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La loro guida/autista li accompagnò di nuovo con il tram attraverso il complesso Bakur, poi li scortò a un appartamento al secondo piano. Nello stesso istante in cui la porta si chiudeva dietro Chewie, Han si voltò di scatto. Leia indovinò quello che stava per dire dalla sua faccia scura. Era una faccia che avrebbe fatto cagliare anche il latte di un Bantha.

«Gli hai detto troppo.» Agitò un braccio. «Specialmente sulle truppe di Endor. Quegli Imperiali non hanno nessun bisogno di sapere che le nostre truppe sono esauste. Raccoglieranno ogni nave per un raggio di parsec tutto intorno a Endor e spazzeranno via la flotta.»

«No, non lo faranno. Non riescono a mettersi in contatto con l’Impero. Hanno già provato.» Sollevata, si appoggiò le mani al petto e guardò negli occhi scuri e brillanti di Han. Si era aspettata una predica su quell’alderaaniano rinnegato. Per un istante il suo mondo scomparso era tornato alla vita... memorie dolci e amare. La politica imperiale non era mai stata popolare su Alderaan. Era raro, e sospetto, trovare qualcuno che si offrisse volontario per servire l’Impero.

«Be’, comunque», borbottò, «non raccontargli tutte queste cose.»

«Crederanno...» cominciò Leia.

«Un momento», interruppe Luke. «Anche voi avete sentito l’umano al servizio degli alieni dire che erano venuti ‘dietro invito del vostro imperatore’? Questi Bakurani sembrano non dare alcuna importanza alla cosa.»

«Io l’ho sentito.» Leia si allontanò da Han. «Sto cercando un modo per servirmene.»

«Bene.»

«Ma tu...» cominciò Leia di nuovo.

«Lasciate perdere», suggerì Han. Fece il giro della stanza principale dell’appartamento, guardando in tutti gli angoli, e scrutando ogni parete dal soffitto al pavimento. Rivestita di legno chiaro, la stanza aveva un’unica lunga finestra che guardava su uno dei giardini. Un’area ribassata esagonale fungeva da salotto, tappezzata di tessuto verde e con molti cuscini blu che galleggiavano a diversi centimetri da terra. Han li rovesciò tutti, poi cominciò a battere sulle pareti. «Io vi confesso che preferirei di gran lunga dormire sul Falcon.»

«Io no», sospirò Leia.

3BO era accanto alla porta, con una mano che copriva il bullone di costrizione come se se ne vergognasse. A volte il suo programma pseudoemotivo la divertiva molto. «Signore, i droidi non hanno alcun bisogno di riposare. Posso suggerire a voi umani di dormire un po’? C1 e io staremo di guardia...»

Da sotto un lampadario, C1 lo interruppe con uno strombettio di derisione.

Han si fermò davanti a una lunga parete curva che vantava il murale in tempo reale di una foresta. I rami degli alberi si muovevano spinti da un vento invisibile. Scrutò ogni foglia nel minimo dettaglio.

Leia scosse il capo. Non aveva dubbi che gli Imperiali li stessero ascoltando. Probabilmente dall’altro lato del complesso c’erano sensori vocali puntati su quella stanza. Era del tutto inutile cercare microfoni.

Disse: «È ovvio che la vera autorità qui su Bakura è Nereus. Ma sta cercando di tenere calmi i Bakurani facendogli credere che partecipano al governo».

Han si voltò e si appoggiò al murale. «Puoi scommetterci. Ed è nervoso come una scimmia al pensiero di avere delle navi ribelli nel suo sistema.»

«Ma il popolo non lo è», insisté Leia.

«No», confermò Luke. «Il popolo vuole solo sopravvivere. È così Nereus», aggiunse seccamente.

«E quindi una volta che si sentirà al sicuro», congetturò Han, «ci si rivolterà contro e ci spazzerà via... se non facciamo attenzione.»

«Faremo attenzione.» Luke si girò verso il centro comunicazioni. «C’è un messaggio registrato», aggiunse, sorpreso. Si avvicinò e toccò un comando.

Han sbirciò da dietro le spalle di Luke. Leia si infilò fra di loro. La testa e le spalle di un ufficiale imperiale apparvero sullo schermo tri-D: volto stretto e lungo, corti e radi capelli ricci. «Comandante Skywalker, abbiamo bisogno di parlare, come d’accordo. Quando può raggiungermi nel mio ufficio?» Lo schermo tornò scuro.

«Il comandante Thanas», mormorò Luke.

«Dov’è il suo ufficio?» chiese Han.

«Probabilmente in questo stesso complesso. Adesso vediamo.»

Leia si allontanò dal microfono. «Vieni, Han.» Per un paio di minuti non voleva vedere altri Imperiali. Questo posto cominciava a renderla nervosa. Ogni volta che si voltava le sembrava di cogliere con la coda dell’occhio il roteare di un mantello nero. Vader era morto! Sconfitto! Non doveva lasciare che vecchie memorie la distraessero dal suo lavoro.

Luke disse all’unità incassata nel muro: «Credo che il comandante Thanas abbia lasciato un messaggio per me...»

