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— Interessante la rapidità con cui hai dato inizio a una nuova relazione — commentò Selgan, mantenendo un tono neutrale.

— Non stavo dando inizio a nessuna relazione! — scattò Ponter. — Conoscevo Daklar da oltre 200 mesi.

— Già — disse Selgan. — In fondo, era già stata la compagna della tua compagna.

Ponter incrociò le braccia. — E allora?

— E allora, già la conoscevi — rispose Selgan annuendo.

— Infatti —. disse Ponter in tono difensivo.

— In tutto quel tempo di familiarità con Daklar, avevi mai avuto fantasie su di lei?

— Cosa? Intendi fantasie erotiche?

— Sì.

— Certo che no.

Selgan alzò le spalle. — Non sarebbe poi così insolito. Un sacco di uomini hanno fantasie sulle compagne delle loro donne.

Ponter rimase in silenzio per alcuni istanti, poi a voce bassa ammise: — Be’, c’è una bella differenza tra qualche pensierino e una reale fantasia…

— Ovviamente — disse Selgan. — Ovviamente. Hai avuto spesso pensierini su Daklar?

— No — ringhiò lui. Per un po’ si richiuse nel mutismo, poi aggiunse: — Be’, il valore di “spesso” è molto soggettivo. Voglio dire, certo, ogni tanto, suppongo, ma…

Selgan sorrideva. — Come dicevo, non c’è nulla di insolito. Esiste anche un sacco di pornografia su questo tema. Hai mai partecipato a…

— No!

— Se lo dici tu — commentò Selgan. — Ma percepisco un senso di disagio. C’è stato qualcosa, in questo mutamento dei rapporti con Daklar, a inquietarti. Che cosa?

Ponter tacque.

— Forse — suggerì lo scultore di personalità — ti sentivi un po’ in colpa, perché non era passato molto tempo dalla morte di Klast?

Ponter scosse il capo. — Non era per quello. Klast era morta. Svanita per sempre. E stare con Daklar mi aiutava a riappropriarmi di Klast. Dopotutto, lei era l’unica persona ad avere di Klast una conoscenza profonda quanto me.

— Molto bene. Allora permettimi di farti un’altra domanda.

— Potrei impedirtelo? — disse Ponter.

— No — rispose Selgan, sorridendo. — A quel punto, tu non sapevi che decisione avrebbe preso il Gran Consiglio dei Grigi relativamente alla riapertura del varco sul mondo dei gliksin. Il tuo disagio era legato alla sensazione di essere infedele a Mèr, intrattenendoti con Daklar?

Ponter fece una risata di scherno. — Lo vedi? Te l’avevo detto: voi scultori della personalità siete sempre alla ricerca della rispostina ad hoc. Non avevo nessun legame con Mèr Vaughan. Non mi ero impegnato con lei a nessun livello, il mio disagio…

E qui Ponter staccò la spina. Selgan attese per un po’ che terminasse il discorso, ma non accadde nulla. — Ti sei bloccato — gli disse. — C’era una frase nella tua testa, che hai deciso di non esprimere ad alta voce. Che cosa riguardava?

Ponter inspirò profondamente, senz’altro allo scopo di inalare i feromoni di Selgan per subodorare che genere di trappola gli stesse predisponendo. Purtroppo per lui, Selgan possedeva una non comune capacità di tenere sotto controllo le esalazioni corporee; che poi era il suo segreto come terapeuta. Selgan stavolta attese a lungo, finché Ponter non riprese la parola: — Non ero infedele a Mèr. Lo ero nei confronti di Adikor.

— Il tuo compagno — disse Selgan, come per fissare bene i contenuti.

— Sì.

— Il tuo compagno, quello che ti aveva riacciuffato da quell’altro mondo, dove c’era Mèr Vaughan…

— Sì. No. Voglio dire, lui…

— Lui fece la cosa giusta, questo è indubbio — disse Selgan. — Eppure, in profondità, c’era una parte di te che… che..?

Ponter chiuse gli occhi. — Che provava risentimento contro di lui.

— Per averti riportato in patria. Ponter annuì.

— Per averti staccato da Mèr. Altro cenno affermativo.

— Per averti staccato da colei che poteva sostituire Klast.

Nessuna può sostituire Klast — scattò di nuovo Ponter. — Nessuna!

— No, certamente — si affrettò a rispondere Selgan, sollevando le mani con i palmi in avanti. — Perdonami. E tuttavia ti piaceva… a una parte di te, piaceva… flirtare con Daklar, la donna che, in tua assenza, quasi quasi riusciva a far castrare Adikor. Come se il tuo inconscio volesse punirlo, no? Fargliela pagare per averti strappato da quell’altra Terra.

— Ti sbagli.

— Già — ironizzò Selgan. — Come sempre, del resto.

Alla fine, i Due avevano cessato di essere Uno. Ponter e Adikor, come gli altri uomini, tornarono all’Anello esterno della città. Mentre l’hover-bus li riaccompagnava a casa, Ponter non fece parola della storia con Daklar. Non che Adikor non potesse tollerare che Ponter trascorresse del tempo con una donna: essere gelosi delle relazioni del tuo compagno con persone dell’altro sesso era il massimo della goffaggine.

