7

Alec si svegliò la mattina dopo con la stessa istantaneità con cui il buio lascia il posto alla luce sulla superficie lunare. Si lavò e si vestì rapidamente e andò in soggiorno dove lo aspettava sua madre che gli porse una tazza di birra di soia calda.

— Ho deciso di portarti con me alla riunione del Consiglio — disse Lisa.

Alec bevve un sorso di liquido bollente. — Ci sarà anche Kobol? — chiese poi.

— Certamente.

Lui la guardò mentre dava un ultimo tocco ai folti capelli ondulati davanti allo specchio. Indossava un completo grigio-azzurro semplicissimo, perfino severo, dall'alto colletto alla cinese agli ampi calzoni che ricadevano sulle babbucce. Ma quando alzava le mani sulla testa in quel certo modo, quando camminava ancheggiando, Alec riudiva i pettegolezzi che correvano sul suo conto, e le frasi sarcastiche che gli avevano rivolto quand'era bambino. Si sentì avvampare e strinse i denti.

— Perché quella faccia truce? — gli chiese lei voltandosi. — Ti ho detto che vinceremo e così sarà. Adesso andiamo.

La sala del Consiglio era volutamente austera. Le pareti di roccia appena sbozzata, nude, davano l'impressione che la stanza fosse stata ricavata da un'esplosione nella roccia lunare. Non c'erano decorazioni di alcun genere, ma solo il grande tavolo rotondo e le sedie, e sulla parete di fondo, di fronte alla porta, un grande schermo.

Quasi tutti i membri del Consiglio avevano già preso posto intorno al tavolo. Lisa fece un ingresso regale porgendo la mano all'uomo che le stava più vicino e rivolgendo un cenno di saluto agli altri. Lasciò che Alec le scostasse la sedia, e quando si fu seduta gli indicò un posto quasi di fronte, dove era già stata sistemata una sedia per lui.

— Vi ringrazio per avermi concesso di portare qui Alec stamattina — disse Lisa con un sorriso ammaliante.

Alec rimase impassibile. Non era educato approfittare della propria posizione per ottenere un privilegio personale, ma sarebbe stato ancora più scortese se un membro del Consiglio avesse fatto obiezione alla richiesta di Lisa. Influirà sul voto?, si chiese.

Parecchi lo salutarono. Lui, naturalmente, li conosceva tutti. Nove uomini, sei donne. Ma tre non erano ancora arrivati: Kobol e i suoi amici più fidati.

Alec rispose ai saluti con un cenno. Non si arrischiava a parlare.

Quando finalmente Kobol arrivò coi suoi fiancheggiatori il brusio delle conversazioni si arrestò di colpo. Fermandosi un attimo sulla soglia, Kobol guardò fisso Lisa, che ricambiò lo sguardo senza battere ciglio. Poi Kobol andò a sedersi al suo posto.

Alec lo guardava. Sapeva che Kobol ambiva alla carica di presidente del Consiglio, voleva comandare la comunità, e soprattutto voleva Lisa. E Alec provava un odio particolare verso di lui. Kobol aveva l'età di sua madre. Alto e magro, il viso ossuto gli pareva quello di un morto. Gli occhi, profondamente incassati sotto le folte sopracciglia grigie, erano insondabili. Aveva denti grossi, sporgenti, da cavallo, sormontati da un paio di baffi cespugliosi. Dapprima Alec aveva pensato che se li era fatti crescere per far vedere che risparmiava acqua e sapone, ma poi era giunto alla conclusione che i baffi servivano a Kobol per distrarre l'attenzione dal fatto che stava diventando calvo.

Mettendosi a sedere alla destra di Lisa, Kobol disse con la sua voce secca, nasale: — Scusatemi per avervi fatto aspettare. Cominciamo.

Lisa si concesse un lieve sorriso. — Riprendiamo la riunione aggiornata ieri — disse al microfono collegato con il computer centrale. — Il Consiglio deve scegliere il capo della prossima spedizione sulla Terra. I candidati sono il Consigliere Martin Kobol e il Cittadino Alexander Morgan. Se ne è già discusso ed è stata messa all'ordine del giorno una mozione per il voto, alla conclusione della riunione di ieri.

Detto questo, si guardò intorno. — Ci sono domande prima di passare al voto?

— Io ho una domanda da porre — disse il consigliere LaStrande. Pareva un vecchio gnomo rinsecchito, con una rada barbetta che gli spuntava sul mento e un paio di occhi enormi dietro le spesse lenti.

Lisa acconsentì alla sua richiesta con un cenno.