Silenzio. Poi: «Sì, perfetto. Sarò lì fra un’ora circa». Tornò verso il salotto.

«Be’?» chiese Leia.

Luke unì le mani dietro la schiena. «Abbiamo di nuovo le navi ssi-ruuvi nel cortile di casa. Thanas dice che ha tutto l’aspetto di un blocco, appena fuori della zona di fuoco della rete difensiva. Approssimativamente a una distanza orbitale pari a quella della seconda luna di Bakura. E io sono stato, ehm, invitato al presidio imperiale.»

«Da solo?» esclamò Leia.

Luke annuì.

«Non farlo», disse Han. «Chiedigli un incontro in terreno neutrale.»

Luke scrollò le spalle. «Su Bakura non ci sono terreni neutrali. Probabilmente lassù ha degli strumenti migliori per aiutarci a discutere di quanto si potrebbe trovare qui nel complesso Bakur.»

«Allora porta con te Chewie. Questo Thanas ti potrebbe arrestare solo perché sei un Jedi. E lasciamo perdere il fatto che hai fatto fuori l’imperatore.»

«Ma io non...»

«Non credono neppure che l’imperatore sia morto, ora», interruppe Leia. «Ma porta Chewie comunque. Anche disarmato è un combattente formidabile.»

Han tormentava l’imboccatura del fulminatore. «Quanto tempo ti ci vorrebbe per chiamare aiuto?»

«Ho un comlink. Potrei fare arrivare una squadriglia di caccia Ala-X dalla Flurry in orbita nel giro di... oh, nel giro di un’ora.»

«Potrebbe essere troppo tardi», insisté Leia. Il Wookiee ruggì la sua approvazione.

«Io penso che dovrei restare qui», suggerì 3BO.

«Han, Leia, Chewie... so badare a me stesso.» Luke si lasciò cadere su uno dei sedili nell’area ribassata, facendo volare via i cuscinetti blu in tutte le direzioni. «Più ci comportiamo come se ci fidassimo di loro, più ci daranno retta. Leia ha fatto grandi progressi in senato.»

«Non abbastanza.» Leia strinse le labbra. «Intavolare un dialogo franco è l’unico modo di giungere alla fine a un trattato duraturo con questa gente, che potrebbe poi portare alla defezione di un gran numero di Imperiali scontenti.»

«Avanti.» Han agitò un braccio. «Ditemi pure che vi sentite a vostro agio a lavorare con questa gente, voi due. Ma ditelo guardandomi negli occhi.»

«Be’...» Leia guardò Luke in cerca di sostegno. Luke sollevò un sopracciglio. «No», ammise Leia.

«Mmm, no», rispose Luke. «Non mi sento a mio agio. Mi sento sulle spine.»

«Giusto», disse Leia. «Ma il disagio non deve interferire con i negoziati. Da qualche parte dobbiamo pur cominciare. Facciamo che sia Bakura.»

Luke si schiarì la gola. «Preferirei comunque portarmi dietro C1.»

Dall’angolo in cui era rimasto, ignorato da tutti, C1 fece sentire un trillo interrogativo.

«Per meglio condividere le informazioni che abbiamo.»

«Oh», commentò Leia. Se Luke aveva un suo piano non ci sarebbe stato modo di fargli cambiare idea. «Dimmi dei senatori. Che sensazione hai avuto?» Si sedette accanto a Luke e ritirò le gambe sui sedili. Il campo a repulsione era come un liquido invisibile sulla cui superficie stavano galleggiando.

«Erano ostili», ammise Luke. «‘Chi sono questi e che cosa ci fanno qua e perché si interessano tanto a noi?’ Così almeno all’inizio. Ma quel Belden era contento di vederci. E c’erano anche altri. Altri...» Guardò Han, che era arrivato all’angolo della finestra. «La storia di Leia gli ha fatto abbassare la guardia. È stato lì che il loro atteggiamento è cambiato.»

«Ne sono straordinariamente contento», interloquì 3BO dalla sua postazione accanto alla porta. «Non vedo l’ora di tornare fra la nostra gente.» C1 gorgogliò qualcosa che Leia presumeva essere un caloroso accordo.

«Ecco, vedi?» Leia fissò Han, desiderando intensamente che si voltasse e desse qualche segno di aver approvato il suo discorso. Un muro invisibile era caduto tra loro nel momento in cui quell’alderaaniano l’aveva notata. «Dev’essere duro», concesse, «uscire allo scoperto dopo anni di lavoro clandestino.»

Finalmente Han si voltò, con i pollici infilati nella cintura. «È come mostrare troppo presto la tua mano in una partita di sabacc. Le carte ti possono cambiare in mano. Non mi piace. Non mi piace questa gente. E Nereus mi piace meno di tutti.»

Leia annuì. «È un burocrate imperiale come tanti altri. Ma, Luke, che cosa hai avvertito? La reazione che hanno avuto di fronte a te...»

Si accigliò. «C’era da aspettarselo, non erano stati avvertiti. Perché?»

Leia cercò le parole giuste per esprimere i suoi sentimenti.

