38

Jurard Selgan rimase in silenzio per parecchi secondi. Ovviamente, le cose che Ponter gli stava raccontando erano strettamente confidenziali: i colloqui tra un paziente e lo scultore di personalità erano coperti dal segreto professionale. Selgan non si sarebbe mai sognato di divulgare gli eventi di cui veniva a conoscenza, e nessuno era autorizzato a visionare le immagini delle sedute di terapia negli archivi degli alibi. Tuttavia, ciò che aveva combinato Ponter…

— Non ci si fa giustizia con le proprie mani — disse Selgan.

Ponter annuì. — Come ho detto all’inizio, non sono fiero di quella azione.

Selgan mantenne la calma. — Hai anche detto che, tornando indietro, lo rifaresti.

— Lui ha compiuto il male — disse Ponter. — Un male molto peggiore del mio. — Allargò le braccia come per invocare clemenza. — Aveva fatto soffrire delle donne, e ne avrebbe fatte soffrire altre, lo l’ho fermato. Non solo perché adesso lui sapeva che io ero in grado di fiutare le sue tracce, ma anche per quello stesso motivo per cui qui sterilizziamo gli uomini violenti: dopotutto, amputando loro i testicoli, non ci limitiamo a evitare che i loro geni si trasmettano, ma facciamo precipitare i loro livelli di testosterone, cancellando il desiderio di aggredire.

— Ed eri sicuro che, se non avessi agito tu, non lo avrebbe fatto nessuno…

— Infatti! L’avrebbe fatta franca. All’inizio Mèr pensava di essere in una posizione di vantaggio, in quanto lo stupratore non sapeva di avere a che fare con una genetista. Ma Mèr si sbagliava: l’aggressore sapeva esattamente con chi aveva a che fare. E sapeva come evitare di essere condannato per i suoi crimini.

— Proprio come tu sapevi — disse Selgan, sempre in tono asettico — che nessuno ti avrebbe mai condannato per averlo castrato.

Ponter tacque.

— Mèr lo sa? Glielo hai detto?

Ponter scosse la testa.

— Perché no?

Perché no? — gli fece eco Ponter, incredulo. — Perché no? Perché avevo commesso un reato, un’aggressione con lesioni personali. Non volevo che lei finisse coinvolta. Non volevo che nessuno mettesse lei di mezzo, in caso di denuncia.

— Solo per questo?

Ponter non rispose, dedicandosi a contemplare le lisce pareti circolari dell’ufficio.

— Allora?

— E poi, ovviamente — disse Ponter — non volevo che crollasse la stima che Mèr ha di me.

— La sua stima avrebbe potuto aumentare — disse Selgan. — Dopotutto lo hai fatto per lei, per proteggere lei e altre possibili vittime.

Ponter scosse la testa. — No. Si sarebbe sentita delusa. Si sarebbe arrabbiata.

— Perché?

— Mèr è cristiana. Il filosofo di cui lei segue gli insegnamenti sosteneva che il perdono è la massima virtù.

Selgan sollevò uno dei suoi sopraccigli grigi. — Alcune cose sono difficili da perdonare.

Pensi che io non lo sappia? — scattò Ponter.

— Non mi riferivo alla tua azione. Pensavo a ciò che lui… il maschio gliksin… ha fatto a Mèr.

Ponter inspirò profondamente, cercando di calmarsi.

— Quel… Ruskin è l’unica persona che tu abbia castrato?

Ponter si voltò verso di lui. — Ma certo!

— Ah — fece Selgan. — Solo che…

— Che cosa?

Selgan per il momento ignorò la domanda. — Hai raccontato a qualcuno, a parte me, ciò che hai fatto?

— No.

— Nemmeno ad Adikor?

— Nemmeno ad Adikor.

— Però ti fidi completamente di lui.

— Sì, ma…

— Il motivo è chiaro — disse Selgan, dopo che Ponter non ebbe aggiunto parola. — Nel nostro mondo, non sterilizziamo solo il colpevole di un grave crimine, dico bene?

— Certo. Sterilizziamo…

— Su!

— Sterilizziamo il colpevole e tutti coloro che condividano con lui almeno il 50 per cento del materiale genetico.

— Vale a dire?

— I fratelli. I genitori.

