesione, ma lei aveva paura di tentare.

La sera del terzo giorno, Dom Esteban aprì gli occhi e se la vide accanto. Cercò di muoversi, e lei tese la mano per impedirglielo.

— Sta’ fermo, caro padre. Noi siamo con te.

— Non ho partecipato… al funerale di Domenic… — mormorò lui. Poi Callista vide riaffluire il ricordo, in uno spasimo d’angoscia che gli passava sul volto. — Dezi — mormorò il vecchio. — Dovunque fossi, io… credo di averlo sentito morire, povero ragazzo. Anch’io sono colpevole…

Le delicate e sottili dita di Callista gli strinsero la rozza mano. — Padre: quali che fossero le sue colpe e i suoi torti, ora è in pace. Adesso devi pensare solo a te stesso: Valdir ha bisogno di te. — Callista si accorse che anche quelle parole l’avevano sfinito: ma nonostante le labbra esangui e il pallore bluastro, il vecchio gigante stava ancora cercando di resistere. Disse: — Damon… — Lei comprese cosa voleva, e si affrettò a rassicurarlo. — Il dominio è al sicuro nelle sue mani: va tutto bene.

Soddisfatto, il vecchio si abbandonò di nuovo al sonno, e Callista pensò che il Consiglio doveva accettare Damon come reggente. Non c’era nessun altro che potesse accampare il minimo diritto. Andrew era un terrestre: anche se fosse stato in grado di governare, non l’avrebbero accettato. Il giovane marito di Dorian era un nedestro di Ardais e non sapeva nulla di Armida, che invece era stata la seconda casa di Damon. Ma la reggenza di Damon era ancora minacciata dall’ombra di Leonie: e mentre Callista si chiedeva quando sarebbe avvenuto il confronto, Damon aprì la porta e la chiamò con un cenno.

— Lascia con lui Ferrika e vieni.

Quando furono nell’altra stanza, le disse: — Ci hanno convocati nella Camera di Cristallo, tra un’ora, me e Andrew. Credo che dovremmo andare tutti.

Nella fioca luce, gli occhi di lei s’indurirono: non erano più azzurri ma di un grigio freddo, lampeggiante. — Sono accusata di violazione del giuramento?

Damon annuì. — Ma come reggente di Alton sono tuo tutore, e tuo marito è mio vassallo giurato. Non siete tenuti ad affrontare le accuse, a meno che lo vogliate. — Le strinse le spalle. — Devi capire questo, Callista. Li sfiderò! Tu hai coraggio di fare altrettanto? Sei abbastanza forte per schierarti al mio fianco oppure crollerai come uno straccio e presterai la tua forza ai nostri accusatori?

La sua voce era implacabile, le sue mani le stringevano dolorosamente le spalle. — Possiamo avere il coraggio delle nostre azioni, e sfidarli: ma se non lo farai, perderai Andrew e me. Lo sai. Vuoi ritornare ad Arilinn? — Alzò una mano verso il volto di lei, seguendo con un dito i rossi segni delle unghiate sulla guancia. — Ne hai ancora la possibilità, perché sei ancora vergine. La porta resterà aperta fino a quando tu la chiuderai.

Callista si portò la mano alla gola, sopra la matrice. — Ho restituito il giuramento di mia spontanea volontà: non ho mai pensato di violarlo.

— Sarebbe stato facile compiere una scelta chiara, definitiva — disse Damon. — Non è facile, invece, farlo adesso. Ma sei una donna, e sotto tutela. Vuoi che risponda per te al Consiglio?

Lei gli scostò la mano. — Sono una comynara — disse. — Ed ero Callista di Arilinn. Non ho bisogno che un uomo risponda per me! — Si voltò e si avviò verso la stanza che divideva con Andrew. — Sarò pronta!

Damon si diresse alla propria camera. Aveva provocato Callista deliberatamente, ma sapeva che l’atteggiamento di sfida di lei avrebbe potuto rivolgersi contro di loro.

Anche il suo istinto di sfida era acceso. Non avrebbe affrontato i suoi accusatori come un ladro trascinato in giudizio! Indossò gli abiti migliori, tunica e calzoni di pelle tinti nei colori del suo dominio, con un pugnale ingemmato alla cintura. Frugò tra le sue cose, cercando una catena ornata di pietre-di-fuoco, e in un cassetto trovò qualcosa, avvolto in un telo.

Era il mazzo di fiori secchi di kireseth che aveva preso nella distilleria di Callista, senza sapere perché.