Luke le trovò prima di lei. «Stai ancora pensando a Vader, vero?»

Colpita, Leia gli puntò un dito contro. «Non voglio avere niente a che fare con nulla che venga da Vader.»

«Io vengo da Vader, Leia...»

Strinse i pugni, le braccia tese lungo i fianchi. «Allora lasciami stare.»

Luke chiuse la bocca, senza finire la frase nel modo che lei temeva. E anche tu. Avrebbe potuto dirlo, ma cercava sempre di non ferirla con le sue parole. Leia si stava già pentendo del suo sfogo. Non era da lei perdere la calma in questo modo.

«Ehi», esclamò Han. «Tirati su, principessa. Sta solo cercando di aiutarti.»

«Che cosa vi aspettate da me?» Saltò in piedi e si mise a camminare nervosamente. «Che la prenda con calma? Che vada ad annunciarlo a Mon Mothma?»

«Oh, no, non di nuovo», borbottò Han.

Leia si piantò i pugni sui fianchi. Se non fosse stata innamorata di quell’uomo lo avrebbe già strozzato.

«Di nuovo?» mormorò Luke.

«Ascolta», disse Han. «Nessuno vuole rivelare il tuo segreto. Neanche Luke. Vero, Luke?»

«Ci siamo messi d’accordo.» Luke scrollò le spalle. «Almeno per un po’, nessuno saprà che sei imparentata con nessun altro.» Tese una mano.

Leia l’afferrò. Inaspettatamente Han si avvicinò e chiuse la sua mano sopra quella dei due fratelli.

Dietro di loro si udì un ruggito. Un’enorme zampa pelosa atterrò sulla spalla di Leia mentre Chewie continuava a guai-re e a latrare. «Che cosa sta dicendo?» chiese a Han. L’altra zampa di Chewie si appoggiò sulla testa di Han.

«Che siamo la sua famiglia d’onore.» Han cercò di sfuggire alle effusioni del Wookiee. Un braccio peloso gli passò sul viso. «È il fondamento della vita sociale wookiee. È la migliore dichiarazione di fedeltà che ti capiterà mai di ricevere, Leia.»

Niente soprannomi questa volta, niente ironia, solo Leia.

Quella era la migliore dichiarazione di fedeltà che le sarebbe mai capitato di ricevere da Han. «Va bene», disse piano. «Abbiamo del lavoro da fare; vediamo di fare buon uso del tempo che abbiamo prima che Luke debba partire o che ci richiamino in senato.»

Chewbacca grugnì. Luke lasciò andare la sua mano e si diresse verso il centro comunicazioni.

«Bene.» Han si liberò dalla stretta del suo copilota. «E dobbiamo anche controllare le riparazioni. Il nostro gruppo ha costituito un hangar temporaneo allo spazioporto. Piattaforma dodici. Quello è lavoro per Chewie.»

«Ah.» Luke stava già premendo dei bottoni sul pannello di controllo. «Ecco, ho trovato le informazioni che ci hanno inviato. C1, fa’ un controllo. Vedi se c’è qualcosa di nuovo rispetto alle informazioni della nave drone.»

C1 fischiò allegramente.

«Tieni gli occhi aperti, ragazzo», raccomandò Han.

«E stia in guardia, padron Luke!» esclamò 3BO.


Uno shuttle dell’Alleanza prelevò Luke dal tetto del complesso Bakur. Con C1 caricato nel compartimento sul retro, Luke guardò la città che passava sotto di lui, acquattata all’interno della sua rete di cerchi concentrici e su quell’incredibile estrusione di roccia bianca.

Temeva che fosse stato il suo nervosismo a fare agitare Leia, ma non aveva osato dire a lei e a Han tutto quello che sapeva, non ancora. Solo lui capiva quanto disperata e atroce fosse la sofferenza degli umani intecnati, quindi solo lui capiva appieno quale rischio correvano nel momento in cui Bakura fosse caduta. Se fosse successo, le risorse e la popolazione di Bakura avrebbero consentito agli alieni di prendere un altro mondo, dove avrebbero ricaricato altri droidi da combattimento per conquistarne un altro ancora, e così via in una reazione a catena che sarebbe arrivata fino al centro della galassia.

Forse volevano spazzare via del tutto l’umanità, magari creare una serie di allevamenti di schiavi. Non avrebbe affatto sorpreso scoprire che avevano altri tipi di droidi capaci di utilizzare l’energia vitale degli umani, oltre ai caccia. Lui, Thanas, Nereus, non sapevano neppure se quella che si trovavano di fronte era l’intera flotta ssi-ruuvi.

Nel bel mezzo di una crisi del genere non poteva certo permettersi di venire distratto dalla senatrice Gaeriel Captison.

Eppure il solo ricordo delle sensazioni che aveva provato quando la sua presenza aveva risposto alla sua sonda lo faceva ancora rabbrividire. O almeno le sensazioni prima dell’improvviso cambiamento della ragazza. Non aveva mai sperimentato prima un tale e improvviso radicale passaggio dall’attrazione al disgusto. Doveva assolutamente parlarle. Se era tanto veemente nella sua opposizione ai Jedi avrebbe potuto mandare a monte ogni possibilità residua che Leia riuscisse a negoziare un trattato. Comunque, preferiva la sua onesta posizione all’essere ignorato. All’inizio, almeno.