— Esatto. E poi?

— E poi… i gemelli omozigoti. Per questo la legge recita: “Almeno il 50 percento”. Nel caso dei gemelli, la condivisione del genoma è totale.

— Sì, sì, ma stai dimenticando una categoria.

— I fratelli. Le sorelle. La madre del reo. Il padre…

— E…

— Non capisco dove tu voglia… — Ponter s’interruppe. — Oh — mormorò poi. Guardò di nuovo Selgan, quindi abbassò gli occhi. — I figli.

— E tu hai due figlie, no?

— Jasmel Ket e Mega Bek.

— Perciò, se qualcuno venisse a sapere del tuo reato e si lasciasse sfuggire qualcosa, o se il tribunale chiedesse di visionare il suo archivio degli alibi, non verresti punito solo tu. Verrebbero sterilizzate anche le tue figlie.

Ponter chiuse gli occhi.

— Non è così?

La risposta di Ponter fu appena udibile: — Sì.

— Poco fa ti ho chiesto se avessi sterilizzato qualcun altro, e mi hai aggredito!

Ponter non fece commenti.

— Sai spiegare perché te la sei presa?

Lui si lasciò sfuggire un sonoro sospiro. — Io ho sterilizzato solo il diretto colpevole, non i suoi parenti. Voglio dire, non mi ero mai posto la questione se fosse… giusto sterilizzare degli innocenti al solo scopo di migliorare il nostro pool genetico. Ma poi… poi io e Hak, diversamente da quanto avevo detto, abbiamo dato un’occhiata a quella Bibbia dei gliksin. Proprio all’inizio, si racconta che tutti i discendenti della prima coppia umana sono stati maledetti a causa di una colpa commessa dai progenitori. Mi è sembrato così sbagliato, così ingiusto.

— E, per quanto tu desiderassi purgare il pool genetico gliksin dall’infezione di Ruskin, non potevi metterti in caccia dei suoi parenti. Perché, così facendo, avresti implicitamente ammesso che anche le tue parenti più strette, le tue figlie, avrebbero meritato di essere punite a causa del tuo crimine.

— Loro sono innocenti — ribadì Ponter. — Non importa quanto sia stata grave la mia azione: loro non devono subirne le conseguenze.

— Ma le subirebbero, se tu ti presentassi alla polizia a confessare il tuo reato.

Ponter annuì.

— Perciò, che intendi fare?

Ponter alzò le enormi spalle. — Portare il segreto con me nella tomba.

— E poi?

— C… come, prego?

— Che faresti, una volta nella tomba?

— Ma assolutamente niente!

— Ne sei sicuro?

— Ovvio. Voglio dire, ho studiato quella loro Bibbia, e so che Mèr è sana di mente, anzi molto in gamba, e non si fa facilmente delle illusioni, ma…

— Sei sicurissimo che lei si sbagli? E che dopo la morte non ci sia proprio nulla?

— Be’…

— Sì?

— Lasciamo perdere.

Selgan aggrottò le sopracciglia, decidendo che non era ancora il momento di sondare quel punto. — Ti sei mai chiesto perché Mèr sia attratta da te?

Ponter distolse gli occhi da lui.

— Hai detto, tempo fa, che sono pienamente umani anche loro. Eppure, tu sei più diverso da lei di qualunque altra persona lei conosca.

— Sul piano fisico, senz’altro — disse Ponter. — Ma sul piano intellettuale, ed emozionale, abbiamo moltissimo in comune.

— Però — incalzò Selgan — siccome Mèr ha sofferto a causa di un uomo della sua specie, potrebbe…

— Ci ero arrivato anche da solo! — scattò Ponter.

— Esprimilo a voce alta, Ponter. Fa’ uscire il concetto all’esterno.

Ponter emise un grugnito. — Potrebbe sentirsi attratta da me perché ai suoi occhi io non sono umano… non appartengo alla specie d’uomo che l’ha fatta soffrire.

Selgan attese per qualche battito, poi disse: — È un’idea su cui vale la pena riflettere.

— Non importa — rispose lui. — Non importa un accidente. Io la amo, e lei ama me. Queste sono le uniche due cose che contano.

