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Uno dei motivi per i quali il pianeta Venere è così caldo è che la sua atmosfera contiene grandi quantità di biossido di carbonio, che trattiene il calore proveniente dal sole. Uno dei motivi per i quali Marte è così freddo è che la sua atmosfera è molto sottile, e non contiene una quantità sufficiente di biossido di carbonio per trattenere il calore. L’atmosfera della Terra avrebbe un tasso di biossido di carbonio più o meno a metà fra quelli di questi due pianeti, solo che la razza umana si è data da fare per cambiare questa situazione. Ogni volta che un essere umano espira, emette biossido di carbonio. Ogni volta che brucia carburante per far muovere un veicolo o per riscaldare la sua casa (ovvero sempre), produce altro biossido di carbonio. Di conseguenza, la Terra diventa sempre più calda e i suoi ghiacci si sciolgono. (Quando Sandy ha detto alla poliziotta che veniva da Miami Beach, questa è scoppiata a ridere. Gli unici abitanti di Miami Beach oggi infatti sono meduse, granchi, pesci e seppie. Come del resto la gran parte delle coste del pianeta Terra, Miami Beach si trova completamente sommersa dall’acqua degli oceani.) Ma questo non è tutto. Dato che l’atmosfera terrestre è un motore che viene alimentato dal calore, più si surriscalda l’aria, più energia vi è a disposizione. E questa energia si esprime tutta sotto forma di tempeste, movimenti di masse d’aria, venti fortissimi… in breve, sotto forma di terribili uragani.


Ma Sandy non conosceva esattamente il significato della parola “uragano”. Certo, l’aveva sentita diverse volte nelle previsioni del tempo alla TV, ma naturalmente non esisteva nulla di simile all’interno della grande astronave hakh’hli. Tuttavia, mentre si incamminava verso l’elicottero della polizia, vide che un angolo della stalla delle mucche era storto e notò un albero del cortile sradicato. Ricordò gli innumerevoli alberi sradicati che aveva visto nel bosco, e in quel momento la parola “uragano” riemerse dal suo subconscio.

Provò il desiderio di chiedere qualcosa in proposito ai due agenti di polizia che gli stavano accanto, ma questi non sembravano avere molta voglia di parlare. Se avevano dei nomi, non li dissero a Sandy. Non sembravano essere molto simili fra loro, a parte che per le uniformi. Quello di sesso maschile era più basso di quello di sesso femminile, e inoltre il suo volto era più piatto e la sua pelle più scura. Assomigliava un po’ ai due terrestri allevatori di mucche che gli avevano offerto da mangiare. La femmina invece era più pallida di carnagione e decisamente più magra, un po’ come la fotografia della madre di Sandy, solo decisamente meno giovanile e carina. (E anche decisamente più vestita.) I due comunque lo scortarono con una certa cortesia fino al loro “elicottero”, dove lo fecero accomodare sul sedile anteriore destro.

Quando il poliziotto di sesso femminile gli si avvicinò per fissargli attorno al corpo delle cinture di sicurezza, Sandy si irrigidì per la tensione. Questo era dovuto in parte al fatto che un essere umano di sesso femminile lo avesse effettivamente toccato, facendo pulsare le sue ghiandole, e in parte al fatto che lo stavano legando come se fosse un prigioniero. Sandy si rilassò solo quando la donna gli assicurò che le cinghie erano solo per la sua sicurezza, affinché non si ferisse per qualche movimento brusco dell’elicottero. In ogni caso, Sandy confidava nel fatto che, se le cose si fossero messe male, sarebbe riuscito a togliersi quelle cinghie con una certa facilità.