LaStrande spinse indietro la sedia e si alzò. Puntando un indice nodoso e contorto verso Alec, disse: — Il Cittadino Morgan è un giovane molto abile e intelligente. Tutti sono d'accordo su questo. Ma è giovane. Troppo giovane, temo, per guidare una spedizione tanto importante…

— Ma la spedizione Benford di…

LaStrande lo interruppe con un gesto imperioso. — Non perdiamo tempo a discutere delle precedenti spedizioni. Alcune hanno avuto successo, altre no. Potrei ricordare che il padre di Morgan è responsabile della più disastrosa spedizione che sia mai stata allestita, e che è anche la causa diretta della situazione critica in cui ci troviamo attualmente.

Alec ribolliva d'ira rattenuta. Così LaStrande è passato dalla parte di Kobol. Mia madre ne ha tenuto conto calcolando i voti?

Fissandolo con occhi gelidi, Lisa ribatté: — LaStrande, non vorrai farci intendere che le azioni del mio ex-marito dovrebbero impedire a mio figlio di compiere i suoi doveri di cittadino? — La sua voce era tagliente come un rasoio.

— No di certo — ribatté LaStrande in tono conciliante. — Ma il Consiglio deve tenere presente che ogni azione deriva da una causa. Perché siamo così a corto di carburanti fissili? Perché vent'anni fa Douglas Morgan guidò una spedizione sulla terra e si rifiutò di tornare. Si rifiutò!

— Ma ci mandò i combustibili nucleari che ci servivano — obiettò l'uomo grasso seduto vicino ad Alec.

LaStrande annuì. — Certo — rispose con pesante sarcasmo. — E cinque anni dopo fu tanto gentile da permetterci di avere ancora un po' di quelle sostanze fissili che ci occorrevano per sopravvivere. E una terza volta, dopo altri cinque anni, ce ne concesse ancora un pochino. E poi più niente. Si è rifiutato di mandarcene ancora, nonostante tutti i nostri tentativi. Negli ultimi cinque anni siamo stati ostaggi del suo ego di rinnegato. E per tutto questo tempo ce ne siamo rimasti qui a discutere sul da farsi, mentre le nostre riserve si andavano consumando.

Qualcuno cambiò nervosamente posizione, qualcun altro borbottò un commento fra sé.

— Morgan è ancora sulla Terra, dove sta diventando una specie di imperatore barbaro, e da laggiù ci fa marameo. — La voce stentorea di LaStrande echeggiava nella caverna. — Lui sa che noi abbiamo disperatamente bisogno di quei materiali. Sa che senza di essi moriremo tutti. Ma cosa gliene importa?

— Nulla! — esclamarono molti membri del Consiglio.

— E adesso ci si aspetta che noi seguiamo la volontà di sua moglie mandando suo figlio laggiù? Per aiutarci ad ottenere quello che ci occorre per vivere? O per aiutare Douglas Morgan a rafforzare il suo impero sulla Terra, impero che prima o poi ci annienterà?

Molti membri del Consiglio gridarono la loro approvazione all'attacco di LaStrande battendo i pugni sul tavolo. Kobol, se ne stava seduto in silenzio, grattandosi distrattamente un orecchio, sempre più imperscrutabile dietro i baffi e le folte sopracciglia.

Alec fremeva di rabbia. Stringeva i braccioli della seggiola tutto teso, pronto a scattare per alzarsi e dire la sua. Ma poi guardò sua madre.

Lisa sedeva zitta e immobile, una regina di ghiaccio, in attesa che quegli imbecilli si calmassero. Solo gli occhi erano vivi, e ardevano di gelida furia.

Il tumulto si placò poco a poco, e infine cadde nella sala un pesante silenzio.

Poi, con una voce così sommessa che Alec dovette fare uno sforzo per sentirla, Lisa disse: — Consigliere LaStrande, la tua preoccupazione per il nostro avvenire e il nostro benessere ti ha trascinato oltre i limiti dell'educazione e del buonsenso: certamente non credi sul serio che le colpe del padre ricadano sul figlio… o sulla moglie.

LaStrande ammiccò con gli occhi acquosi. — Io, be'… io volevo solo che il Consiglio… ehm… prendesse in considerazione tutti i dati della questione.

— Compreso — ribatté lei con estrema durezza — compreso il fatto che io ho perduto un marito. Ho rinunciato a lui da anni. Compreso il fatto che mio figlio, il mio unico figlio, è cresciuto senza padre, e ha sofferto a causa delle allusioni e delle accuse e di tutto quello che tu hai così brutalmente esposto poco fa. Compreso il fatto che mio figlio si è volontariamente offerto di guidare questa pericolosa spedizione per dimostrare a tutti gli imbecilli pettegoli e meschini di questa comunità che lui è lui, e non un doppione di quel traditore di suo padre! Includete questi fatti nell'esaminare la questione, Consiglieri. Includeteli tutti!

