18

La piccola creatura debole di mente, un P’w’eck, che Luke aveva controllato, schiamazzò in preda alla confusione con tutti gli altri, senza rendersi conto che era stata la sua coda a distruggere il pannello di controllo e a far spegnere le luci della cabina. Luke poteva solo sperare che il colpo avesse anche reso inservibili le abominevoli macchine degli alieni. Anche al buio poteva distinguere fra Dev e gli alieni tramite le loro presenze nella Forza. Un individuo fisicamente potente corse con passo pesante verso un portello chiuso.

Luke si era già liberato dei legacci con l’aiuto della Forza. Liberandosi facilmente di Dev, saltò a terra. La testa non gli faceva più male, ma la gamba destra era insensibile. Era costretto a barcollare verso sinistra. «Dev», gridò, «infilati sotto qualcosa o ti calpesteranno.»

«Agli ordini!» La voce di Dev era tremante per l’euforia.

La cosa più dura negli ultimi minuti era stare fermo mentre sentiva che Dev oscillava tra la determinazione e la paura. Luke avrebbe tanto voluto non avere perso il suo fulminatore, o almeno averne un altro con cui armare Dev.

Da un luogo sicuro accanto alla paratia, Luke tese in avanti la mano destra e cercò di visualizzare la sua spada laser. Non doveva essere troppo lontana. Meno di un secondo più tardi, sentì il suo peso rassicurante sul palmo. «Sei giù, Dev?» gridò sopra la cacofonia di suoni ssi-ruuvi.

Una risposta soffocata: «Sì».

«Bene.» Luke accese la lama della spada. La stanza si illuminò di una sinistra luce verde, e i fischi allarmati degli alieni crebbero di tono fino a diventare urla. La luce della spada fu riflessa per un attimo in due occhi neri prima che la lama affondasse nella carne al disotto di essi. Un altro alieno urlò. Luke girò su se stesso e lo decapitò.

L’alieno azzurro, era proprio lui, quello presso il portello, riuscì finalmente ad aprirlo a calci e a fuggire. Un altro lo seguì nel corridoio illuminato.

«E ora?» gridò Dev.

«Stai giù!» Tre sagome meccaniche che gli ricordavano C1 apparvero nell’apertura del portello. Il primo droide si gettò verso di lui. Luke lo tagliò diagonalmente con la spada e si gettò verso gli altri attraverso la Forza. Non erano veri droidi, ma in qualche modo erano vivi. Uno sparò contro di lui un paio di colpi di storditore. Luke rimandò uno dei colpi contro l’attaccante e l’altro verso il suo compagno. Entrambi, sovraccaricati, si spensero, ma quello strano, fetido odore che aleggiava nella Forza, come la presenza di un’anima in decomposizione, si attutì solo leggermente. Luke ricordò di avere avvertito lo stesso fetore provenire dai droidi combattenti e dalla nave stessa. L’incrociatore puzzava ai suoi sensi, permeato com’era di energie umane rubate. Forse per la manovra e per la spinta bruciava combustibili a fusione pesante, ma l’energia per i suoi sistemi di controllo gli Ssi-ruuk la ricavavano dalle loro pratiche immonde.

Dev strisciò fuori da sotto quella sedia sinistra. Le energie tipiche del lato oscuro della Forza aleggiavano attorno a quell’oggetto, residuo dell’agonia terrificante di migliaia di vittime. «Stai bene?» chiese Luke.

La pelle marrone chiaro di Dev aveva un aspetto olivastro alla luce della spada laser, e il giovane afferrava una di quelle armi a forma di paletta con entrambe le mani. «È stato meraviglioso.»

Non era mai troppo presto per cominciare l’apprendistato jedi. «Due dei tuoi Ssi-ruuk sono morti.»

«Lo so», gemette Dev, «ma come, se no...»

«Esattamente. Bisogna combattere, ma non bisogna provarne piacere.» Sperava che Yoda non si mettesse a ridere sguaiatamente, sentendogli dire una cosa del genere.

Dev si morse il labbro superiore. «E adesso?»

«Stai indietro.» Luke piroettò facendo perno sulla sua gamba sana e tagliò una, due, tre volte la sedia e i macchinari sospesi sopra di essa, poi si occupò del lettino. I pezzi di metallo caddero con fragore sul pavimento, ammaccando le piastre metalliche del ponte. Luke ritornò con la spada in una posizione di riposo. «Ce ne sono altri di laboratori come questo?»