Che cosa avrebbe fatto una volta che se le fosse tolte questa era una domanda per ora senza risposta. L’uomo era seduto accanto a lui, ed era occupato a pilotare il velivolo. La donna però si trovava alle sue spalle, e lo strumento scintillante che aveva alla cintura doveva essere una “pistola”. Sandy sapeva perfettamente che cosa fosse una pistola, dato che aveva assistito a innumerevoli film western e polizieschi. Sapeva benissimo che se qualcuno “sparava” con la pistola addosso a qualcun altro, quest’ultimo cadeva inevitabilmente a terra fra terribili sofferenze, a volte anche mortali. Grazie alle stesse fonti, sapeva anche che una persona in uniforme dotata di pistola aveva il diritto di sparare a qualsiasi “sospetto” e di fargli “schizzare fuori le cervella”.

Sandy non voleva che qualcuno gli facesse “schizzare fuori le cervella”, soprattutto se si trattava di una femmina terrestre. Questa magari non era molto giovane, ma con ogni probabilità era ancora in grado di riprodursi. Girò la testa quanto poté per sorriderle.

La donna però non contraccambiò il sorriso, limitandosi invece a un: — La prego di sedere in maniera composta, signore. — Poi però si protese in avanti, tanto che Sandy sentì il suo fiato dietro la base del collo. — Hai detto che vieni da Miami Beach, quindi? — domandò.

— Esatto — rispose Sandy, continuando ad attenersi al copione. — Stavo viaggiando… uh, facendo l’autostop, e credo di essermi perso nel… uh, nella tempesta.

La donna emise un grugnito di scetticismo. — Se vivi a Miami, dove sono le tue branchie? — domandò.

Sandy si produsse in una smorfia. Certamente la poliziotta aveva voluto intendere qualcosa di preciso con quel commento, ma che cosa?

— Lascia perdere, Emmons — ordinò il poliziotto maschio. — Ci penserà il capitano a risolvere la faccenda. — Detto questo, l’uomo fece qualcosa con i piedi e con le dita, i giri del motore aumentarono e il velivolo si sollevò lentamente da terra.

Da quel momento, Sandy smise di arrovellarsi per scoprire il significato delle strane frasi dei poliziotti e si dedicò a un problema decisamente più urgente, ovvero quello di cercare di non vomitare nuovamente.

Il volo dell’elicottero però non era pieno di fremiti e improvvisi scossoni come lo era stato quello della navetta hakh’hli dal momento in cui erano entrati nell’atmosfera. Il velivolo terrestre procedeva molto più lentamente, e il suo movimento risultava quasi ipnotico per Sandy. Il che non produsse certo un effetto benefico su di lui. La donna che si trovava alle sue spalle gli porse in tutta fretta un sacchetto per vomitare. Sandy pensò che non ve ne fosse bisogno, dato che alla fattoria delle mucche aveva mandato giù appena un boccone, ma con sua sorpresa fu comunque costretto a utilizzarlo.

In seguito, pur rischiando di sentirsi ancora male. Sandy non poté resistere alla tentazione di guardare fuori dal finestrino. Vi erano innumerevoli alberi sulle colline sottostanti, e molti di questi erano evidentemente in cattiva salute, con i rami spogli o le foglie ingiallite; alcuni erano addirittura senza rami, e consistevano in pratica in un solo palo scuro e moribondo che spuntava dal terreno. Del resto, pensò Sandy, erano sulla Terra! Provò nuovamente un brivido di emozione nel ricordarsi quel fatto importantissimo; finalmente, si trovava a casa sua!

L’elicottero compì un’ampia virata per evitare la cresta di un monte, quindi entrò in una valle lungo la quale correva una strada, certamente quella che Sandy non era riuscito a trovare nella tempesta della sera precedente. Notò che il temporale doveva essere passato proprio in quel punto, poiché vi erano diverse file di alberi abbattuti dal vento.

Nel giro di circa cinque minuti, l’elicottero percorse la stessa distanza che Sandy aveva impiegato sei faticosissime ore per coprire. Sandy stava giusto iniziando a domandarsi se fosse il caso di far nuovamente uso del sacchetto, quando il pilota indicò un punto davanti a loro. — Eccola — disse.

Era proprio lì. Il modulo di atterraggio hakh’hli riposava pacificamente sui suoi pattini in mezzo a un prato verdeggiante, con le deboli luci ausiliarie ancora accese nonostante il sole fosse ormai alto nel cielo.

