CAPITOLO DICIOTTESIMO

Era una mattinata grigia: il sole era nascosto dietro banchi di nebbia, e folate di nevischio turbinavano intorno alle alture, quando il corteo funebre si avviò verso nord, partendo da Thendara, per portare Domenic Lanart-Alton all’estremo riposo, accanto ai progenitori dei Comyn. Il rhu fead di Hali, il luogo sacro ai Comyn, si trovava a un’ora di cavalcata verso nord da Castel Comyn, e tutti i nobili e le dame che erano giunti al Consiglio negli ultimi tre giorni si erano uniti al corteo per rendere onore all’erede degli Alton, ucciso così giovane per un tragico incidente.

C’erano tutti, tranne Esteban Lanart-Alton. Andrew, che cavalcava insieme a Cathal Lindir e al giovane Valdir, ricordò la scena che era accaduta quel mattino quando Ferrika, chiamata dal vecchio per somministrargli qualcosa che gli desse la forza di affrontare il viaggio, aveva rifiutato recisamente.

— Non sei in condizioni di viaggiare, vai dom, neppure in lettiga. Se accompagnerai tuo figlio alla tomba, giacerai accanto a lui prima che siano trascorsi dieci giorni. — Poi aveva aggiunto, più dolcemente: — Non puoi fare più nulla per quel povero ragazzo, nobile Alton. Adesso dobbiamo occuparci di te.

Il vecchio si era infuriato tanto che Callista, convocata in tutta fretta, aveva temuto che quella collera precipitasse la disgrazia paventata da Ferrika. Aveva cercato di trovare un compromesso, chiedendo: — Possibile che viaggiare gli faccia più male di questa crisi?

— Non mi arrenderò alle decisioni di una donna! — aveva urlato Dom Esteban. — Mandate a chiamare il mio valletto e andatevene! Dezi… — Si era rivolto al ragazzo, per chiedere il suo appoggio, e quello aveva detto, arrossendo: — Se tu andrai, zio, verrò con te.

Ma Ferrika era sgattaiolata via, e poco dopo era tornata con mastro Nicol, l’ufficiale ospitaliero delle Guardie. L’uomo aveva tastato il polso di Dom Esteban, gli aveva abbassato le palpebre per scrutare le venuzze degli occhi, e poi aveva detto, seccamente: — Mio signore, se oggi esci di qui, molto probabilmente non tornerai. Ci sono altri che possono seppellire il morto. Il tuo erede non è stato neppure accettato formalmente dal Consiglio, e comunque è solo un ragazzo di quattordici anni. Il tuo dovere, vai dom, è di risparmiare le forze fino a quando Valdir sarà diventato uomo. Per rendere un ultimo omaggio sentimentale al figlio morto, vuoi rischiare di lasciare senza padre il figlio vivo?

Di fronte a quelle verità sgradevoli non c’era nulla da dire. Sgomento, Dom Esteban aveva lasciato che mastro Nicol lo rimettesse a letto. Aveva stretto la mano di Dezi, e il ragazzo era rimasto docilmente al suo fianco.

Ora, mentre cavalcava verso Hali, Andrew ricordava le visite di condoglianza e le lunghe conversazioni con gli altri membri del Consiglio, che avevano sfinito il vecchio Dom Esteban. Anche se fosse sopravvissuto all’imminente sessione del Consiglio e al viaggio di ritorno a casa, sarebbe riuscito a vivere fino a quando Valdir fosse stato proclamato uomo malgrado la giovane età? E come avrebbe potuto, un ragazzo di quindici anni, districarsi fra i complicati intrighi politici del dominio? Sarebbe stato certamente molto difficile per quel ragazzo erudito, che aveva vissuto un’esistenza protetta e isolata tra le mura di un monastero.

Valdir procedeva alla testa del corteo, nelle scure vesti da lutto, pallidissimo. Accanto a lui cavalcava il suo amico giurato, Valentine Aillard, che l’aveva accompagnato da Nevarsin: era un ragazzo alto e robusto, con i capelli così biondi da sembrare bianchi. I due avevano l’aria solenne, ma non sembravano profondamente addolorati. Nessuno di loro aveva vissuto abbastanza a lungo insieme a Domenic per soffrire veramente.