Aveva agito spinto da un impulso che ancora non comprendeva: forse era stato un barlume di precognizione, forse qualcosa di peggio. Non era stato in grado di spiegare, a lei o a chiunque altro, perché l’aveva fatto.

Ma adesso, mentre lo teneva tra le mani, comprese. Non sapeva se era il lievissimo sentore di resine che esalava dal telo — era noto che stimolava la chiaroveggenza — o se la sua mente, che ormai possedeva tutte le informazioni, aveva operato di colpo la sintesi a sua insaputa. Ma all’improvviso comprese ciò che Varzil aveva cercato di dirgli, ciò che doveva aver significato il rito della Fine dell’Anno.

A differenza di Callista, sapeva esattamente perché l’uso del kireseth era proibito tranne quando era distillato e frazionato nell’essenza volatile conosciuta col nome di kirian. Come gli avevano rammentato le parole di Dom Esteban, il kireseth, l’azzurro fiore stellato tradizionalmente offerto da Cassilda a Hastur nella leggenda, e chiamato campanula d’oro quando i fiori erano coperti di polline aureo, era anche un potente afrodisiaco che annullava inibizioni e controlli: e adesso tutti gli anelli della catena si erano saldati.

Gli affreschi nella cappella. Le storie di Dom Esteban e l’indignazione che avevano destato in Ferrika, affiliata alle Libere Amazzoni, che non si sposavano e consideravano il matrimonio una schiavitù. La strana illusione condivisa da Andrew e da Callista durante la fioritura invernale: solo adesso Damon capiva che non era stata un’illusione, sebbene i canali di Callista fossero rimasti liberi. E il consiglio di Varzil…

La chiave era il tabù. Il kireseth non era proibito per le associazioni immonde e lubriche, come aveva sempre creduto, ma perché era sacro.

Alle sue spalle, Ellemir disse, nervosamente: — È ora. Dove sei stato, caro?

Scosso dal ricordo del tabù che l’aveva oppresso fin dall’infanzia, Damon si affrettò a riporre nel cassetto i fiori, ancora avvolti nel telo. Lo stesso istinto che l’aveva indotto a indossare gli abiti migliori per affrontare gli accusatori aveva ispirato anche lei, notò soddisfatto. Ellemir indossava un abito da cerimonia, profondamente scollato. I capelli erano raccolti sulla nuca in un pesante nodo lucente. La gravidanza sarebbe apparsa manifesta anche a un osservatore distratto, ma lei non era sgraziata. Era bellissima: un’orgogliosa dama dei Comyn.

Quando Damon incontrò Andrew e Callista nell’anticamera dall’appartamento, vide che lo stesso istinto li aveva ispirati tutti. Andrew indossava l’abito di raso grigio-scuro, ma Callista era la più risplendente.

Damon non aveva mai pensato che il colore cremisi delle Custodi le si addicesse. Lei era troppo pallida, e quel colore brillante la faceva apparire sbiadita, un riflesso scialbo della bellissima gemella. Non aveva mai giudicato bella Callista: non capiva perché Andrew la vedesse così. Era troppo esile, troppo simile alla bambina impettita che aveva conosciuto nella Torre, con una rigidità verginale che gliela faceva sembrare poco attraente. Ad Armida, lei sceglieva gli abiti a caso: pesanti gonne a scacchi e grandi scialli. Qualche volta si era chiesto se lei portasse gli abiti smessi di Ellemir, per il motivo che si curava ben poco del proprio aspetto.

Ma per il Consiglio aveva indossato un abito azzurro-grigio, con un velo dello stesso colore e intessuto di fili metallici che scintillavano quando si muoveva, e i suoi capelli rifulgevano come una fiamma. Si era truccata per nascondere i graffi, e aveva le guance anormalmente colorite. Era stata la vanità o un desiderio di sfida a spingerla a dipingersi così il volto, perché il suo pallore non sembrasse dovuto alla paura? Alla sua gola brillavano zaffiri stellati, e la pietra della matrice era scoperta e sfolgorava fra le altre gemme. Mentre si avviavano verso la Camera del Consiglio, Damon si sentì orgoglioso di tutti, e pronto a sfidare tutto Darkover se fosse stato necessario.

Fu Lorill Hastur a chiamarli. — Sono state formulate gravi accuse contro tutti voi. Damon, sei disposto a rispondere a tali imputazioni?