Avvertì lo scoraggiamento di Dev che accompagnava i suoi occhi spalancati e impauriti. «Ne hanno quasi completati altri trenta.»

Trenta! «Ci vorrà troppo tempo per distruggerli tutti. Di operativi ce ne sono altri?»

«Che io sappia no. E io ero l’assistente di...»

«Allora dovremmo presumere che questo sia l’unico.» Il sudore scorreva lungo la faccia di Luke, nonostante la sua mente nella Forza fosse rilassata. «Anche i sistemi di controllo della nave funzionano con energie umane?»

Il cipiglio di Dev si approfondì. «Non lo so. Non ci ho mai pensato. È possibile.»

«Da quello che sento io, credo di sì. Mi puoi portare nella sala motori?»

«Sì.»

Tenendo la spada abbassata, Luke si spostò di lato verso la paratia esterna. Scivolò lungo la parete nera e si sporse nel corridoio. «Ci sono altri sei droidi là fuori. Ma nessuno Ssi-ruu.»

«Hanno una paura mortale di incontrarti.»

«Perché?»

«Non vogliono morire lontano da uno dei loro mondi consacrati. È per questo che obbligano gli schiavi e i P’w’eck a combattere per loro.» Dev strisciò lungo la parete dietro di lui e sussurrò: «Sta’ attento».

«Tu stai dietro di me.» Preparandosi a rilassarsi e ad assumere il completo controllo, Luke si rese conto che già lo possedeva. Attraversò il portello, tenendo la spada in posizione di guardia. Una scarica di energia si abbatté su di lui. Dev gridò e saltò indietro. La spada di Luke balzò in aria e riflesse la scarica di energia. Il droide sfrigolò e morì.

Uno di meno. Gli altri cinque erano senza dubbio programmati per sparare... simultaneamente! La spada di Luke roteò. I droidi caddero, fumando e vomitando scintille.

Dev emise un basso fischio di ammirazione.

«Ti insegnerò a fare tutto questo.» La gamba destra di Luke pizzicava e doleva. Doveva essersi procurato una storta peggiore di quanto avesse pensato quando era saltato sopra quel tavolo.

«Fallo presto», pregò Dev. «Voglio avere tutto quello che hai tu.»

«Prima andiamo nella sala motori», mormorò Luke, soddisfatto. L’apprendistato di Dev sembrava essere cominciato ufficialmente. «Rimani dietro di me.»

Strisciarono lungo un corridoio illuminato. «Sinistra», sussurrò Dev. Luke roteò attraverso l’incrocio per attrarre il fuoco di eventuali guardie. Nessuno lo sfidò, e lui avanzò baldanzoso, ascoltando immerso nella sua calma da entrambi i lati, e usando la Forza per riposare i suoi muscoli affaticati e per diminuire il dolore che stava crescendo nella sua gamba destra.

«Ora a destra», sussurrò Dev. «C’è un ascensore.»

Luke scosse la testa. «Là dentro saremo in trappola. Quel grosso rettile azzurro probabilmente è ancora a bordo. Ci sono delle scale che collegano i ponti?»

«Gli Ssi-ruuk non possono usare le scale», mormorò Dev. «E nemmeno i P’w’eck, quelli piccoli.»

«Altri schiavi?» Luke sentì che la voce gli si spezzava e dovette schiarirsi la gola.

«Sì.»

Probabilmente gli Ssi-ruuk non sarebbero mai riusciti ad accettare membri di altre razze come propri uguali. «C’è qualche altro modo di passare da un ponte all’altro?»

«Non lo so», ammise Dev. «Io ho sempre usato gli ascensori.»

Luke si tese di nuovo nel mondo invisibile. Una rete di debole energia vivente li circondava da ogni parte, punteggiata qua e là dai luccichii più brillanti nella Forza provocati da esseri senzienti. Trovò davanti a sé un’area vuota verticale abbastanza grande. «Vieni», lo chiamò. Poiché non riusciva a trovare un portello, tagliò direttamente un’apertura nella paratia. Una rampa a spirale, troppo piccola per permettere il passaggio di un umano, conduceva in basso: evidentemente era stata disegnata per i P’w’eck o per i droidi. Dal suono e dalla sensazione si sarebbe detta deserta.

