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Mary tentava di concentrarsi sul lavoro, ma tutti i pensieri la riportavano a Ponter. Il che non era sorprendente, dal momento che stava appunto lavorando sul suo DNA.

Mary si buttava a pesce ogni volta che trovava un articolo divulgativo sul perché il DNA mitocondriale venga ereditato solo per via materna. La spiegazione più frequente si basa sul fatto che solo la testa dello spermatozoo penetra l’ovulo, mentre i mitocondri degli spermatozoi sono contenuti nella sezione mediana e nel flagello. Però, pur essendo vero che i mitocondri sono raccolti in quella parte degli spermatozoi, non è vero che solo la testa penetri l’ovulo. Sia le immagini al microscopio che gli esami del DNA infatti hanno dimostrato che negli ovuli fertilizzati dei mammiferi finisce anche del DNA mitocondriale proveniente dalla sezione mediana dello spermatozoo. La verità è che nessuno sa perché il DNA mitocondriale paterno non finisca incorporato nello zigote allo stesso modo di quello materno. Per qualche motivo, sparisce e basta: che sparisca perché non c’è mai entrato è una soluzione semplice e lineare, ma errata.

Tuttavia, siccome in ogni cellula ci sono migliaia di mitocondri e un solo nucleo, negli esemplari fossili è molto più facile recuperare DNA dai mitocondri che dal nucleo. Del resto da nessuno dei fossili di Uomo di neanderthal rinvenuti su questa Terra era mai stato estratto del DNA nucleare, per cui Mary si stava concentrando sull’esame dell’mtDNA di Ponter, confrontandolo poi con quello dei gliksin. Solo che non sembrava esistere nessuna sequenza genetica presente in Ponter e nei neanderthal fossili che non fosse presente anche nei gliksin, o viceversa.

Perciò, alla fine Mary prese a studiare il DNA nucleare di Ponter. Partiva dal presupposto che lì sarebbe stato ancora più difficile rinvenire delle differenze, e infatti, per quanto si fosse data da fare, non aveva individuato nessuna sequenza di nucleotidi che presentasse distinzioni di rilievo tra neanderthal e Homo sapiens sapiens.

Tutti i marcatori che usava si combinavano altrettanto bene con entrambi i tipi di DNA umano.

Stanca e frustrata, in impaziente attesa che Ponter venisse rilasciato dalla quarantena per poter rinsaldare la loro amicizia, Mary decise di produrre un cariotipo di DNA neanderthaliano. Si trattava di allevare in coltura delle cellule di Ponter fino al momento in cui stessero per suddividersi (l’unico momento in cui i cromosomi diventano visibili), quindi esporle alla colchicina in modo da immobilizzare i cromosomi a quello stadio. Fatto quello, Mary colorò artificialmente le cellule (la parola “cromosoma” in greco significa “corpo colorato”, proprio a causa della facilità con cui assume pigmenti). Dopodiché li dispose in ordine decrescente di lunghezza, com’era prassi, per enumerarli. Siccome Ponter era un uomo, possedeva sia cromosomi X che Y; e, proprio come in un maschio umano di questa Terra, l’Y aveva dimensioni di circa un terzo dell’X.

Mary mise in fila tutte le coppie di sequenze genetiche, le fotografò e stampò le immagini. Quindi cominciò a etichettarle a partire da quelle più lunghe, fino alle più corte: 1, 2, 3…

Era un lavoro facile, un’esercitazione a cui sottoponeva ogni anno i suoi studenti di Citogenetica. Nel farlo, la sua mente divagava un po’, provando a visualizzare Ponter, e Adikor, e i mammut, e una società senza agricoltura, e…

Merda!

Aveva combinato qualche casino, visto che i cromosomi X e Y di Ponter erano la ventiquattresima coppia anziché la ventitreesima.

A meno che…

A meno che Ponter non avesse tre cromosomi 21! In quel caso lui, e presumibilmente l’intero suo popolo, avevano ciò che nella specie di lei produceva la sindrome di Down! Assurdo. I sapiens sapiens con sindrome di Down hanno una serie di caratteristiche morfologiche che li contraddistinguono, e…

“Buon Dio, possibile che la differenza sia tutta qui?” pensò Mary. Nei Down si riscontra effettivamente una maggiore incidenza della leucemia… e non era stato quello a uccidere la moglie di Ponter? Inoltre, la sindrome è associata a livelli abnormi di ormoni tiroidei, responsabili degli effetti morfologici, in particolare a livello facciale. Possibile che l’intero popolo di Ponter fosse affetto da trisomia 21? Una piccola variante genetica, che nei neanderthal si manifestava in maniera diversa rispetto ai sapiens sapiens, poteva giustificare tutte le differenze fra i due tipi di umanità?

No, no, l’ipotesi non reggeva. Il principale effetto della sindrome di Down, tra j sapiens sapiens, è proprio il sottosviluppo della muscolatura, cioè tutto l’opposto della corporatura di Ponter.