La navetta sembrava incredibilmente piccola in mezzo a quell’ampio prato, e il suo aspetto non era certo dei migliori. A quanto pareva il viaggio e la tempesta non erano stati certo gentili con lei; la sottile pellicola che ricopriva la nave per proteggerla dai frammenti dei relitti in orbita intorno alla Terra era tutta bucherellata, in alcuni punti addirittura squarciata. La rete con la quale gli hakh’hli avevano tentato di ricoprire la navetta dopo l’atterraggio per nasconderla era stata strappata via dal vento, e nel complesso il velivolo sembrava a dir poco trasandato.

Ma la cosa che attirò maggiormente l’attenzione di Sandy fu che la navetta non era più sola nel prato. Era circondata da altri cinque velivoli. Velivoli terrestri. Si trattava di elicotteri abbastanza simili a quello sul quale si trovava lui, solo che alcuni erano decisamente più grandi. E tutt’attorno alla nave vi erano gruppi di persone. Persone terrestri. Alcune di queste persone imbracciavano telecamere, puntandole verso la nave, verso altri terrestri, o, soprattutto, verso gli hakh’hli.

Gli hakh’hli infatti erano usciti tutti e sei dalla loro navetta. Due di loro (sembravano Polly e Chiappa) stavano parlando davanti a una telecamera. Altri due rimanevano attaccati con fare possessivo alla ringhiera della scaletta della nave, mentre gli ultimi due stavano mettendosi in mostra con grande sfoggio di gioia e vigore per gli spettatori terrestri. Sfruttando la grande forza delle loro zampe posteriori nella debole gravità della Terra, i due stavano dedicandosi a un gioco terrestre che avevano visto in un programma televisivo per bambini che si chiamava “la cavalluccia”, compiendo lunghissimi balzi per scavalcarsi a vicenda a turni. Visti così, dall’alto, sembravano proprio delle rane.

Non appena Sandy scese dall’elicottero, Tania gli si avvicinò con due lunghi balzi. I due poliziotti si fecero indietro istintivamente, portando entrambi la mano sulla fondina della pistola. Non estrassero le armi però, e Tania si rivolse a Sandy in hakh’hli versando un’affabile lacrima. — Ti sei comportato male e non bene, Lisandro. Usa estrema cautela nel rivolgerti a queste creature terrestri finché non avremo ricevuto nuovi ordini!

Sandy era esterrefatto. — Quali nuovi ordini? — domandò. — Tu parli in modo confuso e non chiaro.

Tania però non rispose più in hakh’hli. Si limitò a dargli una piccola pacca di scherzoso rimprovero sulla testa, quindi riprese a parlare in inglese. — Ma adesso seguimi, Sandy! — esclamò. — Stiamo facendo un’intervista” alla “televisione” con questi simpaticissimi terrestri!

Sandy rivolse una smorfia di perplessità ai due poliziotti che lo avevano accompagnato fino a lì. L’uomo si limitò a scrollare le spalle, mentre la donna disse: — Vada pure, signore.

Così, Sandy seguì Tania verso le telecamere, iniziando a guardarsi attorno.

Il suo spirito stava iniziando a risollevarsi. Di giorno, il mondo era molto più grazioso e meno spaventoso di quanto Sandy non avesse potuto immaginare. Vi erano così tante cose! In tutta la sua vita, non aveva mai avuto la possibilità di guardare a una distanza superiore ai trenta metri, e ora poteva vedere a chilometri e chilometri di distanza in tutte le direzioni! Vi erano montagne! E nuvole! E fiumi! E poi, luminoso come non lo aveva mai nemmeno sognato, tanto forte da fargli dolere gli occhi se cercava di guardarlo direttamente, vi era il Sole!

