21

Kobol mandò Jameson, il quale arrivò due settimane dopo la chiamata di Alec.

— Come hai fatto ad arrivare qui così presto? — gli chiese meravigliato Alec.

Jameson sorrise. — Già in Florida ci sono molte imbarcazioni, e anche tutto il carburante necessario per farle funzionare. Ricavano il carburante dall'acqua del mare, elettrolizzando l'idrogeno e facendolo poi congelare fino a che diventa liquido.

— Non sapevo che sulla Terra esistesse ancora una tecnologia così avanzata.

— Esiste ancora l'antico spazioporto civile — spiegò Jameson. — Non è stato bombardato.

— Così laggiù ci sono ancora scienziati.

— Qualcuno. E qualche tecnico. Avevano bisogno del nostro aiuto per non essere sopraffatti dai barbari.

— E tu sei venuto in barca fin qui?

Jameson annuì. — Sì, seguendo la vecchia via d'acqua interna fino alla Baia di Delaware, poi risalendo il fiume Delaware. Abbiamo superato il più rapidamente possibile Filadelfia perché quella zona è ancora altamente radioattiva. Lasciato il fiume abbiamo proseguito a piedi, ed eccoci qui.

Alec e Jameson si trovavano sul ciglio di una collinetta, riparati dal vento da un folto di betulle. Faceva ancora freddo e il terreno era quasi ovunque coperto di neve, ma il sole brillava in un cielo terso, e cominciava a dare calore. Alec sentiva il fruscio dell'acqua che scorreva sotto la neve che si andava sciogliendo. Fra poco i torrenti sarebbero stati gonfi e impetuosi.

— Cosa sta facendo Kobol? — chiese Alec.

— Sta mettendo insieme un esercito. Un vero esercito — Jameson allargò le braccia per dare maggiore enfasi alle sue parole. — Migliaia di uomini. Li arruola fra la gente del posto. Sono atterrate quattro navette cariche di rifornimenti e armi, e hanno stabilito un collegamento con la Luna, per cui le navette vanno e vengono portando di tutto: laser, autoblindo, armi pesanti e così via.

— Migliaia di uomini? Quattro navette?

— Già — rispose Jameson con un sorriso compiaciuto. — Il Consiglio ha deciso che l'unico modo per riuscire a impadronirci dei materiali fissili è mettere fuori combattimento Douglas una volta per tutte. Così danno a Kobol tutto quello che vuole. Oggi devono esserci in Florida più uomini validi della nostra colonia che non sulla Luna.

— Tutto quello che vuole Kobol? — ripeté Alec. — Ma non è lui che comanda. Il capo sono io!

— Credo che troverai piuttosto difficile avere la meglio su questo punto. Secondo il verdetto ufficiale tu eri morto o prigioniero. Secondo le voci di corridoio, ti eri unito a Douglas.

— È tutto falso! — esclamò Alec. — Mi hanno nominato comandante di questa missione, e nessuno mi ha mai destituito, qualsiasi cosa pensi o dica Kobol.

— Non gli farà molto piacere saperlo — lo avvisò Jameson.

— Immagino che Kobol abbia già fatto un suo piano per portare qui le sue truppe.

— Infatti. Ha studiato la meteorologia terrestre ed è giunto all'irrefutabile conclusione che fa più caldo nelle zone meridionali, dove si trova lui, che non quassù al nord.

— E allora?

— E allora il suo piano consiste nel seguire l'avanzata della primavera da sud a nord. Si è già mosso. Ha lasciato la Florida ed è entrato in una bella zona ricca di acquitrini che gli indigeni chiamano Georgia. Via via che il caldo progredisce verso nord, Kobol lo seguirà, assoldando nuove reclute lungo il tragitto.

— Altre reclute?

— Sì — confermò Jameson. — Dice che niente ha successo come l'eccesso.

— Non è una frase sua. È una citazione storica.

— Davvero? — replicò sorpreso Jameson. — Da come l'ha pronunciata sembrava proprio che fosse sua. Ma comunque stiano le cose, secondo me ha ragione. Più uomini abbiamo, più banditi e barbari saranno disposti a unirsi a noi. E più numeroso sarà il nostro esercito, più facilmente sconfiggeremo Douglas.

