Il pianeta Terra ha ricevuto molte cose in eredità dal ventesimo secolo, e fra queste quattro in particolare che sono particolarmente durevoli; i radionucleidi, i gas atmosferici, le sostanze chimiche tossiche e la plastica. Fra queste quattro, la plastica è senz’altro la più abbondante. Dieci miliardi di hamburger transitori sono stati digeriti ed espulsi da anni, ma si sono lasciati alle spalle altrettante scatolette di styrofoam. In genere le sostanze plastiche sono abbastanza leggere da galleggiare nell’acqua. Di conseguenza, quando le reti da pesca in nylon vengono perse o buttate fuoribordo dai pescherecci, rimangono nei mari e continuano ad ammazzare pesci a oltranza finché non si disfano del tutto, ovvero mai. Le lattine di Coca-Cola e le bottigliette di shampoo finiscono invariabilmente negli oceani e vanno a inquinare le spiagge di tutto il mondo. Le Montagne Rocciose possono anche sbriciolarsi, lo Stretto di Gibilterra può anche crollare su se stesso, ma un contenitore di plastica non morirà mai. Come i diamanti, anche la plastica è per sempre. Per alcuni membri del regno animale, questa può anche essere una buona notizia. Le meduse, per esempio, traggono un certo beneficio da questa situazione. Gli animali che mangiano le meduse infatti possono benissimo scambiare un sacchetto di plastica per una di loro e morirne soffocati, e di conseguenza le meduse hanno maggiori possibilità di sopravvivere e prosperare. Ciò nonostante, si tratta di una pessima notizia per le foche, gli uccelli pescatori, le tartarughe, i pesci… egli esseri umani.
Mentre attraversavano il larghissimo fiume Hudson in direzione della vecchia New York, Marguery fu stranamente silenziosa e distaccata. Sandy però non vi fece quasi caso, poiché anche lui era profondamente immerso nei propri pensieri. Non stava pensando al mal di mare, anche se le onde causate dall’incontro della corrente del fiume con la marea li stavano facendo ballare parecchio, bensì a quanto aveva detto Hamilton Boyle.
— Vuoi un altro panino? — domandò Marguery infilando una mano nel sacchetto che si era portata appresso.
In quel momento Sandy notò che aveva ancora in mano la maggior parte del primo panino. — No, non adesso. Marguery? Secondo te gli hakh’hli farebbero mai una cosa del genere?
— Far saltare per aria le nostre città? Non lo so, Sandy. Tu che ne pensi?
— No! È assolutamente contrario ai loro princìpi, ne sono quasi certo.
Marguery annuì. — Finisci il tuo panino — si limitò a dire.
Una volta usciti dalle correnti dell’Hudson, il viaggio assunse il carattere della gita di piacere che avrebbe dovuto avere fin dall’inizio. Il piccolo motore a spinta inerziale ronzava già da tempo in maniera rassicurante quando attraccarono su ciò che Marguery definì coma “la 34esima strada ovest”.
Non vi era un vero e proprio attracco, poiché ciò che una volta era la strada si trovava ora sott’acqua. Vi erano edifici ovunque che agivano da barriera nei confronti delle onde e delle correnti, e di conseguenza le acque erano perfettamente calme. Talmente calme che, in certi punti, Sandy riusciva addirittura a vedere il fondo se si sporgeva dal bordo della barca, con tutte le strade, le automobili, i camion abbandonati e i grossi veicoli che Marguery chiamava “autobus”.
Fermarono la barca fra due edifici particolarmente alti, quindi scesero e la trascinarono oltre il segno dell’alta marea. Sul marciapiede vi erano una serie di frammenti di plastica colorata portati a riva dalle onde. Quando Marguery spiegò che si trattava di rifiuti abbandonati dai vecchi tempi, Sandy rivolse uno sguardo disgustato verso l’acqua. — Voi quindi nuotate nei rifiuti? — domandò.
— Oh, tutti i rifiuti biologici se ne sono andati da anni ormai — lo rassicurò. — Non c’è nulla in quest’acqua che possa farti del male. Non qui a New York, almeno. Più a sud vi sono problemi ben più gravi, perché quando sono state sommerse le centrali nucleari è fuoriuscita un sacco di roba nociva, ma qui non è successo nulla di simile. Bene, ti piacerebbe salire in cima a quel palazzo?
