Damon non si era mai sentito tanto frustrato. Leonie aveva agito per ragioni che all’epoca le erano parse valide, e in una certa misura lui poteva comprendere le sue motivazioni.
Doveva esserci una Custode, ad Arilinn. Per tutta la vita di Leonie, quello era stato il problema più importante, e niente poteva eclissarlo. Ma non era possibile spiegarlo a Andrew.
— Sono sicuro che se fossi al tuo posto penserei la stessa cosa — disse. Era notte. Callista era piombata in un sonno inquieto, sfinita: ma almeno dormiva senza bisogno di pozioni soporifere, e Damon si sforzava di trovare in questo un barlume di consolazione. — Non puoi biasimare Leonie…
— E invece sì! — l’interruppe Andrew. Damon sospirò.
— Cerca di capire. Lei ha fatto ciò che riteneva giusto, non solo per le Torri ma anche per Callista, per risparmiarle angosce e sofferenze. Difficilmente poteva prevedere che Callista avrebbe voluto sposare… — Stava per dire «un alieno». Si trattenne, ma naturalmente Andrew captò il suo pensiero. Un rossore cupo, che era per metà di collera e per metà d’imbarazzo, gli si diffuse sul volto. Girò le spalle a Damon, caparbiamente; e Damon sospirò, pensando che il problema andava risolto in fretta perché altrimenti lui avrebbe perso anche Andrew.
Era un pensiero amaro, quasi intollerabile. Fin dal primo momento del quadruplice legame tramite la matrice, quando Callista era ancora prigioniera, Damon aveva trovato qualcosa che credeva di aver perso irrevocabilmente quando era stato allontanato dalla Torre: il legame telepatico del cerchio.
L’aveva perso quando Leonie l’aveva mandato via da Arilinn, e aveva dovuto rassegnarsi a farne a meno; e poi, al di là di ogni speranza, l’aveva ritrovato nelle due cugine e in quell’alieno… Adesso avrebbe preferito morire piuttosto che permettere che il vincolo si spezzasse di nuovo.
Disse, in tono fermo: — Leonie ha fatto questo, per qualunque ragione, buona o cattiva, e ne è responsabile. Callista non è abbastanza forte da ottenere la soluzione. Ma Leonie, e soltanto Leonie, può avere la chiave del suo problema.
Andrew guardava l’oscurità turbinante di neve, fuori dalla finestra. — È inutile. Quanto dista Arilinn da qui?
— Non so in che modo voi calcoliate le distanze. Noi la calcoliamo in una cavalcata di dieci giorni. Ma non pensavo di andare da lei. Farò ciò che ha fatto Callista: la cercherò nel sopramondo. — Le labbra contratte abbozzarono un mesto sorriso. — Adesso che Dom Esteban è invalido, e Domenic è ancora un ragazzo, io sono il parente più stretto. Ho il diritto e la responsabilità di chieder conto a Leonie.
Ma chi poteva chiedere conto a un’Hastur, a un’Hastur che era la Dama di Arilinn?
— Vorrei venire con te e scatenare l’inferno — esclamò Andrew.
— Tu non sapresti cosa dirle. Te lo prometto, Andrew: se c’è una soluzione, la troverò.
— E se non c’è?
Damon girò la testa. Non voleva neppure pensarci. Callista dormiva inquieta, agitandosi e gemendo nel sonno. Ellemir cuciva, su una poltrona, aggrottando la fronte sul lavoro, il volto illuminato nell’alone ovale della lampada. Damon cercò il contatto mentale con lei e sentì la pronta reazione: un tocco rassicurante, affettuoso. Ho bisogno che venga con me, e invece devo andare da solo.
— Nell’altra stanza, Andrew. Qui le disturberemmo. Tu veglia con me — aggiunse, precedendolo nell’altra camera. Si abbandonò su una grande poltrona, e Andrew si mise al suo fianco. — Ecco…
Si concentrò sulla matrice, sentì la breve scossa brusca quando abbandonò il proprio corpo, sentì la forza di Andrew quando aleggiò per qualche attimo nella stanza… Poi si trovò sulla grigia pianura informe, e vide con stupore che dietro di lui, nel sopramondo, c’era qualcosa, una struttura ancora indistinta. Senza dubbio lui e Dezi e Andrew l’avevano eretta come riparo quando avevano operato per guarire le vittime del congelamento: un rifugio, una protezione. Casa mia. Non ne ho altre, ora. Con fermezza accantonò quel pensiero, cercando nel mondo incorporeo il luminoso faro di Arilinn. Poi, letteralmente alla velocità del pensiero, fu là, e Leonie stava davanti a lui, velata.
Era stata così bella… Ancora una volta si sentì colpire dal vecchio amore, dal vecchio desiderio, ma si corazzò col pensiero di Ellemir. Ma perché Leonie si velava per nascondersi a lui?
— Quando è venuta Callista ho compreso che tu non avresti tardato, Damon. So cosa vuoi, naturalmente: ma come posso aiutarti?
— Lo sai, come lo so io. Non è per me che chiedo aiuto, ma per Callista.
— Ha fallito. Ero disposta a lasciarla libera… Ha avuto la sua occasione, ma adesso sa che il suo posto è qui. Deve tornare da noi, ad Arilinn.
— È troppo tardi — disse Damon. — Credo che morirà, piuttosto. Ed è prossima a morire. — Sentì la propria voce tremare. — Preferisci vederla morta piuttosto che lasciarla libera? Il potere di Arilinn è una stretta mortale, dunque?
Vide l’orrore di Leonie, come una nube visibile, lì dove i sentimenti erano una realtà concreta. — Damon, no! — La voce della Custode fremeva. — Quando una Custode viene lasciata libera, questo avviene perché non può più adeguare i canali allo schema, perché non sono più adatti all’attività psi. Credevo che questo non potesse avvenire, a Callista, ma lei mi ha detto che le cose stavano diversamente: perciò ho accettato di scioglierla dal voto.
— Ma sapevi di averlo reso impossibile! — l’accusò Damon.
— Io… non ero sicura — replicò Leonie, e i suoi veli si agitarono in un gesto di diniego. — Lei mi aveva detto… che l’aveva toccato… Damon, cosa dovevo pensare? Ma adesso lei sa che le cose stanno diversamente. Ai tempi in cui una ragazza veniva preparata a diventare Custode prima di diventare adulta, era un fatto accettato che la scelta fosse definitiva, che non fosse possibile tornare indietro.
— Tu lo sapevi eppure hai compiuto questa scelta per Callista?
— Cos’altro potevo fare, Damon? Abbiamo bisogno di Custodi, altrimenti il nostro mondo piomberà nelle tenebre della barbarie. Ho fatto quello che dovevo, e se Callista è sincera nei miei confronti ammetterà che l’ho fatto col suo consenso. — Eppure Damon udì, come un’eco nella mente di Leonie, l’amaro grido disperato:
Come potevo acconsentire? Avevo dodici anni!
Ribatté, rabbiosamente: — Vuoi dire che non c’è speranza, allora? Che Callista deve ritornare ad Arilinn o morire di dolore?
La voce di Leonie era incerta: la sua immagine vacillava nel mondo grigio. — So che un tempo c’era un modo, e che era conosciuto. Ciò che appartiene al passato non si può nascondere del tutto. Quando ero giovane ho conosciuto una donna che era stata condizionata così: e mi aveva detto che si conosceva un modo d’invertire la fissazione dei canali. Ma non mi ha detto quale, e del resto è morta prima ancora che tu nascessi. Era noto a tutti, nei tempi in cui le Torri erano come templi e i Custodi erano sacerdoti. Ho detto la verità più di quanto me ne rendessi conto. — Leonie scostò all’improvviso il velo dal volto devastato. — Se tu fossi vissuto in quei giorni, avresti trovato la tua vera vocazione come Custode. Sei nato trecento anni troppo tardi.