— Molto bene — disse Selgan. — Molto bene. — Dopo un’altra pausa, parlò in tono assente, come se gli si fosse presentato un pensiero improvviso, non preparato con cura: — E, di’ un po’: ti sei mai chiesto perché lei piaccia a te?

Ponter alzò gli occhi al cielo. — Voi strizzacervelli! Adesso mi dirai che ha qualcosa che mi ricorda Klast. Ma non potresti fare un buco nell’acqua più grosso di questo: Mèr non le assomiglia neppure alla lontana. Le loro personalità sono completamente diverse. Non hanno nulla in comune.

— E chi lo nega? — disse Selgan, come liquidando l’argomento. — Voglio dire, come sarebbe possibile? Non appartengono nemmeno alla stessa specie…

— Esatto — disse Ponter, incrociando le braccia.

— E le loro credenze sono all’opposto.

— Appunto.

Selgan scosse la testa. — Un’idea così bislacca, vero? Che esista una vita dopo la morte… Ponter non rispose.

— Tu ci pensi mai? Anche soltanto per chiederti se, chissà… — Selgan tacque, aspettando pazientemente che fosse Ponter a concludere.

— Be’ — fece lui dopo un po’ — di certo è un’idea affascinante. Continuo a pensarci dalla prima volta che Mèr me l’ha menzionata. — Alzò le mani. — Voglio dire, ovvio, ovvio, lo so perfettamente che dopo la morte non c’è vita… almeno, non per me. Tuttavia…

— Tuttavia Mèr vive in un mondo alternativo — aggiunse Selgan. — Un universo parallelo. Un universo in cui le cose potrebbero andare in modo diverso.

Ponter annuì in maniera quasi invisibile.

— E Mèr non è una barasi, no? Appartiene a un’altra specie. Perciò, il solo fatto che noi non possediamo… come la chiamano?, un’anima immortale… il solo fatto che noi non ne abbiamo una, non significa che lo stesso valga anche per loro, esatto?

— Dove vuoi arrivare? — disse Ponter, irritato.

— Sempre da qualche parte — rispose Selgan. — Più di venti mesi fa, hai perso la tua compagna. — E aggiunse, nel tono più dolce possibile: — Mèr non è la sola persona in fase di recupero da un trauma.

Ponter sollevò un sopracciglio. — Questo è scontato. Ma non vedo come farebbe la morte di Klast a spingermi tra le braccia di una donna aliena.

Seguì una lunga pausa. Infine Hak, che era rimasto zitto per l’intera seduta terapeutica, chiese a Selgan attraverso l’altoparlante esterno: — Vuoi che glielo spieghi io?

— No, ci penso io — rispose Selgan. — Ponter, ti prego di considerare queste parole come dettate da spirito di amicizia, ma… be’, sei stato tu a mettermi al corrente delle credenze gliksin.

— E che c’entrano? — chiese Ponter, trattenendosi.

— I gliksin credono che i morti non siano davvero morti. Ritengono che la coscienza del singolo sopravviva al disfacimento del corpo.

— E quindi?

— E quindi, stai cercando di tutelarti dal dolore che ti ha colpito quando è scomparsa Klast. Se la tua nuova compagna crede in questa… immortalità della mente, o se tu ritieni che, per quanto irrazionale sia l’idea, lei possa davvero possedere tale immortalità, allora… — invitò Ponter a concludere.

Ponter sospirò.—Allora, se è possibile l’impensabile… se io perdessi ancora una volta la mia compagna, stavolta potrei reggere meglio alla disgrazia, perché forse non tutto di lei sarà svanito nel nulla.

Selgan sollevò sia un sopracciglio che le spalle. — Esattamente.

Ponter scese di sella. — Ti ringrazio del tempo che mi hai dedicato, studioso Selgan. Ti auguro una giornata piena di salute.

— Non sono sicuro che abbiamo finito, qui — disse lui. — Dove stai andando?

— A fare una cosa che avrei dovuto fare da molto tempo — disse Ponter. E uscì.

Louise Benoit entrò nell’ufficio di Jock Krieger nella sede della Synergy. Jock non aveva geologi nel suo gruppo, ma Louise era una fisica e aveva una lunga esperienza con la miniera di Creighton, per cui quel ruolo era stato assegnato a lei.

