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Il corpo degli esseri umani, essendo costantemente esposto all’attacco di ogni tipo di organismi dannosi provenienti dallo stesso ambiente in cui vive, ha sviluppato dei sistemi di autodifesa molto complessi ed efficaci. In caso di attacco esterno, gli anticorpi entrano immediatamente in azione. Le ghiandole secernono sostanze profilattiche che invadono immediatamente il sistema. Il corpo, in pratica, si mobilita per difendersi dall’attacco esterno. Si tratta di un sistema di difesa che funziona ottimamente, ed è proprio per questo che la vita è riuscita a sopravvivere sulla Terra per oltre quattro miliardi di anni. Tuttavia, alle volte la stessa mobilitazione dei sistemi di difesa naturali può causare febbri, pruriti, starnuti, la formazione di brufoli o macchie sulla pelle, o può addirittura far insorgere sincopi vere e proprie. In alcuni casi, può addirittura causare la morte. La sindrome che segue a simili attacchi si chiama “reazione allergica” e a volte può anche risultare più grave dell’attacco originale che l’ha causata.


Quando uno dei medici dell’elicottero di soccorso trovò un po’ di tempo per spiegare tutto ciò a Sandy, questi capì… più o meno. Capì soprattutto che si trattava di una cosa seria. I medici infatti sembravano molto indaffarati. Quando, dopo circa dieci minuti di volo, l’elicottero giunse a Hudson City e si posò su un tetto contrassegnato con una croce rossa, Marguery era tutta avvolta in una serie di coperte, aveva un tubo nel naso, un altro tubo con un ago infilato in una vena del braccio e una maschera che le copriva quasi completamente il volto.

Non parlava più, nemmeno in modo incoerente. Era in stato di incoscienza. Dopo quelle brevi parole di spiegazione iniziali, anche i medici dell’elicottero avevano smesso di parlare. O perlomeno avevano smesso di parlare con Lisandro Washington. Nessuno più lo degnò di uno sguardo, non finché ebbero infilato la lettiga sulla quale si trovava Marguery in un ascensore. A quel punto fecero entrare Sandy in un altro ascensore e gli dissero di aspettare nella sala d’attesa del pronto soccorso. Anche lì però nessuno lo degnò di particolare attenzione, eccetto le altre persone che si trovavano in sala d’attesa con lui; persone con stampelle, o mezze addormentate, alcune con bambini piccoli fra le braccia, altre che passeggiavano nervosamente avanti e indietro in attesa delle prognosi dei loro amici o parenti che si trovavano all’interno.

I sedili disponibili erano composti da esili tubi d’alluminio e stoffa cucita, e Sandy decise di non metterli alla prova con il suo peso. Tanto si sarebbe unito in ogni caso ai vari passeggiatori; l’intera faccenda era un vero e proprio mistero per lui, e non riusciva a togliersi dalla testa l’impressione che in qualche modo (anche se non aveva assolutamente idea di quale modo) fosse tutto colpa sua.

E nessuno gli diceva nulla.

Una ragazzina in pantaloncini corti e scarpe da tennis lo stava fissando da un po’, distratta dal telefilm trasmesso sullo schermo televisivo della sala d’attesa. Aveva in mano un sacchettino di pop-corn preso dalla macchina automatica, ma non lo stava mangiando, poiché aveva il pollice infilato in bocca. Lo tirò fuori giusto il tempo che bastava per chiedere: — Signore, lei è l’uomo venuto dallo spazio?

Sandy le rivolse una smorfia. Non era di umore molto allegro in quel momento. — No — mentì. Perché mai avrebbe dovuto essere sincero se tutt’attorno a lui non vi erano altro che menzogne? — Sono solo un, uh, un normale essere umano che aspetta che sua moglie abbia un figlio.

— Non ci credo — ribatté la bambina con tono critico. — Quando si aspettano i bambini, si va dall’altra parte dell’ospedale. Mio fratellino è stupido; lui si sta facendo togliere una biglia che si è infilato nel naso. Vuoi un po’ di pop-corn?

