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A bordo dell’enorme astronave vi sono almeno 22.000 hakh’hli viventi, ma vi è un solo Sandy Washington. Così accade che alle volte Sandy si senta un po’ in soggezione. Infatti, oltre a essere il solo del suo genere, è anche di gran lunga l’essere vivente adulto di dimensioni più ridotte di tutta la nave, escludendo naturalmente gli animali da macello. Un hakh’hli adulto pesa mediamente dai 150 ai 400 chili, a seconda dell’età e dello scopo per il quale è stato generato. Gli addetti alle sale motori e gli operai per le riparazioni esterne, per esempio, possono essere grandi quasi quanto i più vecchi Grandi Anziani, anche se per motivi occupazionali non arrivano quasi mai a vivere altrettanto a lungo. Per quanto tutti gli hakh’hli condividano fondamentalmente le stesse caratteristiche fisiche (arti anteriori corti e pieghevoli, muso lungo e appuntito simile a quello di un collie e forti zampe posteriori possenti come quelle di un canguro) alcuni elementi specializzati posseggono zampe più forti, o code più corte, e alcuni non posseggono nemmeno la coda. Le “mani” degli hakh’hli sono dotate di tre dita “normali”, di due pollici e di una sesta protuberanza corta dotata di artiglio chiamata “tutore”. Nel complesso sono piuttosto simili alle mani umane, solo che il dito tutore spunta fuori da quello che in una mano umana non è altro che la base del palmo. E se gli hakh’hli della nave sono diversi fra loro, gli innumerevoli hakh’hli che vivono sui loro mondi natali lo sono ancor di più; in parte perché hanno più funzioni da soddisfare, e in parte semplicemente perché sono in numero decisamente superiore rispetto a quelli sulla nave. In totale, sui pianeti del loro sole nativo e sui due sistemi solari più prossimi che hanno colonizzato, vivono oltre mille miliardi di hakh’hli. Nessuno degli hakh’hli presenti sulla nave però ha mai visto nessuno di questi altri mille miliardi di hakh’hli esistenti. Allo stesso modo, nessuno degli altri mille miliardi di hakh’hli esistenti ha mai visto quella nave, fin dal giorno in cui è partita per il suo lungo viaggio, 3.000 anni terrestri prima.


Molto prima che La primula rossa giungesse al suo commovente finale (i rifugiati in salvo, Leslie Howard trionfante con La Ragazza che si scioglie fra le sue braccia) arrivò il carrello del pranzo con il grande pasto di mezzogiorno.


Sandy si mantenne a una certa distanza dalla calca che si formò. Non aveva mai imparato a mangiare “correttamente”, e tutti i suoi amici della Coorte Missione Terra avevano concluso a malincuore che non sarebbe mai stato in grado di farlo. L’atteggiamento diffidente che assumeva regolarmente durante la corsa al carrello del pranzo ne era la prova, poiché un hakh’hli che si comportava in maniera corretta non mangiava. Trangugiava.

La coorte di Sandy si tuffò nel pasto di mezzogiorno con vera e propria dedizione. Facendolo, crearono come sempre un certo rumoroso trambusto. Mentre Sandy rosicchiava delicatamente il suo pezzo di carne, i suoi compagni affondavano possenti morsi nella carcassa dell’animale e si aiutavano a mandare giù la carne buttandoci dietro enormi bocconi di tuberi e manciate di wafer salati. Le loro lunghe e possenti mascelle masticavano rumorosamente, mentre i muscoli delle loro gole si contraevano in continuazione nello sforzo di mandare giù quanta più roba possibile. Sandy riusciva addirittura a vedere i blocchi di cibo appena masticato che si rincorrevano lungo le ugole dei suoi compagni. Nessuno degli hakh’hli arrivava fino al punto di strappargli dalle mani i suoi pezzi di cibo, ma del resto Sandy cercava di non mostrarli troppo apertamente. Mentre masticavano, gli hakh’hli mandavano giù anche grandi quantità del brodo del giorno, una specie di zuppa dal sapore di pesce con pezzi di wafer che vi galleggiavano dentro. Era come se fossero state accese contemporaneamente una mezza dozzina di pompe idrauliche.