Prima che Luke si sentisse pronto, la sua navetta scese sulla scura superficie artificiale che aveva indovinato essere il presidio. Il pilota alleato molto nervoso aiutò Luke a scaricare C1 e poi ridecollò in fretta verso lo spazioporto. Luke guardò in alto, verso il muro di cinta del presidio. Sopra e oltre una barriera sfrigolante di corrente ad alta tensione, assaltatori percorrevano le passerelle sospese tra enormi reti di osservazione. Un campo di forza iridescente, che sprizzava di tanto in tanto qualche scintilla, chiudeva il varco fra le due torri. Droidi di pattuglia si diressero verso di lui da tre direzioni diverse.

Sì, questo era l’Impero. Luke si avvicinò al cancello, pieno di baldanza. «Vieni, C1.»

Un paio di soldati di Marina protetti da elmetti neri uscirono da dietro una delle torri. Il campo di forza si interruppe. «Comandante Skywalker?» chiese uno dei due, con la mano sul fulminatore.

Io sono la pace. Luke unì le mani davanti al petto. «Sono qui per parlare con il comandante Thanas.»

«E il droide?»

«Deposito dati.»

Il soldato emise una breve risata. «Spionaggio.»

«Probabilmente darò al comandante Thanas più informazioni di quante ne fornirà lui a me.»

«Aspetti qua.» Il soldato scomparve dentro la torre.

Luke guardò il campo oltre la rete. Un camminatore AT-ST gli passò davanti, come una grossa testa di metallo grigio su gambe. L’edificio principale del presidio si levava in lontananza all’interno di un vasto spiazzo. Poteva anche essere un disegno standard, ma da vicino sembrava davvero impressionante. Luke calcolò che doveva essere alto almeno come un edifico a otto piani. A ogni angolo del livello superiore si levavano gigantesche e rilucenti torrette armate di turbolaser, come guardiani del castello di un gigante. Da questa angolazione si intravedevano due grossi trampolini di lancio puntati contro il cielo. Quanti caccia TIE potessero custodire era solo materia di congettura. Non avrebbe mai osato avvicinarsi a questo posto con una squadriglia di caccia Ala-X. Da solo era molto più al sicuro. O così sperava.

Il soldato tornò con un controllore per il comando del bullone di costrizione del droide e un disco a repulsione con due supporti laterali. «Il droide entrerà montato sul disco», ordinò il soldato, «e spento. Se vuole può portare il suo controllore personale, ma la riattivazione non autorizzata di questa macchina verrà considerata un atto ostile.»

C1 emise un bip nervoso.

«Va tutto bene», lo rassicurò Luke. «Non ti preoccupare.» Lasciò che il soldato disattivasse il convertitore di potenza principale di C1. Una volta che il droide, ridotto al silenzio, fu caricato sul disco a repulsione, Luke controllò che fosse assicurato bene ai due supporti laterali, in modo che il suo amico metallico non potesse cadere a terra inaspettatamente. Toccò il suo controllore appeso accanto alla spada laser. Gli ricordava il sogno fatto su Endor.

Non gli erano mai piaciuti i bulloni di costrizione. Era probabile che anche il personale del governatore Nereus avesse dei controllori, con i quali avrebbero potuto comandare C1 e 3BO nonostante il programma personale dei due droidi.

«Mi segua», disse il soldato. Lo condusse a una speeder coperta. Luke si sedette nel sedile centrale e agganciò a un lato il cavo di traino del disco a repulsione. Si inoltrarono velocemente nella base. La superficie che dall’alto era sembrata nera, ora si rivelava banale permacciamento grigio scuro. Tipico della burocrazia imperiale, coprire qualunque cosa naturale si fosse trovata davanti.

Lo shuttle passò attraverso un paio di colossali porte a prova di scoppio, sistemate fra due torri di guardia ed entrò in un garage permeato del familiare odore militare di carburante e polvere. Il soldato parcheggiò la speeder a un molo per speeder bike che era affollato di tecnici per la manutenzione. Luke sentì una terribile curiosità che lo pungeva da ogni parte. Mi dispiace ma non sono un prigioniero. Non ancora. Mentre sganciava C1 la curiosità si trasformò in ostilità. Alzò un dito e mosse una stringa della Forza. Qualcosa di pesante cadde all’altra estremità del molo.

I tecnici corsero verso il rumore. Luke gli passò attraverso, ignorato da tutti, seguendo il soldato che guidava il disco a repulsione di C1. Passarono lungo un corridoio stretto, con pareti nude che si stringevano verso l’alto per incontrare un soffitto ancora più stretto e poi entrarono in un turboascensore ad alta velocità. Lo stomaco di Luke si contrasse mentre acceleravano.