Sandy scosse il capo e si allontanò per bere un po’ d’acqua alla fontanella pubblica. Scrutò lungo uno dei corridoi dell’ospedale, color bianco e verde pallido, pieno di carrelli con lenzuola e di apparecchiature spente e persone vestite con grembiuli verdi che si affrettavano di qua e di là. Ignorando la ragazzina che gli veniva dietro, si incamminò lungo il corridoio finché non giunse al banco della reception. — Potete dirmi qualcosa sulle condizioni di Marguery Darp? — supplicò l’infermiera di turno.

— La dottoressa verrà da lei non appena potrà — rispose l’infermiera rivolgendogli un’occhiata incuriosita. — In fondo al corridoio c’è una sala proiezioni, se per caso vuole guardare un po’ la TV mentre aspetta.

— Hanno delle sedie decenti? — domandò Sandy con una certa mancanza di tatto.

La donna osservò la sua corporatura. — Ci sono dei divani — disse. — Penso che siano abbastanza resistenti.

— Allora magari ci vado — borbottò Sandy. Tuttavia, decise di recarsi innanzitutto nella toilette degli uomini. Non ne poteva più, pensò, di questo mondo esageratamente pieno di sorprese! Era stanco di essere colto di sorpresa. Non era così che era cresciuto lui; sulla grande nave interstellare almeno sapevi sempre in che posizione ti trovavi, e se per caso avevi qualche dubbio sul da farsi, bastava domandarlo ai Grandi Anziani e loro te lo chiarivano immediatamente.

Non avendo più alcuna intenzione di sottostare agli sguardi incuriositi della gente che affollava la sala d’attesa, una volta uscito dal bagno si diresse verso la sala proiezioni. Il divano aveva un’aria abbastanza solida. Non appena si accomodò e diresse lo sguardo verso lo schermo, Sandy venne colto nuovamente di sorpresa dalla vista di un volto familiare. Si trattava del suo vecchio compagno di coorte, Chiappa! Si trovava in piedi su una piattaforma dietro a un leggìo, proprio come Polly durante la sua conferenza astronomica. Solo che Chiappa naturalmente non stava parlando di astronomia; l’argomento era il controllo biologico dei rifiuti tossici e radioattivi, e nel caso specifico stava mostrando delle immagini riprese al microscopio di piccoli organismi che, a suo dire, erano in grado di eliminare qualsiasi agente non desiderato dalla terra e dall’acqua, rendendole batteriologicamente e chimicamente pure.

Ma una volta passato lo stupore iniziale causato dalla vista di un vecchio amico in TV, Sandy trovò che l’argomento era piuttosto noioso. Conosceva già tutte quelle cose, grazie alle molte lezioni frequentate sulla nave. Con sua sorpresa, però, notò che nemmeno i terrestri parevano essere molto interessati alle parole di Chiappa. Infatti, si trovava completamente solo nella sala proiezioni. Quando decise finalmente di rinunciare e di tornare alla sala d’attesa, il televisore lì stava ancora trasmettendo il solito telefilm.

La ragazzina lo stava aspettando. — Penso che tu sia veramente l’uomo dello spazio, sai? — annunciò con tono trionfante indicando la porta. — Altrimenti, perché mai ti sarebbe venuta a cercare quella cosa strana lì?


Sandy si voltò, e vide Polly che avanzava a balzelloni attraverso la porta. Era scortata da una guardia in uniforme dell’ospedale e aveva la sua solita espressione irritata. Anzi, forse era ancora più irritata del solito, pensò Sandy, poiché era quasi l’ora del suo “latte con biscotti” notturno, e non vi erano dubbi sul fatto che in quel luogo non sarebbe riuscita a cibarsi adeguatamente.

— Che stupidaggine hai combinato, Sandy? — esordì Polly con tono decisamente rude in hakh’hli allo scopo di escludere dalla conversazione gli umani che li circondavano, che naturalmente si erano affollati attorno per vedere. — Mi sai spiegare per quale motivo sono costretta a venire di corsa fino a questo ospedale solo perché ti sei messo di nuovo nei guai?