— Non sarà facile tenere unito un esercito di questo genere — obiettò Alec. — Non credo che gente come quella marcerà disciplinatamente per centinaia e centinaia di chilometri. Perché dovrebbero farlo?

— Qualcuno, anzi molti, lo faranno. Kobol ha promesso tutto il bottino e le donne che vorranno, una volta battuto Douglas.

Alec finalmente capì, e pensò ad Angela.

— Così possiamo aspettarci di veder arrivare qui l'esercito di Kobol non appena il fango primaverile si sarà seccato e sarà più facile marciare — concluse Alec.

— Sì, questo è il suo progetto.

— Il punto più importante per noi è il tempismo. Kobol deve arrivare qui prima della fine del disgelo. E noi dovremo riuscire a sopravvivere fino ad allora. Darci la caccia con la neve, è troppo pericoloso e assai poco producente… e questo Douglas lo sa perfettamente. Ma finito il disgelo, non potremo né fuggire né resistere. Douglas ha uomini capaci e mezzi adeguati. Se Kobol tardasse, anche di una sola settimana, al suo arrivo potremmo essere morti. Tutti.

— Lo so.

— Ma ce la farà? — chiese Alec.

Jameson non rispose subito. Le sue fattezze da uccello da preda erano impassibili. Infine disse: — Si rende conto della tua situazione e arriverà in tempo. Ha intenzione di sposare tua madre e dominare il Consiglio. Non lascerà che tu muoia. Non a quel modo, almeno.

Queste parole, stranamente, non sorpresero né sconvolsero Alec. Jameson non aveva detto niente che lui già non sospettasse.

— D'accordo — disse con la massima calma. — È d'importanza vitale che io e Kobol c'incontriamo prima che le sue truppe arrivino qui. Ho ormai un quadro pressoché completo delle difese di Douglas e entro un paio di settimane riempirò le ultime lacune. Anche se Kobol dispone di un grosso esercito, tutte queste informazioni gli saranno preziose.

— Lo so — rispose Jameson con un lieve impaccio. — Mi ha mandato apposta perché tu mi fornisca questo tipo di informazioni.

— No — rispose senza esitare Alec. — Ne parlerò solo a Kobol, e a nessun altro.

Jameson non fece commenti né diede a vedere come la pensava in proposito.

— Si tratta di qualcosa in più che di fornire le informazioni sulle difese — proseguì Alec. — Bisogna elaborare la strategia da seguire, mettersi d'accordo sul modo di attaccare Douglas. Se tu tornassi coi dati che io ho ricavato, Kobol arriverebbe qui coi piani di battaglia già bell'e fatti. E l'esito potrebbe essere disastroso.

— Devo riferirglielo?

— Digli quello che ti pare. Ma io devo vederlo prima che il suo esercito arrivi da queste parti. Lascio a te stabilire il tempo e il luogo.

Jameson distolse lo sguardo da Alec per portarlo sul panorama innevato, sulle chiazze di terreno nudo dove si era sciolta la neve, sul cielo terso. — Non tenterà di ucciderti — disse piano. — Però cercherà di tenerti sempre d'occhio… di farti prigioniero.

— Dici che un incontro con lui potrebbe risolversi in una trappola?

— Potrebbe darsi.

— Posso contare su di te perché questo non avvenga?

Voltandosi per fissare su di lui i suoi occhi di falco, Jameson rispose: — Io sono solo un uomo. Lui ne ha migliaia d'altri al suo seguito.

— Lo so — disse Alec. — Ma se le cose si mettessero al peggio, tu staresti dalla mia?

Passò quasi un minuto prima che Jameson rispondesse. — Tu sei sempre il comandante nominato dal Consiglio — disse, — e lui è il tuo vice. — Jameson si rilassò abbozzando un sorriso. — Io ho servito sia sotto di te sia sotto di lui. Se le cose si mettessero al peggio, starei dalla tua.

Alec sospirò di sollievo e tese la mano che Jameson gli strinse accentuando il sorriso.

— Siamo tutt'e due matti, sai — disse.

— Lo so — rispose Alec. — Lo so.


Dopo lunghe, noiose trattative per radio, finalmente l'incontro fu combinato. Si accordarono di trovarsi a bordo di un battello nel tratto superiore del fiume Delaware in un posto che sulla mappa era definito Delaware Water Gap (Varco), termine che Alec non riuscì a spiegarsi finché non fu sul posto.