Poi vi era anche Polly, una vista quasi altrettanto stupefacente, che piangeva lacrime di simpatia mentre, accovacciata su una pietra piatta, si rivolgeva a una mezza dozzina di telecamere. Non vi potevano essere dubbi riguardo al fatto che non stesse esattamente ubbidendo alle direttive impartite dai Grandi Anziani. Non solo non stava facendo alcun segreto della loro presenza sulla Terra, ma apparentemente la stava addirittura pubblicizzando! Non appena Sandy si avvicinò, le telecamere si distolsero da Polly per puntare i loro obiettivi nella sua direzione, e in quella di Obie e di Elena che si stavano avvicinando a balzelloni.

— Benvenuto sulla Terra! — esclamò Obie, in inglese.

— Oh, Mingherlino — aggiunse Elena in hakh’hli — questa volta l’hai veramente fatta grossa!

Sandy sbatté le palpebre. — Di che cosa stai parlando? — le domandò.

— Parla in hakh’hli! — ordinò Polly mentre balzava giù dalla pietra e gli si avvicinava con aria minacciosa. — Per colpa della tua follia e della tua incompetenza, ora siamo costretti a cambiare tutti i nostri piani!

— La mia follia?

— Sì, e la tua incompetenza — intervenne Obie con espressione di rimprovero. — Non sei riuscito a portare a termine la tua missione in maniera soddisfacente. Si sono accorti immediatamente che stavi mentendo e che non dicevi la verità.

— Va be’ — disse Sandy in tono umile — però non ho mica raccontato loro della grande nave, no?

— Non discutere! — sbottò Polly. — Dobbiamo occuparci di queste persone subito e senza altri ritardi! Mi sono già messa in contatto con la nave. Sappi che i Grandi Anziani non sono per niente felici del tuo operato, Sandy. Comunque sia, i fatti sono fatti; quando un uovo si schiude si schiude, quindi abbiamo ricevuto nuovi ordini. Dobbiamo esporre con chiarezza a questa gente il motivo della nostra venuta.

— Esporre con chiarezza? — domandò Sandy perplesso.

— Oh, per favore, Lisandro, cerca di comportarti come un hakh’hli, e non come un hoo’hik, se ti riesce. Limitati a seguire ciò che dico. Sorridi, e lascia che ti diano il benvenuto a casa. E ascolta con attenzione ciò che dirò loro!

A quel punto Polly si rivolse nuovamente verso le telecamere, parlando in inglese e versando lacrime di scusa. — Vi prego di perdonarci. Eravamo semplicemente preoccupati per il nostro caro amico Lisandro. Ora, possiamo procedere con l’intervista”.

Né Sandy né tantomeno gli altri hakh’hli della coorte erano mai stati “intervistati” prima di allora. Tuttavia, avevano assistito a innumerevoli “interviste” registrate nei vecchi programmi televisivi terrestri, e di fatto Polly si stava comportando come una vera e propria veterana dei “talk show”. Avvicinò Sandy a sé con decisione, afferrandogli la cintura con dolce fermezza mentre parlava nei microfoni delle telecamere. Se Sandy non fosse stato tanto occupato a fissare le apparecchiature terrestri, le persone, i fiori selvatici e le stesse pietre della Terra, avrebbe senz’altro ammirato l’atteggiamento della sua compagna di coorte. Polly infatti parlava in maniera chiara e convincente.