Sulle rive del lago di Hali, dove — secondo la leggenda — Hastur, figlio della Luce, era disceso su Darkover, il corpo di Domenic venne deposto in una tomba senza lapide, come imponeva la tradizione. Callista si appoggiò a Andrew, mentre stavano accanto alla tomba aperta, e il terrestre captò il pensiero di lei: Non importa dove giace: è andato altrove. Ma per mio padre sarebbe stato un conforto, se fosse stato sepolto ad Armida.

Andrew girò lo sguardo sul cimitero e rabbrividì. Sotto i suoi piedi riposavano i resti mortali di innumerevoli generazioni di Comyn, e nulla indicava dove giacessero se non le irregolarità del suolo, sollevato dai disgeli primaverili e dalle nevicate invernali. Anche i suoi figli e le sue figlie sarebbero stati sepolti così? Anche lui, un giorno, sarebbe stato portato lì, all’ultimo riposo, sotto quel sole estraneo?

Valdir, come parente più stretto, fu il primo ad accostarsi alla tomba. Aveva una voce acuta e infantile, e parlava in tono esitante.

— Quando avevo cinque anni, mio fratello Domenic mi ha sollevato dalla groppa del mio pony e ha dichiarato che dovevo avere un cavallo adatto a un uomo. Mi ha condotto alle scuderie e ha aiutato il coridom a scegliermi un cavallo docile. Che questo ricordo allevii il dolore.

Indietreggiò, e Valentine Aillard prese il suo posto. — Durante il mio primo anno a Nevarsin mi sentivo solo e infelice, come tutti i ragazzi: anzi di più perché non avevo né madre né fratelli viventi, e mia sorella era in adozione, molto lontano. Domenic era venuto a far visita a Valdir. Mi ha condotto in città e mi ha comprato doni e dolciumi, perché avessi quello che avevano gli altri ragazzi dopo una visita dei parenti. Quando inviava regali a Valdir, per la festa del solstizio d’inverno, mandava un regalo anche per me. Che questo ricordo allevii il dolore.

Uno dopo l’altro, i componenti del corteo funebre si fecero avanti: ognuno aveva un ricordo o un tributo per colui che giaceva nella tomba. Cathal Lindir tacque a lungo, reprimendo i singhiozzi, e infine proruppe: — Eravamo bredin. L’amavo. — Poi indietreggiò, nascondendosi tra la folla, incapace di pronunciare la formula rituale. Callista, prendendo il suo posto accanto alla fossa, disse: — Era l’unico della mia famiglia per il quale io non fossi… non fossi una persona diversa, straniata. Anche quando ero ad Arilinn, e tutti gli altri parenti mi trattavano come un’estranea, Domenic era sempre lo stesso, con me. Che questo ricordo allevii il dolore. — Avrebbe desiderato che fosse presente Ellemir, ad ascoltare quei tributi al suo fratello prediletto. Ma Ellemir aveva deciso di restare col padre. Non si poteva fare più nulla per Domenic, aveva detto, ma suo padre aveva bisogno di lei.

Andrew si accostò a sua volta alla tomba. — Io sono giunto ad Armida come uno straniero. Domenic è stato al mio fianco al momento delle mie nozze, poiché non avevo parenti. — E quando concluse «Che questo ricordo allevii il dolore», si rammaricò di aver avuto così poco tempo per conoscere il giovane cognato.