Si rannicchiarono tutti sulle sedie come se fossero stati schiacciati dalla forza delle parole di Lisa. LaStrande si rimise a sedere e tenne lo sguardo fisso sul ripiano del tavolo. Kobol sorrise fra sé.

— Signor Presidente — disse Catherine Demain — posso prendere la parola?

Lisa annuì.

— Mi dispiace che questa discussione sia arrivata a un tale livello di inciviltà. Ma è stato posto in evidenza un punto critico su cui vorrei soffermarmi. Douglas Morgan ci ha tradito. Non ci sono altre parole per definire il suo comportamento, anche se Doug era uno dei miei più cari amici fino al giorno in cui partì. La domanda che mi pongo è questa: perché ha commesso un'azione tanto orribile? Perché si è rivoltato contro di noi? Esiste nella sua composizione psicologica un fattore che, perdonatemi, può essere stato ereditato da suo figlio? O si tratta…

Alec si alzò in piedi di scatto senza pensare a quel che faceva. Dominandosi a stento, disse: — Non resterò ancora qui seduto ad ascoltare che si discuta di mia madre e di me come se fossimo due esemplari da laboratorio.

Il Consigliere alla sua destra fece per trattenerlo per un braccio, ma Alec si liberò con uno strattone e si avviò verso Catherine Demain.

— Da quando mi sono offerto volontario per la spedizione sono stato sottoposto a tutti gli esami possibili, sia fisici sia mentali. Le conclusioni sono a disposizione di chiunque voglia consultarle.

Si fermò all'altezza della sedia della Demain che fu costretta a voltarsi per guardarlo. Alec si appoggiò al bordo della spalliera e le chiese: — Le hai esaminate?

— Sì, naturalmente.

— Ci sono accenni a squilibri o deficienze di qualsiasi genere? — Alec si accorse che l'ira stava cedendo il posto a un'altra emozione: non era propriamente gioia, ma qualcosa di eccitante, il sapore del potere.

— No — rispose piano Catherine Demain. — Tutti gli esami hanno dato eccellenti risultati.

— Tu stessa mi hai sottoposto a molte prove — aggiunse lui guardandola.

Catherine annuì e distolse lo sguardo.

Alec si guardò intorno. — So che sono giovane. So che mio padre ci ha tradito… ma più di tutti gli altri ha tradito mia madre e me venendo meno ai suoi doveri verso di noi. E so anche di avere riportato i voti più alti in tutti gli esami. Se mi chiamassi Kobol o LaStrande o Nickerson non avreste esitato un attimo ad approvare la mia nomina. Questa è la verità, e la conosciamo tutti.

— Il tuo intervento contravviene alle regole — disse con fermezza Lisa. — Rivolgi le tue scuse al Consiglio e torna al tuo posto. — Ma le brillavano gli occhi.

— Scusami — Alec sorrise a sua madre. — Prego il Consiglio di volermi perdonare.

Mentre si avviava verso il suo posto una delle Consigliere più giovani chiese la parola, e Lisa gliela concesse. Sylvia Dortman era stata una delle più valide sostenitrici della nomina di Alec, una devota alleata di Lisa. Ma adesso, sembrava turbata.

— È assurdo fingere di ignorare il problema che ci assilla tutti — disse. — Si tratta, in breve, di una questione di fiducia. Ci siamo fidati di Douglas Morgan, e lui ci ha deliberatamente tradito. Possiamo ora fidarci di suo figlio? — E prima che qualcuno potesse rispondere si affrettò ad aggiungere: — Non sto mettendo in dubbio la lealtà o la determinazione di Alec. Non metto neppure in dubbio le sue capacità fisiche o mentali. Ma la paura di fondo rimane. Anche suo padre era capace, ammirato e rispettato, come ci è stato detto. E si rivelò un traditore. Ne ignoriamo il motivo. Allo stesso modo ignoriamo come si comporterà Alec quando sarà arrivato sulla Terra.

Seguì un lungo silenzio. Tutti i Consiglieri guardavano Lisa in attesa della sua reazione. Alec sedeva rigido e teso, guardando anche lui sua madre.

Alla fine Lisa disse con voce pacata: — Si comincia a ripetere quanto è già stato detto nelle precedenti discussioni. È stata avanzata una mozione per mettere ai voti la questione. Chi appoggia la mozione?