Ma Daklar non era una donna come un’altra.

I due scienziati non avevano ancora messo piede fuori dal bus che Pabo, la grossa cagna fulva di Ponter, si lanciò fuori della porta per correre a salutarli. A volte veniva anche lei al Centro con loro; stavolta però l’avevano lasciata a casa, e l’animale riusciva tranquillamente a cacciare per conto proprio.

Entrarono tutti e tre. Ponter sedette in soggiorno; di solito toccava a lui preparare la cena, e di solito vi si dedicava appena arrivato, ma quel giorno voleva prima parlare con Adikor.

Il suo compagno andò in bagno. Ponter lo attendeva in preda a un certo nervosismo. Uscendo dal bagno, Adikor notò Ponter sul divano e sollevò un sopracciglio con aria interrogativa.

— Siediti — gli disse Ponter.

Adikor prese posto su una sella di fronte al divano.

— Desidero che tu lo sappia personalmente da me, prima che ti arrivi qualche pettegolezzo — disse Ponter.

Adikor rimase teso in ascolto, senza sollecitarlo a proseguire.

— Ho trascorso gran parte del Due diventano Uno insieme a Daklar.

Adikor si afflosciò visibilmente sulla sella; le gambe penzolavano inerti. — Daklar? — ripeté alla fine, come se potesse essercene un’altra. — Daklar Bolbay?

Ponter annuì.

— Dopo quello che mi ha fatto?

— Vuole essere perdonata. Da te, e anche da me.

— Ha tentato di farmi castrare!

— Lo so — sussurrò Ponter. — Ma non è successo.

— Senza lama, nessuna ferita — ringhiò Adikor. — È questo che intendi?

Ponter rimase a lungo in silenzio a raccogliere le idee. Aveva provato e riprovato la parte tra sé e sé durante il tragitto in bus ma, come sempre, la realtà era risultata completamente diversa dalla sceneggiatura. — Ascolta, ci sono le mie due figlie da crescere. Non sarebbe bene per loro, se il padre e la tutrice fossero ai ferri corti.

Anch’io voglio bene a Jasmel e Megameg — disse Adikor. — Ma non sono stato io a dare inizio alle ostilità.

Ponter annuì lentamente. — Poco ma sicuro. E tuttavia… ne hanno passate tante, negli ultimi venti mesi.

— Lo so. Mi addolora molto la scomparsa di Klast. Ma, di nuovo, non sono stato io a fare esplodere il conflitto. È stata Daklar Bolbay.

— Me ne rendo conto — rispose Ponter. — Però… però il perdono non va solo a beneficio di chi lo riceve. Fa del bene anche a chi lo concede. Portarsi sempre dentro odio e rabbia… — Scosse la testa. — Molto meglio liberarsene, completamente e per sempre.

Adikor sembrò rifletterci. Dopo alcuni secondi, disse: — Duecento e passa mesi fa, io ti ho ferito alla testa.

Ponter strinse d’istinto le mascelle. Non parlavano mai di quell’argomento. Mai. Era una delle strategie che rendevano possibile la vita comune.

— E tu mi hai perdonato — concluse Adikor. Ponter non reagì.

— E tu in cambio non mi hai mai chiesto niente. So che non è quello che stai facendo, neppure ora, ma…

Pabo, evidentemente irritata per il mancato rispetto degli orari (era ora di cena!), entrò in soggiorno e strofinò il muso contro le gambe di Ponter. Lui abbassò una mano a grattarle la testa.

— Anche Daklar ha bisogno di essere perdonata — disse Ponter.

Adikor osservava il pavimento coperto di muschio. Ponter indovinò a che cosa stesse pensando: l’evirazione era la massima pena prevista dalla legge, e Daklar aveva cercato di farla applicare pur in assenza di prove. A fornirle il movente, se non la scusante, erano state le brutte vicissitudini che aveva sofferto.

— Intendi metterti con lei? — chiese Adikor, senza alzare lo sguardo. Di per sé, a Ponter andava a genio la compagna di Adikor, Lurt, ma nessuna legge imponeva di apprezzare la compagna del proprio compagno. Quindi, nel caso, Adikor non sarebbe stato tenuto a voler bene a Daklar.

— È troppo prematuro anche solo ipotizzarlo — rispose Ponter. — Ma ho trascorso quattro bei giorni con lei.

— Avete fatto sesso?

Ponter non trovò offensiva la domanda. Era piuttosto normale tra compagni parlare delle rispettive storie con donne; anzi, era un comodo espediente per affrontare il delicato argomento delle preferenze erotiche di ognuno.

— No — disse Ponter. — Certo, avrebbe potuto succedere, se le circostanze fossero state favorevoli, ma abbiamo passato quasi tutto il tempo con Jasmel e Megameg.

Adikor annuì come se Ponter avesse messo allo scoperto una vasta cospirazione. — Il modo migliore per conquistare un uomo è dedicare attenzioni ai suoi figli.

— Lo sai che è lei la loro tabant. Sono figli anche suoi, in un certo senso.