La neve andava rapidamente sciogliendosi al sole e il terreno fangoso impediva di procedere celermente. Alec, accompagnato da quattro uomini scelti fra i suoi migliori, si diresse verso sud a cavallo seguendo l'itinerario indicato dalla carta. Fu un viaggio arduo, che durò una settimana.

Il quinto giorno, quando raggiunsero il tratto superiore del Delaware furono raggiunti da Furetto, che andò loro incontro e proseguì trottando di fianco al cavallo di Alec con un sorriso felice sulla faccia smunta e raggrinzita. Era tutto sporco di fango, ma sulla groppa del suo ronzino c'erano un paio di uccelli selvatici.

— Furetto! — esclamò Alec contento di rivederlo. — Dove sei stato tutto l'inverno?

— In giro. A caccia — rispose il giovane. — Quasi sempre sui monti — spiegò indicando con un gesto vago verso il sud.

— E come hai fatto a trovarci?

Furetto si grattò la guancia, tornò a sorridere, e mormorò qualcosa d'inintelligibile. Alec non insisté. Quel ragazzo tutto pelle e ossa era un tipo fatto a modo suo, e Alec era contento di averlo al suo fianco. Furetto, a quanto lui poteva vedere, non aveva armi, ma la sua specialità consisteva nel catturare la selvaggina con lacci e trappole. Grazie a lui, avrebbero potuto nutrirsi meglio.

Il gruppetto proseguì lungo la valle scavata dal fiume, dove era più facile avanzare. E quando raggiunsero Water Gap, Alec capì subito perché si chiamava così. Il Delaware si era aperto un varco fra due alti dirupi tagliando strati di roccia striata per effetto della sua erosione.

Alla base dei dirupi c'era una strada percorribile lungo la riva del fiume. Erano i resti di un'antica autostrada. Il cemento, screpolato e coperto di frantumi di roccia, non impediva ai cavalli di avanzare di buon passo. Fu un enorme sollievo dopo avere marciato per tanti giorni nel terreno fangoso. Alec e i suoi continuavano a scrutare i pendii scoscesi sui due lati, ottimo posto per un'imboscata. Alberi e cespugli erano ancora spogli, per cui il terreno era ancora nudo e non offriva nascondigli.

Furetto spariva per quasi tutta la giornata per poi tornare tutto allegro con selvaggina sufficiente a riempire lo stomaco di tutti.

Nel punto più stretto del Gap trovarono una sorpresa: l'arcata di un ponte di acciaio e cemento che varcava il fiume. Sembrava ancora in buone condizioni, finché non lo si esaminava da vicino. Ancorato alla base di uno dei piloni di sostegno del ponte, c'era un piccolo battello a motore.

Constatandone le dimensioni, Alec valutò che non potevano esserci più di quattro o cinque uomini a bordo. Non saremo inferiori di numero, pensò, mentre dirigevano i cavalli verso un sentiero che scendeva alla riva, a meno che Kobol non abbia altre imbarcazioni nascoste più a monte.

Il battello era ancorato vicino a riva, cosicché Alec e due dei suoi poterono raggiungere a guado il barcarizzo. Gli altri uomini di Alec, e due di quelli di Kobol, rimasero a terra con i cavalli.

— Piacere di rivederti — disse con voce atona Kobol quando Alec fu salito a bordo. Era più magro dell'ultima volta che Alec l'aveva visto, più asciutto e indurito. Reggeva un bastone nella sinistra e porse ad Alec la destra, dura e secca come il cuoio. Teneva come sempre gli occhi socchiusi, come per mascherare lo sguardo.

— Sembra che la vita all'aperto ti abbia giovato — disse con un sorriso tutto denti. — Hai perso il grasso dell'infanzia.

Alec borbottò qualcosa in risposta, guardandosi in giro. La parte prodiera del ponte e il tetto della cabina erano coperti da pannelli solari. Non si vedevano armi, ma a poppa un telo d'incerata copriva qualcosa di grosso. Un laser, forse?