— Un momento, per favore — disse LaStrande. — Propongo che invece del solito voto per alzata di mano si faccia un ballottaggio segreto, in modo da assicurare a ognuno una completa libertà di scelta.

— Benissimo — disse Lisa. Aveva chiuso gli occhi e sembrava stanchissima. — Se non ci sono altre obiezioni…

Perché?, si chiese Alec furibondo. Perché votare adesso dopo che sono stati messi sul tappeto degli argomenti così stupidi? Poi notò l'occhiata micidiale che Lisa rivolse a Sylvia Dortman, e capì. Vuole che si passi al voto mentre detiene ancora la maggioranza, pensò. Ha paura che i nostri sostenitori possano cambiare idea.

I Consiglieri votarono premendo un pulsante sui piccoli pannelli inseriti nel tavolo davanti a ognuno di loro. I voti furono registrati dal computer e proiettati sullo schermo a muro. I membri del Consiglio erano quindici. Ne occorrevano otto per ottenere la maggioranza.

Lo schermo si accese e comparve la scritta: VOTO DEL CONSIGLIO. SEI VOTI PER MORGAN. QUATTRO VOTI PER KOBOL. CINQUE ASTENUTI.

Leggendo il risultato, Alec ebbe paura per la prima volta. Cinque astensioni! Potevano decidersi a votare per Kobol. Ne sarebbero bastati solo quattro!

— Dobbiamo ripetere il voto — disse Lisa.

— Signor Presidente!

Era Kobol, che si alzò in piedi lentamente e disse con la sua voce nasale: — Abbiamo discusso abbastanza per convincermi che, continuando di questo passo, rischieremmo di dividere il Consiglio in due fazioni antagoniste, provocando una scissione che potrebbe trascinarsi nel tempo. Credo che sia venuto il momento di scendere a un compromesso, nell'interesse della pace e della concordia.

— Cosa pensi di fare? — gli chiese Lisa.

— Se prendiamo in considerazione solamente gli esami fisici e mentali a cui siamo stati sottoposti tutti — spiegò Kobol — è indubbio che Alec sia l'uomo più qualificato per guidare la spedizione diretta alla Terra. Quello di cui stiamo discutendo qui è una questione di fiducia… o, meglio, di colpa.

Alec non riusciva a distogliere lo sguardo dalla faccia di Kobol, convinto che sotto quella maschera dovesse nascondersi qualcosa.

— Nessuno desidera più di me essere a capo di questa spedizione — continuò Kobol. — Credo che me la caverei egregiamente, nonostante sia zoppo. Sono già stato sulla Terra. So cosa aspettarmi. Sarei preparato a controbattere qualsiasi tipo di opposizione potremmo incontrare… anche se si trattasse di Douglas Morgan e della sua masnada di barbari.

Un mormorio di comprensione si levò dagli astanti.

— Ma so anche se che insistessi nel volere comandare questa spedizione potrei causare dei danni irreparabili qui: amici contro amici, gelosia e odio, invece di armonia e collaborazione.

Dove vuole andare a parare?, si chiese Alec.

— Così ritirerò il mio nome dalla rosa dei candidati…

I Consiglieri trattennero il fiato.

— …a condizione che io sia nominato vice-comandante agli ordini di Alec.

Alec ebbe l'impressione di aver raggiunto una vetta e poi di essere stato fatto precipitare. I Consiglieri erano rimasti sbalorditi, ma si ripresero presto e cominciarono a parlottare, a farsi dei cenni, a scambiarsi impressioni. Kobol si rimise a sedere e non aprì più bocca. Lisa richiamò tutti all'ordine.

LaStrande chiese la parola. — Non ho mai sentito niente di più nobile e generoso — disse. — Propongo che Alexander Morgan venga nominato comandante della spedizione, e Martin Kobol vice-comandante… con voto unanime, alla voce!

Tutti accettarono con entusiasmo, e il voto vero e proprio fu solo una formalità.

Sorridenti, sollevati, felici che la spinosa questione fosse stata risolta, i Consiglieri uscirono, dopo avere stretto la mano ad Alec e a Kobol. Alec stava in piedi accanto alla sedia, con l'animo in tumulto, finché nella stanza non rimasero che lui, sua madre e Kobol.

— È questo che volevi? — chiese Lisa a bassa voce, tenendo la sedia fra sé e Kobol come se fosse uno scudo.

— Non del tutto — rispose lui sorridendo. — Ma è un passo nella direzione giusta.

— Martin, voglio ringraziarti. Ci sono voluti molto buonsenso e una notevole dose di coraggio per proporre questo compromesso.