Adikor non replicò.

— Quindi — disse Ponter dopo un altro po’ — la perdonerai?

Adikor dedicò qualche secondo a contemplare il dipinto sul soffitto, poi disse: — Che ironia della sorte, eh? Iurta questa diatriba tra noi due esiste solo a causa della tua cortesia di molte decine di mesi fa. Se tu a suo tempo mi avessi accusato pubblicamente, sarei stato castrato fin da allora. E se ciò fosse successo, non avrei più avuto testicoli da offrire a Daklar durante la tua assenza. — Fece spallucce. — Non mi resta che perdonarla, visto che lo desideri tanto. Non ho scelta.

— Puoi decidere, invece.

— Come hai fatto tu, tanto tempo fa. — Adikor annuì. — La perdonerò.

— Sei un uomo buono — disse Ponter.

Adikor aggrottò le ciglia, come se avesse sentito un luogo comune ritrito. — No, sono un uomo così così. Piuttosto, tu…

Con un sorriso, Ponter si alzò. — Meglio che mi dia da fare con la cena.

Sebbene fosse appena terminato il periodo in cui i Due diventano Uno, Ponter e Adikor tornarono al Centro su convocazione del Gran Consiglio. I supremi Grigi avevano annunciato di essere già disposti a prendere una decisione sulla riapertura del varco.

La Camera di consiglio era piena di spettatori di entrambi i sessi. Adikor sembrava piuttosto a disagio, e ci volle solo un attimo a Ponter per capire perché. L’ultima volta che Adikor era stato lì in mezzo a una folla, era per il dooslarm basadlarm. Ma lui non fece cenno alle sue inquietudini, perché avrebbe significato riaprire la triste pagina riguardante Daklar. Per questo Ponter lo amò ancora di più.

Tra il pubblico c’erano anche undici Esibizionisti, nel consueto abito argento. Ponter non si era mai abituato al concetto gliksiniano: un continuo aggiornamento, a volte dei notiziari 24 ore su 24, sui peggiori eventi nel mondo. I Companion, che da mille mesi garantivano la sicurezza dei cittadini, non avevano però affatto debellato i furti, gli omicidi e le violenze. E anche in questo universo i cittadini avevano fame e sete di informazioni… Ponter aveva letto che spettegolare aveva per gli umani la stessa funzione dello spulciamento reciproco negli altri primati: serviva a creare legami sociali. Per cui alcuni cittadini davano il loro contributo al bene comune trasmettendo, a chiunque ne facesse richiesta, le immagini contenute nei loro impianti video. Ci si poteva sintonizzare sul voyeur del proprio Esibizionista preferito.

A ogni sessione del Consiglio erano sempre presenti un paio di Esibizionisti, ma stavolta il tema del dibattimento era così clamoroso da richiamare perfino “giornalisti” che di solito si occupavano solo di sport o di poesia.

La presidentessa del Consiglio, Pandaro, si alzò in piedi per rivolgersi all’assemblea. Si aiutò con un bastone di legno istoriato. — Abbiamo valutato il caso sottopostoci dallo scienziato Huld e dallo scienziato Boddit — disse. — Abbiamo pazientemente esaminato il lungo resoconto dello scienziato Boddit circa il suo viaggio nel mondo dei gliksin, oltre alle poche prove fisiche in nostro possesso.

Ponter accarezzò il pendaglio d’oro che a volte portava al collo. Gli era costato sacrificio metterlo a disposizione degli inquirenti, ed era felice di averlo riavuto indietro. Mary glielo aveva regalato un attimo prima che lui abbandonasse il mondo di lei. Due striscie d’oro, una più lunga, una più corta, messe in posizione perpendicolare.

— Ci siamo riuniti per deliberare — proseguì Pandaro — e abbiamo deciso che i potenziali vantaggi nello stabilire un contatto con una diversa versione della Terra, con un diverso tipo di umanità, in forza di possibili scambi di conoscenza scientifica e di beni materiali, sono troppo grandi per essere ignorati.

— State commettendo un grosso errore! — gridò un uomo dal pubblico.

Il consigliere Bedros, seduto accanto alla presidentessa, lo fissò severo. — La sua opinione è già stata raccolta, ammesso che lei abbia risposto al sondaggio. Ma, indipendentemente da questo, spetta a questo Consiglio prendere le decisioni, e lei avrà la cortesia di attendere finché non ci saremo espressi.

Pandaro riprese: — Il Gran Consiglio dei Grigi, con una maggioranza di 14 contro 6, esorta gli scienziati Huld e Boddit a tentare di ripristinare il varco verso l’universo parallelo, con l’obbligo di fare rapporto a questo Consiglio ogni dieci giorni, e con la clausola che potranno portare avanti la missione solo sottoponendola a verifica ogni tre mesi.

Ponter si alzò e fece un lieve inchino. — La ringrazio, presidentessa. — Anche Adikor si era alzato; si abbracciarono.

— Tenga i ringraziamenti per la fine — disse Pandaro.

— Ora arriviamo al nocciolo delle questioni sicurezza e salute…

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