Scesero a un altro livello, trovandosi a un’estremità di una lunga sala rettangolare. Ogni cosa, qui, era grigia: le pareti, il pavimento, il soffitto, i mobili, le facce; i contrasti si notavano facilmente. Un ufficiale vestito di nero uscì da una porta e rientrò in un’altra. Truppe d’assalto stavano di guardia davanti a ogni porta, sentinelle in armatura bianca. Luke camminò rigido davanti a loro, gli occhi fissi davanti a sé, ma i suoi sensi di Jedi aperti a trecentosessanta gradi e la mano sulla spada laser.

In un’area circolare Luke vide un uomo che si dirigeva verso di loro dal corridoio di fronte. Il portamento eretto e il passo misurato gli rivelarono chi era. Il volto stretto e lungo e i radi capelli ricci confermarono la sua ipotesi. Luke si avvicinò. «Comandante Thanas.»

«Comandante Skywalker.» Thanas lo guardò dall’alto, dietro un naso aquilino. «Di qua, la prego.» Si voltò su se stesso e tornò indietro. Alto e magro come un chiodo, emanava una tranquilla sicurezza che ricordava a Luke tutti gli occhi imperiali che lo circondavano... come se ne avesse avuto bisogno. Contando il numero di armi visibili nel corridoio, Luke seguì Thanas tirandosi dietro il disco a repulsione.

Al termine del corridoio, Thanas entrò in un ufficio e Luke lo seguì. A parte un curioso pavimento che ricordava un tappeto di muschio, la stanza era arredata con molta semplicità: evidentemente era un luogo dedicato al dovere, non al piacere. Perfino le pareti grigie erano prive di ricordi o decorazioni, come se Thanas non avesse nessun passato. La sua semplice scrivania rettangolare aveva, per quanto poteva vedere Luke, un’unica serie di comandi inserita nel piano del tavolo.

«Si sieda.» Thanas indicò una sedia a repulsione. Lasciando C1 spento, Luke si sedette. Thanas fece un gesto verso un’unità di servizio. «Gradisce qualcosa da bere? Il liquore locale è sorprendentemente buono.»

Luke esitò. Anche se il liquore non fosse stato drogato, avrebbe potuto essere abbastanza forte da confondergli le idee. E comunque, il suo istinto diceva che non era il caso di accettare. «Grazie, no.»

Thanas rimase seduto senza versare niente per sé. Incrociò le braccia, con le mani sui gomiti. «Le confesserò, Skywalker, che non mi aspettavo di vederla arrivare. Credevo che mi avrebbe chiesto di incontrarci da qualche altra parte.»

Luke scrollò le spalle. «Sembrava più pratico vedersi qua.» Si protese a sentire la presenza di Thanas. Attento, con un pizzico di ammirazione, sospettoso ma senza intenzione di ingannarlo: fiducioso, per ora, con un sottofondo innegabile di onestà.

«Vero.» Thanas toccò un comando sulla sua scrivania. Delle antenne da proiezione retrattili salirono dolcemente dal loro alloggiamento sulla scrivania. Sopra di loro apparve un grosso globo verde-azzurro. «Perché non diamo un’occhiata alla battaglia che avete tanto audacemente interrotto?»

«Eccellente idea. Posso?» Luke indicò C1 con il controllore.

«Ma certo.»

Luke accese il piccolo droide. La cupola di C1 ruotò e si fermò con il fotorecettore blu diretto verso l’ologramma di Thanas.

La battaglia era cominciata con un attacco frontale lanciato dall’intero schieramento ssi-ruuvi. Era come Luke aveva già indovinato, l’offensiva finale contro un avversario indebolito, e l’inizio dell’invasione del pianeta. Le sue forze erano arrivate appena in tempo.

«Posso vederlo di nuovo?» chiese Luke mentre i puntini blu che rappresentavano gli Imperiali si raggruppavano per ritornare all’attacco.

Thanas scrollò le spalle e fece ripetere gli ultimi secondi di proiezione.

«È una manovra standard, quella?» chiese Luke.

Thanas unì le dita delle mani. «Mi dovrà scusare se scelgo di non rispondere a questa domanda.»

Luke annuì e registrò mentalmente la manovra sotto «massima sicurezza».

«Mi dica», domandò Thanas, «è vero che uno dei vostri piloti è intervenuto nella battaglia con un mercantile, o sono i sensori della mia flotta che non funzionano bene?»

Luke riuscì a reprimere un sorriso. Se Thanas non sapeva niente sul Falcon non sarebbe stato certamente lui a illuminarlo. «Lei deve tenere presente che la maggior parte dell’appoggio che l’Alleanza riceve proviene da settori ai margini della legalità.»

«Contrabbandieri?»

Luke scrollò le spalle.

«Probabilmente modificati al di là di ogni standard di sicurezza.»

«È molto difficile procurarsi dell’equipaggiamento a livello di quello imperiale.»

«Solo dopo averlo chiesto mi sono reso conto delle implicazioni della tecnologia HoloNet presente sulla vostra nave ammiraglia.»