Levando lo sguardo verso i seggi degli Hastur e l’implacabile volto di Leonie, Damon capì che spiegare e giustificare — com’era sua intenzione — sarebbe stato inutile. La sua unica possibilità stava nel prendere l’iniziativa.

— Mi ascoltereste, se lo facessii?

Leonie disse: — Ciò che hai fatto non ha spiegazioni né giustificazioni. Ma siamo disposti alla clemenza se vi rimetterete al nostro giudizio, tu e gli altri che hai spinto a ribellarsi alle più sacre leggi dei Comyn. — Stava guardando Callista come se la vedesse per la prima volta.

Nel silenzio, Andrew pensò: Imputati, avete qualcosa da dire prima che venga pronunciata la sentenza?

Fu su di lui per primo che si puntò lo sguardo di Lorill Hastur.

— Andrew Carr, la tua colpa è grave, ma hai agito nell’ignoranza delle nostre leggi. Verrai consegnato alla tua gente, e se non hai violato nessuna delle sue leggi sarai libero: ma chiederemo che tu venga allontanato subito dal nostro mondo.

«Callista Lanart, tu hai meritato una sentenza equivalente a quella di Damon. Ma Leonie ha voluto intercedere per te. Il tuo matrimonio, non essendo stato consumato — (e come poteva saperlo, Lorill?, si chiese Damon), — non ha valore legale. Lo dichiariamo nullo. Ritornerai ad Arilinn, e Leonie si rende personalmente responsabile del tuo comportamento.

«Damon Ridenow: per le tue colpe, e le colpe di coloro che hai indotto alla disubbidienza, secondo le antiche leggi meriti la morte o la mutilazione. Ti viene offerto di scegliere. Puoi riconsegnare subito la tua matrice, alla presenza di una Custode che proteggerà la tua vita e la tua ragione, e così potrai vivere come reggente di Alton, tutore dell’erede Alton che tua moglie porta in grembo. Se rifiuti, la matrice ti verrà tolta con la forza. Se dovessi sopravvivere, i tuoi centri cerebrali del laran verranno bruciati, per evitare ulteriori abusi».

Ellemir si lasciò sfuggire un sommesso grido d’angoscia. Lorill la guardò con un’espressione che era quasi di pietà, e disse: — Ellemir Lanart, quanto a te, che sei stata fuorviata da tuo marito, non t’imponiamo altro che questo: dovrai smettere d’immischiarti in cose che non riguardano le donne, e rivolgere i pensieri verso il tuo unico dovere: proteggere tuo figlio, erede di Alton. Poiché tuo padre è malato, e il tuo unico fratello superstite è minorenne, e tuo marito è stato condannato da noi, ti affidiamo alla tutela del nobile Serrais, e ritornerai a Serrais per partorire tuo figlio. Nel frattempo, ho scelto tre rispettabili matrone dei Comyn perché si prendano cura di te fino a quando verrà eseguita la sentenza nei confronti di tuo marito: dama Rohana Ardais, Jerana principessa di Elhalyn, e la moglie di mio figlio, dama Cassilda Hastur. Ora lascia che ti accompagnino fuori da questa sala, dama Ellemir. Quanto sta per accadere può essere sconvolgente o addirittura pericoloso, per una donna nelle tue condizioni.

Dama Cassilda, una donna bruna e graziosa che aveva all’incirca l’età di Ellemir ed era anche lei visibilmente incinta, le porse la mano. — Vieni con me, mia cara.

Ellemir guardò Cassilda Hastur e poi Damon. — Posso parlare, nobile Hastur?

Lorill annuì.

La voce di Ellemir era lieve e infantile come sempre, ma aveva un tono incrollabile. — Ringrazio le matrone per le loro premure, ma le rifiuto. Voglio restare con mio marito.

— Mia cara — disse Cassilda Hastur, — la tua devozione ti fa onore. Ma devi pensare a tuo figlio.

— Io penso a mio figlio — ribatté Ellemir. — A tutti i nostri figli, Cassilda: ai tuoi e ai miei, e alla vita che sognamo per loro. Nessuno di voi si è preso la fatica di pensare, di pensare veramente a ciò che sta facendo Damon?

