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Mary avrebbe preferito avere almeno una notte per dormirci su, comunque la proposta di Jock Krieger non lasciava proprio alternative: non poteva lasciarsi scappare un’offerta come quella.

Quel giorno si sarebbe tenuto l’unico Consiglio di facoltà prima dell’inizio dell’anno accademico. Non sarebbero stati presenti tutti i colleghi: alcuni si trovavano ancora a crogiolarsi nei loro cottage, oppure si rifiutavano di mettere piede in università fino al primo martedì di settembre. In ogni caso ci sarebbe stata la maggior parte dei docenti, quindi poteva essere l’occasione migliore per ridistribuire le lezioni del corso di Mary. Si rendeva conto di essere stata baciata dalla fortuna: aveva avuto un tempismo perfetto, era arrivata proprio quando la York, come molti altri atenei, si era lanciata nella politica delle pari opportunità, assumendo più donne soprattutto nelle facoltà scientifiche. Mary non aveva avuto difficoltà a ottenere un posto promettente, fino a entrare in ruolo, mentre tanti suoi colleghi maschi si barcamenavano ancora con contratti stagionali.

— Un bentornato a tutti quanti — disse la preside di facoltà, Qaiser Remtulla, — Spero abbiate passato delle buone vacanze?

La dozzina di presenti, seduti al tavolo del Consiglio, annuirono. — Bene — disse Qaiser. Era una pachistana di mezz’età, elegante nella sua camicetta beige e pantaloni in tinta. — Anche se, ovviamente — aggiunse con un mezzo sorriso — immagino che nessuno abbia avuto un’estate eccitante come quella della nostra Mary.

L’interessata arrossì lievemente. Cornelius Ruskin e un altro paio di docenti accennarono a un applauso. — Grazie — disse Mary.

— Ma — proseguì Qaiser — dovremo trovare una soluzione, perché Mary prenderà un anno sabbatico.

Sul lato opposto del tavolo, Cornelius si irrigidì. Mary sorrise: il collega sapeva che cosa stava per succedere, ed era pronto a balzare sull’occasione come una tigre.

— Mary. — disse la Remtulla — aveva in calendario il corso di Introduzione alla Genetica; al terzo anno, il corso Regolazione del fenotipo; al quarto anno, Questioni genetiche sugli organismi eucarioti. Inoltre sta supervisionando due dottorandi: Daria Klein, che lavora a un progetto sul DNA umano di epoca antica, e Graham Smythe, che si occupa… Mary, di che si occupa stavolta?

— Una revisione della tassonomia degli uccelli canori, basata sulle analisi del DNA mitocondriale.

— Perfetto — disse Qaiser, annuendo. Lanciò un’occhiata al di sopra delle mezze lenti. — Se qualcuno fosse interessato ad assumere un corso extra…

Alla prima sillaba di “qualcuno”, la mano di Cornelius Ruskin era già alzata. Á Mary dispiaceva per lui. Aveva 35 o 36 anni, ed era laureato in Genetica da otto, ma in facoltà non erano disponibili assunzioni a tempo pieno per maschi bianchi. Dieci anni prima, sarebbe stato sulla via maestra per una cattedra di ruolo; oggi riceveva 6000 dollari per un corso condiviso con un altro docente, e 12.000 per un corso tutto suo; viveva in un buco di appartamento in un palazzo nel vicino quartiere di Driftwood, che evitavano perfino gli studenti. Il suo “attico nei bassifondi”, come lo definiva Cornelius.

— Prenderei Regolazione — disse lui. — E anche Questioni genetiche.

— Vada per quest’ultimo e per il corso introduttivo — rispose Qaiser — ma non si può dare tutta la torta alla stessa persona.

Lui la prese con filosofia. — Affare fatto.

— Bene — intervenne Devon Greene, anche lui maschio e bianco, anche lui stagionale — in questo caso potrei candidarmi per Regolazione?

La Remtulla annuì. — E tutto tuo. — Poi si rivolse a Karen Clee, una nera della stessa età di Mary. — A te andrebbe di seguire… vediamo… che ne dici della Klein?

Solo i docenti di ruolo possono supervisionare i dottorandi. — Preferirei quello degli uccelli canori — fece Karen.

— Okay. Chi vuole occuparsi della Klein? Nessuna risposta.

— Mettiamola così — disse Qaiser. — Chi vuole la Klein e l’ufficio di Mary?

Mary sorrise. Aveva davvero un magnifico ufficio, con vista panoramica sulle serre.

— Venduto! — esclamò Helen Wright.

— Perfetto — concluse Qaiser. Si rivolse a Mary con un ampio sorriso. — Pare che riusciremo a combinare guai anche senza di te, per un anno.

Terminato il Consiglio, Mary tornò al laboratorio. Le sarebbe piaciuto poter incontrare Daria e Graham, i suoi dottorandi: doveva loro delle spiegazioni.