«Scendi», sussurrò Luke. Dev entrò con una gamba, poi con la testa, poi svanì dentro l’apertura. Luke lo seguì. Dev indicò il basso, e così Luke scese dentro la rampa a spirale. La sua gamba destra faceva fatica a piegarsi. I muscoli si contrassero e rimasero contratti. Dietro di lui, il dolore di Dev era come un’eco del suo: si era ferito la schiena e la mano sinistra.

Dozzine e forse centinaia di anime dovevano essere state ridotte in schiavitù nei circuiti della Shriwirr. E Luke non poteva riportare in vita nemmeno una di loro... ma forse poteva almeno far sì che alcune di esse riuscissero a riposare in pace.

Dopo un lungo periodo passato a scendere per l’angusto camminamento, Luke chiese a denti stretti: «Quanto manca per la sala motori?»

«Ponte diciotto.» Dev indicò un simbolo sulla paratia accanto a un piccolo portello. «Adesso ci troviamo al ponte diciassette.»

Luke avanzò per diverse altre volute della rampa, poi si fermò davanti a un portello. «Qui?»

«Sì, è questo.»

Luke tastò con la Forza i circuiti che si trovavano dall’altra parte del portello. Di nuovo trovò un centro di energia vitale incaricato di controllare i circuiti meccanici. Infuse una pulsazione eccitante in quello che rimaneva di una volontà umana.

Il portello si aprì.

Luke barcollò attraverso l’apertura, la spada tenuta in posizione di guardia, e si trovò in un altro corridoio vuoto. Mentre Dev lo superava, si voltò e tagliò in due il centro di energia. La sensazione di una presenza imprigionata e torturata svanì.

Un’altra anima liberata.

Dev esaminò la scritta tracciata su una paratia. «Penso che questo sia il posto che cercavamo», disse a bassa voce.

«Non sei mai stato quaggiù?»

Dev scrollò le spalle. «No.»

«Va bene.» Da dietro un’altra paratia, l’odore di presenza mezzo decomposta che aleggiava nella Forza si fece di nuovo sentire. Luke stava per passare sotto un arco illuminato quando sopra di sé avvertì un luccichio. Saltò indietro.

«Che cosa c’è?» chiese Dev.

Luke seguì il flusso di potere su per una paratia, sopra la sua testa, e poi giù dall’altra parte. «Non lo so», rispose, «ma l’energia vitale è collegata a un forte amplificatore.» Tagliò la parte superiore del taschino che aveva sul petto della tunica, lo fece cadere sul pavimento, e ci soffiò sopra. Scivolò in avanti.

Un lampo di energia blu lo ridusse in cenere.


Gli artigli blu di Sh’tk’ith incorniciavano il pannello di controllo della sicurezza. «Ecco», esclamò ai P’w’eck che gli stavano accanto. «Li abbiamo trovati. Sono accanto a una trappola a stordimento fuori della sala motori.»

Azionò un interruttore. «Ci sono progressi?» chiese Firwirrung, che stava lavorando freneticamente in un secondo laboratorio.

«Finito», rispose il suo collega. «Non potrà tenere il Jedi vivo a lungo quanto avrebbe fatto l’originale, ma ne costruirò un altro, migliore, prima che sia troppo deteriorato.»

Nonostante fosse ferito, Firwirrung sembrava deciso a porre rimedio a questo disastro di cui era responsabile. Lui e i suoi aiutanti P’w’eck avevano completato una tavola secondaria usando pezzi di ricambio e una delle sedie quasi terminate, procurando così un nuovo strumento con cui cominciare immediatamente a procurarsi le energie... sempre che Sh’tk’ith riuscisse a sottomettere quel Jedi. La vittoria era ancora in vista.

Sh’tk’ith chiamò il battello di salvataggio dell’ammiraglio Ivpikkis servendosi di un canale esterno. «Stiamo per intrappolarli. Ho tre squadre di P’w’eck completamente sottomessi sul ponte sedici. Le mie previsioni sono che potremmo cominciare a lanciare droidi da battaglia nel momento stesso in cui riusciremo a mettergli le mani sopra.»