— Sì — stava dicendo — noi siamo gli hakh’hli, una razza tecnologicamente avanzatissima con una storia di circa 16.800 dei vostri anni. Siamo venuti fin qui per condividere con voi le nostre conoscenze, oltre che per restituirvi l’essere umano John William Washington (che noi chiamiamo Sandy). Egli è figlio di due astronauti, che abbiamo raccolto alla deriva nello spazio durante una delle vostre guerre, esattamente 56 anni fa. Lo abbiamo cresciuto e allevato come uno dei nostri. In quanto alla storia che ha raccontato ai vostri allevatori di animali, si trattava di una piccola, inoffensiva bugia inventata allo scopo di rendere meno traumatico il suo ritorno al pianeta d’origine, permettendogli di muoversi liberamente fra voi e di rimandare per quanto possibile l’inevitabile “pubblicità” che avrebbe accompagnato la notizia del suo arrivo e della sua identità. Inoltre, abbiamo anche ritenuto che fosse il caso di usare una certa cautela nell’avvicinarvi, poiché non sapevamo quali fossero le attuali condizioni di vita sul pianeta Terra e volevamo avere la possibilità di decidere con calma in quale modo rivelarvi la nostra presenza. Volevamo risparmiarvi, per quanto possibile, lo shock derivante dall’incontro con una razza di esseri superiori quale è la nostra. — Sbatté le palpebre in direzione delle telecamere con espressione affabile, quindi continuò. — E ora, se vorrete scusarci, dobbiamo tornare al nostro modulo di atterraggio. Ci scusiamo, ma si tratta di una vera necessità. È infatti giunta l’ora del nostro pasto di mezzogiorno, e data l’eccessiva lunghezza delle vostre giornate terrestri, non possiamo assolutamente attendere oltre. Vieni anche tu, caro Lisandro?


Quando i terrestri si resero conto che gli hakh’hli non scherzavano affatto quando si trattava di dedicarsi al pasto principale, si offrirono con grande sfoggio di ospitalità di fornire loro del cibo locale. Naturalmente, gli hakh’hli rifiutarono l’offerta senza pensarci su due volte. Erano troppo affamati per dilungarsi in ulteriori discussioni. Si accomiatarono quindi dal gruppo dei giornalisti e, uno per uno, salirono tutti quanti per la scaletta, chiudendosi lo sportello alle spalle.

Non appena furono dentro, Sandy ne approfittò per sfogare la sua incomprensione, in hakh’hli. — Che cosa è accaduto? — sbottò. — Per quale motivo i piani sono cambiati?

— Perché hai sbagliato — ribatté Obie in inglese con tono canzonatorio.

— Parla in hakh’hli, e non in inglese! — tuonò Polly. — Chissà di quali dispositivi di ascolto dispongono questi terrestri! Ma Oberon ha perfettamente ragione e per niente torto, Lisandro-Mingherlino. Hai portato a termine il tuo compito nel modo peggiore e non migliore. Le creature terrestri non hanno mai creduto alla tua storia. Come è possibile che tu ti sia comportato in maniera tanto sciocca e non saggia, Lisandro?

Anche Tania, che stava caricando in tutta fretta il carrello del pasto dal lato opposto della cabina, aveva da dire la sua. — La tua incompetenza ha rischiato di compromettere l’intero piano, Lisandro — disse.

— I Grandi Anziani sono molto contrariati e niente affatto felici — aggiunse Elena.

Persino Obie aprì la bocca per recriminare, e Sandy avrebbe dovuto subire senz’altro diverse altre ramanzine se Tania non avesse tirato fuori proprio in quel momento il pasto dal riscaldatore. Gli hakh’hli dimenticarono immediatamente Sandy per dedicarsi a un compito assai più gratificante.

Lo spazio ridotto della cabina non era certo sufficiente per permettere a tutti e sei di attaccare contemporaneamente il carrello del cibo. Sandy, come sempre, rimase in disparte ad aspettare che la frenesia alimentare scemasse, ma questa volta persino Obie, che era il più piccolo, non ebbe la possibilità di accedere al carrello. Tentò di infilarsi accanto a Polly, ma fu costretto a sfuggire a un possente pizzicotto di quest’ultima, andando a sbattere contro Sandy.

Sandy gli rivolse uno sguardo glaciale. — Mi dispiace per quel che ti ho detto prima — si scusò Obie. — Solo che la situazione qui non è proprio come me la aspettavo. Tutti questi terrestri non fanno altro che fissarci.

Sandy emise un piccolo grugnito. — Adesso sai che cosa ho provato io nel corso degli ultimi vent’anni — disse, compiaciuto per questa improvvisa inversione di ruoli… Compiaciuto fino a un certo punto, però, poiché il fatto di non essere più l’unico centro dell’attenzione in realtà non gli faceva poi tanto piacere.