Fra gli hakh’hli non esisteva nulla di simile alla conversazione a tavola, e le uniche frasi che venivano pronunciate nel corso dei loro pasti erano del tipo “Passa la zuppiera, sbrigati!” oppure “Ehi, quel boccone era mio!”. Sandy non tentava nemmeno di parlare con i suoi compagni durante il pranzo. Si limitava a sedere con fare paziente, rosicchiando lentamente il suo pasto e attendendo che la frenesia dell’abbuffamento collettivo scemasse. Dopo qualche minuto infatti, come sempre accadeva, la frenesia alimentare degli hakh’hli si placò. I grandi bocconi di cibo avevano finalmente raggiunto i loro stomaci, e il sistema circolatorio hakh’hli stava provvedendo a incanalare quanto più sangue possibile verso gli organi digestivi, dove più serviva. Il rumore delle mascelle in azione diminuì lentamente fino ad arrestarsi del tutto, gli occhi degli hakh’hli si chiusero uno per uno, e i loro possenti arti si rilassarono. Nel giro di cinque minuti, tutti gli hakh’hli della coorte di Sandy erano riversi a terra in quello stato di incoscienza che veniva chiamato “periodo d’intontimento”.

Sandy emise un sospiro, si alzò e si avvicinò lentamente al carrello del cibo. Fra le rovine del pranzo vi era ancora un pezzo abbastanza grande di carne di hoo’hik, leggermente masticata ma non del tutto divorata, e diverse manciate di wafer salati.

Sandy prese quanto poteva e trasportò il tutto fino al suo angolino di studio privato, dove poteva finire il suo pasto in santa pace. Non avendo altro da fare mentre i suoi compagni di coorte digerivano dormendo il loro pasto, si dedicò all’attività che era comunque la sua preferita. Guardò un film.


La parte preferita della vita di Lisandro Washington era anche la più importante, poiché consisteva nel guardare registrazioni di vecchi programmi televisivi terrestri. Era un compito obbligatorio per lui, come lo era del resto per tutti gli altri componenti della sua coorte, perché era proprio quello il modo in cui dovevano imparare la lingua, gli usi e i costumi dei terrestri. Ma Sandy amava particolarmente quel compito. Il suo modo preferito per guardare un film era accovacciandosi accanto a Tania o a Elena, o persino a Polly se era di buon umore, godendo dell’odore delle loro squame e del calore dei loro corpi, che erano di almeno dieci gradi più caldi del suo. Di solito guardavano notiziari o documentari, poiché questi erano i programmi che venivano loro assegnati, ma quando veniva concessa loro libertà di scelta si dedicavano sempre alla visione di programmi di intrattenimento come I Love Lucy, Friends of Mr. Peepers o Beaver il Castoro. Non si trattava comunque di buone registrazioni. Infatti, erano state registrate originalmente ad anni luce di distanza dalla Terra. Ed erano stati proprio quei primi segnali raccolti dai sensori della nave a far capire agli hakh’hli che su qualche pianeta di quella piccola stella G-2 individuata dai loro telescopi vi era vita intelligente e tecnologicamente avanzata.

I vecchi telefilm per famiglie erano sempre piuttosto divertenti per Sandy, ma allo stesso tempo lo rendevano un po’ pensieroso. A volte infatti si domandava come sarebbe stata la sua vita se fosse cresciuto sulla Terra, in mezzo a ragazzi umani come lui invece che in mezzo agli hakh’hli. Avrebbe forse giocato a “baseball”? (Di giocare sulla nave non se ne parlava nemmeno. Non avevano lo spazio necessario, mancavano i giocatori e non vi era nemmeno una gravità sufficientemente debole da permettere di lanciare la palla alla stessa distanza alla quale la mandavano Duke Snyder o Joe Di Maggio). Avrebbe forse “bighellonato” con gli “amici” alla “frullateria”? (Non aveva assolutamente idea di che cosa potesse essere un “frullato”. Nessun programma televisivo di cucina terrestre spiegava esattamente in che cosa consistesse, e gli stessi esperti hakh’hli non erano riusciti a stabilire se si trattasse di una bevanda dolce o aspra.) Magari avrebbe anche avuto una ragazza?