— Questo non mi serve a molto, parente — disse Damon. Distolse lo sguardo dal volto di Leonie, vedendolo ondeggiare e mutare: era in parte Leonie com’era stata quando lui era alla Torre, quando l’amava, e in parte invecchiata, come l’aveva vista al suo matrimonio. Non voleva guardarla in faccia: si augurava che riabbassasse il velo.
— Ai tempi di Rafael II, quando le Torri di Neskaya e di Tramontana sono state bruciate, tutti i cerchi sono morti con le Custodi. E allora sono andate perdute molte delle vecchie tecniche, e non tutte sono state ricordate o riscoperte.
— E io dovrei riscoprirle in pochi giorni? Hai una straordinaria fiducia in me, Leonie!
— Ogni pensiero che si è acceso nella mente dell’umanità, in qualunque luogo di questo universo, non può andare interamente perduto.
Damon disse, impaziente: — Non sono venuto qui a discutere di filosofia.
Leonie scosse la testa. — Non è filosofia: è realtà. Se mai un pensiero ha agitato la sostanza di cui è formato l’universo, rimane indelebile e può essere recuperato. C’era un tempo in cui queste cose erano note, e rimane il tessuto del tempo.
L’immagine s’increspò, tremolò come la superficie di uno stagno in cui è stato lanciato un sasso, e scomparve. Damon, di nuovo solo nell’infinito e informe mondo grigio, chiese: In nome di tutti gli dèi, come posso sfidare il tessuto del tempo? Per un istante vide, come da una grande altezza, la figura di un uomo che portava i colori verde e oro e aveva il volto seminascosto: e agli occhi di Damon non c’era nulla di chiaro, solo un grande anello scintillante che portava al dito. Un anello o una matrice? L’oggetto cominciò a muoversi, vibrando, irradiando grandi onde di luce, e Damon sentì la propria coscienza offuscarsi e svanire. Strinse la matrice che portava al collo, tentando disperatamente di orientarsi nel grigio sopramondo. Poi tutto svanì e lui si ritrovò solo nel vuoto, nel nulla informe. Finalmente, all’orizzonte, scorse la sagoma indistinta del rifugio che avevano costruito. Con immenso sollievo sentì che i suoi pensieri l’attiravano là, e all’improvviso si ritrovò nella sua stanza ad Armida. Andrew era chino ansiosamente su di lui.
Sbatté le palpebre, sforzandosi di coordinare le impressioni disordinate. Hai trovato la soluzione? Captò la domanda nella mente di Andrew: ma ancora non lo sapeva. Leonie non si era impegnata ad aiutare, a liberare Callista dal vincolo che la legava alla Torre, corpo e mente. Non poteva. Nel sopramondo non poteva mentire o nascondere le proprie intenzioni. Desiderava che Callista ritornasse alla Torre. Era sinceramente convinta che Callista avesse avuto la sua occasione per ridiventare libera e avesse fallito. Eppure non poteva neppure nascondere che c’era una soluzione, e che quella soluzione doveva trovarsi negli abissi del tempo. Damon rabbrividì nel freddo mortale che sentiva nelle ossa, e si strinse sulle spalle la pesante sopratunica. Era l’unico modo?
Nel sopramondo, Leonie non poteva dire una menzogna, direttamente. Eppure non gli aveva detto tutta la verità: Damon lo sentiva, perché non sapeva dove cercare l’intera verità e lei nascondeva ancora molte cose. Ma perché? Perché Leonie provava la necessità di nascondergli qualcosa? Non sapeva che lui l’aveva sempre amata, che — gli dèi l’aiutassero — l’amava ancora e non le avrebbe mai fatto del male? Nascose la faccia tra le mani, tentando disperatamente di riprendersi. Non poteva affrontare Ellemir, in quello stato. Sapeva che la propria angoscia e la propria confusione ferivano anche Andrew, e che questi non ne comprendeva neppure il perché.
Una delle cortesie fondamentali di un telepate, si disse, era di nascondere la propria infelicità per non rendere infelici gli altri… Dopo un momento riuscì a calmarsi e a ricostituire le barriere. Alzò il volto verso Andrew e disse: — Credo di aver trovato un accenno alla soluzione. Non è tutto: ma se abbiamo abbastanza tempo, potrei riuscirci. Per quanto sono rimasto lontano? — Si alzò, andò al tavolo dove c’erano ancora gli avanzi della cena, si versò un bicchiere di vino e lo sorseggiò lentamente, per scaldarsi e per calmarsi un po’.
— Molte ore — rispose Andrew. — Dev’essere mezzanotte passata.
Damon annuì. Conosceva gli effetti della contrazione temporale, in quei casi. Nel sopramondo sembrava che il tempo scorresse su una scala diversa, e non era neppure coerente: era completamente diverso, e talvolta una breve conversazione durava ore; altre volte un lungo viaggio che soggettivamente sembrava protrarsi per giorni finiva invece in un batter d’occhio.
Sulla soglia comparve Ellemir. Disse, ansiosa: — Bene, siete ancora svegli. Damon, vieni a vedere Callista. Non mi piace come continua a gemere nel sonno.
Damon posò il bicchiere, appoggiandosi alla tavola con entrambe le mani. Entrò nella camera da letto. Callista sembrava addormentata ma aveva gli occhi semiaperti; e quando Damon la sfiorò lei rabbrividì, evidentemente consapevole del contatto, ma nei suoi occhi non c’era un barlume di lucidità. Andrew aveva il volto contratto. — Cos’ha, Damon?
— La crisi. Lo temevo — rispose Damon. — Ma credevo che sarebbe venuta la prima notte. — Passò rapidamente le dita sul corpo di Callista, senza toccarla. — Elli, aiutami a girarla. No, Andrew, non toccarla. È conscia di te anche nel sonno. — Ellemir l’aiutò a voltarla, e divise con lui il momento di turbamento quando tolsero le coperte. Com’era dimagrita! Andrew, che assisteva ingelosito mentre le linee luminose apparivano sul corpo di Callista, vide quelle correnti opache e sbiadite. Ma Damon sapeva che lui non poteva comprendere completamente.
— Lo sapevo che avrei dovuto liberare subito i canali — disse, con rabbia disperata. Come poteva farlo capire a Andrew? Tentò, senza molta fiducia, di esprimerlo a parole.
— È necessario… scaricare il sovraccarico di energia. Ma i canali sono bloccati, e l’energia rifluisce nel resto del suo organismo, e comincia a influire su tutte le funzioni vitali: il cuore, la circolazione, il respiro. E prima che io possa…
Ellemir si lasciò sfuggire un grido di apprensione. Damon vide Callista irrigidirsi, inarcarsi all’indietro con un’esclamazione strana. Per lunghi secondi un tremito fremente la scosse in tutte le membra; quindi si accasciò e restò inerte.
— Dio! — mormorò Andrew. — Cos’è stato?
— Convulsioni — rispose laconico Damon. — È come temevo. Significa che davvero non abbiamo più tempo. — Si chinò a controllare il polso e ascoltare il respiro.
— Lo sapevo: avrei dovuto liberarle i canali.
— Perché non l’hai fatto? — chiese Andrew.
— Te l’ho detto: non ho kirian, e senza il kirian non so se sarebbe in grado di sopportare la sofferenza.
— Fallo ora, mentre è priva di sensi — suggerì Andrew, e Damon scosse il capo.
— Dev’essere sveglia e collaborare con me, altrimenti potrei causare lesioni irreparabili. E… e lei non vuole lasciarmi fare — concluse.