A quanto pareva, ogni nobile e ogni dama dei Comyn che aveva accompagnato Domenic alla tomba aveva qualche gesto di bontà o qualche piacevole incontro da riferire in memoria del defunto. Lorenz Ridenow — che, come Andrew sapeva benissimo, aveva tramato per togliere a Domenic il comando delle Guardie col pretesto della sua estrema giovinezza — dichiarò che il giovane si era dimostrato competente e modesto nell’esercizio della sua autorità. Danvan Hastur, un uomo basso e robusto, con i capelli d’argento dorato e gli occhi grigi, maestro dei Cadetti nelle Guardie, ricordò che il giovane comandante aveva interceduto per la vittima di un crudele scherzo tra i Cadetti. Damon, che era stato maestro di Domenic quando il ragazzo, a quattordici anni, era entrato nei Cadetti, ricordò che nonostante la gaiezza e la voglia di scherzare non aveva mai pronunciato una frase cattiva o giocato tiri crudeli. Andrew comprese, con una fitta dolorosa, che molti avrebbero sentito la mancanza di Domenic. Sarebbe stato difficile per Valdir prendere il posto di un giovane tanto amato e rispettato.

Mentre ritornavano a Thendara, la nebbia cominciò a diradarsi. Quando passarono dal valico che conduceva alla città, Andrew guardò di nuovo, dall’altra parte della valle, gli edifici che spuntavano entro le mura del settore terrestre: anche da quella distanza si sentiva il rombo dei macchinari da costruzione. Un tempo lui era stato Andrew Carr e aveva abitato in un complesso come quello, con le luci gialle che nascondevano il colore del sole, e non si era curato di ciò che stava fuori dal recinto. Adesso guardava con indifferenza le minuscole sagome lontane delle astronavi, gli scheletri dei grattacieli non ancora completati. Non avevano più nulla in comune con lui.

Quando girò la testa, vide gli occhi di Lorill Hastur fissi su di lui. Lorill era il reggente del Consiglio dei Comyn, e Callista gli aveva spiegato che era più potente del re: un uomo di mezza età, alto, imponente, con i capelli rosso-cupo sfumati di bianco alle tempie. I suoi occhi si fissarono per un momento negli occhi di Andrew. Il terrestre ricordò che Lorill era considerato un telepate potente, e si affrettò a distogliere lo sguardo. Sapeva che era un gesto sciocco: se il nobile Hastur voleva leggergli nella mente, poteva farlo anche senza guardarlo negli occhi. E ormai conosceva abbastanza il galateo dei telepati da sapere che Lorill non l’avrebbe fatto senza una buona ragione. Tuttavia si sentiva a disagio: sapeva di essere lì sotto mentite spoglie. Nessuno sapeva che era un terrestre. Ma cercò di mostrarsi indifferente, mentre ascoltava Callista che gli indicava gli stendardi dei dominii.

— L’abete d’argento in campo azzurro è lo stemma di Hastur, naturalmente: l’hai visto quando Leonie è venuta ad Armida. E quella è la bandiera verde e oro dei Ridenow, accanto a Lorenz. Damon ha il diritto a un portastendardo, ma di rado se ne cura. Le piume rosse e grige sono lo stemma di Aillard, e l’albero e la corona d’argento appartengono agli Elhalyn. Un tempo erano una setta degli Hastur. — Il principe Duvic, che era venuto a rendere onore all’erede degli Alton, aveva un aspetto meno regale di Lorill Hastur, pensò Andrew, e perfino del giovane Danvan. Duvic era un giovane dall’aria viziata e dissoluta, vestito di pelliccia.

— E quello è Dom Gabriel Ardais, con la sua consorte, dama Rohana. Vedi il falco sul loro stendardo?

— Sono soltanto sei, contando Armida — disse Andrew. — E il settimo dominio?