— Okay — disse Louise — credo di raccapezzarmici, adesso. — Srotolò due grandi fogli sul tavolo di lavoro. Jock si alzò dalla scrivania e raggiunse la scienziata.

— Questo — disse Louise, indicando un marchio rosso sul foglio di sinistra — è un diagramma standard della variazioni magnetiche della Terra in epoca preistorica, elaborato dai nostri esperti.

Jock annuì.

— Quest’altro — e indicò degli strani simboli — è il diagramma equivalente che ci è stato fornito dai neanderthal.

Anche se Mary non aveva raccolto nessuna prova che il campo magnetico dall’altra parte si fosse invertito, Jock aveva mobilitato tutta la sua influenza per far mettere la questione paleo-magnetica in cima alla lista delle priorità. Se fosse risultato che i neanderthal si sbagliavano a teorizzare collassi rapidi, be’, allora ci si preoccupava per nulla. Ma bisognava esserne sicuri.

— Ora — disse Louise — noi abbiamo individuato molti più collassi magnetici di loro: oltre 300 negli ultimi 175 milioni di anni. Questo, perché i dati che si possono ottenere dalle rocce oceaniche sono più completi di quelli che forniscono i meteoriti.

— Uno a zero per noi — disse Jock secco.

— Quindi — proseguì Louise — mi sono messa a confrontare i casi che coincidono nei due schemi, quelli registrati sia da noi che da loro. Come vedi, anche se nel loro diagramma ci sono parecchi “buchi”, per il resto si riscontra una corrispondenza quasi esatta fino ai giorni nostri.

Jock osservò i fogli, seguendo le indicazioni di Louise. — Ci sono.

— Bene — commentò Louise. — Il che, ovviamente, era prevedibile. Conosci già la mia teoria: che, fino al manifestarsi della coscienza 40.000 anni fa, esisteva un solo universo a lungo termine.

Jock annuì. Sebbene gli eventi quanto-meccanici provocassero innumerevoli suddivisioni istantanee nell’universo, e probabilmente ciò accadeva fin dalla notte dei tempi, tuttavia quelle suddivisioni non davano origine a differenze macroscopiche, per cui gli universi paralleli che ne risultavano ricollassavano in uno nell’arco di uno o due nanosecondi.

Ma le azioni compiute da esseri consapevoli avevano causato una spaccatura irreversibile. Quando, 40.000 anni prima, era stato compiuto il Grande balzo in avanti, cioè l’emergere della coscienza, si verificò la prima suddivisione permanente. In uno dei due universi era stato l’Homo sapiens ad acquisire quella prima scintilla di coscienza; nell’altro, l’Homo neanderthalensis. Da quel momento in poi, il divario si era allargato.

— Un momento — disse Jock, osservando il diagramma neanderthaliano. — Se è questo l’ultimo caso di inversione magnetica di cui siamo a conoscenza…

— Lo è — rispose Louise. — Loro lo hanno attribuito a un’epoca di 10 milioni di mesi fa, che corrispondono a 780.000 anni fa.

— Okay — disse Jock — ma se quello è il più recente anche sul nostro diagramma, quell’altro che è? — Sullo schema neanderthaliano, indicò un punto successivo. — È l’inversione che, secondo loro, è iniziata 25 anni fa?

— Eh no — disse Louise. Faceva troppo la professoressa, per i gusti di Jock: lei sapeva già la risposta, ma voleva che lui ci arrivasse da solo. Lui avrebbe preferito che lei glielo dicesse senza tante storie.

— E allora quand’è successo?

— Mezzo milione di mesi fa — rispose Louise. Jock non tentò neppure di nascondere l’irritazione.

— Che sarebbe…?

Le labbra piene di Louise si arcuarono in un sorriso.

— Quarantamila anni fa.

— Quarant…! Ma è quando…

— Esatto — lo premiò lei. — Quando è avvenuto il Grande balzo in avanti. Quando è emersa la coscienza, e l’universo si è suddiviso sul serio.

— Ma… com’è che loro sono al corrente di un’inversione magnetica che noi ignoriamo?