Quella era la domanda che più spesso ricorreva nella mente di Lisandro. Avere una ragazza! Toccare una ragazza… (Il solo tocco, così dicevano, era “come il fuoco”, “come una scarica elettrica”, e Lisandro si domandava sinceramente come una cosa del genere potesse risultare gradevole. Tuttavia, dicevano che fosse molto piacevole). O baciare una ragazza… (I baci, dicevano, erano più dolci del vino, anche se Lisandro non aveva idea di che cosa potesse essere il vino). O addirittura…

Insomma, fare qualunque cosa facessero gli esseri umani quando entravano nel loro periodo di fertilità. Lisandro non era ben sicuro di che cosa si trattasse esattamente, anche se sapeva benissimo che cosa facevano gli hakh’hli quando entravano in quella fase poiché aveva avuto modo di assistere al processo in ripetute occasioni. Che gli esseri umani si comportassero allo stesso modo? Sfortunatamente, non aveva alcun modo per saperlo. Se esistevano canali televisivi pornografici sulla Terra, le antenne della nave non li avevano mai captati. Per il resto, era più che evidente che gli esseri umani di sesso maschile e femminile si baciavano. Lo facevano sempre. A volte, si toglievano i vestiti a vicenda e andavano a letto assieme. A volte andavano sotto le lenzuola e le lenzuola si muovevano in maniera convulsa… Ma non gli era mai capitato nemmeno una volta di vedere sollevare quelle lenzuola per capire che cosa stesse effettivamente accadendo sotto.

Lisandro sognava ogni notte, e quasi tutti i suoi sogni erano uguali. Erano sempre popolati di esseri umani di sesso femminile che sapevano esattamente cosa fare… e che lo facevano. Anche se, quando si svegliava, Lisandro non riusciva mai a ricordare esattamente che cosa avessero fatto.

Prima o poi, gli avevano promesso gli Anziani, Lisandro si sarebbe trovato sulla Terra, con tutte quelle femmine umane nubili. Lisandro non vedeva l’ora.


Sandy spense il film che aveva scelto. Si intitolava Jesus Christ Superstar, ed era decisamente troppo complicato per guardarlo da solo. Aprì il suo armadietto privato, ne tirò fuori la fotografia di sua madre e la osservò a lungo. Era così bella! Snella, candida, con gli occhi azzurri, così splendida…

C’era una sola cosa di quella fotografia che preoccupava un poco Sandy; grazie ai molti film terrestri a cui aveva assistito, sapeva che gli uomini della Terra usavano portarsi dietro la fotografia della loro madre per mostrarla in momenti di particolare intensità emotiva. Tuttavia, non gli era mai capitato di vedere uno di quegli uomini terrestri che mostrasse una foto di sua madre completamente nuda. Si trattava di un vero e proprio mistero, e nessuno dei suoi compagni di coorte, e tantomeno gli studiosi hakh’hli che avevano trascorso le loro vite a studiare la cultura dei terrestri come lui, era riuscito a fornirgli una spiegazione in proposito. Per quanto riguardava Sandy, gli sembrava una cosa un po’ sconveniente. Anzi, era più che sconveniente, era addirittura imbarazzante. Infatti, quando guardava quella fotografia di sua madre, così bella, così nuda, così invitante, gli venivano alla mente pensieri eccitanti e non voluti che, ne era quasi del tutto certo, non erano del tutto adatti a una simile circostanza.

E non riusciva bene a capire perché provasse questa sensazione.

Decise che comunque non lo avrebbe certo capito quel giorno. Una volta terminato il pasto, riportò i suoi avanzi al carretto, quindi tornò nel suo angolo a lavorare sulla poesia.


Sandy si addormentò senza accorgersene, e se ne rese conto solo quando si risvegliò con Obie che torreggiava su di lui. — Stai diventando un vero hakh’hli — disse Obie, evidentemente approvando il suo sonnellino digestivo. — Che cos’hai lì?

— È solo una poesia che ho scritto — disse Sandy coprendo il bloc-notes con la mano.

— E allora perché non me la fai vedere? Noi ti mostriamo sempre le nostre poesie.

— Non è ancora finita — protestò Sandy, alzandosi in piedi giusto in tempo per vedere Polly che si avvicinava con espressione irritata.

— Lisandro — lo accusò subito Polly — non hai ripulito dopo il pranzo. Ci manca solo che arrivino gli insetti, così saremo costretti a ricorrere alle api-falco.

Sandy rimase colpito da quella critica ingiusta. — Perché dai la colpa a me? Perché devo essere sempre io quello che pulisce per tutti?