— Il dominio di Aldaran è stato esiliato molto tempo fa. Ho sentito spiegazioni di ogni genere, ma sospetto che sia avvenuto semplicemente perché gli Aldaran vivevano troppo lontano per venire ogni anno al Consiglio. Castel Aldaran è lontano, tra gli Heller, e è difficile governare gente che vive a simili distanze: è impossibile sapere se osserva le leggi o no. Alcuni dicono che gli Aldaran non sono stati esiliati, e che hanno compiuto la secessione di loro volontà. Puoi domandare finché vuoi, e ognuno ti darà una spiegazione diversa del perché gli Aldaran non sono più il settimo dominio. Immagino che un giorno uno dei dominii più grandi finirà col dividersi di nuovo, e così ce ne saranno ancora sette. L’hanno fatto gli Hastur, quando la vecchia stirpe di Elhalyn si è estinta. Comunque siamo tutti imparentati, e anche molti della nobiltà minore hanno sangue Comyn. Una volta mio padre parlava di sposare Ellemir a Cathal… — Poi Callista tacque, e Andrew sospirò pensando alle implicazioni di quelle parole. Sposandosi era entrato in una famiglia di sovrani ereditari. Il figlio di Ellemir, e i figli che Callista poteva avere, avrebbero ereditato una terribile responsabilità.

E io ho cominciato in un allevamento di cavalli in Arizona!

Continuò a sentirsi sgomento quando, quel giorno stesso, il Consiglio dei Comyn si riunì in quella che Callista chiamava Camera di Cristallo, una sala di una delle torri, con le pareti di pietra traslucida intagliata in prismi che lampeggiavano alla luce del sole. Era come muoversi nel cuore di un arcobaleno. La sala era ottagonale, con varie file di seggi, e ognuno dei dominii dei Comyn era schierato sotto il proprio stemma e la propria bandiera. Callista sussurrò che ogni membro di una famiglia avente diritto a sedere in Consiglio, e riconosciuto portatore del laran, poteva presentarsi e parlare. Come Custode di Arilinn, anche lei aveva avuto quel diritto, sebbene si fosse recata lì solo di rado.

C’era Leonie, insieme agli Hastur; Andrew distolse gli occhi. Se non fosse stato per lei, forse adesso Callista sarebbe stata sua moglie non soltanto di nome; e avrebbe potuto essere Callista, non Ellemir, a portare in grembo suo figlio.

Ma allora, pensò, lui non avrebbe mai conosciuto Ellemir: e come poteva augurarsi una cosa simile?

Dom Esteban, esangue e sciupato ma eretto e dignitoso sulla sedia a rotelle, stava nella fila di seggi più bassa. I suoi figli gli sedevano al fianco: Valdir pallido ed emozionato, Dezi impassibile e indecifrabile. Andrew notò che molti inarcavano le sopracciglia e scoccavano a Dezi occhiate di curiosità. La somiglianza di famiglia era inequivocabile, e il fatto che Dom Esteban avesse fatto sedere Dezi al proprio fianco nella Camera di Cristallo era una specie di riconoscimento tardivo.

La voce di Lorill Hastur era profonda, solenne. — Questa mattina abbiamo reso omaggio all’erede degli Alton, tragicamente ucciso per disgrazia. Ma la via continua, e ora dobbiamo designare il nuovo erede. Esteban Lanart-Alton, vuoi… — Si corresse, guardando il vecchio sulla sedia a rotelle. — Puoi prendere il tuo posto tra noi? Se no, parla pure da dove ti trovi.

Dezi si alzò e spinse avanti la sedia; poi tornò al proprio posto, con molta discrezione.

— Esteban, t’invito a designare i nuovi eredi del tuo dominio affinché noi possiamo conoscerli e accettarli.

Esteban disse, quietamente: — Il mio erede più prossimo è il più giovane dei miei figli legittimi, Valdir-Lewis Lanart-Ridenow, nato dalla mia legittima moglie di catenas, Marcella Ridenow. — Accennò a Valdir di farsi avanti, e il ragazzo gli s’inginocchiò ai piedi.

— Valdir-Lewis Lanart-Alton — disse Dom Esteban, dandogli per la prima volta il titolo che spettava solo al capo del dominio e al suo erede più prossimo, — come figlio cadetto tu non hai prestato giuramento ai Comyn nemmeno per procura, e data la tua giovane età non può essere richiesto né accettato un tuo giuramento. Ti chiedo soltanto, quindi, se manterrai fedelmente i voti formulati in tuo nome, e se li ripeterai tu stesso quando avrai legalmente l’età per farlo.