Era meglio lasciare perdere quell’argomento. «Vi rendete conto di qual è la posta in gioco qui?» Luke gli raccontò quello che aveva concluso sulle intenzioni degli Ssi-ruuk. «Perché l’imperatore si era messo in contatto con loro?»

Thanas si grattò il collo, cercando di apparire rilassato. Ma le rughe di stanchezza attorno ai suoi occhi erano diventate più profonde. «Se anche lo sapessi, non sarei autorizzato a dirglielo.»

«Ma non lo sa.»

Thanas si limitò a restituire il suo sguardo. Se mai fosse stata conclusa, sarebbe stata una tregua piena di tensioni.

«Abbiamo bisogno di discutere la situazione tattica attuale», suggerì Luke. «Secondo i dati in mio possesso, fra tutti e due abbiamo due incrociatori, sette cannoniere di medie dimensioni e circa quaranta caccia monoposto, due terzi dei quali attualmente schierati sulla rete difensiva e un terzo a terra per riparazioni. Le tornano i conti?»

Thanas concesse a Luke un mezzo sorriso divertito. «Ottimi calcoli. In più voi avete il vostro trasporto irregolare.»

«Certo.» Luke si mosse sulla sedia a repulsione. «Siete riusciti a valutare la forza della flotta ssi-ruuvi?»

Thanas annuì. «All’interno del sistema, qui, tre incrociatori. Due navi di media dimensione sono tenute indietro, oltre l’orbita del quarto pianeta: pensiamo che si tratti di navi d’assalto planetario. Circa quindici navi più grandi o navi vedetta appena fuori della rete difensiva. E nessuno sa quanti piccoli caccia, o quale delle navi li trasporta. Forse tutte.»

Descritta così, semplicemente, la situazione sembrava ancora più brutta. «Da dove provengono le vostre informazioni?» chiese Luke, curioso di sapere che cosa era disposto a rivelare Thanas sulla sua rete informativa all’interno del sistema.

Thanas sollevò un sopracciglio. «Le solite fonti», rispose. «E le vostre?»

«Occhi aperti.»

La loro conversazione fu punteggiata da molti altri frustranti stalli simili a questo, ma quando Luke si alzò, due ore più tardi, aveva una comprensione migliore della situazione tattica, dati precisi sui vettori orbitali della rete difensiva, e qualche altra interessante curiosità di svariato genere, il tutto registrato nella memoria di C1.

«Comandante Skywalker», disse Thanas a bassa voce. «Mi chiedo se mi concederebbe di assistere a una dimostrazione dell’uso di quella spada laser. Ne ho sentito parlare moltissimo.»

«Penso che sia meglio di no.» Luke cercò di mantenere un tono educato. «Non vorrei mettere in allarme le sue truppe.»

«Non si allarmeranno.» Thanas toccò un altro comando sulla sua scrivania. La porta si aprì. Due soldati in armatura bianca entrarono. «Vorrei tenere qui il suo droide astromeccanico. Voi due: prendetelo in custodia.»

«Preferirei tenere C1 con me.» Luke non credeva che Thanas dicesse sul serio, ma sganciò, sollevò e accese la spada laser in un unico movimento. Nonostante tutta la sua disponibilità a discutere, Thanas ragionava da Imperiale. Voleva una dimostrazione. L’avrebbe avuta.

I due soldati spararono a distanza di un millisecondo l’uno dall’altro. Luke fece una piroetta fra i fasci di energia e li deflesse. Piccole fiamme languirono e si spensero sulle pareti grigie dell’ufficio di Thanas.

«Cessate il fuoco.» Thanas sollevò una mano. «Potete andare.»

I soldati uscirono.

«Non capisco.» Luke rimase in guardia, con la spada ancora accesa. «Avrebbe potuto perdere due uomini.»

Thanas stava ancora fissando la ronzante lama verde. «Non credo che lei li avrebbe uccisi. Avrei dovuto arrestarla, se lo avesse fatto. E non credo che lei avesse molta voglia di trovarsi a dover combattere contro tutto il presidio per poter uscire da qui.»

Luke si sforzò di tenersi in contatto con la sua calma interiore. «Sarei stato in grado di farlo.»

Avvertì nell’uomo più anziano una traccia di divertimento. Forse Thanas era ostile più per abitudine professionale che per un’autentica lealtà verso l’Impero, ma Luke ancora non si fidava di lui. Spense la spada. «Devo controllare i danni sostenuti dalle mie navi, comandante.»

Thanas annuì. «Può andare. E porti il suo droide con sé.»

Luke infilò il pollice nella cintura. «Il mio shuttle è tornato al complesso Bakur. Apprezzerei molto un passaggio fino alla piattaforma dodici allo spazioporto.»

Thanas esitò a lungo, poi sorrise. «D’accordo.»

Se Thanas voleva impedire a Luke o ai suoi amici di lasciare Bakura, ne aveva già avuto ampia occasione.

Un sottufficiale accompagnò Luke a un veicolo a repulsione. Tutti i suoi dolori erano ritornati. A quanto pare stava diventando davvero una giornata lunga. Si fece un elenco mentale delle cose da fare: mettersi in contatto con Leia e dirle che era tornato dal presidio sano e salvo, assicurarsi che il Falcon non fosse stato toccato, assicurarsi che i caccia venissero tenuti pronti e che i piloti si riposassero...