— Perché tu sei l’unico che non dorme. Lo sai benissimo.

— Be’, oggi invece ho dormito anch’io, e quindi non ho avuto il tempo per ripulire.

— Però hai avuto tutto il tempo per scrivere una poesia — intervenne maliziosamente Obie. Si rivolse a Polly. — E non vuole nemmeno farmela vedere. Dice che non l’ha ancora finita, ma a me sembra più che finita.

— Vediamo questa poesia — ordinò Polly stringendo i pollici in maniera molto significativa. A malincuore, Sandy le passò la poesia. Nel frattempo, il resto della coorte si stava lentamente avvicinando, fra sbadigli e stiracchiamenti vari.



— È un tentativo di scrivere una poesia di tipo hakh’hli in lingua inglese — spiegò con fare nervoso il poeta.

— Hum — commentò Polly senza sbilanciarsi.

— Penso che sia una cosa abbastanza difficile — aggiunse Chiappa.

— Forse non vale nemmeno la pena di provarci — intervenne Elena. — Non ha niente a che vedere con una vera poesia. Per me, quei caratterini striminziti sono veramente orribili.

— Fra l’altro — aggiunse Obie l’astronomo premendo un pollice sul bloc-notes che aveva in mano — hai sbagliato tutto. Le proporzioni non sono esatte. La Luna dovrebbe essere molto più piccola di così rispetto alla Terra.

— Se mi fossi attenuto alle vere proporzioni — si difese Sandy — non sarei riuscito a infilarci dentro le parole.

— Naturalmente, avresti dovuto fare la Terra molto più grande. Poi sono tutt’e due piuttosto appiattite rispetto alla loro vera forma. Assomigliano più a quel pianeta che chiamano “Giove”.

— È solo una poesia — ribatté Sandy con un moto di stizza. — Non è mica una lezione di astronomia.

— Sì — assentì Polly in tono severo — ma questo non significa che tu debba sbagliare tutto per forza. Fra l’altro, come può essere “dimenticata” la Terra per te? Tu non puoi averla dimenticata, perché non ci sei mai stato, giusto? I tuoi genitori sono stati trovati nello spazio.

— Si tratta di una licenza poetica — ribatté Sandy con testardaggine.

Polly fece schioccare la lingua in un suono di rimprovero. — I poeti non hanno la licenza di alterare i fatti — lo informò. — I poeti hakh’hli almeno non lo fanno, e il fatto che i poeti terrestri lo facciano non cambia proprio nulla. Ma adesso basta. Io propongo di guardare dei film mentre aspettiamo che torni MyThara.

Ma il film che la coorte scelse di vedere non era del genere gradito da Sandy. Si trattava infatti di un film di guerra e di terrorismo, che riportava solo le cose malvagie che gli esseri umani si erano fatti a vicenda nel corso del ventesimo secolo. Quando MyThara fece ritorno, la coorte stava discutendo sull’argomento. La vecchia tutrice si fermò sulla porta con una smorfia mentre Chiappa si rivolgeva a Sandy in tono serio: — Io penso che i governi della Terra siano molto stupidi.

— Il fatto è che tu non puoi capire — ribatté Sandy solennemente. — Probabilmente, avevano i loro buoni motivi per fare ciò che hanno fatto.

— Di quali motivi vai parlando, Sandy? Buoni motivi per uccidersi a vicenda? Per distruggere le fattorie quando nessuna delle due parti in guerra ha abbastanza cibo per sopravvivere? Per spargere veleni in giro? Non è certo questo il modo in cui si comporta un governo responsabile composto da persone sagge che sono state generate e addestrate al preciso scopo di governare, come lo sono i nostri Grandi Anziani. Ti è mai capitato per caso di vedere cose così orribili sulla nostra nave? Di vedere per esempio i guardiani degli hoo’hik che attaccano gli addetti alle riparazioni esterne?

— I guardiani degli hoo’hik verrebbero massacrati se ci provassero — intervenne Obie. — Quelli delle riparazioni esterne sono tipi tosti!

— Ma non è questo il punto! — ribatté Chiappa. — Il punto è che una cosa del genere non potrebbe mai accadere sulla nostra nave! Gli hakh’hli non si comportano in maniera così incivile!

Sandy insistette con la sua difesa. — C’è una bella differenza fra governare qualche migliaio di elementi e governarne qualche miliardo.