La voce del ragazzo tremava. — Sì.

— Allora — (e Dom Esteban accennò a Valdir di alzarsi e l’abbracciò formalmente, baciandolo sulle guance) — io ti nomino erede di Alton. C’è qualcuno che lo contesta?

Gabriel Ardais, un uomo sulla sessantina, dal portamento di un militare ma grigio e scarno, col pallore della salute malferma, disse con voce aspra e stridente: — Io non contesto che il ragazzo sia legittimo e sano, e il mio figlio adottivo Valentine (che è stato suo compagno a Nevarsin) mi assicura che è sveglio e intelligente. Ma non mi va che l’erede di un dominio così potente sia un ragazzo minorenne. Le tue condizioni di salute sono incerte, Esteban: devi prendere in considerazione l’eventualità che tu non viva fino a quando Valdir verrà proclamato adulto. Perciò dev’essere nominato un reggente del dominio.

— Sono pronto a nominare il reggente — disse Esteban. — Il mio erede, dopo Valdir, è il figlio nascituro di mia figlia Ellemir. Col vostro permesso, miei signori, designerò suo marito, Damon Ridenow, reggente di Alton e tutore di Valdir e del bambino non ancora nato.

— Non è un Alton — protestò Aran Elhalyn, e Esteban replicò: — È un parente più stretto di molti altri: sua madre era la mia sorella minore, Camilla. È mio nipote, e ha il laran, e per matrimonio ha diritti nel dominio.

Aran disse: — Conosco il nobile Damon. Non è un giovane, ma un uomo responsabile che si avvicina alla quarantina. Ha sostenuto onorevolmente molti compiti spettanti ai figli dei Comyn. Ma non siamo stati informati in Consiglio di questo matrimonio. Possiamo chiedere perché le nozze tra un figlio dei Comyn e una comynara sono state concluse con fretta indecorosa, e col semplice vincolo del libero matrimonio?

— Non era periodo di sessione del Consiglio, e i due giovani non volevano attendere mezzo anno.

— Damon — disse Lorill Hastur, — se devi essere nominato reggente di un dominio sarebbe giusto che il tuo matrimonio venisse legittimato di catenas, secondo la legge del Consiglio. Sei disposto a sposare Ellemir Lanart con regolare cerimonia?

Damon rispose in tono gioviale, stringendo la mano di Ellemir: — La sposerò anche dieci volte, se vuoi, con tutti i riti che vorrai indicare, se lei mi accetta.

Ellemir rise, gaiamente. — Puoi dubitarne, marito mio?

— Allora vieni, Damon Ridenow di Serrais. — Damon avanzò nello spazio centrale della sala, e Lorill chiese in tono solenne: — Damon, sei libero di accettare quest’obbligo? Sei erede del tuo dominio?

— No, sono soltanto al dodicesimo posto in ordine di successione. Ho quattro fratelli più anziani di me, e tra tutti, credo, hanno undici figli maschi, o almeno erano tanti quando li ho contati l’ultima volta: forse ora sono più numerosi. E Lorenz è già nonno due volte. Giurerò volentieri fedeltà a Alton, se mio fratello, il signore di Serrais, me ne darà licenza.

— Lorenz? — chiese Lorill, lanciando un’occhiata verso il lato della sala dove sedevano i Ridenow. Lorenz scrollò le spalle. — Damon può fare quello che vuole. È adulto, e non è probabile che diventi erede di Serrais. È sposato con una dama del dominio di Alton. Acconsento.

Damon guardò Andrew, inarcando ironicamente un sopracciglio, e il terrestre captò il suo pensiero: È la prima volta, senza dubbio, che Lorenz approva completamente quello che faccio. Ma aveva un’aria solenne, come si conveniva alla circostanza.

— Allora inginocchiati, Damon Ridenow — disse Lorill. — Sei stato nominato reggente e tutore del dominio di Alton, come parente maschio più prossimo di Valdir-Lewis Lanart-Alton, erede di Alton, e del figlio nascituro di Ellemir, tua legittima consorte. Sei pronto a giurare fedeltà al signore del dominio, Tutore di Alton, e a rinunciare a tutti gli altri vincoli di fedeltà eccettuato quello che ti lega al re e agli dèi?