«Bene», fu la risposta. Le navi vedetta degli Ssi-ruuk stavano ancora circondando la Shriwirr, proteggendola dagli attacchi esterni secondo gli ordini dell’ammiraglio Ivpikkis. «I nostri incrociatori hanno lanciato tutti i droidi di cui disponevano», cantò Ivpikkis.

«Firwirrung pensa che riuscirà a combinare le energie di Sibwarra con quelle del Jedi.»

«Teneteli in vita entrambi. Una volta che avremo conquistato Bakura potremo vendicare il nostro orgoglio su Sibwarra.»

Sh’tk’ith si tolse la bisaccia che portava a tracolla. Impugnando il suo proiettore ionico, fischiò ai P’w’eck, tremanti di terrore, che lo circondavano: «Seguitemi!»


Han stava manovrando freneticamente per riuscire a mettere il Millennium Falcon nella posizione in cui il comandante Thanas desiderava, e per di più gli Ssi-ruuk avevano appena mosso nove navi vedetta su dei vettori di ingaggio con il nemico. Il Falcon si tuffava e saliva mentre Han inseguiva i droidi degli Ssi-ruuk e scaricava tutte le sue energie in quei maledetti deflettori così resistenti. I piccoli droidi gli venivano addosso talmente numerosi che riuscì a friggerne un paio semplicemente con gli scarichi dei motori del Falcon. Chewbacca stava cercando di aggiustare 3BO, e Leia stava tenendo impegnata la torretta inferiore. Ma dov’era Luke? «È da qualche parte nello spazio», insisteva Leia. «Ma non a bordo della Flurry», avevano sentito da Tessa Manchisco.

Tre caccia TIE gli passarono sopra. Han strinse le mani a pugno. Poteva anche darsi che quei TIE fossero dalla sua parte, ma non aveva intenzione di fidarsi del comandante Thanas per più di un minuto, quando i Flautati fossero stati sconfitti. Impegnati nella loro bella manovra di invasione, gli alieni non stavano nemmeno usando la loro paletta raccogli-Imperiali: non c’era segno da nessuna parte di raggi traenti. Un grosso vascello ssi-ruuvi aveva già lanciato una dozzina di navi attrezzate per l’atterraggio. Lente e poco potenti, erano state una prima offensiva particolarmente debole. Han non sapeva se i nuovi cannoni DEMP degli Imperiali avessero funzionato, ma sapeva che ne avrebbe tanto voluto uno.

Il suo vettore lo portava vicino a un grosso incrociatore ssi-ruuvi, uno dei tre che si stavano lentamente muovendo verso Bakura. Quegli strani disturbi bitonali soffocarono per un momento tutte le comunicazioni fra le navi. «Stai facendo progressi?» chiese a Chewie attraverso il loro comlink privato. Chewie ululò in tono affermativo. «Bene. Vedi di fare in fretta. Leia, dov’è Luke?»

«Là! A bordo di quel grosso incrociatore.» La voce di Leia trasportata su entrambi i canali delle cuffie di Han, sembrava che provenisse proprio da un punto a metà fra le sue orecchie. «Svelto... Di’ a tutte le nostre forze che non deve essere attaccato.»

L’incrociatore sotto il quale erano appena passati? Han aumentò la potenza ai deflettori posteriori ed evitò i colpi delle navi vedetta che difendevano l’incrociatore, poi ridusse in atomi una di quelle maledette navi vedetta. «E che cosa ci fa là?»

«Non riesco a capirlo», rispose Leia.

«Guardate là», esclamò qualcuno, nel momento in cui la frequenza esterna ritornò. Navette e gusci di salvataggio si stavano allontanando in tutta fretta dall’incrociatore ssi-ruuvi come le rivettature di un serbatoio di refrigerante che aveva raggiunto i limiti di carico.

«Avevi proprio ragione», osservò Han a Leia. «Luke è là dentro.»


Luke fissò il frammento incenerito di tessuto. «Si vede che non si fidano troppo della loro stessa sicurezza.»

«È una trappola a stordimento», spiegò Dev. «Metterebbe fuori combattimento uno Ssi-ruu, nonostante la sua pellaccia. Penso che ucciderebbero subito uno di noi.»