— Non sono affatto nei guai — rispose Sandy. Perlomeno, questo era ciò che sperava. — Io non ho fatto nulla. Marguery deve… Insomma, si è ammalata — concluse alla meglio.

— Per quale motivo si è ammalata? Mi è stato detto che l’hai costretta ad andare sotto la superficie dell’acqua, dove gli esseri che respirano ossigeno non possono sopravvivere. Questo è stato un gesto sbagliato e per niente giusto, Lisandro! Perché lo hai fatto?

— Ma io non l’ho costretta! Non è nemmeno stata un’idea mia.

— È stata della donna, allora? E per quale motivo?

— Perché voleva stare un po’ in un posto privato per dirmi delle cose. Ho appena scoperto che mi avete sempre mentito!

Polly non parve per nulla offesa da questa affermazione. Al contrario, sembrava interessata. — E per quale motivo dici una cosa simile? — domandò incuriosita.

— Perché ciò che mi avete raccontato a proposito di mia madre era assolutamente falso e per nulla esatto! Lei non era affatto americana, perché l’unica nave terrestre che si trovava nello spazio in quel momento era russa!

Polly emise uno starnuto di perplessità. — E tu ti agiti tanto per una questione assolutamente banale e per nulla importante? Che differenza fa? Russo, americano, cinese… Sono tutti esseri umani della Terra, non è forse così?

— La differenza… — iniziò Sandy in tono cupo, ma poi si fermò. Forse, pensò, vi poteva essere qualche vantaggio tattico nel nascondere ciò che sapeva a Polly. Decise quindi di non dire nulla a proposito del sesso dei cosmonauti russi e concluse invece così: — La differenza sta nel fatto che non mi avete detto la verità!

Polly lo fissò con disprezzo. — Ti stai riferendo forse a me?

— Sì, a te e a voi tutti — insistette Sandy con durezza. — A tutti voi hakh’hli! Voi della mia coorte e tutti gli altri, e persino i Grandi Anziani. Voi tutti non avete fatto altro che mentirmi!

— Mio caro Lisandro — ribatté Polly tagliente — ti rendi conto di ciò che stai dicendo? Ciò che hai appena detto è una contraddizione bella e buona, poiché è assolutamente impossibile che un Grande Anziano menta. Ciò che dice un Grande Anziano è la pura verità. Se per esempio un Grande Anziano dice che un hoo’hik non è un hoo’hik, bensì un hakh’hli, allora è così. Altrimenti, un Grande Anziano non lo direbbe mai. — Si produsse in un ampio sbadiglio. — Questa non è una conversazione produttiva — annunciò. — È molto più importante al momento parlare delle tue attività, che non sono affatto soddisfacenti. Per quale motivo non stai ascoltando la lezione di Chiappa sul disinquinamento del suolo?

— Nemmeno tu la stai ascoltando.

— Ma io so perfettamente ciò che dirà, mentre tu non lo sai affatto.

Lisandro scrollò le spalle. — La parte che ho sentito io non mi sembrava molto interessante.

Polly emise un sibilo di rimprovero. — Come ti permetti di dare un simile giudizio? D’altra parte — continuò in tono quasi malinconico — nemmeno i terrestri sembrano aver trovato l’argomento molto interessante. Non li capisco davvero questi esseri umani. Lo sai che quasi nessuno di loro ha voluto parlarmi del progetto del trampolino? È come se non apprezzassero il dono che gli hakh’hli hanno offerto loro.

— Be’ — disse Lisandro — può anche darsi che loro non lo vedano esattamente come un dono. Tanto più che avete detto loro che avreste mandato dei supervisori hakh’hli per occuparsi del progetto, lasciando intendere che non avreste lasciato il trampolino in mano ai terrestri.

— Ma è naturale che dovranno esserci dei supervisori hakh’hli! Chi può sapere che cosa combinerebbero altrimenti gli umani? Si tratta di un popolo violento e ancora non del tutto civilizzato, Lisandro! Ricorda ciò che ti è stato insegnato! Loro sono in grado di trasformare ogni forma di tecnologia in strumento di guerra!

— E come potrebbero trasformare il trampolino orbitale in un’arma? — domandò Sandy.