Sandy strinse gli occhi per osservare l’edificio indicato da Marguery, quindi scrollò le spalle nello strano “giubbotto salvagente” arancione che gli era stato fatto indossare. — Che cos’è? — domandò.
— È l’Empire State Building — rispose Marguery. — Da lassù si può vedere tutt’intorno. Allora?
Sandy fece un passo indietro mentre un’onda del fiume veniva ad accarezzargli le scarpe. — Ma certo — disse con tono aspro. — In fondo, siamo qui per divertirci, non è così?
Era quasi vero. E se non fosse stato per via del fatto che si sentiva ancora offeso, sarebbe stato del tutto vero, poiché ciò che stavano facendo e vedendo in quel momento era esattamente ciò che Sandy aveva sognato di fare e di vedere per tutta la sua vita. Si trovava nel cuore pulsante della Grande Mela! Certo, non era esattamente come se l’era aspettata, ma per il resto era proprio lì, tutt’attorno a lui. Sopra la sua testa vi era un cielo azzurrissimo e nuvole candide e altissime, e intorno vi erano le finestre e le facciate degli edifici che avevano reso Manhattan famosa come la città con più grattacieli della Terra.
Non erano soli. Sul fiume, a meno di un isolato di distanza, vi erano diverse barchette che sfrecciavano di qua e di là con i loro carichi di persone dirette chissà dove; alcune barche erano dotate di propulsore a spinta inerziale come la loro, mentre altre usavano un tipo di motore a idrogeno che emetteva piccoli sbuffi di vapore. Ai margini del fiume vi era anche una grossa chiatta ancorata a due edifici e due gru che vi calavano oggetti dentro; rotoli di cavi elettrici, macchine per ufficio, impianti di illuminazione e simili.
— Estrazioni — spiegò Marguery. — Questi edifici sono pieni di cose utili che andrebbero perse nel caso che aumentasse ancora il livello dell’acqua, il che è assai probabile… È incredibile la quantità di rame che usavano ai vecchi tempi! Così, cerchiamo di tirare fuori ciò che ci serve finché siamo ancora in tempo.
— Sembra un lavoro pericoloso — commentò Sandy mentre osservava due uomini che si sporgevano dalla finestra di un edificio altissimo per calare giù ciò che sembrava essere un fascio di tubi metallici.
— In effetti lo è — disse Marguery. — Molti di questi edifici hanno le fondamenta ormai marce, consumate dalle acque, e ogni tanto ne crolla qualcuno. Ma non ti devi preoccupare per l’Empire State Building, è stato costruito per durare nei secoli!
Sandy alzò lo sguardo, tirando indietro la testa finché non gli fece male il collo, e scoprì che non era tanto il fatto che quell’edificio potesse cadere che lo preoccupava, quanto il fatto di dover arrivare fino alla sua sommità. In verità però non era preoccupato per se stesso, consapevole del fatto che i muscoli formati sulla nave hakh’hli gli avrebbero tranquillamente permesso di salire per due o trecento metri. Era preoccupato per Marguery. Ce l’avrebbe fatta? Quando entrarono finalmente nell’edificio torreggiante, trovarono diverse pozze d’acqua nell’atrio. Marguery annuì con fare serio quando Sandy gliele indicò. — Sì — disse — quando c’è brutto tempo, le onde arrivano fino a qui. E a quanto pare sta diventando sempre peggio. Ma adesso andiamo, su!
Sandy scoprì presto che non era necessario salire a piedi fino in cima all’Empire State Building. Si arrampicarono per soli quattro piani, passando accanto a sale ricolme di materiale accatastato e a un intero piano di gruppi elettrogeni che funzionavano a idrogeno e che rifornivano di elettricità tutti i piani superiori. Non vi era più corrente elettrica nella città, spiegò Marguery, perché tutte le centrali si trovavano completamente sommerse. Tuttavia, grazie ai gruppi elettrogeni, poterono usare un comodissimo ascensore che li portò fino all’osservatorio, a oltre 80 piani di altezza.