Luke riuscì a localizzare il circuito energetico che comandava la trappola all’altezza della sua spalla su una paratia grigia appena oltre la portata della sua spada al di là dell’arco. Ma poiché la vita creava la Forza, ogni circuito che usava questo tipo di immonda energia era molto facile da trovare e da controllare... e a mano a mano che andava avanti stava diventando sempre più bravo a farlo. Con la mente sfiorò prudentemente questo ganglio energetico e scoprì una volontà debole e quasi esaurita che gli forniva energia. Per quanto stanco fosse, il suo primo impulso fu la pietà. Velocemente ma con prudenza mostrò all’entità quello di cui aveva bisogno. Poi gli offrì la liberazione. La volontà sembrò esitare per un istante...

«Svelto, Dev!» Luke saltò al di là dell’arco. Brandendo il suo proiettore ionico, Dev lo seguì. Un lampo blu bruciacchiò l’orlo della sua veste.

Luke esitò. «Aspetta un attimo.» Doveva mantenere la sua promessa. Con un colpo prudente ma preciso infilò la sua spada laser in mezzo ai circuiti. Quella pietosa volontà toccò la sua mente, lasciando mentre fuggiva un residuo di gratitudine.

Le trappole a stordimento si succedevano a intervalli di sei metri. A ogni ritardo Luke era preso dall’impazienza, e ogni energia richiedeva un diverso tipo di persuasione. A mano a mano che avanzava diveniva sempre più stanco, ma la sua fretta aumentava.

Raggiunsero un incrocio. Il loro corridoio proseguiva curvando leggermente a destra, ma un altro, più stretto, si dirigeva decisamente verso destra. Un tubo luminescente giallo correva lungo il centro del soffitto arcuato di quest’ultimo corridoio. In corrispondenza del bivio, nel corridoio principale, c’era un grande portello metallico chiuso.

Tutti i sensi di Luke gridarono: imboscata! Oltrepassò cautamente l’angolo alla sua destra, tenendosi accanto alla paratia, poi voltò la testa per cercare di sentire quello che accadeva al di là del portello metallico. Gli parve di sentire qualcuno...

Il grido strangolato di Dev fece girare Luke in tempo per vedere il grosso portello che spariva in alto nel soffitto. Un P’w’eck saltò dall’apertura, afferrò il ragazzo da dietro e avvicinò un artiglio alla sua gola. Dev si chinò e sparò con il suo proiettore ionico da sopra una spalla. Il P’w’eck cadde a terra, lasciando sul collo di Dev una sottile linea di sangue.

Guidato dal suo inconscio, Luke si girò e menò un fendente dietro di sé. Due altri P’w’eck erano apparsi come dal nulla. Caddero feriti e urlanti, ma altri erano in agguato in un varco che si era aperto dove Luke non aveva notato nessun portello. Si accanirono contro di lui con una serie di scariche azzurre sparate da uno strano tipo di fulminatore. Stavano ancora cercando di stordirlo. La sua spada faceva rimbalzare ogni colpo contro le paratie o contro carni aliene. Dev gridò e cadde a terra anche se Luke non aveva visto né sentito alcun colpo centrarlo. «Dev?» gridò.

L’enorme Ssi-ruu azzurro si gettò verso Luke uscendo dal largo portello, fischiando e ciangottando. Cercava di dirigere su di lui un raggio argenteo emesso da un proiettore ionico. Chinandosi in più direzioni per evitarlo, Luke alzò la spada e deviò il raggio in direzione di uno dei P’w’eck che stavano per uscire dal portello più piccolo. La piccola creatura cadde a terra, agitando gli arti. Il rettile azzurro attraversò il corridoio, guardando Luke ma non il pavimento. Lungo il corridoio curvo, Dev stava strisciando sulle ginocchia e sui gomiti in direzione del grosso rettile azzurro. Luke si gettò nel corridoio illuminato di giallo nel tentativo di evitare il raggio paralizzante. La personalità del grosso essere azzurro spaventava e impressionava Luke, anche da una certa distanza. Probabilmente l’essere non percepiva la Forza, ma gettava un’enorme ombra nera che i sensi di Luke percepivano, e che aveva la stessa sfumatura immonda che aveva oscurato e soppresso i ricordi di Dev.