— Sarebbe molto facile e per niente difficile! Potrebbero sparare una capsula molto grande e colpire la nostra nave! Riesci a immaginarti che cosa potrebbe accadere in un caso simile? Tanto più che la nostra nave non sarebbe nemmeno in grado di compiere una manovra di fuga rapida, poiché i propulsori centrali sono spenti. — Emise uno sbuffo di rabbia. — E potrebbe anche essere peggio di così! Potrebbero lanciarci addosso una bomba nucleare, come quelle che si sono sempre buttati addosso fra di loro!

— Ormai sono anni che non le usano più.

— Anni! — ripeté Polly sprezzante. — Che cosa sono una manciata di anni? Anzi, casomai significa che fra poco arriverà per loro il momento di usarle di nuovo! — Rivolse lo sguardo oltre le spalle di Sandy e si produsse in una smorfia. — Riprenderemo questo argomento in seguito, se vorrai — disse — ma non adesso. Sta arrivando il mio cane da guardia, e non ho nessuna intenzione di parlare con lui.

Detto questo, Polly si allontanò con una serie di rabbiosi balzi. Boyle però, con sorpresa di Sandy, sembrava essere più interessato a lui che non alla sua protetta. Si limitò a salutare Polly con un cenno mentre passava e continuò a camminare direttamente verso Sandy.

— Marguery si riprenderà — disse Boyle a Sandy appoggiandogli una mano sulla spalla con fare rassicurante. — Sembrava veramente un caso difficile, ma adesso va meglio. A dir la verità era in condizioni veramente pessime all’inizio, e non ci sono dubbi sul fatto che tu le abbia salvata la vita tirandola fuori da quel posto. Comunque, si è trattato di una reazione allergica. Le hanno dato degli antistaminici, e adesso è di nuovo cosciente. L’ho appena lasciata.

— Voglio vederla — decise Sandy voltandosi verso la porta della sala rianimazione. Boyle lo fermò afferrandogli un braccio.

— Non adesso — gli disse. — Lei, ecco, diciamo che non è al suo meglio, al momento, e non vuole che tu la veda così brutta. Preferisce aspettare di riprendersi prima di vederti, così sarà più carina.

Sandy si voltò nuovamente verso Boyle e produsse un suono che era a metà fra il deluso e l’entusiasta. Da un lato infatti era triste perché non poteva vedere Marguery, ma dall’altro era deliziato dal fatto che lei volesse apparire carina per lui. — Che cos’è una reazione allergica? — domandò. Quando Boyle glielo ebbe spiegato, aggiunse con tono incuriosito: — Ma allora Marguery a che cosa era allergica?

Boyle pigiò il tabacco nella sua pipa e assunse un’aria pensierosa. — Potrebbero essere un sacco di cose — disse infine. — Spore di muffa, per esempio. Quella stanza è rimasta così per anni, e con ogni probabilità sarà piena di muffe varie. E tu invece?

— Io che cosa?

— Hai per caso qualche tipo di sintomo allergico? Starnuti, pruriti, giramenti di testa, raucedine… niente del genere? Senti, già che siamo qui, perché non ti fai dare una controllata dai medici?

— Non vedo proprio per quale motivo dovrei farmi controllare — ribatté Sandy.

— Ma Marguery sarebbe felice se tu lo facessi — insistette Boyle. — Ci vuole solo un minuto per prendere un campione, e non fa assolutamente male.

Ci volle molto più di un minuto, contando il tempo che Sandy impiegò per calarsi i pantaloni e per sdraiarsi sul lettino, a faccia in giù, mentre una giovane donna con camice verde cercava un punto morbido sul suo gluteo destro. E anche quanto gli era stato detto a proposito del dolore non risultò molto esatto. All’inizio, le dita della donna che cercavano il punto giusto gli sembrarono solo un po’ fastidiose (o forse il termine più adatto era “conturbanti”, poiché Sandy era perfettamente consapevole del fatto che si trattava di una femmina umana, e l’unica femmina umana che lo aveva mai toccato in maniera così intima era stata Marguery) ma quando la donna trovò finalmente il punto che voleva, Sandy sentì un piccolo scatto metallico e poi un improvviso, intenso dolore, come se un serpente a sonagli gli avesse appena dato un morso sul sedere.