Però, quali spiegazioni? Quella più ovvia, una maxi offèrta di lavoro negli Stati Uniti, era solo parte della verità. Mary aveva già ricevuto offerte da atenei americani in passato, non era la prima volta. Ma aveva sempre declinato: preferiva rimanere a Toronto, il clima era migliore, e le sarebbero mancati la CBC e il teatro, e il festival Caribbana e la libreria Sleuth in Baker Street, e Yorkville e Le Sélect Bistro e il Royal Ontario Museum e i ristoranti per non fumatori e i Blue Jays e il “Globe and Mail” e il sistema sanitario e le letture pubbliche all’Harbourfront Centre.

Ovviamente avrebbe potuto aggiungere i favolosi benefici collaterali, ma avrebbe comunque lasciato nell’ombra il vero motivo: lo stupro. Sapeva che le violenze avvenivano dappertutto, e che in un’altra città non sarebbe stata più al sicuro; ma, come il desiderio di fuggire dai ricordi l’aveva aiutata a trasferirsi a Sudbury per investigare sull’incredibile vicenda dell’Uomo di neanderthal in carne e ossa, ora la stessa molla la spingeva a lasciare Toronto. Forse, se avesse incontrato Daria, a lei avrebbe potuto raccontare tutto; ma non a Graham Smythe, né a nessun altro uomo, almeno in questo universo.

Mary si mise a raccogliere i suoi effetti personali al laboratorio, mettendoli in una cassetta del latte che da anni era sempre tra i piedi in facoltà. C’era un calendario da muro con viste di ponti coperti; una foto incorniciata dei suoi due nipotini; un tazzone da caffè con il logo di Canada AM, trasmissione cui aveva preso parte quasi dieci anni prima per aver recuperato il DNA di un orso vecchio 30.000 anni, rinvenuto tra i ghiacci dello Yukon. La maggior parte dei libri sugli scaffali appartenevano all’università, ma rintracciò cinque o sei libri di sua proprietà, tra cui un’edizione recente del manuale di chimica e fisica CRC Handbook.

Infine si guardò intorno, le mani sui fianchi. Ci avrebbe pensato qualcun altro a ricavare la sequenza genetica di quella colomba migratrice, il lavoro che Mary seguiva prima di partire per Sudbury. Quasi tutte le piante presenti in laboratorio erano sue, ma poteva contare su Daria per innaffiarle.

Insomma, tutto in ordine. Prese la cassetta del latte, che adesso pesava parecchio, e si diresse all’uscita. Ormai…

No. Mancava qualcosa.

Avrebbe potuto lasciare lì quelle cose, immaginava; nessuno le avrebbe buttate via in sua assenza. Del resto, c’erano ancora perfino dei campioni lasciati lì dal vecchio Daniel Colby, che era morto due anni prima.

Mary posò la cassetta e raggiunse il frigo per materiale biologico. Aprendo il portello, venne investita da una folata di aria gelida.

Eccoli. Due contenitori con l’etichetta “Vaughan-666”.

In uno c’erano le sue mutandine di quella notte. E nell’altro…

Nell’altro, la porcheria che lui le aveva eiaculato dentro.

No. No. Non li avrebbe presi. Qui sarebbero stati benissimo. E poi non voleva neanche toccarli. Richiuse il frigo e si voltò indietro.

Proprio in quell’istante Cornelius Ruskin sporse la testa in laboratorio. — Ehilà, Mary!

— Ciao, Cornelius.

— Volevo solo dirti che qui sentiremo un po’ tutti la tua mancanza e… be’, volevo ringraziarti per il corso.

— Piacere mio — rispose Mary. — Non potevo pensare a nessuno più qualificato di te per quel posto. — Non era solo cortesia di maniera, era sul serio ciò che pensava. Cornelius era stato il classico ragazzo prodigio; dopo la laurea di primo grado all’Università di Toronto si era specializzato a Oxford studiando al Centro per le biomolecole antiche.

Mary fece un gesto per recuperare la cassetta. — Lascia che la porti io — si offrì lui. — Stai andando alla macchina?

Lei annuì. Cornelius sollevò la cassetta nel modo anatomicamente corretto, piegando le ginocchia e tenendo il busto verticale, poi si tirò su. Uscirono in corridoio. Li incrociò Jeremy Canyon, uno studente che non seguiva i corsi di Mary. — Buongiorno, professoressa Vaughan — disse. — Salve, signor Ruskin.

Mary notò che Cornelius si sforzò di sorridere. Il titolo di professore spettava solo ai docenti di ruolo, ed era fin troppo evidente quanto Cornelius lo desiderasse per sé.

I due insegnanti scesero la scalinata e si trovarono nell’afa di agosto. Raggiunsero il parcheggio in York Lanes, dove lui la aiutò a mettere gli oggetti nel bagagliaio. Lei lo salutò, montò in macchina e mise in moto verso la sua nuova vita.

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