Dev balzò dal pavimento. Sparò il suo proiettore ionico da dietro l’alieno azzurro, dirigendo il raggio alla base della sua coda. L’alieno torse la parte superiore del corpo voltandosi verso Dev e poi cadde con le zampe fuori uso; Luke si slanciò in avanti, brandendo la spada. Evitando il raggio argenteo, Dev premette il suo proiettore contro la testa dell’alieno blu e sparò. La creatura emise un barrito, poi un urlo.

L’urlo finì in una specie di gorgoglio. Dev continuò a muovere il proiettore sulla testa del mostro con un movimento a zigzag. Lungo entrambi i corridoi si udirono i rumori di piedi ungulati che battevano in ritirata. Luke si rilassò, tossendo un poco. Giù in fondo alla sua gola, qualcosa gli stava dando fastidio.

Dev si sedette sul fianco dell’alieno azzurro e gli diede un calcio. Quando il mostro non si mosse più, Dev infilò la mano sinistra sotto l’altro braccio e lasciò che il suo proiettore gli pendesse dalla mano. «Ho fatto finta di essere colpito. Mi sembrava più sicuro fingere di essere morto che continuare a lottare», ansimò con voce rauca. «Mi sembrava che non ti stavo aiutando per niente.» Il rigagnolo di sangue che scendeva dalia sua gola sembrava diventare sempre più scuro. Luke sfiorò la ferita. «Non è profonda», insisté Dev. «È solo un graffio.»

Il grosso essere blu era immobile, con l’eccezione di una stretta lingua nera, tremante, che usciva da una narice. «Lo hai stordito?» chiese Luke. «È morto.» Dev alzò lo sguardo e lo fissò negli occhi. Luke vide dolore, colpa, e trionfo. «Chi era?»

«Quello... che mi controllava.» Dev fissò le piastre grigie del pavimento. «Ma il mio padrone era Firwirrung... quello piccolo e marrone con la «V» sulla testa, quello a cui hai tagliato la zampa davanti. Firwirrung è quello veramente pericoloso. Se riesce a catturarti siamo tutti morti. Tutti, in tutta a galassia.»

«Perché? Non sembrava che fosse al comando.»

«No, ma è quello che si occupa dell’intecnamento.»

«Hanno sempre usato... l’intecnamento... per fornire energia ai loro droidi?»

«Sono secoli che intecnano i P’w’eck più anziani. Ma gli esseri umani durano molto di più», spiegò Dev. «Firwirrung vuole obbligarti a intecnare degli altri umani da lontano. Gli Ssi-ruuk vogliono ridurre in schiavitù l’intera galassia. Ci sono... oh, non so quante altre navi che aspettano che Bakura cada.»

«Vuoi dire che questa è soltanto un’avanguardia?» chiese Luke, allarmato.

Dev annuì e Luke avvertì la sua vergogna. «Credimi, Firwirrung non aspetta altro che metterti le mani addosso.»

Io ero l’assistente..., aveva detto. Dunque era questa, infine, la sua storia. Luke chiuse gli occhi. Non lo stupiva più che Dev avesse cercato di strangolarlo, piuttosto che lasciare che gli Ssi-ruuk lo potessero usare a modo loro. «Be’!» Luke soffocò un altro colpo di tosse. «Vediamo di finire il nostro lavoro prima che ne arrivino degli altri.»

«Stai bene?»

Luke tossì di nuovo. Quell’odore di rettile gli stava irritando le narici e la gola. «Si vede che sto respirando qualcosa che mi dà fastidio. Suppongo che tu ci sia abituato. Vieni, andiamo.»

La sala motori era una confusione di pannelli di controllo e di condotti, ma Luke non faticò troppo a trovare il display principale. Era un luogo che creava una mostruosa imitazione di vita talmente potente, e contorta in modo così abominevole, che Luke si scoprì a tremare per l’orrore. I suoi sensi subliminali avvertivano il ribollire di un centinaio di energie intrecciate le une alle altre. Menti intecnate di fresco si contorcevano freneticamente fra i brandelli consunti e insensibili delle volontà quasi esaurite di esseri più anziani.

Con un possente movimento delle spalle Luke portò la spada ad abbattersi sulla consolle, poi mosse il suo corpo e colpì dalla parte opposta. Il silenzio cadde su quella cacofonia mostruosa.

Si voltò gettando una lunga, lenta occhiata tutt’attorno, respirando profondamente e con prudenza. Quella camera, come la nave, finalmente sembrava pulita.

