20

Era davvero un’ironia della sorte, pensò Tukana, che a desiderare la privacy fosse proprio quell’uomo. Tuttavia, chi poteva biasimarlo se viveva come un recluso? Era famoso su tutto il pianeta, riceveva onori ovunque andasse. Anzi, il mondo stava per celebrare il millesimo mese della sua grande invenzione, per cui gli sarebbe stato richiesto di fare centinaia di apparizioni pubbliche; incrociando le dita, data l’età del soggetto. L’interessato apparteneva infatti alla generazione 138; era uno dei pochi sopravvissuti (meno di 1000) della sua leva; della generazione appena precedente non era rimasto nessuno.

Tukana aveva già incontrato dei 138, ma non di recente. L’ultima volta che era stata vista in compagnia di uno di loro era stato circa 50 mesi prima, e già allora era rimasta stupita dalla loro veneranda età.

Dicono che i capelli grigi siano indice di saggezza. Solo che il grand’uomo era ormai completamente pelato, almeno in testa: quel celebre cranio di lunghezza stupefacente. Per il resto, aveva ancora dei peletti trasparenti lungo le braccia. Vederlo faceva un effetto strano: anzianissimo, raggrinzito, con la pelle picchiettata di macchie grigie e marroni, ma con intensi occhi blu. Occhi artificiali, costituiti da lucide sfere metalliche e iridi sfaccettate; occhi che luccicavano dall’interno. Naturalmente avrebbe potuto farsi inserire protesi oculari più simili agli occhi naturali che aveva avuto, ma se c’era uno che non aveva nulla di cui vergognarsi di un impianto artificiale, era proprio lui. Tukana sapeva anche che altri inserti gli mantenevano in funzione il cuore e i reni, e che ampie sezioni del suo scheletro cascante erano state sostituite con ossa artificiali. Infine, una volta lo aveva sentito mentre diceva a un Esibizionista, ridendo, che era bene che uno della sua età avesse occhi così appariscenti: così la gente non si illudeva che lui non fosse più in grado di notare nulla.

Tukana entrò nell’ampio soggiorno. Il proprietario era così vetusto che gli alberi con cui era costruita la sua abitazione avevano raggiunto un diametro prodigioso, e lui vi aveva scavato locali sempre più estesi, con il correre dei mesi.

E quanti ne erano corsi! Uno della generazione 138 aveva oltre 1.300 lune, corrispondenti a 108 anni gliksin.

— Buongiorno, salute — disse Tukana, accomodandosi su una sedia.

— A questo punto — fece lui, con una voce sorprendentemente pastosa — ogni giorno è buono, con o senza salute che sia.

Tukana non era sicura se la frase fosse una battuta o un’amara considerazione, per cui si limitò a sorridere annuendo. Dopo qualche istante, aggiunse: — Non posso dirle che grande onore sia per me trovarmi qui, signore.

— Ci provi — disse lui.

Lei ebbe un attimo d’incertezza. — Be’, è che tutti le dobbiamo così tanto, e…

Ma il patriarca sollevò una mano. — Stavo scherzando, mia giovane signora. — Al che Tukana sorrise, perché erano secoli che nessuno la definiva “giovane”. — Per la verità — proseguì — la massima onorificenza sarebbe che mi fossero risparmiati gli onori. Mi creda, troppe ne ho sentite. Per rispetto al poco tempo che mi è rimasto, apprezzo molto che chiunque me ne faccia sprecare il meno possibile. La prego, venga subito al punto.

Tukana sorrise di nuovo. In qualità di diplomatica aveva incontrato molti importanti leader mondiali, tuttavia mai avrebbe immaginato di trovarsi un giorno al cospetto del Leonardo da Vinci dell’universo neanderthaliano: Lonwis Trob. Adesso, però, era difficile reggere quello sguardo meccanico, per cui Tukana abbassò gli occhi all’avambraccio sinistro dell’uomo, dov’era installato il Companion. Ovviamente non era un modello originale, di quelli inventati da Lonwis tanti e tanti mesi prima. Questo era un Companion ultimo grido; e tutte le parti metalliche, Tukana notò sbalordita, erano realizzate in oro.

— Non so quanto lei abbia seguito tutta la faccenda della Terra parallela, ma…

— Ogni minimo dettaglio — rispose Lonwis. — Davvero affascinante.

— Allora saprà già che io sono l’ambasciatrice nominata dal Gran Consiglio dei Grigi per…

— Quei pivellini mocciosi! — esclamò lui. — Tutti, dal primo all’ultimo!

— Be’, capisco ma…

— Lo sa? Alcuni di loro si tingono i capelli di grigio per sembrare intelligenti.

Lonwis, nonostante le premesse, sembrava felice di sprecare tempo in facezie. Tukana suppose che, comunque, si fosse meritato quel privilegio. — Sia come sia — disse l’ambasciatrice — intendono chiudere il varco tra il nostro mondo e i gliksin.

— E perché?

— Hanno paura.

— È stata lei a entrare in contatto con i gliksin, mica loro. Mi piacerebbe sentire la sua opinione.

— Be’, saprà anche che un gliksin ha tentato di uccidere l’inviato speciale Boddit, e ha anche aperto il fuoco contro di me.

— Sì, l’ho sentito. Però siete ancora entrambi in vita.

— Già.

— Vede, il mio vecchio amico Goosa…

Tukana non riuscì a trattenersi: — Goosa? Goosa Kusk?

Lonwis annuì.

— Caspita — mormorò Tukana.

— Ecco, sono sicuro che Goosa, senza problemi, potrà inventare qualcosa per proteggersi dalle armi gliksin. I proiettili, da quanto ho capito, ricevono propulsione da un’esplosione chimica: il che significa che, per veloci che siano, non si avvicinano neanche lontanamente alla velocità della luce. Il che dà a un apparecchio laser tutto il tempo di intercettarli e dissolverli nel nulla. Dopotutto, i miei Companion sono già in grado di scansionare l’ambiente circostante per un raggio di circa quattro bracciate; per cui, anche se per assurdo il proiettile viaggiasse alla velocità del suono, al laser resterebbero… — fece una breve pausa. Tukana si chiese se stesse eseguendo mentalmente il calcolo, o lo avesse affidato al Companion; ma propendeva per la prima ipotesi — … 0,005 battiti per mirare e colpire il bersaglio. Occorre un’emittente sferica, in quanto non c’è tempo per far ruotare meccanicamente un puntatore. Si potrebbe montare la sferetta dentro un cappello. Una bazzecola. — Osservò la sua ospite. — Allora, risponde alle sue esigenze? In caso affermativo, contatterò subito Goosa a nome suo, poi continuerò a godermi la giornata.

— Ehm… no — rispose Tukana. — Voglio dire, sì, un’apparecchiatura del genere sarebbe strepitosa, ma non era il motivo per cui sono venuta da lei.

— Allora arrivi al dunque, mia giovane signora. Che desidera, esattamente?

Tukana deglutì. — Non si tratta solo di un favore che lei potrebbe farmi. Servirebbe la collaborazione di alcuni dei suoi amici più stimati.

— A che scopo?

Lei glielo disse. E le tornò il colorito, quando notò il sorriso che si allargava sul volto di Lonwis Trob.

Загрузка...