Non vi era nessuno nell’osservatorio, e Sandy si rese subito conto del fatto che sarebbe valsa la pena di salire fin lassù anche se avessero dovuto farlo a piedi. Pur non volendolo, si ritrovò letteralmente affascinato dallo spettacolo. Da lì si poteva vedere l’intero mondo degli umani! A nord-ovest, al di là del largo fiume e della vasta baia, si poteva vedere Hudson City. A nord-est, invece, vi era il mare aperto, la sua tavola luccicante interrotta solo a tratti dalle isolette di Brooklyn e del Queens, ultime vestigia delle lontanissime ere glaciali. Poco più a destra, si potevano vedere le grandi torri sopravvissute della vecchia New York, comprese le due torri gemelle che si trovavano in corrispondenza di ciò che una volta era stata la punta dell’isola di Manhattan. Proprio dietro le torri gemelle, Sandy la vide chiaramente, spuntava fuori dal centro della baia il corpo e la mano protesa con la torcia della più famosa fra le sculture eroiche, la Statua della Libertà!
— È fantastico quassù! — esclamò Sandy felice. Marguery non rispose. Stava fissando un punto del soffitto, e quando tornò a rivolgere lo sguardo verso Sandy la sua espressione era cupa.
— Marguery? — domandò Sandy.
La sua accompagnatrice si riprese e si guardò attorno. Si trovavano ancora soli nel vecchio osservatorio, anche se potevano udire chiaramente il martellare costante di una squadra di operai che si trovava sotto di loro di appena un paio di piani. Marguery alzò nuovamente lo sguardo verso il soffitto, poi la sua espressione mutò, come se avesse preso una decisione importante. Sandy però non riuscì a immaginare di che cosa potesse trattarsi.
— Sì — disse infine Marguery. — È proprio bello avere la possibilità di stare un po’ da soli, non è vero?
Sandy si produsse in una smorfia di sorpresa. Era possibile che quella donna gli stesse dando qualche tipo di segnale sessuale? Imprecò internamente contro gli incomprensibili riti della libido umana. Che cosa doveva fare? Doveva forse abbracciarla subito e farlo proprio lì, sull’assolata piattaforma di osservazione del grattacielo, con il rischio che qualcuno uscisse dalle porte scorrevoli dell’ascensore da un momento all’altro?
Per un momento, gli parve che dovesse essere proprio così. Marguery si era avvicinata a lui di un passo, continuando a sorridere. Si era persino protesa verso di lui con la testa, arrivando con le labbra a pochi centimetri dalle sue.
Con un impeto di rabbia, Sandy sollevò il viso verso di lei e allungò le braccia. Con suo grande stupore però, pur permettendogli di avvolgerla con le braccia e di stringerla a sé, Marguery evitò le sue labbra scostando il volto all’ultimo momento. Strofinò il naso contro il suo orecchio, ma non cedette di un centimetro quando lui tentò di girarle il volto per baciarla.
A un certo punto, Sandy si rese conto che gli stava sussurrando qualcosa nell’orecchio.
Se ne rese conto solo per il respiro, poiché Marguery stava sussurrando nell’orecchio sbagliato. La allontanò da sé. — Quello è l’orecchio sbagliato — le disse. — Quello giusto è dall’altra parte.
Marguery si produsse in una piccola smorfia, poi il sorriso tornò a illuminare il suo volto. Avvicinò le labbra all’orecchio buono di Sandy e bisbigliò:
— Sandy. Non dire nulla. Si tratta di una cosa molto importante. Ora ti chiederò se hai voglia di fare una cosa. Tu mi risponderai di sì, e poi la faremo. Rispondi solo di sì e non discutere.
Sandy a quel punto allontanò il viso con espressione perplessa, ma la sua perplessità si moltiplicò ulteriormente quando constatò che Marguery gli stava sorridendo con un’espressione ancor più maliziosamente invitante di prima.
— Ah, Sandy — sospirò lei accarezzandogli la nuca — questo luogo è proprio perfetto, non è vero? Senti, dolcezza, conosco un posticino veramente giusto in centro. Dovremo fare una nuotatina per arrivarci, ma non è difficile. Che ne dici? Ti andrebbe di andare in un posto un po’ più intimo? Dove possiamo stare assieme un po’ solo io e te?
Detto questo, gli fece l’occhiolino.
Sandy emise un lungo sospiro. Qualunque cosa stesse accadendo, pareva essere interessante. — Ci puoi scommettere — disse, e poi aggiunse: — dolcezza.