Si era appena chiuso ogni via di fuga da quella nave?

I tubi luminosi splendevano ancora lungo il soffitto, e quindi doveva esistere qualche fonte di energia di emergenza. Ora doveva seguire il flusso dell’energia attraverso i comandi come chiunque altro. «Dev? Sai leggere queste scritte?»

Dopo avere confabulato per un po’, in fretta, decisero che la spinta ionica e la spinta iperspaziale funzionavano ancora... ma Luke era riuscito a interrompere qualunque collegamento fra la sala macchine e il ponte. «È incredibile», mormorò Dev.

Luke si guardò attorno esaminando i display luminosi. Dunque non erano imprigionati in un involucro senza vita, ma la Shriwirr era ferita a morte. Tossì di nuovo. Avevano ancora il sostentamento vitale, le armi e la possibilità di comunicare. Non avevano alcun accesso a medicazioni, però. Niente che potesse aiutare i muscoli sforzati della sua gamba, e nessuna maschera a ossigeno per aiutare i suoi poveri polmoni irritati. Avrebbe dovuto resistere in qualche modo finché non potevano abbandonare la Shriwirr. Di nuovo gli venne in mente che non sarebbe affatto igienico rimanere imprigionati lì dentro, specialmente se gli Ssi-ruuk perdevano la battaglia. «Cerchiamo di arrivare a una navetta», decise spingendosi via dal pannello di controllo.

Dev lo condusse a tre giganteschi hangar, uno dopo l’altro. Erano tutti vuoti, e perfino i gusci di salvataggio erano spariti. Non riuscirono neppure a trovare il vascello imperiale con cui gli Ssi-ruuk erano risaliti dallo spazioporto di Salis D’aar. «Abbandonate la nave», borbottò Luke. «Scappate dal terribile Jedi e dal suo temibile apprendista.»

Dev allargò le braccia. «Allora questa sarà il nostro vascello di salvataggio. Ti porterò al ponte.»

Luke si sentì scuotere il petto dalla tosse. «Dovremo accontentarci», disse con riluttanza.


«Mi dispiace per i cannoni DEMP», sogghignò Han rivolto al comandante Thanas. Entrambi i cannoni erano esplosi, rendendo inutilizzabili le navi su cui erano installati; e a Han non dispiaceva per niente. Era contento di non averne avuto uno sul suo Falcon.

«Vittime della guerra», osservò Thanas attraverso l’altoparlante sinistro di Han che riceveva il canale di comando. «E così a quanto pare è il comandante Skywalker. Mi dispiace. Ammiravo molto le sue capacità.»

«Che sta succedendo?» volle sapere la voce di Leia.

«Il governatore Nereus ha appena mandato un messaggio. Gli alieni lo hanno rapito.»

«Non pensate che Luke sia fuori dal gioco», disse Leia con voce decisa.

Han annusò l’aria. Che cos’era questo, odore di cavi surriscaldati? Vedi di reggere, bambola!

La voce sonora di Thanas si ammorbidì. «Vostra altezza, a meno che tutti gli Ssi-ruuk si ritirino, abbiamo degli ordini precisi di distruggere quell’incrociatore.»

«Che cosa?» esclamò Leia.

Han si sentì rizzare i capelli in testa. C’erano solo quattro piccole navi vedetta ssi-ruuvi che impedivano a Thanas di farlo. La Dominant aveva tutta la potenza di fuoco necessaria. «Perché?» chiese.

«Contagio, generale. Non mi hanno detto i particolari, e io non ho l’abitudine di mettere in questione gli ordini che ricevo. Non ne vale la pena, date le conseguenze che comporta.»

Leia intervenne dalla torretta inferiore del cannoniere. «Metta in questione questo. Lasci stare per adesso, comandante.» Ah... non credeva a quella storia del contagio più di quanto ci credesse Han. Il governatore Nereus voleva semplicemente rifarsi dello smacco. Han vide un filo di fumo uscire da una paratia e spense subito il circuito responsabile. Tanto, lo schema elettrico del Falcon assomigliava a una cartina di una città, e la nave poteva funzionare con parecchi dei suoi pannelli fuori uso.

La voce del comandante Thanas si indurì: evidentemente si stava rivolgendo a qualcun altro. «Squadriglie dalla otto alla undici, spazzate via quei gusci di salvataggio.»