Damon disse, con voce ferma: — Lo giuro.

— Sei pronto ad assumerti la tutela del dominio qualora il suo legittimo capo risultasse incapace di agire come tale a causa dell’età, di malattia o d’invalidità, e a giurare che proteggerai e difenderai gli eredi prossimi di Alton con la tua vita, se così volessero gli dèi?

— Lo giuro.

Ellemir vide le gocciole di sudore che imperlavano la fronte di Damon: sapeva che lui non lo desiderava. Lo faceva soltanto per Valdir e per il nascituro, ma non lo desiderava. E tra sé, ardentemente, si augurò che suo padre comprendesse ciò che stava facendo a Damon.

Lorill Hastur disse: — Dichiari solennemente che, a quanto ti risulta, sei idoneo ad assumerti la responsabilità? C’è qualcuno che contesta il tuo diritto a questa tutela solenne sul popolo del tuo dominio, il popolo di tutti i dominii, il popolo di tutto Darkover?

Damon pensò: Chi potrebbe essere veramente idoneo per una simile responsabilità? Io no, Aldones, Signore della Luce, io no! Eppure farò del mio meglio, lo giuro davanti a tutti gli dèi. Per Valdir, per Ellemir e per suo figlio.

Disse, a voce alta e chiara: — Accetterò la sfida.

Danvan Hastur, comandante della Guardia d’Onore del Consiglio, avanzò a grandi passi al centro della sala, dove Damon stava inginocchiato nella luce d’arcobaleno. Con la spada in pugno, gridò a gran voce: — C’è qualcuno che contesta la tutela di Damon Ridenow-Alton, reggende di Alton?

Nel silenzio, una voce giovanile disse: — Io contesto. — Damon, sbalordito, captando la costernazione di Andrew che sedeva negli ultimi posti assegnati agli Alton, alzò la testa e vide Dezi farsi avanti e prendere la spada dalla mano di Danvan.

— Per quale motivo? — chiese Lorill. — E con quale diritto? Io non ti conosco, giovanotto.

Dom Esteban guardò sbigottito Dezi. Parlò con voce tremante: — Non ti fidi di me, Dezi, figlio mio?

Dezi non badò a quelle parole e al tono affettuoso. — Io sono Deziderio Leynier, figlio nedestro di Gwennis Leynier e di Esteban Lanart-Alton; come unico figlio adulto superstite del signore del dominio, rivendico il diritto di fungere da tutore di mio fratello e del figlio nascituro di mia sorella.

Lorill disse, severamente: — Non ci risulta nessun figlio nedestro riconosciuto di Esteban Lanart-Alton, eccettuati i due figli di Larissa d’Asturien, che sono privi del laran e quindi esclusi per legge da questo Consiglio. Posso chiedere perché non sei mai stato riconosciuto?

— Quanto a questo — rispose Dezi, con un sorriso che sfiorava l’insolenza, — devi chiederlo a mio padre. Ma chiamo la Dama di Arilinn a testimoniare che sono un Alton e che possiedo in piena misura il dono del dominio.

All’invito di Lorill, Leonie si alzò, con un’espressione che dimostrava la sua riprovazione per quella procedura. — Non spetta a me designare gli eredi dei Comyn; tuttavia, poiché sono stata chiamata a testimoniare, devo dichiarare che Deziderio dice la verità: è figlio di Esteban Lanart e possiede il dono degli Alton.

Esteban disse, con voce pesante: — Sono disposto a riconoscere Dezi come figlio mio, se questo Consiglio lo vuole: l’ho condotto qui apposta. Ma non lo ritengo il tutore più appropriato per il mio giovane figlio e per il mio nipote nascituro. Damon è un uomo maturo, Dezi è un ragazzo. Chiedo a Dezi di ritirare la sfida.