— Perché?
Infine Damon confessò, riluttante: — Perché, se libero i canali, tornerà allo stato normale per lei, lo stato normale per una Custode, con i canali completamente separati dallo stato di una donna normale: liberi per l’energia psi, e completamente fissi. Tornerà com’era prima di lasciare la Torre. Completamente ignara di te, incapace di reagire sessualmente. In pratica, tornerebbe al punto di partenza.
Andrew fece un profondo respiro. — E qual è l’alternativa?
— In questo momento non ci sono alternative, temo — disse laconicamente Damon. — Così non potrà vivere a lungo. — Toccò per un attimo la fredda mano di Callista e poi andò nella propria camera, dove teneva la scorta di medicine di erbe che aveva usato in quei giorni. Esitò, ma infine scelse una boccetta; ritornò, svitò il tappo e versò il contenuto tra le labbra inerti di Callista, reggendole la testa per farglielo scorrere in gola.
— Che roba è? Cosa le hai dato, maledizione?
— Le impedirà di avere altre convulsioni — rispose Damon. — Almeno per il resto della notte. E domani… — Ma non terminò la frase. Anche quando lo faceva regolarmente alla Torre, non era entusiasta di quel lavoro. Gli ripugnava infliggere una sofferenza a Callista che doveva sacrificare quel po’ che aveva conquistato in fatto di maturazione e ritornare allo stato che Leonie le aveva imposto: immatura, frigida, neutra. Lasciò Callista e andò a lavare e a riporre la boccetta, cercando di calmarsi. Si sedette sull’altro letto, guardando sgomento Callista, e Ellemir gli venne al fianco. Andrew era ancora inginocchiato accanto a Callista, e Damon pensò che doveva allontanarlo perché anche nel sonno Callista era conscia di lui e i suoi canali reagivano a quella presenza fisica, anche se la sua mente non poteva farlo. Per un momento gli parve di vedere Andrew e Callista come una serie di campi magnetici vorticanti e mescolati, protesi l’uno verso l’altro per intrecciare la polarità. Ma mentre le energie avrebbero dovuto rafforzarsi a vicenda, turbinavano e arretravano in Callista, togliendole la forza, incapaci di scorrere liberamente… E cosa accadeva, a Andrew? Anche lui veniva drenato… Con uno sforzo, Damon interruppe la percezione e risalì alla superficie, tornando a vedere Callista solo come una donna gravemente malata, crollata dopo una convulsione, e Andrew come un uomo preoccupato, piegato dalla disperazione e dalla paura.
Era per questo che Leonie l’aveva allontanato dalla Torre, lo sapeva. Aveva detto che era troppo sensibile, che sarebbe stato annientato; e con quel ricordo, per la prima volta in vita sua, venne la ribellione. Sarebbe stata una forza, non una debolezza. Avrebbe potuto renderlo ancora più utile.
Ellemir si sedette accanto a lui. Damon le tese la mano e pensò, con un desiderio che era quasi angoscia, che da molto tempo non si univano nell’atto d’amore. Eppure, la lunga disciplina come tecnico delle matrici restò salda nella sua mente. Non pensò alla possibilità di spezzarla. Fece posto a Ellemir, la baciò gentilmente e disse: — Devo risparmiare le forze, tesoro: domani sarà molto faticoso. Altrimenti… — Depose un bacio sul palmo della mano di lei, in un gesto che era un ricordo intimo e una promessa.
Ellemir sentì che stava fingendo una gaiezza e una sicurezza non provate, e per un momento si offese al pensiero che Damon non credesse che lei sapeva o s’illudesse di poterle mentire. Poi riconobbe dietro quell’ottimismo l’inflessibile disciplina, il rigoroso galateo di un operatore telepatico. Ammettere mentalmente quel timore significava rafforzarlo, creare una specie di riflusso che l’avrebbe trascinato in un vortice di disperazione. Rifletté, con una venatura di cinismo, che era duro essere legata così strettamente a un telepate. Ma il suo amore e la sua preoccupazione per Damon erano traboccanti. Sapeva che lui non voleva pietà: ma in quel momento aveva bisogno di essere liberato dalla preoccupazione di dover compensare la paura di lei.
Doveva portare da sola il suo fardello di paure, si disse Ellemir. Non poteva scaricarlo su Damon. Prese tra le proprie la mano del marito e si chinò a ricambiare delicatamente il bacio.
Riconoscente, Damon l’attirò a sé, cingendola col braccio, in un contatto consolante ed esente dal desiderio.
Andrew, inginocchiato accanto a Callista, si voltò a guardarli, e Damon captò le sue emozioni: paura per Callista, timore, incertezza (Davvero Damon può aiutarla?), angoscia per ciò che sarebbe accaduto se lei tornava a essere interamente una Custode, con l’antico condizionamento intatto nei canali liberati. E, nel vedere Ellemir che giaceva vicina a Damon, raggomitolata tra le sue braccia, un’emozione confusa che in realtà non era neppure gelosia. Callie e lui non avevano mai avuto neppure questo… La pietà di Damon per Andrew era così profonda che dovette soffocarla affinché non lo dilaniasse sminuendo le sue forze per ciò che doveva fare l’indomani.
— Rimani vicino a Callista. Chiamami se ci fosse qualche cambiamento, anche se di poco conto — disse, e vide Andrew accostare una poltrona al letto e piegarsi in avanti, tenendo leggermente nella mano il polso di Callista.
Poveretto, pensò: non può neppure disturbarla, ormai. Lei è troppo grave, ma Andrew ha bisogno di sentire che sta facendo qualcosa per lei, altrimenti impazzirebbe. E il conforto che aveva trovato nella vicinanza di Ellemir era svanito. Con rigorosa disciplina s’impose di rilassarsi, di restare disteso serenamente accanto a lei, di sciogliere i muscoli e di aleggiare nella calma che gli era necessaria. E finalmente si addormentò.
Era giorno fatto quando Callista si mosse e aprì gli occhi, con aria confusa.
— Andrew?
— Sono qui, amore. — Lui le strinse le dita tra le proprie. — Come ti senti?
— Meglio, credo. — Callista non provava nessun dolore. Chissà dove, molto tempo prima, qualcuno le aveva detto che era un brutto segno. Ma dopo le sofferenze degli ultimi giorni, era un sollievo. — A quanto pare, ho dormito parecchio: e Damon che si preoccupava perché non ci riuscivo!
Non si era accorta di essere stata drogata? Andrew disse: — Chiamiamo Damon. — Si scostò. Damon era steso sull’altro letto, e cingeva Ellemir con un braccio. Andrew provò una dolorosa fitta d’invidia. Sembravano così sicuri, così felici di quella vicinanza. Chissà se lui e Callista avrebbero mai avuto quella gioia. Doveva crederlo, altrimenti sarebbe morto.
Ellemir aprì gli occhi e gli sorrise: quando lei si mosse, Damon si svegliò di colpo.
— Come sta Callista?
— Sembra che stia meglio.
Damon lo guardò scettico, si alzò e andò accanto alla giovane malata. Seguendolo, Andrew vide improvvisamente Callista con gli occhi di Damon: pallida ed emaciata, con gli occhi infossati.
Damon disse gentilmente: — Callista, tu sai come lo so io quello che si deve fare. Sei una Custode.
— Non chiamarmi così! — esclamò lei. — Mai più.
— So che sei stata sciolta dal giuramento, ma un giuramento è soltanto una parola. Ti assicuro che non c’è nessun altro modo. Non posso assumermi la responsabilità…
— Non te l’ho chiesto! Sono libera…
— Libera di morire — disse brutalmente Damon.