Con la bocca piena, Polly si girò nella loro direzione con uno sguardo di fuoco. — Vi ho appena detto di parlare in hakh’hli, e non in inglese! — sbottò continuando a masticare. — E in ogni caso, è perfettamente normale che le creature terrestri ci fissino a quel modo. Per quanto sappiamo della storia antica terrestre, è normale che dei selvaggi primitivi si comportino così in occasione di una visita di esseri superiori dal punto di vista intellettuale e tecnologico. Sono certa che ci considerano come degli “dei”. — Detto questo, dando sfoggio della sua “deità”, Polly rifilò uno spintone a Chiappa e tornò a dedicarsi al suo pasto.

Obie ne approfittò immediatamente per lanciarsi nella mischia, lasciando Sandy da solo ad attendere la fine della furia mangereccia. Ma a Sandy non dispiaceva attendere un poco. A dir la verità, era letteralmente disgustato dalla vista della sua coorte che sbranava il cibo del pasto principale. Nella cucina degli allevatori di animali in cui era stato quella mattina il pasto si era svolto in maniera decisamente diversa. Nessuno si era buttato con foga sul cibo divorando qualsiasi cosa si trovasse di fronte. Perché allora gli hakh’hli non potevano comportarsi in maniera altrettanto… be’, dignitosa, nel corso dei loro pasti?

Ma vi era anche un altro pensiero che lo tormentava, e quest’ultimo era ancora più cupo del precedente. Come era possibile, si domandò, che il loro elaboratissimo piano di contatto iniziale fosse fallito così miseramente? Come avevano fatto i terrestri a scoprire così in fretta il luogo in cui era stato nascosto il modulo di atterraggio?

In fondo, il piano era stato elaborato dai Grandi Anziani in persona. Erano stati loro a decidere che la navetta dovesse rimanere nascosta mentre Lisandro, l’unico membro umano del gruppo, entrava in contatto con i terrestri e si assicurava che vi fossero le condizioni di sicurezza necessarie per intraprendere il primo contatto fra hakh’hli ed esseri umani. E non era assolutamente possibile che i Grandi Anziani avessero elaborato un piano sbagliato… O sì?

Solo che il piano era andato storto fin dall’inizio, e questo significava che i Grandi Anziani non avevano preso in considerazione tutti i fattori in gioco.

Il che era possibile.

Nel frattempo, gli hakh’hli della sua coorte stavano iniziando a perdere conoscenza, i loro occhi persi nel vuoto. Mentre si accasciavano uno per uno sulle loro poltrone, Sandy si avvicinò con aria dignitosa al carrello del cibo. Fece una selezione fra quanto era avanzato, quindi uscì dallo sportello e discese la scaletta per consumare il suo pasto nella gloriosa luce del sole terrestre.


Nel corso dei pochi minuti che aveva passato all’interno della navetta, era giunto un altro grande elicottero. Era completamente bianco, aveva un aspetto imponente e sul fianco vi era una scritta il cui significato Sandy non riuscì bene a capire: INTERSEC. I rotori stavano ancora girando quando si aprì lo sportello laterale e ne uscirono fuori una mezza dozzina di esseri umani.

Gli umani si incamminarono in direzione di Sandy mentre questi si sistemava su una pietra piatta per consumare il suo pasto di mezzogiorno. I giornalisti con le telecamere e persino gli agenti di polizia che ancora si trovavano sul posto assunsero un atteggiamento apparentemente deferente nei confronti degli ultimi arrivati.

— Buongiorno, signor Washington — esordì un uomo non appena il gruppo fu giunto davanti a Sandy. — Mi chiamo Hamilton Boyle.

Sandy si alzò in piedi, stando attento a non far cadere il contenuto del suo vassoio. Protese la mano alla maniera terrestre. — Piacere di conoscerla, signor Boyle — disse, recitando a memoria la formula che aveva imparato.

— Il piacere è mio… — iniziò Boyle, ma interruppe la frase a metà con un grugnito di dolore. Ritrasse la mano, massaggiandosela. — Però, che stretta! — aggiunse con tono sorpreso.