— Con tutto il rispetto, padre — replicò Dezi, in tono deferente, — non posso.

Damon, ancora inginocchiato, si chiese cosa sarebbe accaduto. Secondo la tradizione, la sfida poteva essere risolta con un formale duello, oppure uno degli sfidanti poteva ritirarsi, oppure entrambi potevano presentare prove (che sarebbero state esaminate dal Consiglio) per dimostrare che l’altro non era idoneo. Lorill lo spiegò.

— Deziderio Leynier, nedestro di Alton, hai motivo di ritenere inadatto Damon?

— Sì. — La voce di Dezi era stridula. — Sostengo che Damon ha tentato di assassinarmi, per usurpare i miei diritti. Sapeva che sono figlio di Esteban, mentre lui è soltanto suo genero, e perciò mi ha privato della matrice. Solo il mio laran gli ha impedito di macchiarsi dell’uccisione di un fratello per matrimonio.

Oh, mio Dio, pensò Andrew, mentre il respiro gli si mozzava in gola. Che bastardo, che stramaledetto bastardo fetente! Chi, se non Dezi, poteva tramare una cosa simile?

Lorill Hastur disse: — È un’accusa estremamente grave, Damon. Tu servi onorevolmente i Comyn da molti anni. Non l’ascolteremo neppure, se tu puoi darci qualche spiegazione.

Damon deglutì e alzò gli occhi: si sentiva addosso gli sguardi di tutti. Disse con fermezza: — Ero legato per giuramento ad Arilinn: avevo fatto voto d’impedire ogni abuso commesso per mezzo delle matrici. L’ho tolta a Dezi, in forza di quel voto, perché lui aveva abusato del laran imponendo la propria volontà al matrimonio di mia sorella, Ann’dra.

— È vero — disse Dezi in tono di sfida. — Mia sorella Callista si è incapricciata di questo terrestre venuto dal nulla. Avevo solo cercato di liberarmi di questo individuo che ha gettato su di lei un malefico incantesimo, affinché lei potesse concludere un matrimonio degno di una dama Comyn invece di disonorarsi nel letto di una spia terrestre.

Si scatenò un subbuglio. Damon balzò in piedi, furioso, ma Dezi gli stava di fronte, con un’ironica aria di sfida. Sembrava che tutti, nella Camera di Cristallo, parlassero, gridassero, facessero domande nello stesso istante. Lorill Hastur ordinò invano, più volte, di fare silenzio.

Quando venne ristabilita una parvenza di ordine, disse, molto serio: — Dobbiamo indagare privatamente su questa faccenda. Sono state formulate accuse e controaccuse molto gravi. Per ora vi prego di disperdervi e di non parlare della cosa. I pettegolezzi non miglioreranno la situazione. Guardatevi dal fuoco acceso con noncuranza nella foresta: guardatevi dalle chiacchiere, anche tra i saggi. Ma state certi che approfondiremo la situazione e la sottoporremo al vostro giudizio fra tre giorni.

A poco a poco, la sala si vuotò. Esteban, mortalmente pallido, guardava con occhi tristi Damon e Dezi. Disse: — Quando i fratelli sono in disaccordo, gli estranei ne approfittano per allargare l’abisso tra loro. Dezi, come puoi fare una cosa simile?

Dezi strinse i denti e rispose: — Padre, io vivo solo per servirti. Dubiti di me? — Guardò Ellemir, aggrappata al braccio di Damon, e poi Callista. — Un giorno mi ringrazierai, sorella.

— Sorella! — Callista guardò Dezi negli occhi; poi gli sputò in faccia e gli voltò le spalle. Posando la punta delle dita sul polso di Andrew, disse con voce chiara: — Portami fuori da qui, marito mio. Questo luogo puzza di tradimento.

— Figlia… — implorò Dom Esteban, ma Callista gli voltò le spalle e Andrew non poté far altro che seguirla. Ma il cuore gli batteva all’impazzata, e i suoi pensieri sembravano riecheggiare un ritmo turbato: E adesso?

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