— Ricordi cosa dissi, la prima volta che parlammo di questo argomento? Dopo che il campo magnetico è svanito, le probabilità che ricompaia con una polarità o con quella opposta sono uguali. Metà delle volte ricomparirà identico a prima, e metà…

— … E metà delle volte, invertito! Perciò l’evento dev’essersi verificato dopo lo sdoppiamento dell’universo. E siccome i due mondi ormai erano indipendenti, in quello neanderthaliano la polarità riemerse invertita…

Louise annuì.— Lasciandone traccia nei meteoriti.

— Nel nostro mondo, invece, tornò con la stessa polarità di prima. Quindi, senza lasciare tracce.

Oui.

— Affascinante — disse Jock. — Ma… aspetta un attimo! Loro hanno subito un’inversione magnetica 40.000 anni fa, giusto? Mary però ha detto che, secondo la bussola che si è portata oltre il varco, il mondo dei neanderthal in questo momento ha la nostra stessa polarità magnetica. Perciò…

Louise gli fece cenno di proseguire. Era sulla pista buona.

— Perciò — aggiunse Jock — nel loro mondo c’è stato davvero, di recente, un collasso magnetico rapido. Stavolta al termine del collasso, cioè appena 6 anni fa, il campo si è reinvertito, così che adesso è identico a quello della nostra Terra.

— Esatto.

— Benissimo — disse Jock. — Era ciò che mi importava sapere.

— Non è mica finita lì, però — fece Louise.

— Sputa il rospo!

— Okay, okay. Mettiamola così. La Terra… quella Terra unita che esisteva all’inizio… subì un collasso di campo magnetico 40.000 anni fa. Proprio mentre il campo era collassato, emerse la coscienza. E non posso credere che sia stata una coincidenza.

— Intendi dire che c’entra quel collasso, se oggi esiste la Cappella Sistina?

— E la cultura in generale, e il linguaggio, e la logica simbolica, e la religione. Sì.

— Com’è possibile?

— Non saprei — rispose Louise. — Però ricorda che Homo sapiens anatomicamente identici a quelli attuali esistevano fin da 100.000 anni fa; e tuttavia non hanno dimostrato di possedere una coscienza fino a 40.000 anni fa. Abbiamo avuto per 60.000 anni lo stesso cervello che abbiamo adesso, e non abbiamo mai creato arte né altri prodotti dell’intelligenza. Poi un bel giorno… zac… è successo qualcosa, e noi siamo diventati esseri consapevoli.

— Vero — disse Jock.

— Sapevi che alcuni uccelli sfruttano la magnetite presente nel loro cervello per orientarsi in volo?

Jock annuì.

— Be’, anche noi Homo sapiens abbiamo magnetite nel cervello. Nessuno sa bene perché, dato che di certo non la utilizziamo come bussola incorporata. Ma, quando 40.000 anni fa collassò il campo magnetico, penso che a quella magnetite sia successo qualcosa che ha… dato una spintarella alla coscienza, diciamo.

— Quindi, che succederà al prossimo collasso?

— Hmm. Nel mondo dei neanderthal non è successo nulla, l’ultima volta. Però…

— Però…?

— Però tra i due universi ci sono delle differenze. Altrimenti noi ora non saremmo fuori sincronia.

— Me lo sono chiesto anch’io. Secondo te a cos’è dovuta?

— Forse alle centinaia di test nucleari che abbiamo fatto su questa Terra, e ai lanci missilistici. Tra i due universi, i collassi stanno registrando una differenza di 25 anni, a distanza di 40.000 anni, il che significa una differenza solamente dello 0,000625 per cento. È possibile, forse, che quelle esplosioni abbiano turbato la geo-dinamo in quella misura. Ma non posso affermarlo con sicurezza. Il punto è un altro: le due geo-dinamo non coincidono più, perciò il collasso, di qui, potrebbe non comportarsi allo stesso modo che di là. Senza contare che le menti dei neanderthal funzionano in modo, almeno in parte, diverso dalle nostre.

— Insomma, che succederà?

Je ne sais pas — disse Louise. — Prima di avere una risposa affidabile, occorrerà elaborare modelli scientifici molto più accurati. Ma…

— Basta con ì “ma” e i “però”! Ma… cosa?!

— Be’, la coscienza è stata aiutata a emergere da un collasso magnetico. Stavolta, la coscienza potrebbe… ecco, diciamo che potrebbe sprofondare.

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