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«In un baleno avrò una risposta, pensai. Dio ci accoglierà in pa­radiso oppure ci respingerà giù con la sua potenza, così come una volta mi ha scaraventato sulla terra. Potrebbe addirittura disperderci tutti, perché può sicuramente formulare il suo giudizio sul mio successo o fallimento prima ancora che io raggiunga le porte del paradiso. Cosa aveva detto nella sua infinita saggezza? ‘Torna quando vuoi, e quando puoi.’ Strinsi a me quelle anime, le strinsi forte come quando ho portato su te, Lestat, e tutti insieme ci levammo in volo da Sheol, entrando nella piena e sfavillante luce del paradiso che sgorgava al di sopra delle mura e delle por­te. Ancora una volta quelle porte, che non avevo mai visto nei miei millenni precedenti, vennero spalancate e noi — un arcange­lo e alcuni milioni di anime umane — ci ritrovammo nel centro esatto del paradiso, davanti ad angeli attoniti, ridenti, gesticolan­ti, sbalorditi, stupefatti, che si radunarono intorno a noi in un ampio cerchio e gridarono per attirare l’attenzione di tutti finché il paradiso alla fine non si quietò. Be’,pensai, finora tutto bene, siamo entrati. E le anime umane! Le anime umane riuscivano a vedere gli angeli ed erano pazze di gioia. Oh, non posso nemme­no rammentare questo momento senza danzare. Non posso ram­mentarlo senza cantare. Le anime esultavano e, quando gli angeli diedero inizio al loro canto potenzialmente cacofonico di do­mande ed esclamazioni, cominciarono a cantare! In realtà, il pa­radiso non sarebbe più stato lo stesso. Lo sapevo. Lo capii subi­to. Perché ecco cosa successe: queste anime portarono con sé gli stessi poteri di proiezione che avevano acquisito a Sheol, cioè la facoltà di creare intorno a sé, dall’invisibile, una parte dell’am­biente che desideravano e su cui erano in grado di concentrare tutta la loro forza di volontà. Così la geografia del paradiso venne trasformata drasticamente e istantaneamente, con portata illimi­tata. Sorsero le torri, i castelli e le regge che hai visto quando ti ho portato là, i palazzi e le librerie col tetto a cupola, i giardini, oh, le proiezioni mozzafiato dei fiori in ogni direzione, cose che gli angeli non avevano mai pensato di portare in paradiso... Be’,c’era tutto. Gli alberi spuntarono nella loro matura pienezza; la pioggia arrivò in scrosci mormoranti, colma di fragranza. Il cielo s’intiepidì, e ovunque i colori si ampliarono o si fecero più inten­si. Queste anime presero l’invisibile tessuto del paradiso, qua­lunque cosa esso sia — energia, essenza, la luce di Dio, il potere creativo di Dio —, e in un baleno circondarono tutti noi con me­ravigliose costruzioni che simboleggiavano la loro curiosità, la loro concezione della bellezza e i loro desideri! Lo scompiglio superò qualunque cosa io avessi mai visto sin dalla creazione del­lo stesso universo. E nessuno sembrava più sbalordito dell’ar­cangelo Michele, che mi stava fissando come per dire: ‘Memnoch, li hai portati in paradiso!’ Ma prima che lui potesse pro­nunciare queste parole e mentre le anime erano ancora riunite e si stavano rendendo conto di potersi muovere e poter toccare gli angeli e le cose che immaginavano, giunse la luce di Dio stesso — En Sof —, levandosi e diffondendosi da dietro le figure dei serafini e dei cherubini, e riversandosi, delicata e premurosa, sulle anime umane, colmandole tutte e rendendo trasparenti i loro segreti, così come sono trasparenti gli angeli. Le anime umane urlarono di gioia. Inni si levarono dagli angeli. Io cominciai a cantare con le braccia allargate: ‘Signore, Signore, ho le tue anime, degne del paradiso, e guarda cos’hanno portato qui. Signore, esamina la tua creazione, esamina le anime di coloro cui hai permesso di svi­lupparsi, dalle più minuscole cellule attraverso la carne, il sangue e Sheol fino al tuo stesso trono. Signore, eccoci qua! È fatta, Si­gnore, è fatta. È successo. Sono tornato e tu l’hai permesso’. E avendo detto più che abbastanza, caddi in ginocchio. I canti si erano trasformati in una frenesia, in un suono che nessun umano fatto di carne e sangue poteva sopportare. Ovunque si levavano inni. Le anime umane stavano diventando più dense, più visibili, finché non ci apparvero tanto distintamente come noi appariva­mo a loro e a tutti i nostri simili. Alcune si stavano tenendo per mano e saltellavano su e giù come bambini. Altre stavano sempli­cemente gridando e le lacrime scendevano copiose sui loro visi. «E poi la luce si dilatò. Sapevamo che Dio stava per parlare. Ci zittimmo, en masse. C’erano tutti i bene ha elohim. E Dio dis­se: Tigli miei. Miei amati figli. Memnoch è giunto coi suoi milioni di anime, e sono degne del paradiso’. Poi la voce di Dio cessò, e la luce divenne più intensa e più calda, e tutto il paradiso di­ventò pura accettazione e puro amore.

«Mi sdraiai, esausto, guardando su verso lo splendido firma­mento di un bel cielo azzurro e di stelle perennemente brillanti. Sentii le anime umane correre in ogni direzione. Sentii gli inni di. benvenuto e gli incantesimi degli angeli. Sentii tutto e poi, imi­tando un mortale, chiusi gli occhi. Dio dorme mai? Non lo so. Chiusi gli occhi, e rimasi sdraiato nella luce di Dio. Dopo tutti gli anni trascorsi a Sheol, ero di nuovo al sicuro, al caldo. Infine mi resi conto che alcuni serafini, tre o quattro, si erano avvicinati a me; li ignorai, ma loro rimanevano fermi accanto a me, mi guar­davano dall’alto, i loro volti resi brillanti in modo quasi insop­portabile dalla luce riflessa.

«‘Memnoch, Dio vuole parlarti da solo’,dissero.

«‘Sì, subito!’ Balzai in piedi. E, ben distante dalle folle giubi­lanti, mi ritrovai nel silenzio, nella quiete, senza compagni, un braccio posato sugli occhi, il capo chino, e il più vicino possibile alla presenza del Signore.»

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