Damon, che l’ascoltava incredulo (le aveva aperto il proprio cuore, la notte in cui aveva guarito le vittime del congelamento, ma non aveva creduto che lei l’avesse compreso davvero), le sentì dire:

— Voi sapete tutti, come lo so io, quanto è difficile trovare telepati per le Torri, di questi tempi. Anche coloro che possiedono il laran esitano a rinunciare alla vita e a vivere chiusi tra quattro mura: e chi può biasimarli? Neppure io vorrei farlo. Voglio vivere ad Armida, e avere figli che vivranno là dopo di me. E non voglio vedere le loro vite rovinate da quella terribile scelta, sapere che saranno costretti a sottrarsi all’uno o all’altro dei doveri verso il loro dominio. Ma ci sono tante cose che i telepati potrebbero fare, e non le fa nessuno. Non è necessario che vengano compiute tutte dietro le mura di una Torre: anzi, alcune non si possono compiere là dentro. Ma poiché tanta gente crede che quello sia l’unico modo per usare il laran, il lavoro non viene effettuato, e la gente dei dominii è costretta a soffrire per questa carenza. Damon ha trovato il modo di renderlo accessibile a tutti. Il laran non dev’essere una specie di… di magia misteriosa, nascosta dentro le Torri. Se io, che sono una donna, non addestrata, minore tra due gemelle, posso imparare a servirmene un po’, come appunto è avvenuto, allora molti altri possono impararlo. E…

Margwenn Elhalyn si alzò. Era pallidissima. — Dobbiamo stare ad ascoltare queste… queste bestemmie? Noi che abbiamo dedicato la vita alle Torri dobbiamo star qui a sentir bestemmiare la nostra scelta da questa… da questa donna ignorante che dovrebbe essere a casa sua, accanto al focolare, a preparare un corredino, e non davanti a noi, a parlare come una bambina sventata di cose che non può capire!

— Aspetta — disse Rohana Ardais. — Aspetta, Margwenn. Anch’io sono stata addestrata in una Torre, e poi mi è stato imposto di rinunciare al lavoro che amavo per sposarmi e dare figli maschi al clan di mio marito. Ciò che dice dama Ellemir non è sciocco. Ascoltiamola senza interrompere.

Ma Rohana venne zittita da grida d’indignazione. Lorill Hastur richiamò tutti all’ordine, e Damon ricordò, con una stretta al cuore, che anche Lorill era stato addestrato nella Torre di Dalereuth ed era stato costretto a rinunciare quando aveva ereditato la carica di Reggente del Consiglio. — Tu non hai diritto di parlare in Consiglio, dama Ellemir. Puoi andartene con le matrone che abbiamo designato perché si prendano cura di te, o puoi restare qui. Non hai altra scelta.

Lei si aggrappò al braccio di Damon. — Io resto con mio marito.

— Mio signore — disse Cassilda Hastur, con voce turbata, — ha il diritto di scegliere, quando la scelta può mettere in pericolo il bimbo che porta in seno? Ha già abortito una volta, e il nascituro è erede degli Alton. La sicurezza del bambino non è più importante del suo desiderio sentimentale di restare accanto a Damon?

— In nome di tutti gli dèi, Cassilda! — protestò dama Rohana. — Non è una bambina! Sa benissimo cos’è in gioco. Credi che sia una bestia, e che condurla lontano dal padre di suo figlio possa renderla indifferente alla sorte che gli toccherà? Siediti e lasciala in pace!

Intimidita, la giovane dama Hastur si sedette.

— Damon Ridenow, scegli. Sei disposto a consegnare la tua matrice senza protestare oppure dovremo togliertela?

Damon guardò Ellemir, aggrappata al suo braccio; Callista, che sfolgorava, ingioiellata, in atteggiamento di sfida; Andrew, un passo dietro di lui. E disse, a loro, non a Lorill: — Posso parlare a nome di tutti voi? Callista, vuoi ritornare ad Arilinn, affidata alle cure di Leonie?

Leonie guardava Callista con avida impazienza, e all’improvviso Damon capì.

Leonie non si era mai concessa di amare. Ma poteva amare senza rischi Callista, votata come lei alla verginità a vita, con tutta la sete repressa dei suoi sentimenti frustrati. Non c’era da stupirsi se non poteva permettere che Callista se ne andasse, se l’aveva messa nell’impossibilità di abbandonare la Torre. Il suo amore per la giovane donna non aveva nulla di sessuale: ma era amore, autentico com’era stato autentico l’amore senza speranza di Damon per lei.

Callista taceva, e Damon si chiese quale sarebbe stata la sua scelta. Arilinn le appariva più allettante di ciò che le offrivano, meno sconvolgente, meno dolorosa? E poi comprese che il silenzio di Callista era ispirato solo dalla pietà, dalla riluttanza a rifiutare l’amore e la protezione offerti da Leonie, dall’esitazione a ferire la donna che alla Torre aveva circondato di tenerezza quella bambina così sola. Quando Callista parlò, aveva le lacrime agli occhi.