Improvvisamente Luke si rese conto che era più di un’ora che non pensava a quella straordinaria senatrice bakurana. Cercò di nuovo di scacciare il ricordo della sua immagine e di come la sua aura nella Forza aveva aumentato la propria. Non era questo il momento né il luogo di farsi distrarre da desideri personali. Certo, era stato molto più facile dimenticarlo mentre era circondato da Imperiali.

Ma nemmeno la prima Morte Nera era stata il posto o il momento giusto per abbandonarsi al romanticismo, eppure il suo disperato amore per Leia aveva messo in moto tante cose. Se solo Gaeriel Captison fosse stata in pericolo e avesse avuto bisogno di aiuto...


Poco tempo dopo il decollo dello shuttle di Skywalker dal presidio, Pter Thanas stava picchiettando sovrappensiero un coltellino a serramanico in madreperla di Alzoc sul ripiano della sua scrivania. Aveva rintracciato la nave da carico fuorilegge; era parcheggiata nella piattaforma dodici dello spazioporto civile. Un’informazione importante, ma non ancora vitale.

Aprì una delle lame del coltello e la soppesò in mano. Non avrebbe mai potuto ammettere davanti al giovane Skywalker da quanto tempo desiderava vedere una spada laser in azione. Quando Vader e l’imperatore avevano spazzato via i Jedi, aveva perso ogni speranza. Era affascinante il modo in cui aveva respinto il fuoco dei laser. Il suo uso in combattimento sarebbe stato limitato, certo, ma innegabilmente faceva impressione.

E lo stesso si poteva dire del giovane che la portava. Ora capiva perché la ricompensa offerta per la sua cattura era stata così alta.

Thanas cercò di immaginare che cosa avrebbe potuto fare con tutti quei crediti. Era stato trasferito qui, in questo pianeta dimenticato da tutti, dopo essersi rifiutato di spazzare via un villaggio di minatori/schiavi Talz su Alzoc III.

Non che stesse cercando di fare l’eroe... Aveva solo aumentato le razioni alimentari dei minatori. La maggior parte delle creature senzienti lavora di più se ben nutrita, e comunque i magazzini erano sempre pieni. Non avrebbe mai potuto sospettare che i pelosi Talz a quattro occhi avessero individuato in lui il loro benefattore. Un giorno, nelle miniere, si era avvicinato troppo a un pozzo. Tre Talz si erano gettati a salvarlo. Era a loro che doveva la propria vita.

Sei mesi standard più tardi, un colonnello dotato più di avidità che di buon senso ridusse di nuovo le razioni alimentari. Il capo del villaggio Talz protestò, in modo molto cauto e rispettoso. Il colonnello ordinò che il villaggio fosse distrutto, come esempio per gli altri minatori. Thanas ignorò l’ordine. Il colonnello mandò le sue truppe, distrusse il villaggio, poi ordinò a Thanas di salire a bordo della sua nave «in attesa di trasferimento ad altra sede».

Thanas sorrise, amaro. Gli avevano detto che doveva considerarsi fortunato: se avesse tentato un trucco del genere con lord Vader sarebbe morto strangolato nel giro di un’ora. Invece, era stato confinato su Bakura, in un mondo isolato, a fare un lavoro malpagato con ben poche speranze di tornare a essere assegnato a un mondo centrale.

Di nuovo pensò a quella ricompensa... e alla possibilità di andare in pensione in anticipo. Accarezzò il manico iridescente. Avrebbe potuto risposarsi e vivere tranquillo su qualche mondo non allineato. La ricompensa per la cattura di Skywalker lo tentava, ma se c’era qualcuno su Bakura che avrebbe intascato quei crediti era il governatore Wilek Nereus.

Thanas si accigliò, ripiegò la lama nel coltello e se lo fece scivolare in tasca. Niente pensionamento anticipato, per lui. Non era nemmeno stato capace di respingere l’attacco degli invasori alieni con l’aiuto... dell’Alleanza Ribelle. Ormai non avrebbe mai più lasciato Bakura.


Leia rimosse il messaggio di Luke dallo schermo e passò al file successivo. Una memoria fotografica adesso le sarebbe stata veramente utile. Tutti questi dati... ci sarebbero volute settimane per memorizzarli tutti. Da C1 già sapeva che Bakura aveva una tecnologia di livello informatico, una manifattura di bobine levitanti (grazie ai ricchi depositi minerali nelle montagne a nord di Salis D’aar), che esportava con successo e inoltre coltivazioni di alberi di namana, un legno tropicale che forniva stupefacenti margini di profitto. Altre notizie interessanti: i discendenti del capitano della prima nave della corporazione Bakur giunta sul pianeta erano sempre stati, almeno di nome, a capo dello stato; ed era il senato, non la piccola popolazione, a eleggere i senatori che avrebbero preso il posto dei loro colleghi defunti o che si erano dimessi.