Sandy girò la testa istintivamente, dando voce a tutto il suo stupore, il suo risentimento e il suo dolore e vide la donna con in mano una specie di siringa a molla con un ago lungo come la prima falange del suo pollice. — La prego di rimanere fermo — disse la donna infastidita. — È solo un piccolo campione cellulare… Ecco. Ora può andare.

Decisamente seccato, Lisandro tornò nella sala d’attesa. Non sorrise quando vide Hamilton Boyle, che lo aspettava fumando la pipa sotto un grande cartello con la scritta VIETATO FUMARE. — Non era poi così male, vero? — domandò in tono gioviale.

— Quanto basta — grugnì Lisandro massaggiandosi il sedere. — Adesso posso vedere Marguery?

Boyle scosse il capo. — Temo di no, Lisandro. Sta dormendo ora, e non vogliono che venga disturbata.

Lisandro sbatté le palpebre, improvvisamente preoccupato. — Ma hanno detto che stava meglio!

— E infatti è proprio così, figliuolo! Solo che se l’è vista un po’ brutta, e allora la vogliono tenere lì finché non avranno i risultati degli esami. Penso che domani mattina sarà perfettamente a posto. Allora potrai vederla senz’altro, e magari anche riportarla a casa!

— Riportarla a casa? — Sandy si rallegrò subito alla sola prospettiva. — Questa è una buona idea. — Rifletté per un istante, poi venne colto da un’ispirazione. — Fiori! — esclamò. — È usanza terrestre portare fiori a chi sta all’ospedale, giusto? Dove si possono comprare dei fiori?

Boyle però stava scuotendo il capo, con un’espressione fra il divertito e il paterno. — È molto tardi, Sandy — osservò. — I fioristi sono tutti chiusi a quest’ora. Se vuoi potrai portarglieli domani mattina, ma al momento credo che sia meglio che ti accompagni a casa. La mia auto è giù nel parcheggio.

Una volta in macchina, Boyle guidò rapidamente fino all’hotel. Ma prima di uscire dall’auto si voltò verso Sandy. — Sai, Sandy — gli disse — c’è una cosa che mi ha incuriosito a proposito del discorso del tuo amico Chiappa oggi alla TV. Lo hai sentito?

— A dire il vero non ci ho fatto molto caso.

Boyle annuì. — Be’, la maggior parte di ciò che ha detto era roba vecchia… Spero che questo fatto non ti offenda, ma è già da un bel po’ che ci occupiamo di sistemi il disinquinamento del terreno e dell’acqua. Non avevamo altra scelta, del resto. Tuttavia, ha detto anche una cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso. Chiappa ha detto che gli hakh’hli avrebbero iniziato a fare degli esperimenti sul campo al più presto, e autonomamente.

— Ebbene? Perché non dovrebbero?

Boyle increspò le labbra. — Forse non vi è alcun motivo per il quale non dovrebbero. Solo che ha detto che volevano iniziare gli esperimenti in concomitanza con l’inizio della costruzione del trampolino orbitale. In Africa.

Sandy scrollò le spalle. — E perché no? In fondo laggiù non potrebbero fare grandi danni, no?

— Invece potrebbero anche farne, Sandy. Per quanto riguarda le piogge acide e l’inquinamento da sostanze radioattive, l’Africa è forse l’unico continente che si è salvato. Eppure, gli hakh’hli sembrano essere particolarmente interessati proprio all’Africa per i loro esperimenti. Hai per caso idea di quale potrebbe essere il motivo di questo loro interessamento?

— Dovresti domandarlo a ChinTekki-tho — disse, scuotendo il capo, anche se in verità aveva un’idea piuttosto chiara su quale potesse essere la risposta a quella domanda. Forse, pensò, la sua ipotesi era anche più vicina alla realtà di quanto non lo sarebbe stata la risposta che ChinTekki-tho avrebbe dato a Boyle.

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