— Non pensi che preferirei morire? — ribatté lei; e cominciò a piangere, per la prima volta dopo quella notte, scossa dai singhiozzi. Damon la fissò, impassibile, ma Andrew la prese tra le braccia e la strinse a sé in un gesto di protezione.
— Damon, cosa diavolo le stai facendo?
Damon era avvampato di collera. Disse: — Maledizione, Callista, sono stanco di essere trattato come un mostro che si mette in mezzo a voi, quando invece mi sono sfinito nel tentativo di proteggervi.
— Lo so — replicò lei, continuando a piangere. — Ma non lo sopporto. Tu sai cosa significa per Andrew, per me: è una cosa che ci ucciderà tutti e due!
Andrew sentiva che le tremavano le mani, mentre gli stava aggrappata, cinta dalle sue braccia, leggera come una bambina. Gli sembrava di vederla da lontano, come una strana ragnatela di luce, una specie di rete di energia elettrica. Da dove proveniva quella particolare percezione? Il suo corpo pareva non più concreto ma tremava in una specie di nulla, e anche lui non era altro che una fragile ragnatela di energie elettriche che scintillavano e crepitavano, con una crescente debolezza mortale…
Adesso non poteva più scorgere Damon… Anche Damon era perduto dietro il turbine delle reti elettriche. No, Damon fluiva, mutava, ardeva d’ira: un cremisi cupo, come una fornace. Andrew aveva già visto qualcosa di simile, quando aveva affrontato Dezi. Come tutti gli uomini dal temperamento tranquillo e dalle collere improvvise e passeggere, era sbalordito e inorridito per il cupo e profondo bagliore dell’ira di Damon. Vagamente, dietro i colori mutevoli e le energie elettriche, le pulsazioni e le luci vorticanti, comprese che Damon si avvicinava alla finestra e si fermava, voltando loro le spalle, a guardare la nevicata, lottando per dominare la collera. Andrew sentiva quella rabbia dentro di sé, come sentiva la sofferenza di Callista e la confusione di Ellemir. Si sforzò di rivederli interamente concreti e umani, non più come gorghi di immagini elettriche. Qual era la realtà? si chiese. Davvero non era altro che masse vorticanti di energia, campi di forza e di atomi in movimento nello spazio? Lottò per aggrapparsi alla percezione umana, attraverso la stretta febbrile e frenetica di Callista. Voleva andare alla finestra… Andò alla finestra e toccò Damon… E non si mosse, ancorato dal peso di Callista sulle sue ginocchia. A fatica, ritrovò la voce e disse, supplichevole: — Damon, nessuno pensa che tu sia un mostro. Callista farà ciò che tu ritieni giusto. Ci fidiamo di te: non è vero, Callista?
Con uno sforzo, Damon riuscì a dominare la collera. Era difficile che se ne lasciasse vincere per più di un momento. E si vergognava. Infine andò vicino a loro e disse, gentilmente: — Andrew ha il diritto di essere consultato a proposito della tua decisione, Callista. Non puoi continuare a far questo a tutti noi. Se la decisione riguardasse te sola… — S’interruppe, soffocando un grido. — Andrew! Mettila giù, presto!
Callista si era abbandonata inerte fra le braccia di Andrew. Scosso dalla paura che vibrava nella voce di Damon, Andrew non protestò quando l’altro gliela tolse dalle braccia e la ridistese sul letto. Poi Damon gli accennò di allontanarsi. Sconcertato e risentito, il terrestre ubbidì. Damon si chinò sulla donna.
— Vedi? No, non ricominciare a piangere, non ne hai la forza. Non sai che hai avuto una crisi, questa notte? Hai avuto una convulsione. Ti ho dato un po’ di raivannin: tu sai cosa significa come lo so io, Callie.
Lei trovò appena la forza di mormorare: — Credo… che sarebbe meglio per tutti…
Damon le strinse delicatamente i polsi con una mano: erano così esili che le mani di Damon, sebbene non grandi, li cingevano completamente. Captando lo sguardo risentito di Andrew, lui disse, stancamente: — Non ha le forze per sopportare un’altra convulsione.
Andrew, allo stremo della sopportazione, replicò: — Anche questo è stato per causa mia? Sarà sempre pericoloso se la toccherò?
— Non dare la colpa a Andrew, Damon… — La voce di Callista era un filo appena percettibile. — Sono stata io a volerlo…
— Vedi? — fece Damon. — Se ti tengo lontano da lei, vuole morire. Se lascio che la tocchi, la tensione fisica peggiora. A parte l’angoscia emotiva, che vi sta facendo a pezzi, fisicamente lei non può reggere ancora per molto. È necessario fare qualcosa in fretta, prima… — S’interruppe: ma tutti sapevano ciò che non aveva detto: prima che lei cada di nuovo in convulsioni, perché questa volta non potremo fermarle.
— Tu sai cosa si deve fare, Callista, e sai quanto tempo hai avuto a disposizione per decidere. Maledizione, Callie, credi che mi faccia piacere tormentarti, quando sei in questo stato? So che fisicamente sei nelle condizioni di una bambina di dodici anni, ma non sei una bambina: non sei capace di comportarti da adulta? Non sei capace di comportarti come la professionista che hai imparato a essere? Smettila di cedere alle emozioni! Siamo di fronte a una realtà fisica. Tu sei una Custode…
— No! No! — ansimò lei.
— Almeno mostra un po’ del buonsenso e del coraggio che hai appreso come Custode! Mi vergogno di te. Il tuo cerchio si vergognerebbe di te. Leonie si vergognerebbe…
— Maledizione, Damon! — cominciò Andrew; ma Ellemir, con un lampo negli occhi, gli afferrò il braccio. — Non immischiarti, sciocco — mormorò. — Damon sa quello che fa! Adesso è in gioco la vita di Callista!
— Tu hai paura — disse Damon, in tono di sfida. — Hai paura! Hilary Castamir non aveva ancora quindici anni, ma sopportava di farsi liberare i canali ogni quaranta giorni, e ha continuato per più di un anno. E tu hai paura di lasciarti toccare da me!
Callista giaceva riversa sui cuscini, sotto la dura stretta di Damon: era pallida come una morta, e i suoi occhi cominciavano a sfolgorare di una fiamma che nessuno le aveva mai visto. La voce, sebbene debolissima, tremava di una rabbia tale da sembrare un grido.
— Tu! Come osi parlarmi così, tu che sei stato scacciato da Leonie come un cucciolo guaiolante perché non avevi il coraggio necessario? Chi credi di essere, per parlarmi così?
Damon si alzò, lasciandola: come se, pensò Andrew, temesse di provare l’impulso di strangolarla. Il bagliore rosso-cupo della collera lo circondava di nuovo come un alone. Andrew strinse le mani finché vide il sangue sotto le unghie, cercando d’impedire che si disintegrassero tutti, ancora una volta, in vorticosi campi di energia.
— Chi sono? — gridò Damon. — Sono il tuo parente più prossimo, e sono il tuo tecnico, e sai benissimo cos’altro sono. E se non riesco a farti intendere la ragione, se tu non vuoi usare la tua conoscenza e il tuo giudizio, allora ti giuro, Callista di Arilinn, che farò portare qui Dom Esteban e lascerò che tu provi a fare le bizze con lui. Se tuo marito non è capace di farti comportare come tu dovresti, e se non ci riesce neppure un tecnico, allora, ragazza mia, puoi tentare con tuo padre. È vecchio, ma è ancora il nobile Alton, e se io gli spiegassi…
Lei ribatté, pallida per il furore: — Non oserai!