Inoltre, Mary aveva lì, disposti davanti ai propri occhi, un numero pari di cromosomi; mentre la sindrome di Down deriva da un numero dispari. A meno che Mary non avesse prelevato per sbaglio alcuni cromosomi da un’altra cellula, pareva che Ponter avesse 24 coppie, per cui…

“Oh mio Dio” pensò Mary. “Oh mio Dio…”

La soluzione era ancora più semplice.

Sì, sì, sì!

Ci era arrivata!

L’Homo sapiens sapiens possiede 23 coppie di cromosomi. Tuttavia nei suoi parenti più prossimi su questa Terra, vale a dire le due specie di scimpanzé…

In entrambe le specie, le coppie sono 24.

Il genere Pan (scimpanzé) e quello Homo (tutti i tipi umani) hanno un antenato in comune. Nonostante la diffusa affermazione che “l’uomo discende dalla scimmia”, in realtà uomini e scimmie sono cugini. L’antenato comune, il sempre sfuggente anello mancante, mai individuato con certezza tra i reperti fossili, è vissuto in Africa circa 5 milioni di anni fa, secondo gli studi effettuati sulle differenze genetiche.

Ora, siccome gli scimpanzé hanno 24 coppie di cromosomi e gli umani 23, fino a quel momento ognuno era libero di decidere quante ne avesse l’antenato comune. Se ne avesse avute 23, allora, in un’epoca successiva alla biforcazione evolutiva, nel phylum degli scimpanzé un cromosoma si era sdoppiato. Se invece l’antenato avesse avuto 24 coppie, allora lungo la linea Homo due cromosomi si erano fusi tra loro.

Fino a quel momento, a quel preciso istante, nessuno nel mondo di Mary avrebbe saputo dire quale dei due fosse lo scenario evolutivo corretto. Ma adesso era lampante: gli scimpanzé comuni possedevano 24 coppie di cromosomi; i bonobo (l’altra specie) idem; e 24 anche i neanderthal, come Mary aveva appena scoperto. La fusione di due cromosomi in uno, nei sapiens sapiens, era avvenuta molto tempo dopo l’inizio della divergenza evolutiva dalle scimmie; anzi, addirittura dopo che il genere Homo si era suddiviso nelle due linee che lei stava analizzando, cioè circa 200.000 anni prima.

Ecco perché il popolo di Ponter aveva conservato una forza fisica degna di un gorilla, mentre i gliksin si erano ingraciliti. Questo spiegava anche la fisionomia scimmiesca dei neanderthal, con grosse arcate sopracciliari e assenza di mento. Geneticamente parlando, se non altro per numero di cromosomi, erano degli scimmioni. Qualcosa, nella fusione dei due cromosomi (il 2 e il 3, come Mary sapeva dai suoi studi di Genetica dei primati), aveva causato le differenze morfologiche tipiche degli attuali umani della sua Terra.

La causa specifica delle differenze era anche piuttosto facile da individuare: era la neotenia, cioè la conservazione in età adulta delle caratteristiche dell’infanzia. I piccoli scimpanzé, i bambini dei neanderthal e quelli dei gliksin avevano crani simili, con fronti lisce e verticali, senza particolari protrusioni del naso e della bocca. Man mano che crescevano, gli altri mutavano la forma della testa; solo i gliksin conservavano crani di tipo infantile.

Oh sì, il popolo di Ponter subiva una bella maturazione cranica! E la causa poteva essere proprio quel cromosoma di differenza.

Mary giunse le mani e intrecciò le dita, come per ringraziare il cielo. Ce l’aveva fatta! Aveva scoperto ciò per cui Jock Krieger l’aveva assunta, e ora…

E ora… “Mio Dio!”

Se variava il numero di cromosomi, allora la stirpe di Ponter e quella di Mary non erano solo etnie diverse, o due sottospecie della medesima specie. Erano due specie completamente diverse. Non c’era bisogno di raddoppiare l’aggettivo sapiens riferendosi ai gliksin, perché gli altri non potevano assolutamente essere Homo sapiens neanderthalensis. Piuttosto, seguivano una tassonomia tutta propria, quella dell’Homo neanderthalensis. Alcuni paleoantropologi sarebbero andati in visibilio alla notizia… Altri l’avrebbero presa malissimo.

Ma…

Ma…

Ma allora Ponter era di un’altra specie! Mary aveva visto Show Boat, quando lo avevano rappresentato a Toronto, con Cloris Leachman nel ruolo di Parthy. Sapeva che gli incroci genetici erano una gran bella cosa, ma…

Ma il termine “incrocio genetico” non si adattava a un’umana che si accoppiasse con uno che non apparteneva alla sua specie. Non che lei e Ponter lo avessero fatto. Chiaro.

No, il termine adatto era…

“Gesù…” pensò Mary.

Bestialità.

Però…

No.

Ponter non era una bestia. L’uomo che l’aveva violentata… uno della stessa specie di Mary, un Homo sapiens… quello era una bestia. Non Ponter.

Lui era un gentiluomo.

Un uomo gentile. Nobile.

I suoi cromosomi potevano essere quanti volevano. Ponter era un essere umano. Un uomo che lei non vedeva l’ora di riabbracciare.

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