— Ho restituito il mio giuramento, non lo riprenderò. Anch’io resterò con mio marito.

E adesso, veramente, erano una cosa sola! La voce di Damon risuonò carica di sfida.

— Allora ascoltatemi! — Attirò a sé Ellemir, in un gesto protettivo. — A nome di mia moglie ringrazio le nobili dame dei Comyn, ma nessuno al di fuori di me si prenderà cura di lei, finché avrà vita. Quanto a Andrew, è mio vassallo giurato; e tu stesso, Lorill Hastur, durante la costruzione dell’astroporto, hai stabilito che i terrestri potevano concludere accordi privati con i darkovani, e viceversa, e che tali accordi sarebbero stati considerati validi come qualunque altro contratto stipulato ai sensi della legge dei dominii. Ho scambiato con Andrew il giuramento dei bredin, e sono personalmente responsabile del suo onore come del mio. Questo significa che, come reggente di Alton, ritengo il suo matrimonio con Callista valido quanto il mio con Ellemir. — Si rivolse a Leonie. — Quanto a me, io sono un Custode, e responsabile solo di fronte alla mia coscienza.

— Tu? Custode? — La voce di Leonie era carica di disprezzo. — Tu, Damon?

— Tu stessa mi hai guidato nella Ricerca nel Tempo, e Varzil il Buono mi ha nominato tenerézu. — Volutamente, Damon usò l’antica forma maschile della parola.

Lorill disse: — Non puoi chiamare a testimoniare un uomo che è morto da centinaia d’anni.

— Voi mi avete chiamato in giudizio in base a leggi in vigore fin da quei tempi — ribatté Damon, — e l’edificio che ho costruito nel sopramondo è visibile a tutti i testimoni che hanno accesso a quel livello. E a quei tempi, questa era la legge e la prova. Io sono Custode. Ho creato la mia Torre. Accetterò la sfida.

Leonie impallidì. — Quella legge è decaduta fin dalle epoche del caos.

Tu vivi secondo leggi che avrebbero dovuto decadere molto tempo fa. Damon non pronunciò queste parole: ma Leonie le udì, come le udirono tutti i presenti che possedevano il laran. Lei disse, pallida come un teschio: — Così sia. Ti sei appellato all’antica prova del diritto e della responsabilità dei Custodi. Tu e Callista siete rinnegati di Arilinn, quindi spetta ad Arilinn raccogliere la sfida. Sarà un duello, Damon, e tu conosci la punizione se fallirai. Non soltanto tu e Callista, ma anche i vostri complici (se qualcuno di voi sopravviverà all’ordalia, il che è dubbio) verrete privati della matrice, e i vostri centri del laran verranno bruciati, in modo che viviate come esempio e ammonimento per chiunque aspirasse a tendere la mano, senza esserne degno, verso la carica e il potere di Custode.

— Vedo che tu conosci le conseguenze, Leonie — disse Callista. — Vorrei che le avessi conosciute altrettanto bene quando io sono stata nominata Custode.

Leonie non le badò: fissava Damon negli occhi.

— Accetto l’ordalia e le conseguenze, Leonie — disse Damon. — Ma devi comprendere che le attiri su di te e su Arilinn, se non dovessi sconfiggermi.

Lei ribatté furiosamente: — Credo che tutti noi saremmo disposti a rischiare ben altro, per punire l’insolenza di coloro che vorrebbero erigere una Torre proibita sulla nostra soglia!

Basta! — Lorill tese le mani per imporre silenzio. — Dichiaro la sfida e l’ordalia tra la Torre di Arilinn e la sua Custode, Leonie Hastur, e… — Esitò un attimo. — … e la Torre proibita e colui che se ne è autoproclamato Custode, Damon Ridenow. Avrà inizio domani al levar del sole.

Il volto di Leonie era di pietra. — Attenderò l’ordalia.

— Anch’io — disse Damon. — Al levar del sole, Leonie.

Porse una mano a Ellemir e l’altra a Callista. Andrew si avviò, un passo dietro di loro. Senza voltarsi, uscirono dalla Camera di Cristallo.

Al levar del sole. Lui aveva parlato con molto ardimento. Ma avrebbero potuto affrontare Leonie, e tutte le forze di Arilinn?

Dovevano farlo… o morire.

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