— Ah, sì? Davvero? — ribatté Chiappa sarcastico facendo schioccare la lingua. — Hai mai sentito parlare di simili atti di violenza sui nostri mondi hakh’hli, dove vivono migliaia di miliardi di noi?

— Non so proprio nulla di ciò che avviene sui pianeti originari degli hakh’hli — rispose Sandy in tono aggressivo — e se è per questo non ne sai niente nemmeno tu. Quando è stata l’ultima volta che la nave ha comunicato con loro?

Ma forse questa volta Sandy aveva realmente esagerato. Persino il suo amico Obie trasalì con fare sdegnato, e a quel punto intervenne anche MyThara. — Fandy! — ansimò. — Come puoi parlare in quefto modo?

— Ma è vero… — iniziò Sandy, poi si tappò la bocca. Offendere i suoi compagni di coorte non gli dava particolarmente fastidio, ma voleva troppo bene a MyThara per ferirla.

— Caro Lyfandro — disse seria la tutrice — non devi mai permetterti di parlare con tanta leggerezza della più grave tragedia della noftra ftoria. Ti fei forfe dimenticato quanto ti è ftato infegnato?

Le rivolse uno sguardo pentito. — Mi dispiace, MyThara — disse. Sapeva benissimo che tutti coloro che si trovavano sulla nave provavano una profonda tristezza quando pensavano a quel giorno ormai lontanissimo in cui i Grandi Anziani di allora, dopo una profonda e amara riflessione, avevano deciso di far proseguire la nave nella sua missione nonostante avessero perso il contatto con i loro mondi natali.

— È solo nervoso perché sa che fra poco avrà la possibilità di vedere la Terra — lo scusò con grande lealtà Obie. — Ci ha persino scritto sopra una poesia.

— Oh? — disse MyThara. — Moftrami la poesia. — Quando ebbe finito di leggerla, abbracciò Sandy con i suoi tozzi arti anteriori e gli diede un’affettuosa leccata sul viso. — Che poefia magnifica, Lifandro. Poffo averne una copia? Oh, grazie! La terrò con me nel mio nido fino alla fine dei miei giorni. Ma adeffo, fe non vi difpiace, è ora di metterti al lavoro. Inizieremo con il fiftema delle coppie, come al folito. Lifandro, tu vai per primo con Polly, con la quale parlerai del trampolino orbitale.

I sette membri della coorte di Sandy avevano un intero pianeta da imparare; lingue terrestri, usi e costumi terrestri, ecologia terrestre… Inoltre, dovevano anche imparare tutto ciò che un giovane hakh’hli deve imparare nel corso della sua normale educazione. E come se non bastasse, ognuno di loro doveva anche studiare in maniera ancora più approfondita la materia della propria specializzazione individuale. La specializzazione di Demmy era l’agronomia. Quella di Chiappa erano la chimica alimentare e gli aerosol. Quella di Polly erano pilotaggio e ingegneria magnetica. Quella di Tania era la manipolazione genetica. Quella di Obie, astronomia e astronavigazione. Quella di Helen erano vetrificazione e giunzione di cristalli, ossia il processo implicato nel contenimento di materiali tossici o radioattivi. Sandy invece non aveva alcuna specializzazione particolare; i suoi studi forse erano meno difficili e approfonditi rispetto a quelli degli altri, ma erano senz’altro più estesi. Come tutti, Sandy doveva imparare un poco delle specializzazioni degli altri, per essere preparato nel caso che durante la Missione Terra qualcuno di loro non ce la facesse. Solo che Sandy doveva imparare un po’ più di tutti gli altri; il compito del primo contatto con la gente della Terra era solo suo e di nessun altro, e di conseguenza doveva sapere esattamente che cosa dire. Sandy però non amava molto imparare da Polly; infatti, quando faticava a capire qualche concetto, questa diventava subito manesca. Non appena furono soli nell’angolo di studio privato dì Polly, la sua compagna lo aggredì immediatamente con una domanda, lacrimando di aspettativa al pensiero di un suo eventuale errore. — Spiegami lo scopo del trampolino orbitale.

— Va bene — disse Sandy rassegnato. — Ma niente pizzicotti, va bene?

— Può darsi. Avanti, rispondi!