— Sono mortificato — disse immediatamente Sandy con sincero dispiacere. — Mi ero dimenticato di possedere una forza decisamente superiore alla vostra. È per via della gravità della nave, sapete, che è di 1,4 G. Volete… — Ebbe un attimo di esitazione, nel corso del quale tentò di ricordarsi quale fosse la forma di comportamento terrestre adeguata. Comunque fosse, un’offerta di cibo non poteva certo essere interpretata come un’offesa. — Volete assaggiare un po’ di questi? — domandò, offrendo una manciata di wafer.

Boyle ne accettò uno e lo esaminò con cura. — Non credo che lo assaggerò — disse in tono dubbioso. — Non adesso, almeno. Di che cosa si tratta esattamente?

Una delle femmine umane del gruppo stava arricciando il naso. Sandy si domandò che cosa vi fosse che non andava. — Questa carne — disse, mostrando il pezzo che aveva in mano, — è di hoo’hik. Si tratta di un tipo di animale da macello. Il wafer che ha in mano è composto in gran parte da tubero tritato. I pezzettini in mezzo sono frammenti di una specie di animale che vive nell’acqua. È comunque composto quasi interamente di carne, non ha ossa e i suoi organi interni possono essere estratti con estrema facilità.

— Come un gambero? — si azzardò a proporre uno degli altri terrestri.

— Non so che cosa sia un “gambero” — si scusò Sandy. — In ogni caso, questi wafer sono composti da ciò che vi ho appena detto; tubero tritato mischiato con animali proteici. Sono molto buoni. Siete sicuri che non volete assaggiarne nemmeno un poco?

Il terrestre che aveva parlato per primo assunse un’espressione tentata e disgustata allo stesso tempo. Annusò il wafer con aria circospetta.

— Io ci starei attenta se fossi in te — disse la femmina umana che gli stava accanto.

— In effetti puzzano un po’ di pesce — assentì l’uomo di nome Boyle. — Ma lei li mangia, non è vero signor Washington?

— Li ho mangiati per tutta la vita.

La femmina umana scoppiò a ridere. — Be’, non si può dire che non goda di ottima salute — disse rimirandolo dalla testa ai piedi. — Anzi, forse è fin troppo ben nutrito.

Sandy si sentì compiaciuto. Era quasi certo di aver appena ricevuto un complimento. Non vi potevano essere dubbi riguardo al fatto che fosse decisamente più forte rispetto a qualsiasi terrestre (anzi, a qualsiasi altro terreste, si corresse) ed era quasi altrettanto sicuro del fatto che, agli occhi delle femmine umane, questo rappresentasse un grande vantaggio dal punto di vista della riproduzione. Si domandò con ansia quando avrebbe avuto l’occasione di mettersi alla prova. Non in quel momento, naturalmente. Sapeva bene che, come regola generale, gli esseri umani non compivano l’anfilassi in pubblico. Tuttavia, era certo che sarebbe avvenuto molto presto! — Come? — domandò, distaccandosi dalle sue fantasie erotiche.

— Le ho chiesto da dove prende le sue vitamine — ripeté una delle femmine umane.

— Vitamine?

— Sostanze chimiche indispensabili per il funzionamento del corpo umano, minerali e così via.

— Oh, non credo di saperne molto a proposito — rispose Sandy in tono di scusa. — Temo che dovrete domandarlo a Chiappa. Sono gli esperti nutrizionali che si occupano di certe cose; loro sanno esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, e dosano di conseguenza il contenuto del nostro pasto principale. Esso contiene tutto ciò che è necessario per il nostro nutrimento giornaliero. Il latte con i biscotti invece è tutt’altra cosa, è solo ciò che voi definireste uno… “spuntino”, credo. — A quel punto fu costretto anche a spiegare in che cosa consistesse il “latte con i biscotti”. — Di solito lo prendiamo sei volte al giorno — disse — ma qui sulla Terra, dato che le giornate sono molto più lunghe, immagino che dovremmo prenderlo un po’ più spesso. Non so come ci comporteremo riguardo al pasto di mezzogiorno. Non so se vorranno fare più di un periodo di intontimento al giorno…

Detto questo, naturalmente, fu costretto a spiegare anche che cosa fosse il “periodo di intontimento”. L’uomo di nome Boyle emise un sospiro, prese il wafer, che aveva tenuto in mano fino a quel momento, lo avvolse in un fazzoletto e se lo infilò in tasca.