— Mettimi alla prova — replicò Damon, voltando le spalle e restando immobile, come se li ignorasse tutti quanti. Inquieto, Andrew distolse lo sguardo dalle spalle del cognato e si girò verso Callista, pallida e furiosa sui guanciali, legata alla coscienza da quel sottile filo di collera. Uno dei due avrebbe ceduto? Oppure sarebbero rimasti bloccati in quella terribile lotta fra due volontà fino a quando uno dei due fosse morto? Captò un pensiero vagabondo (di Ellemir?): che la madre di Damon era un’Alton, che anche lui aveva il dono del casato. Ma Callista era più debole: Andrew sapeva che non poteva sostenere a lungo la furia che li stava distruggendo tutti. Doveva spezzare quel blocco, e in fretta. Ellemir si sbagliava. Damon non poteva piegare in quel modo la volontà di Callista, neppure per salvarle la vita.
Si accostò a Callista e s’inginocchiò di nuovo al suo fianco. La supplicò: — Tesoro, fa’ ciò che chiede Damon.
Lei gemette, e la fredda collera si spezzò lasciandogli intravedere la terribile angoscia. — Ti ha detto cosa significherebbe se non potessi… Che ci farebbe perdere anche quel poco che abbiamo avuto?
— Me l’ha detto — rispose Andrew, tentando disperatamente di esprimere in qualche modo la dolorosa tenerezza che in lui aveva sommerso ogni altra cosa. — Ma tesoro, io ti amavo già prima di vederti. Credi che questo sia tutto ciò che voglio da te?
Damon si voltò lentamente. La sua collera si era dispersa. Li guardò con profonda e angosciata pietà, ma la sua voce era dura. — Hai trovato il coraggio necessario, Callista?
Lei rispose, sospirando: — Oh… coraggio? Damon, non è il coraggio quello che mi manca. Ma perché? Tu dici che mi salverà la vita. Ma vale la pena di conservarla, questa mia vita? E ho coinvolto tutti voi. Preferirei morire adesso, piuttosto di trascinarvi tutti con me.
Andrew inorridì per la sconfinata disperazione nella sua voce. Fece per riprenderla tra le braccia, ma rammentò che al minimo contatto la metteva in pericolo. Rimase paralizzato, immobilizzato dall’angoscia di lei. Damon venne a inginocchiarsi accanto a lui e li attirò a sé. La pulsazione lenta e delicata, il flusso e il riflusso dei ritmi abbinati, nudi nell’oscurità mobile, li avviluppavano in un’intimità che era più stretta di quella dell’amore.
Damon disse, in un bisbiglio: — Callista, se la decisione riguardasse soltanto te ti lascerei morire. Ma fai parte di tutti noi, e non posso lasciarti andare. — E uno di loro (Andrew non seppe mai se era stato lui stesso o un altro) lanciò un pensiero che s’intessé attraverso i molteplici legami che formavano il loro cerchio: Callista, finché abbiamo questo, vale la pena di vivere nella speranza che troveremo il modo di avere il resto.
Come se risalisse alla superficie dopo un tuffo a grande profondità, Andrew ritornò a un senso di coscienza individuale. Lo sguardo di Damon incontrò il suo, e lui non si ritrasse da quell’intimità. Gli occhi di Callista erano così illividiti, così dilatati dalla sofferenza, da sembrare neri nel volto pallidissimo; ma lei sorrise, muovendosi leggermente contro il suo braccio.
— Sta bene, Damon. Fa’ quello che devi fare. Ho fatto del male a tutti voi… anche troppo. — Le si affievolì il respiro: parve lottare per non perdere i sensi. Ellemir sfiorò la fronte della sorella con un bacio lieve.
— Non parlare. Comprendiamo.
Damon si alzò e condusse Andrew fuori dalla stanza.
— Maledizione, questo è un lavoro per una Custode. Un tempo c’erano Custodi maschi, ma io non ho la preparazione.
— Tu non vorresti farlo, vero?
— E chi lo vorrebbe? — La voce di Damon tremava irresistibilmente. — Ma non c’è altro da fare. Se cade di nuovo in convulsioni, potrebbe non sopravvivere fino a sera. Il sovraccarico di tutte le funzioni vitali… il polso, il respiro… e se peggiora ancora… Be’, è un’Alton. — Scosse la testa, disperato. — Quello che ha fatto a te sarebbe niente in confronto a ciò che potrebbe fare a tutti noi se la sua mente cessasse di funzionare e lei capisse soltanto che le stiamo facendo del male… — Fremette per l’orrore. — E devo farle del male. Ma devo farlo finché è cosciente e in grado di collaborare in modo razionale.
— Di cosa hai paura? Non puoi farle male sul serio, no, usando… come si chiama?… lo psi… sui canali. Non sono neppure fisici, non è così?
Damon chiuse gli occhi per un istante, in un movimento spasmodico, involontario. Disse: — Non la ucciderò. Ne so abbastanza per non ucciderla. Per questo dev’essere cosciente, tuttavia. Se sbagliassi i calcoli potrei ledere alcuni nervi incentrati intorno all’apparato riproduttivo. Potrei lederli in modo da sminuire le possibilità che abbia un figlio, e lei può indicarmi molto meglio di me dove sono i nervi principali.
— In nome di Dio — mormorò Andrew, — non puoi farlo mentre lei è priva di sensi? Che importanza ha, se non potrà avere figli?
Damon lo guardò, scandalizzato e inorridito. — Non puoi dire sul serio! — esclamò, cercando disperatamente di trovare una giustificazione nell’angoscia dell’amico. — Callista è una Comyn, possiede il laran. Qualunque donna morirebbe piuttosto di rischiare questo. È una moglie, non una donna da strada.
Andrew ammutolì di fronte al sincero orrore di Damon, cercando di nascondere l’immensa perplessità. Era inciampato in un altro tabù darkovano. Non avrebbe mai imparato? Disse, rigido: — Perdonami se ti ho offeso, Damon.
— Offeso? Non esattamente, ma… scandalizzato. — Damon era sbalordito. Andrew non considerava la cosa più preziosa che lei potesse dargli, l’eredità, il clan? L’amore di lui era soltanto libidine ed egoismo? Poi si sentì di nuovo sconcertato. No, pensò: Andrew aveva sopportato tanto, per Callista: non si trattava di questo. Infine pensò, disperato: Gli voglio bene, ma riuscirò mai a capirlo?
Andrew, coinvolto nelle sue emozioni, si voltò e posò la mano, con un gesto imbarazzato, sulla spalla di Damon. Disse, esitante: — Chissà… chissà se qualcuno riesce mai a comprendere un altro. Io ci sto provando, Damon. Dammi tempo.
Per Damon, la reazione normale sarebbe stata di abbracciare Andrew: ma si era abituato a vedere che quei gesti naturali venivano respinti e sapeva che mettevano in imbarazzo il suo amico. Sarebbe stato necessario rimediare anche a quello. — Siamo d’accordo su una cosa, fratello: entrambi vogliamo il bene di Callista. Torniamo da lei.
Andrew ritornò al fianco di Callista. Nonostante tutto, aveva avuto la sensazione che Damon esagerasse. Erano questioni psicologiche: come potevano avere un autentico effetto fisico? Ora sapeva che Damon non sbagliava: Callista stava morendo. Con un brivido di terrore vide che non tentava neppure di spostare la testa sul cuscino, sebbene muovesse gli occhi per seguirlo.
— Damon, giura che dopo ci sarà un modo di riportarmi alla… alla normalità…
— Lo giuro, breda. — La voce di Damon era salda come le sue mani, ma Andrew vedeva che stava lottando per dominarsi. Callista, però, appariva serena.
— Non ho kirian, Callista.
Andrew la sentì tendersi per la paura; ma lei disse: — Posso farne a meno. Fa’ quello che devi fare.