Sandy si accovacciò a gambe incrociate accanto a Polly, non troppo vicino però, e iniziò. — In cambio di tutte le cose meravigliose che faranno per gli esseri umani del pianeta Terra, gli hakh’hli chiedono solo alcuni piccoli favori. Uno di questi consiste nel fornirli di alcune materie prime che per i terrestri non hanno praticamente alcun valore. In particolare, gli hakh’hli chiedono ossigeno, carbonio e soprattutto idrogeno. E affinché i terrestri possano fornire agli hakh’hli queste materie prime, tu mostrerai loro come costruire un sistema di rotaie magnetiche inclinate in grado di trasportare i recipienti di acqua e di carbonio solido, ciò che loro chiamano “carbone”, fino all’orbita della nostra astronave.

— E perché noi hakh’hli abbiamo bisogno di queste sostanze?

— Perché ci servono come carburante — rispose prontamente Sandy. — Sono elementi che servono per alimentare i motori del modulo di atterraggio, che funzionano a perossido di idrogeno e a carburante liquido alcolico. L’idrogeno invece ci serve per la massa reattiva dei propulsori principali della grande nave. Vuoi che ti dica come funziona il trampolino orbitale?

— Esattamente, Mingherlino. Cerca di essere preciso, e sta’ attento a non fare errori.

Sandy si allontanò ancora un poco dalla sua compagna, ascoltando con un orecchio la musica di sottofondo. Si trattava di uno dei suoi motivi preferiti, una canzone terrestre intitolata L’uomo che amo. Non riusciva a fare a meno di immaginarsi una femmina di razza umana che cantava quelle parole per lui, ma non disse nulla perché sapeva che Polly avrebbe fatto immediatamente spegnere la musica se avesse capito che era distratto. — Il trampolino orbitale dovrà essere costruito da qualche parte in prossimità dell’equatore della Terra, affinché possa venire sfruttata la rotazione stessa del pianeta…

— Che è decisamente lenta — intervenne Polly in tono sdegnato. La giornata hakh’hli durava poco più di 17 ore terrestri.

— Sì, ma la forza di gravità sulla Terra è inferiore di cinque dodicesimi rispetto a quella normale — continuò Sandy — il che rende il compito decisamente più facile. Il trampolino orbitale sarà lungo dieci unità di misura terrestri chiamate chilometri, e una volta costruito la sua parte terminale si troverà a poco più di tre chilometri di altezza dalla superficie del pianeta. La riuscita sarà ottimale se la sua base verrà costruita sul pendio “occidentale” di una montagna. Lungo il binario, a ogni dodicesimo di dodicesimo di chilometro della sua lunghezza, verranno installati degli anelli magnetici, ognuno dei quali verrà caricato in successione. I magneti saranno di tipo superconducente, e la loro alimentazione implicherà con ogni probabilità la costruzione di una centrale elettrica apposita…

— Non nucleare però. Non vogliamo incoraggiarli a usare il nucleare.

— Polly — disse Sandy cautamente — stiamo parlando della mia gente, non di un branco di hoo’hik. Faranno esattamente ciò che andrà loro di fare. — I pollici di Polly si avvicinarono minacciosamente, e Sandy li schivò per un pelo. Venne salvato dal successivo attacco grazie alla voce di MyThara.

— Fine del periodo di ftudio. Ora potete cambiare compagni — ordinò la tutrice. — Lifandro, tu andrai con Oberon per la lezione di aftronomia.


Quando giunsero all’ottavo dodicesimo di giorno, erano tutti completamente esausti e ormai pronti al “latte e biscotti” della sera.

Tuttavia, non era ancora giunto per loro il momento di rilassarsi. MyThara infatti ordinò che la coorte facesse pratica di “fast food”. Demmy e Tania si alternarono dietro la cassa, mentre gli altri raccolsero i loro “soldi” e si misero in fila con le loro ordinazioni. — Cheeseburger, patatine piccole e un milkshake di vaniglia — ordinò Sandy. Calcolò il costo dell’ordinazione, quindi tirò fuori due banconote da un dollaro e cinque monete da un quarto.

Demmy lo fissò con rabbia. — Devi darmi tre banconote da un dollaro e una moneta da un quarto — si lamentò.

Sandy però insistette. — Voglio liberarmi degli spiccioli — spiegò. Lo aveva visto fare in uno dei tanti telefilm a cui aveva assistito. Demetrio usò i pollici per grattarsi la pancia con fare irritato, ma alla fine accettò il denaro, lo contò e fornì a Sandy 22 monete da un centesimo di resto.