Ora, rifletté, il senato di Bakura era semplicemente un organo deputato all’approvazione di tutto quello che il governatore imperiale Wilek Nereus faceva. Le sarebbe piaciuto parlare in privato con qualche cittadino e scoprire quanto erano diffusi i sentimenti anti-imperiali su cui i Ribelli avrebbero potuto contare.

Sbadigliò poderosamente, poi si stiracchiò e inclinò la sua sedia a repulsione. I piedi di Han si intravedevano sulla soglia della sua camera da letto. L’appartamento che gli avevano assegnato aveva quattro stanze private, due con una finestra e due con un murale in tempo reale. Se Han si era addormentato sul pavimento mentre cercava di studiare i dati portati da C1, erano affari che non la riguardavano.

Anche vedere quel pezzettino di lui le faceva salire la pressione. Che faccia tosta! Pensare che lei potesse flirtare con un ufficiale imperiale che un tempo era stato un alderaaniano. Un rinnegato, un traditore.

Chewbacca non dava segno di vita. 3BO probabilmente era ancora dove lo aveva lasciato, collegato al centro comunicazioni vicino alla porta e Luke...

Una volta partito Luke era riuscita a calmarsi un po’. Non avrebbe dovuto infuriarsi così ogni volta che qualcosa le ricordava che Vader era loro padre. Perfino Han aveva avuto la sensibilità di non fare commenti o battute quando, su Endor, lei aveva ingoiato il proprio orgoglio e gli aveva detto di Vader. Anzi, non aveva detto proprio niente, si era limitato ad abbracciarla. Con tutto quello che Darth Vader gli aveva fatto... mandargli dietro la peggior feccia della galassia, usarlo come cavia per controllare che l’unità di congelamento a carbonio non uccidesse il soggetto, bruciacchiare e sforacchiare la sua preziosa nave con il cannone laser del suo caccia TIE... be’, sembrava che Han non avesse intenzione di prendersela con lei o Luke per nessuna di queste cose. E quindi, fintanto che evitava tutti e tutto quello che le ricordava Vader o la Forza, era a posto.

Facile a dirsi, in questa missione, circondata com’era da Imperiali. Controllati, si ordinò.

«Padrona Leia?» fece la voce di 3BO.

Andò sulla soglia della sua camera. «Che cosa c’è?»

«Un messaggio per lei da parte del primo ministro Captison.»

«Passamelo sul terminale in camera da letto.» Si affrettò a tornare al suo schermo tri-D. La porta della sua camera si chiuse scorrendo su una rotaia con minima frizione. Non aveva mai visto un uso così esasperato di microunità a repulsione.

Leia si sedette. Avrebbe riconosciuto l’immagine anche senza l’annuncio di 3BO. Composta, lo salutò rispettosamente. «Spero che il senato abbia deciso in nostro favore, primo ministro.»

L’uomo sorrise con la triste e dignitosa autorità che le ricordava tanto Bail Organa. «Non abbiamo ancora raggiunto una conclusione», fece sapere. «Voi e il vostro seguito siete alloggiati comodamente?»

«Sono felice di avere l’occasione di parlare così a lungo con la vostra gente, ma ci aspettiamo qualche difficoltà nel convincere i militari imperiali che siamo qui solamente per fare un lavoro e poi andarcene.»

«Altezza.» Il tono del primo ministro era un gentile rimprovero. «Non è per questo che siete qui, non è vero?» Captison alzò una mano. «Va bene. La nostra gente ha bisogno di qualche distrazione. È più di una settimana che non hanno che gli Ssi-ruuk a cui pensare.»

«Capisco», mormorò Leia. «Che cosa posso fare per lei, primo ministro?»

«Voi e il vostro seguito potreste unirvi a me per cena. Alle diciannove, a casa mia.»

Più di ogni altra cosa avrebbe voluto appoggiare la testa sul cuscino e dormire, ma... «Ne saremo lietissimi», rispose. Avrebbe anche potuto essere una gradevole distrazione e magari segnare il momento di una vera svolta. «Accetto, anche a nome del generale Solo e del comandante Skywalker.» E Chewie? pensò all’improvviso. Non sarebbe certo stato il benvenuto, non con le idee che questa gente aveva sugli alieni. Be’, sperava che il Wookiee avrebbe capito. Almeno così avrebbe potuto dormire, lui. «Grazie di cuore.»

«Manderò qualcuno a prendervi poco dopo le diciotto e trenta. Oh», aggiunse, «ho invitato anche il governatore Nereus. Sarà un’occasione per comunicare apertamente in modo informale.»

Questo sì che l’avrebbe tenuta sveglia. «È stato un pensiero gentile da parte sua, primo ministro. Grazie.» Leia spense lo schermo. Era davvero una splendida opportunità. Era il momento giusto per chiedere agli Imperiali che cosa ne pensavano del fatto che l’imperatore Palpatine avesse invitato gli Ssi-ruuk ad accomodarsi nella loro galassia.

Sperava tanto che Luke tornasse dallo spazioporto in tempo per rimettersi in ordine.

Sperava tanto che Luke tornasse, punto.

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