— Non le dispiace se me lo tengo, vero signor Washinton? — domandò. — Sono sicuro che i nostri esperti in chimica alimentare saranno entusiasti di poterlo studiare… Non è che magari mi potrebbe anche dare qualche altro avanzo del vostro pasto?

— Certo. Sempre ammesso che vi siano avanzi, intendo — disse Sandy con tono compiacente. — Penso che usciranno dalla navetta in circa… — Consultò il suo orologio da polso e compì una rapida conversione dal tempo hakh’hli a quello terrestre. — …in circa 47 minuti e mezzo del vostro tempo.

In quel momento Sandy sentì un forte frastuono proveniente dal cielo. La donna del gruppo, una femmina piccola dalla carnagione scura, alzò lo sguardo e poi si rivolse a Boyle. — Sta arrivando Marguery — disse.

— Bene — rispose Hamilton Boyle senza staccare gli occhi da Sandy. Boyle era un uomo alto e piuttosto magro. Per quanto Sandy non fosse in grado di giudicare l’età di un essere umano, era quasi certo che Boyle fosse uno dei meno giovani fra quelli che si trovavano attorno alla navetta hakh’hli. Doveva trattarsi di un uomo piuttosto serio, pensò Sandy, anche se sorrideva molto di frequente. — Signor Washington — disse Boyle. — Dobbiamo assolutamente parlare con i suoi… uh, amici, non appena sarà possibile. Stiamo facendo arrivare qui un aereo a decollo verticale, e speriamo che ci permetterete di portarvi tutti quanti in un luogo più confortevole per discutere con calma.

Sandy si ritrovò infastidito dall’avere contemporaneamente due domande diverse alle quali trovare una risposta. Così, decise di scartare “Che cos’è un aereo a decollo verticale?” in favore di: — Non capisco che cosa intenda con un luogo più confortevole, signor Boyle. Mi sembra che il luogo in cui ci troviamo sia sufficientemente confortevole. — Fu costretto ad alzare la voce poiché nel frattempo era apparso il velivolo e stava sfrecciando nel cielo nella loro direzione. Si fermò a mezz’aria, cambiando l’assetto degli alettoni e dei propulsori, quindi si abbassò lentamente verso il suolo. Il rumore era assordante, ma non si trattava di un elicottero; le ali del velivolo erano quasi simili a quelle del modulo di atterraggio hakh’hli.

L’assordante ruggito dei propulsori si arrestò di colpo. — Intendevo dire in una città — disse Boyle con tono persuasivo. — Qui non c’è nulla per voi, solo campi e montagne. Vorremmo avere la possibilità di darvi un benvenuto come si deve, in un luogo più civilizzato.

— Penso che dovremmo chiederlo a Polly — replicò Sandy, ma in realtà non stava più ascoltando. Lo sportello dell’aereo a decollo verticale, sulla cui fiancata vi era la stessa scritta, INTERSEC, si era appena aperto, e ne era uscita una femmina umana molto alta. La donna si avvicinò al gruppo con fare determinato, squadrando Sandy dalla testa ai piedi.

— Caspita — disse con tono di ammirazione. — Sei piuttosto grosso, eh?

— Anche tu lo sei — sussurrò Sandy alzando lo sguardo verso la donna. Non era massiccia e corpulenta come lui all’altezza della vita, ma era alta almeno almeno quanto gli altri uomini che si trovavano lì. Sandy si sentì sciogliere il cuore.

E fu così che Sandy incontrò Marguery Darp.

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