— Se vuoi rischiare, hai i fiori di kireseth…
Lei fece uno stanco gesto di rifiuto. Damon aveva previsto che non avrebbe accettato: per coloro che erano stati addestrati nella Torre, il tabù era assoluto. Eppure avrebbe desiderato che lei fosse meno scrupolosa, meno coscienziosa. — Hai detto che avresti provato…
Damon annuì, mostrandole la boccetta. — Una tintura. Ho filtrato le impurità e ho sciolto le resine nel vino. Sarà sempre meglio che niente.
La risata di lei fu silenziosa: non più di un respiro. Andrew, che la guardava, si stupì pensando che potesse ridere in un momento simile. — So che non è la tua dote più spiccata. Proverò, ma prima lascia che l’assaggi. Se hai scelto la resina sbagliata… — Callista fiutò cautamente la boccetta, ne assaggiò qualche goccia, e infine disse: — Non è pericolosa. La proverò, ma… — Rifletté, e poi aggiunse, accostando il pollice e l’indice: — Non più di così.
— Te ne servirà di più, Callista. Non sei mai stata capace di sopportare il dolore — protestò Damon. Lei replicò: — Devo essere estremamente conscia dei centri inferiori e dei nervi del tronco. I nodi principali di sfogo sono sovraccarichi, quindi può darsi che tu debba dirottare le energie. — Andrew provò un fremito di orrore a quel tono clinico e distaccato: Callista parlava come se il suo corpo fosse una macchina che funzionava male e i suoi nervi fossero condotti difettosi. Era orribile, fare questo a una donna!
Damon le sollevò la testa e la sorresse mentre lei inghiottiva la dose indicata. Callista si fermò esattamente al punto che aveva deciso, e chiuse la bocca con un piglio ostinato. — No, basta, Damon. Conosco i miei limiti.
Lui ammonì, con voce incolore: — Sarà peggio di qualunque altra cosa che tu hai sopportato.
— Lo so. Se colpisci un nodo troppo vicino al… — (Andrew non comprese il termine che lei usò) — potrei avere un altro attacco.
— Starò attento. Quanti giorni fa sono cessate completamente le mestruazioni? Sai a quale profondità dovrò scendere?
Callista fece una smorfia. — Lo so. Ho liberato Hilary due volte, e io ho un sovvraccarico maggiore di quello che aveva lei. C’è ancora un residuo…
Damon scorse l’espressione inorridita di Andrew, e disse: — Davvero vuoi che lui stia qui, cara?
Callista strinse le dita sulla mano di lui. — Ne ha il diritto.
La voce di Damon era così tesa da risuonare aspra: ma Andrew, che era ancora collegato a lui, sapeva che era soltanto angoscia interiore. — Non è abituato, Callista. Capirà soltanto che ti sto facendo del male.
Dio!, pensò Andrew. Doveva vederla soffrire ancora? Ma disse, calmo: — Callista, se hai bisogno di me resterò.
— Se dovessi partorire, lui resterebbe collegato e condividerebbe una sofferenza ben più grande di questa.
— Sì — replicò gentilmente Damon. — Ma se si trattasse di questo (Signore della Luce, come vorrei che lo fosse!), tu potresti stringergli la mano e attingere senza esitare alla sua forza. Ma adesso, come ben sai, dovrei proibirgli di toccarti, qualunque cosa accadesse. E dovrei proibire a te di tendergli la mano. Mandiamolo via, Callista.
Per poco, lei non si ribellò: attraverso la propria infelicità percepiva la paura di Damon, la disperata riluttanza alla prospettiva di farla soffrire. Alzò una mano, sorprendendosi dolorosamente nel sentirla così pesante, e gli sfiorò il volto. — Povero Damon — sussurrò. — Ti dispiace, vero? Così sarà più facile per te, no?
Damon annuì, in silenzio. Era già abbastanza difficile infliggere una simile sofferenza, senza dover subire le reazioni di altri che non avevano la più vaga idea di ciò che doveva fare.
Risolutamente, Callista alzò gli occhi verso Andrew. — Va’, amore. Ellemir, portalo via. È un compito per un tecnico psi, e anche con tutta la buona volontà del mondo non puoi aiutare, e potresti anzi causare danni.
Andrew provò un miscuglio di sollievo e di rimorso (se lei poteva sopportare quelle sofferenze, allora lui doveva essere abbastanza forte da condividerle), ma sentiva anche che Damon era grato della scelta di Callista. Sentiva lo sforzo che l’altro stava compiendo per assumere lo stesso atteggiamento clinico e distaccato mostrato da Callista. In preda all’orrore e al rimorso e a un senso di vergogna e di sollievo, si affrettò ad alzarsi e uscire.
Dietro di lui, Ellemir esitò e lanciò un’occhiata a Callista, chiedendosi se non sarebbe stato più facile se tutti avessero potuto partecipare attraverso il legame telepatico. Ma le bastò guardare Damon per decidersi. Era già abbastanza tremendo, per lui: se avesse dovuto infliggere la stessa sofferenza anche a lei, sarebbe stato peggio. Volutamente spezzò il legame con Damon e Callista, e senza voltarsi a vedere che effetto aveva avuto sugli altri due — ma poteva percepirlo, quel sollievo grande quasi quanto quello di Andrew — si affrettò a seguirlo attraverso il corridoio dell’appartamento. Lo raggiunse nella sala centrale.
— Credo che tu abbia bisogno di bere qualcosa. Cosa ne dici? — Lo condusse in soggiorno e frugò in un armadietto, estraendone una bottiglia squadrata di pietra e un paio di bicchieri. Versò, captando i pensieri angosciati di Andrew: Io me ne sto qui a bere, e Dio solo sa cosa sta passando Callista.
Andrew prese il bicchiere che Ellemir gli porgeva, e assaggiò. Si era aspettato che fosse vino: invece era un liquore fortissimo, bruciante. Bevve un sorso e disse, esitando: — Non voglio ubriacarmi.
Ellemir scrollò le spalle. — Perché no? Forse è la cosa migliore che tu possa fare.
Ubriacarmi! Mentre Callista…
Ellemir lo guardò negli occhi. — Proprio per questo — disse. — Così Damon sarebbe sicuro che te ne terrai fuori e gli lascerai fare quello che deve. Non gli va — aggiunse; e la tensione nella sua voce fece comprendere a Andrew che era preoccupata per Damon quanto lui era preoccupato per Callista.
— No. — Ma la voce di lei tremava. — Non… non nello stesso modo. Non possiamo aiutarli: tutto quello che possiamo fare è di tenercene fuori. E io non sono… abituata a essere esclusa così. — Sbatté rabbiosamente le palpebre.
Era così simile a Callista e così diversa, pensò Andrew. Si era abituato a giudicarla più forte di Callista, eppure questa era sopravvissuta alle terribili traversie nella grotta di Corresanti. Non era una fanciulla fragile, come l’aveva creduta lui. Nessuna Custode poteva essere debole. Era una forza diversa. Anche adesso aveva rifiutato la droga offerta da Damon.
Ellemir disse, sorseggiando il liquore bruciante: — Damon ha sempre odiato questo lavoro. Ma lo farà, per Callista. — Poi aggiunse, dopo un momento: — E per te.
Andrew replicò, a bassa voce: — Damon è un vero amico. Lo so.
— Sembra che ti sia difficile, dimostrarlo — disse Ellemir. — Ma forse è così che ti hanno insegnato a reagire agli altri, sul tuo mondo. Dev’essere molto difficile, per te — aggiunse. — Credo di non poter immaginare quanto lo sia, scoprire che tutti pensano in modi diversi, che perfino le piccole cose sono differenti. E immagino che sia più faticoso abituarsi alle piccole cose che a quelle grandi. A quelle grandi ci si adatta: ci si prepara. Le piccole cose arrivano inaspettate, quando non ci si pensa e non si è preparati.