Preceduto da due dei suoi, Kobol fece scendere Alec in cabina. Altri due uomini li seguivano. Kobol si appoggiava al bastone. Entrarono in un minuscolo compartimento con cuccette pieghevoli inchiavardate alle paratie, e un tavolo sproporzionato all'ambiente incastrato fra due strette panche imbottite. Appuntata al tavolo c'era una mappa fotografica della base di Douglas.

— L'abbiamo messa insieme unendo le foto riprese dal satellite — spiegò Kobol mettendosi a sedere, con un sospiro di sollievo, fra i suoi due aiutanti. — Credo che la troverai molto precisa.

Alec, con i suoi uomini, prese posto sulla panca di fronte. Esaminò la mappa. Le foto erano molto dettagliate: riuscì perfino a distinguere la casa di Angela. Cosa stavamo facendo quando è stata ripresa questa foto?, si chiese oziosamente.

Un altro uomo comparve sulla soglia portando un vassoio di panini e bottiglie di birra.

— È ottima — disse Kobol offrendone una bottiglia ad Alec. — Poco alcolica. Una delle prime cose che gli abitanti di Miami hanno riattivato è stata la fabbrica di birra. Hanno quasi distrutto i boschi della regione per rifornirla di energia.

Alec l'assaggiò e la trovò amara, cattiva. Quella che fabbricavano alla base di Douglas era migliore. Arricciò il naso, e Kobol disse con aria di superiorità: — Bisogna farci la bocca.

— Non ci tengo.

— Abbiamo del latte fresco — disse una voce.

Alec si voltò e vide Jameson sulla soglia. Trattenendo un sorriso, disse: — Bene. Prenderò il latte.

Passarono diverse ore a studiare la mappa. Alec espose tutti i particolari a lui noti sui sistemi difensivi di Douglas e la mappa diventò un vero labirinto di trattini, linee, cerchietti, punti e quadrati che indicavano le recinzioni, le torri di guardia e gli avamposti.

Kobol rimase impressionato.

— Dobbiamo concentrare tutte le nostre forze in un attacco massiccio su questa strada — disse indicando un punto sulla mappa con l'indice ossuto.

— È proprio quello che Douglas si aspetta — obiettò Alec. — Vi fermerà qui… — e indicò il punto dove la strada si snodava fra le colline sulla cui sommità si trovavano gli avamposti… — o qui, dove torrenti e laghi vi costringeranno a procedere in fila indiana.

— Non avrà forze sufficienti per fermarci — dichiarò Kobol. — Quando arriveremo là disporrò di almeno cinquemila uomini.

— In difesa è sufficiente un uomo contro due — disse Alec. — Trattandosi di un uomo intelligente e furbo come Douglas ti serviranno tutti gli uomini che riuscirai a raccogliere. Non dimenticare che sta allestendo da anni i suoi sistemi difensivi. A che scopo gettare gli uomini in bocca ai suoi cannoni?

— Allora cosa propone il tuo genio militare? — Quando Kobol era irritato la sua voce nasale diventava stridula.

Alec lo guardò. — Noi abbiamo il vantaggio del numero. Approfittiamone. Attaccheremo su un fronte largo, costringendo le forze di Douglas ad assottigliarsi per difendersi su un'area così vasta. Aggireremo gli avamposti e le postazioni fortificate, e…

— E ci faremo ridurre a pezzetti! — objettò Kobol.

— No. È impossibile. So di quali armamenti dispongono. Non più di dieci caricatori per le mitragliatrici pesanti. Spareranno finché avranno munizioni, poi o si arrenderanno o usciranno allo scoperto attaccandoci in piccoli gruppi, o resteranno dove sono in attesa che noi andiamo a snidarli.

Kobol non disse niente, ma continuava a scrollare la testa.

— Gli avamposti sono in grado di avere la meglio contro attacchi di pochi uomini — proseguì Alec, — o contro attacchi così concentrati che basterebbero pochi colpi ben centrati per avere la meglio sugli assalitori. Ma un attacco condotto su un fronte ampio, da parte di uomini che si tengono distanziati e lontani il più possibile dagli avamposti, avrà sicuramente successo.

— Mi pare che sia un'idea sensata — mormorò uno degli aiutanti di Kobol.

— Se ha detto la verità sulla quantità di munizioni di cui dispongono.