— Anch’io voglio liberarmi degli spiccioli — disse, piangendo lacrime di trionfo.

Non era giusto, pensò Sandy. Era quasi sicuro che i commessi di ristoranti fast food non potessero liberarsi degli spiccioli a quel modo. Comunque fosse, non aveva alcuna intenzione di litigare con Demmy, quindi prese il suo vassoio e si accomodò a un tavolo, dove rimase seduto per un po’ a esaminare il cibo. L”‘hamburger” non era male; si trattava semplicemente di carne di hoo’hik tritata. Il “formaggio” però era tutt’altra faccenda. Basandosi sui programmi di cucina delle televisioni terrestri, gli studiosi hakh’hli erano riusciti a determinare che il “formaggio” era un alimento che si otteneva lasciando acidificare il latte e facendogli poi una serie di cose. Tuttavia, nessuno era mai riuscito a determinare quali fossero i microorganismi che causavano l’acidificazione, e di conseguenza, come sempre, Sandy tolse con estrema cautela la fetta di “formaggio” dalla sua carne e la depositò su un bordo del vassoio. In quanto al “panino”, non si trattava affatto di un vero panino. Tutti gli esperimenti fatti sulla nave per produrre qualcosa di commestibile da carboidrati macinati erano risultati infruttuosi. Alla fine i tecnici hakh’hli avevano optato per una semplice fetta di tubero, tagliata a forma di grossa pastiglia arrotondata e riscaldata. Il risultato non era del tutto sgradevole. Le “patatine fritte” non erano altro che lo stesso tubero, tagliato a fettine lunghe e sottili e cucinato nel grasso bollente, ma per Sandy erano sicuramente la parte migliore del pasto. Il “ketchup” e la “senape” non li metteva mai, perché a prescindere da come potessero essere gli originali terrestri, le loro imitazioni hakh’hli erano veramente disgustose.

Il “milkshake” invece era proprio scoraggiante. L’unica cosa certa era che fosse a base di latte di hoo’hik. Per il resto, era del tutto incomprensibile. Sfortunatamente, questa volta aveva più o meno lo stesso sapore del “formaggio”.

Sandy mandò giù il tutto a fatica, sperando di non sentirsi male in seguito. Non era previsto alcun periodo di intontimento dopo un pasto così leggero, e questo era un bene. Non appena ebbero finito, entrò Chin-Tekki-tho, il loro Tutore Primario. Dimostrando una certa audacia, Polly lo fermò prima che potesse rivolgersi alla coorte per fargli vedere la poesia di Sandy. Il tutore però non la rimproverò. Sembrava essere di ottimo umore, e infatti dopo aver letto la poesia fece i suoi complimenti a Sandy. — È un’ottima poesia, Lisandro. Soprattutto viste le difficoltà: è molto difficile scrivere una bella poesia in una brutta lingua. In ogni caso — aggiunse — non è questo il motivo per cui sono venuto a disturbare il vostro pasto serale. Non ho potuto essere con voi stamattina poiché sono molto occupato con la stesura dei piani finali. Entro breve dovrete apparire di fronte ai Grandi Anziani! — L’intera coorte venne percorsa da un brivido di eccitazione; non era certo da tutti avere la possibilità di vedere i Grandi Anziani! — Nel frattempo — continuò il tutore — vi ho portato degli “orologi”.

— Orologi? — ripeté Polly dubbiosa, ma intanto questi venivano già distribuiti. I membri della coorte esaminarono con curiosità gli strani oggetti metallici dotati di cinturini.

— Li dovete fissare sulle vostre braccia per misurare il tempo — spiegò il Tutore Primario. — A partire da questo momento, inizierete a misurare il tempo secondo i canoni dell’ora terrestre. La sezione ricerche mi ha appena informato del fatto che, secondo questi canoni, nel punto in cui atterrerete sono attualmente le quattro e ventitré “minuti” del giorno chiamato “mercoledì 12 luglio”. I vostri orologi sono stati regolati di conseguenza. — Si concesse una breve pausa mentre i componenti della coorte esaminavano i quadranti, quindi aggiunse con tono pacato: — Atterrerete sul pianeta Terra il giorno lunedì 24 luglio.

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