Era molto acuta, pensò Andrew. Sì, erano appunto le piccole cose. La disinvolta nudità di Damon — e di Ellemir — che lo faceva sentire impacciato e vergognoso, come se le abitudini istintive di tutta una vita fossero forzate e in qualche modo scortesi; la grana grossolana del pane; Damon che baciava Dom Esteban nel salutarlo; Callista, nei primi giorni da quando dividevano la stessa stanza, per nulla imbarazzata quando lui la vedeva semisvestita, oppure una volta, per caso, quando l’aveva sorpresa completamente nuda nel bagno… ma era arrossita e aveva balbettato di vergogna quando, una volta, lui si era accostato e le aveva sollevato dal collo nudo le lunghe ciocche dei capelli sciolti. Disse, a voce bassa: — Sto cercando di abituarmi alle vostre usanze…
Ellemir gli riempì di nuovo il bicchiere. — Andrew, voglio parlarti.
Era la stessa frase di Callista: e inspiegabilmente lo indusse a tendersi, cauto. — Ti ascolto.
— Quella notte — (e immediatamente Andrew capì a quale notte si riferiva), — Callista ti ha detto ciò che io avevo offerto. Perché ti sei offeso? Davvero mi detesti tanto?
— Detestarti? No, naturalmente — rispose Andrew. — Ma… — S’interruppe, senza trovare le parole. — Non mi sembra giusto che tu mi tenti così.
— E tu sei stato giusto con qualcuno di noi? — esclamò Ellemir. — È giusto che ti ostini a restare in questo stato quando tutti noi dobbiamo condividerlo, ci piaccia o no? Da molto tempo sei in uno spaventoso stato di bisogno sessuale. Credi che io non lo sappia? Credi che non lo sappia anche Callista?
Andrew si sentì ferito. — E questo ti riguarda?
Ellemir ributtò la testa all’indietro e disse: — Sai benissimo perché mi riguarda. Eppure Callista ha detto che hai rifiutato…
Maledizione, era stata una proposta scandalosa: ma Callista, almeno, aveva avuto il pudore di mostrare una certa perplessità. E Ellemir era così simile a Callista che gli era difficile non reagire alla sua presenza. Strinse le labbra e disse, laconicamente: — Posso controllarmi. Non sono un animale.
— Cosa sei? Una pianta di cavoli? Controllarti? Non intendevo dire che altrimenti saresti capace di andartene in giro a violentare la prima donna che incontri. Ma questo non significa che l’esigenza non ci sia. Quindi, in pratica, tu menti con noi in tutto ciò che fai, in tutto ciò che sei.
— Dio onnipotente! — esclamò Andrew. — Ma qui non esiste intimità?
— Certo. Hai notato? Mio padre non ha fatto domande che potrebbero mettere in imbarazzo uno di noi. Non sono cose che riguardano lui, capisci? Non starà a curiosare. Nessuno di noi saprà mai se lui sa qualcosa di questo. Ma noi quattro… è diverso, Andrew. Non puoi essere sincero con noi, almeno?
— E allora cosa devo fare? Tormentare Callista per quello che non può darmi? — Andrew rammentò la notte in cui l’aveva fatto. — Non posso tentare ancora!
— No, certo. Ma non capisci che anche questo contribuisce a far soffrire Callista? Lei è terribilmente conscia del tuo bisogno, e perciò alla fine ha rischiato… quello che poi è accaduto, perché lei sapeva, e sapeva anche che non avresti accettato null’altro. Hai intenzione di continuare così, aggravando i suoi rimorsi… e i nostri?
La mancanza di sonno, la preoccupazione e la stanchezza, e l’effetto del cordiale a stomaco vuoto, avevano stordito Andrew, annebbiando la sua percezione: e adesso le cose scandalose che Ellemir stava dicendo sembravano quasi logiche. Se lui avesse fatto ciò che gli aveva chiesto Callista, non sarebbe mai successo questo…
Non era giusto. Così simile a Callista e così terribilmente diversa: questa sembrava che lanciasse scintille. — Sono amico di Damon. Come potrei fargli una cosa simile?
— Anche Damon ti è amico — ribatté Ellemir, con una nota di collera autentica nella voce. — Credi che si diverta a vederti soffrire? Oppure sei così arrogante da pensare che potresti indurmi ad amarlo di meno, solo perché farei per te ciò che qualunque donna come si deve sarebbe disposta a fare vedendo un amico ridotto così?
Andrew la guardò negli occhi, incollerito quanto lei. — Visto che dobbiamo essere così spaventosamente sinceri, non ti è passato per la mente che non sei tu quella che voglio? — Anche adesso si trattava solo del fatto che lei era lì, così simile a quella che avrebbe dovuto essere Callista.
La collera di Ellemir svanì all’improvviso. — Caro fratello — (usò la parola bredu), — lo so che ami Callista. Ma nel tuo sogno c’ero io.
— Un riflesso fisico — disse lui, brutalmente.
— Bene, anche quello è reale. E almeno non avresti più bisogno di tormentare Callista chiedendole ciò che non può darti. — Ellemir fece per riempirgli di nuovo il bicchiere. Andrew la trattenne.
— Basta. Sono già mezzo ubriaco. Maledizione, che importanza ha se la tormento in questo modo oppure andando a letto con un’altra?
— Non capisco. — Andrew sentiva che la confusione di Ellemir era sincera. — Vuoi dire che una donna della tua gente, se per qualche ragione non potesse dividere il letto del marito, s’indignerebbe se lui trovasse… conforto altrove? È strano… e crudele.
— Credo che quasi tutte le donne pensino che se… se devono astenersi per qualche ragione, sia giusto che l’uomo condivida la… l’astinenza. — Andrew cercò le parole. — Senti: se Callista è infelice e io me ne vado a… Oh, diavolo, non conosco i termini corretti. Non è una mascalzonata, da parte mia, comportarmi come se la sua infelicità non contasse nulla, pur di soddisfare le mie esigenze?
Ellemir gli posò la mano sul braccio, dolcemente. — Questo ti fa onore, Andrew. Ma mi è difficile immaginare che una donna, se ama un uomo, non sia lieta di sapere che lui ha potuto soddisfarsi, in un modo o nell’altro.
— Ma non penserebbe che non l’amo abbastanza da aspettarla?
— Credi che ameresti di meno Callista, se giacessi con me?
Andrew ricambiò lo sguardo con fermezza. — Niente al mondo potrebbe farmi amare di meno Callista. Niente.
Ellemir scrollò le spalle. — E allora, perché dovrebbe soffrirne? E pensa a questo, Andrew. Supponi che qualcun altro potesse aiutare Callista a spezzare i legami che non ha cercato e che non può infrangere. Saresti in collera con lei, o l’ameresti meno?
Punto sul vivo, Andrew ricordò il momento in cui gli era parso che Damon si fosse messo tra loro, e la sua gelosia quasi frenetica. — Vuoi farmi credere che qui a un uomo non dispiacerebbe?
— Proprio adesso mi hai detto che nulla potrebbe indurti ad amarla di meno. Glielo proibiresti, allora?
— Proibirglielo? No. Ma mi chiederei quanto è profondo il suo amore.
All’improvviso, la voce di Ellemir prese a tremare. — Allora voi terrestri siete come gli uomini delle Città Aride, che tengono le loro donne rinchiuse e incatenate perché nessun altro le tocchi? E Callista è un giocattolo che tu vuoi chiudere in uno scrigno perché nessun altro possa prenderlo? Ma che cos’è per te il matrimonio?