— Sono sicuro di quello che ho detto — dichiarò brusco Alec. — Se vuoi assicurartene puoi attaccare un paio degli avamposti più vicini la notte prima della battaglia decisiva. Quanto agli altri, quelli situati nel cuore del territorio di Douglas, dovremo aggirarli.

Kobol tornò a scrollare la testa. — Non mi va di lasciarmi alle spalle sacche di truppe nemiche, armate e in grado di…

Alec batté il pugno sul tavolo. — Maledizione, qual è il tuo obiettivo? Catturare gli avamposti in cima alle colline o la base di Douglas? Noi siamo qui per questo! — Puntò un dito sulla base indicata sulla mappa. — Se perdiamo tempo a conquistare una collina per volta, lui potrà dissanguarci e tenerci in scacco per tutta l'estate mentre raccoglie rinforzi nelle campagne. E con l'arrivo dell'autunno saremmo circondati e a corto di viveri. Dobbiamo colpire presto e una volta per tutte. Qui — concluse tornando a indicare la base.

— E gli uomini degli avamposti se ne staranno con le mani in mano a guardarci passare?

— Sì — insisté Alec. — Non sono più di una decina per ogni postazione. Venti al massimo. Ma armati fino ai denti. Se ci proviamo ad attaccarli possono trattenerci finché Douglas non manda rinforzi sul posto. Se invece li aggiriamo cosa possono fare una ventina di uomini contro un esercito? Se lasciano la postazione per attaccarci saranno ridotti in brandelli.

— Ma hanno l'artiglieria.

— Dopo mezz'ora di combattimento, avranno finito le munizioni.

— Basterebbe per mettere fuori combattimento un bel po' di mezzi e di uomini.

— No, se ci muoviamo rapidamente e stiamo sparpagliati.

— Non so… — Kobol era incerto.

— Lo so io — dichiarò con fermezza Alec. — Faremo come ho detto. Possiamo vincere in fretta e con poche perdite — e fra sé aggiunse: e io posso raggiungere Angela prima di chiunque altro.

— Non sta a te decidere — asserì Kobol fissandolo.

— Sì, invece.

Allargando le mani sulla mappa come a sottolineare la sua supremazia, Kobol dichiarò: — Non vorrai ancora presumere di essere…

— Sono io il comandante — ribatté Alec. — Nessuno mi ha tolto il comando. Tu devi prendere gli ordini da me, Martin.

Kobol cercò di ridere, ma la risata gli morì in gola. Torse la bocca e guardò gli uomini che gli sedevano a lato.

Alec non disse niente. Per un lungo minuto rimasero a fissarsi in silenzio.

— Credo che il piano di Alec funzionerà — disse Jameson dalla soglia. Stava girato di tre quarti, con una mano sulla fondina della pistola appesa al cinturone.

— I miei uomini non ti conoscono — disse Kobol ad Alec. — Si rifiuteranno di prendere ordini da te.

— Conoscono me — disse Jameson con voce atona. — Mi seguiranno ovunque li porterò.

Kobol lo incenerì con lo sguardo ed emise un sospiro di rabbia repressa. — Dunque, le cose stanno così — sibilò.

— Sì, stanno proprio così — rispose Jameson, calmo come un falco che si prepara a calare sulla preda.

— Per evitare malintesi — intervenne Alec, — penso sia meglio che tu resti con me, Martin, finché l'esercito non arriverà qui. Ron, tu tornerai col battello e assumerai il comando delle truppe.

Il lampo di un sorriso illuminò la faccia di Jameson. — Alec, tu conferisci a quegli uomini più dignità di quanta non ne meritino. Non sono truppe ma solo una grossa banda, restìa a ogni tipo di disciplina. Vengono con noi solo perché sono attirati dall'idea del bottino. Combatteranno secondo i tuoi ordini, Alec, ma poi non sperare che mantengano la disciplina.

— Chiamali pure come vuoi — disse Alec, — basta che tu li porti qui. E appena il terreno sarà abbastanza asciutto sferreremo l'attacco.

— E quando tornerai sulla Luna sarai condannato a morte! — sibilò Kobol. — Penserò io a far firmare a tua madre la condanna!

Alec gli sorrise. — Sempre che tu ci torni sulla Luna, Martin.

Загрузка...