— Sono sempre stato del parere che è meglio mezza pagnotta quando non si può avere la pagnotta intera.

Alec si portò al fianco di sua madre, senza però distogliere lo sguardo da Kobol.

— Sei ancora deciso a conquistarti la supremazia nel Consiglio, non è vero, Martin? — disse Lisa.

— Non solo nel Consiglio.

Lei sorrise. — E credi che la spedizione possa servire a rafforzare la tua posizione? Anche in qualità di vice-comandante? — Lisa sottolineò il "vice".

— Certamente — rispose lui. — Perché tu desideri tanto che la comandi Alec? Al ritorno sarà candidato al Consiglio, no? Un giorno tu farai in modo che diventi presidente, quando deciderai di ritirarti.

— Perché no?

— Perché allora il presidente sarò io — ribatté Kobol in tono deciso, e con una sfumatura d'ironia.

— Tu sogni, Martin! — esclamò Lisa ridendo.

— Certi sogni si avverano — rispose lui con un'alzata di spalle. — Dio sa se tu non hai fatto sogni grandiosi. E adesso uno di essi si avvera. Tuo figlio sta per vendicare il tradimento di tuo marito. Laverà la macchia che offusca il nome della famiglia. Consoliderà il tuo potere in seno al Consiglio.

Lisa allungò un braccio verso Alec, che le prese la mano, e poi lo attirò a sé.

— È vero — sussurrò con voce sibilante a Kobol. — Alec diventerà famoso, e tu non puoi impedirglielo.

— Impedirglielo io? — sghignazzò Kobol. — Ma se ho intenzione di aiutarlo. Ti sei dimenticata che mi sono spontaneamente offerto come vice-comandante?

— Già — ammise lei. — È quello che hai fatto.

Per un lungo, snervante momento, i tre rimasero immobili: Alec al fianco di sua madre, e Kobol di fronte a loro due. Alec vide che sua madre fissava Kobol, i cui occhi erano insondabili. Ma il fuoco che ardeva in quelli di Lisa era una cosa che Alec non aveva mai visto, qualcosa che trascendeva la paura, la malevolenza, ed era anche più forte dell'odio.

Alla fine, Kobol arretrò di un passo e mormorando: — Se volete scusarmi… — si avviò alla porta.

Quando furono soli, Lisa disse al figlio: — Cercherà di rovinarti, di sovvertire la tua autorità, forse perfino di compromettere la spedizione.

— Lo so — disse Alec. — Cercherà di uccidermi.

Lei gli strinse forte il braccio rabbrividendo. Alec l'attirò a sé facendole appoggiare la testa sulla sua spalla.

— No, no, non lo farà… Martin non arriverebbe mai a tanto. — Ma lo guardò con gli occhi pieni di paura. — Non avrei dovuto spingerti tanto… Non avrei dovuto forzarti…

— Tu non mi hai forzato a fare niente.

— Alec, tu sei ancora un bambino. Non te ne intendi di queste cose. Io posso manovrare te, i membri del Consiglio, tutti… — distolse lo sguardo. — Quasi tutti.

— Mi occuperò io di Kobol.

— Sei in grado di farlo? Saprai cosa fare, quando verrà il momento?

— Sì — adesso era calmissimo. — Quando verrà il momento lo ucciderò.

— No! Non devi arrivare a tanto! Non voglio neanche che tu lo pensi. Se dovrà essere la violenza a decidere, sarà lui a uccidere te. Ti colpirà quando meno te lo aspetti. Anche a migliaia di chilometri di distanza sarebbe ancora capace di raggiungerti. Non bisogna arrivare alla violenza, Alec, perché saresti tu ad avere la peggio.

Alec si staccò da lei. — Posso badare a me. E anche a lui. E a te.

Lisa lo guardò, e la sua espressione andò lentamente cambiando. Ammirava suo figlio.

— E tuo padre? — chiese. — Cosa farai con lui?

— Saprò cavarmela anche con lui — rispose Alec, sentendo rinascere l'odio.

— Verrà a cercarti non appena saprà che è arrivata la spedizione.

— Lascia che venga — disse Alec. — E se non viene, andrò io a cercarlo.

— E quando v'incontrerete…

Alec strinse i pugni così forte con le unghie si conficcarono nel palmo. — Quando c'incontreremo lo ammazzerò.

Lisa Ducharme Morgan sorrise: — Ripetilo — sussurrò.

— Lo ucciderò — ripeté Alec. — Per tutto quello che ti ha fatto, mamma. Lo troverò e lo ucciderò.

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