— Non lo so — rispose avvilito Andrew: la sua collera si era attenuata. — Non sono mai stato sposato, prima d’ora. Non voglio litigare con te, Elli. — Mormorò a fatica quel vezzeggiativo. — Io… ecco… bene, prima stavamo parlando delle cose che mi sembrano strane: eccone una. Credere che Callista non soffrirebbe…
— Se l’avessi abbandonata, o se l’avessi costretta a consentire contro la sua volontà (come Dom Ruyven di Castamir, che aveva costretto dama Crystal ad accogliere la sua moglie barragana e ad adottare tutti i bastardi partoriti da quella donna), allora sì che avrebbe motivo di angosciarsi. Ma come puoi credere che sia una crudeltà se fai ciò che lei vuole? — Ellemir lo guardò negli occhi e gli prese gentilmente la mano. Poi disse: — Se tu soffri, tutti noi ne risentiamo. Anche Callista. E… e anch’io, Andrew.
Le barriere del terrestre erano abbassate. Il contatto tra le loro menti lo fece sentire completamente indifeso, scoperto. Non si stupiva più che lei non avesse esitato a farsi vedere senza niente addosso. La vera nudità era questa.
Era arrivato a quel particolare stadio di ubriachezza in cui i preconcetti si offuscano e la gente fa cose scandalose, convincendosi che sono normalissime. Vedeva Ellemir ora come lei stessa, ora come Callista, ora come un segno visibile di un contatto che solo adesso lui cominciava a comprendere, il quadruplice legame tra loro. Lei si chinò e posò la bocca sulla sua. Andrew si sentì pervaso da una scossa elettrica. Tutta la sua frustrazione dolorosa si trasfuse nella forza con cui la prese tra le braccia.
Sta succedendo davvero oppure sono ubriaco e sto sognando di nuovo? Il pensiero si offuscò. Sentiva il corpo di Ellemir tra le braccia, snello, nudo, sicuro, con quella strana accettazione concreta. In un attimo d’intuizione completamente lucida comprese che quello era il modo in cui Ellemir escludeva la consapevolezza di Damon. Non si trattava solo della sua esigenza, ma anche di quella di lei. E ne era lieto.
Era nudo, e non ricordava di essersi spogliato. Lei era calda e docile tra le sue braccia. Sì, c’è già stata per un momento: noi quattro, uniti, prima della catastrofe…. In fondo alla mente di lei percepì un senso di affettuoso divertimento: No, tu non mi sei estraneo…
E insieme all’eccitazione crescente venne un pensiero, strano e triste: avrebbe dovuto essere Callista, non lei. Ellemir gli dava una sensazione così diversa, tra le sue braccia: era così solida, senza la timida fragilità che l’aveva tanto affascinato in Callista. Poi sentì il tocco di lei che lo eccitava, annullando i suoi pensieri. Sentì i ricordi appannarsi, e per un momento si chiese se era opera sua: quella foschia benedetta annebbiava tutto. Adesso era soltanto un corpo che reagiva, spinto da una lunga privazione, conscio soltanto di un corpo arrendevole e sensibile tra le sue braccia, di un’eccitazione e di una tenerezza pari alle sue nella ricerca dello sfogo a lungo negato. Quando l’acme giunse fu così intenso che Andrew temette di perdere i sensi.
Dopo lunghi istanti si mosse, spostandosi cautamente. Lei sorrise e si scostò i capelli dal volto. Andrew si sentiva calmo, liberato. No, era qualcosa di più della gratitudine: era una vicinanza, come… sì, come il momento in cui si erano incontrati nella matrice. Disse, sottovoce: — Ellemir. — Solo una riconferma, una sicurezza. Per il momento lei era chiaramente se stessa, non era Callista, non era nessun’altra. Lo baciò lievemente sulla tempia, e all’improvviso lo sfinimento e la liberazione del lungo diniego lo travolsero: si addormentò tra le braccia di Ellemir. Dopo chissà quanto tempo, si svegliò e vide che Damon li stava guardando.
Aveva l’aria stanca e stravolta, e Andrew pensò, sgomento, che quello era il migliore amico che avesse mai avuto e lui era lì a letto con sua moglie.
Ellemir si levò di scatto a sedere. — Callista…?
Il sospiro di Damon sembrò salire dalle radici del suo essere. — Si riprenderà perfettamente. Ora dorme. — Barcollò, e per poco non cadde addosso a loro due. Ellemir tese le braccia e lo strinse al seno.
Andrew sentì di essere di troppo: poi, captando lo sfinimento di Damon, che era ormai sull’orlo del collasso, si rese conto che quella sua preoccupazione era egoistica, incoerente. Goffamente, augurandosi che ci fosse un modo per esprimere ciò che provava, passò la mano intorno alle spalle di Damon.
Damon sospirò di nuovo e disse: — Sta meglio di quanto avessi osato sperare. È molto debole, naturalmente, ed esausta. Dopo tutto quello che le ho fatto passare… — Rabbrividì, e Ellemir lo strinse a sé.
— È stato così terribile, amore?
— Terribile, sì, terribile per lei — mormorò Damon. Anche in quel momento (Ellemir lo sentì, con una stretta al cuore) stava cercando di proteggerla, di proteggere entrambi dalla crudezza del ricordo. — È stata così coraggiosa, e io non sopportavo di doverle fare tanto male. — La sua voce si spezzò. Nascose il volto nel seno di Ellemir e prese a singhiozzare: singulti aspri, irrefrenabili.
Andrew pensò che adesso doveva andarsene, ma Damon gli cercò la mano e la serrò in una stretta sofferente. Andrew, accantonando il disagio di trovarsi presente in quel momento, pensò che adesso Damon aveva bisogno di tutto il conforto che era possibile dargli. Disse soltanto, sottovoce, quando Damon si fu calmato: — Devo andare da Callista?
Damon captò il sottinteso in quelle parole: Tu e Ellemir preferite restare soli. Nelle sue condizioni di stanchezza e di tensione era doloroso, come un rifiuto. Lo sfinimento diede un tono tagliente alle sue parole.
— Lei non saprà neppure se ci sei o no, ma fa’ come ti pare! — E il seguito era evidente come la parte che aveva pronunciato: Se davvero non vedi l’ora di allontanarti da noi.
Lui non capisce ancora…
Damon, come potrebbe? Anche Ellemir stentava a comprendere. Sapeva soltanto che quando Damon si trovava in quelle condizioni era una cosa dolorosa, stancante. Non era in grado di confortarlo, di rispondere alle sue esigenze; e si sentiva straziata dalla propria incapacità. Non era un bisogno sessuale: quello avrebbe potuto capirlo e alleviarlo; ma ciò che percepiva in Damon la lasciava esausta e impotente, perché non era un bisogno riconoscibile e comprensibile. Un po’ della sua disperazione si comunicò a Andrew, sebbene lei dicesse soltanto: — Resta, ti prego. Credo che ci voglia vicini tutt’e due, adesso.
Damon, aggrappandosi a entrambi in un disperato e straziante bisogno di contatto fisico, che tuttavia non era la sua vera esigenza, pensò: No, non capiscono. E poi, più razionalmente: E non capisco neppure io. Per il momento gli bastava che fossero lì. Non era completo, non era ciò di cui aveva bisogno, ma per il momento poteva bastare: e Ellemir, che lo teneva stretto per alleviargli la disperazione, pensò che così avrebbero potuto calmarlo un po’. Ma di cosa aveva bisogno, veramente? L’avrebbe mai scoperto? Ne dubitava. E come avrebbe potuto saperlo, lei, se neppure Damon lo sapeva?