Leia protestò: «Ma non sono armati».

«Questo non lo sappiamo», rispose Thanas freddamente. «In alcune culture i gusci di salvataggio sono dotati di armamento.»

«Cos’è, una normale procedura imperiale?» lo sfidò Leia. «Uccidere i feriti per ridurre i costi medici?»

«Non sembrate altrettanto preoccupata di quelle navi drone. Ci sono delle energie viventi, là dentro.»

«Ridotte in schiavitù», scattò Leia. «E in modo irrevocabile. Uccidendole non facciamo altro che liberare le loro anime.»

«Sono d’accordo», intervenne la voce squillante del capitano Manchisco dalla Flurry. Stava aiutando un pattugliatore imperiale a spingere uno degli incrociatori leggeri alieni a portata del raggio traente della Dominant.

«E gli alieni, vostra altezza?» insisté la voce di Thanas.

Dalla sua voce si sarebbe detto che Leia stava stringendo i denti. «Stiamo lottando per la sopravvivenza della gente di Bakura... e probabilmente di molti altri mondi, comandante. L’autodifesa giustifica molte cose. Ma mai il massacro degli indifesi.»

Thanas non rispose. Sugli schermi analizzatori di Han, una squadriglia di grossi caccia ssi-ruuvi stava convergendo verso la Dominant. I suoi turbolaser ne spazzarono via due.

«È stato un bel tentativo, Leia», borbottò Han. Attivò il circuito che comandava il comlink interno. Improvvisamente, un vortice di luci si accese sul pannello computer davanti a lui e Chewie ruggì nel comlink. «Grandioso, Chewie», esclamò Han. «Adesso vai a un cannone quadrinato!»

«Che cosa?» gridò Leia.

«3BO è di nuovo fra noi. Bada solo di non chiedergli che cosa gli è successo. Tanto, ci racconterà tutto nei particolari appena gliene daremo la possibilità. È riuscito a dare all’Impero un programma per la traduzione della lingua dei Flautati, ma adesso ce l’abbiamo anche noi.»

Leia gemette.

«Come sta Luke?» Han sparò a un altro sciame di navi droidi, puntando sulla nave di testa. Era la seconda volta che pensavano di essersi sbarazzati di tutte quelle pestifere macchine. Due volte, e invece qualche altro incrociatore ne lanciava qualche altro sciame.

«Sta ancora bene», mormorò. «Ha appena avuto a che fare con una grossa concentrazione di quei... morti viventi.» Il cannone quadrinato inferiore continuò a sparare mentre Leia parlava.

«Dolcezza, dimenticati dei droni. Concentrati su tuo fratello. Sarà bene che tu lo avverta di quello che Thanas ha appena detto.»

«Ci sto provando!»

«Cerca di convincere 3BO a trasmettere sulle loro frequenze, o qualcosa del genere.» Han strinse i denti. Luke era entrato, da solo, nel palazzo di Jabba per lui. Aveva salvato tutto solo, Han, Leia, e Lando, strappandoli letteralmente delle fauci sabbiose del Sarlacc. Nonostante le sue manie di grandezza, forse sapeva davvero quello che stava facendo.


Che cosa sto facendo ? Barcollando su una gamba sana e su una che veniva presa dai crampi ogni volta che ci appoggiava il peso, Luke completò un circuito del ponte della Shriwirr. Tutta la paratia dal pavimento al soffitto era occupata da consolle curve, decorate con simboli a lui sconosciuti. Diversi schermi isolati, collocati qua e là nel ponte, erano evidentemente stazioni di lavoro per l’equipaggio, ma non c’erano né sedie, né panche, né sgabelli. Un lungo pannello curvo serviva da oblò. «Sai come funzionano questi comandi?»

«Posso leggerti che cosa dicono le scritte. Tutto qui.»

«È un inizio», borbottò Luke. Qualcosa, al limite della sua coscienza, lo disturbava. Sentendosi a disagio, si allontanò da Dev e accese la spada.

Dev girò su se stesso. «Che cosa c’è?» disse in un sussurro.

«Non lo so.» Luke si diresse a grandi passi verso la paratia concava più vicina, poi si avvicinò al portello, abbassando la testa. «Probabilmente non è niente.»

«Ne dubito.»

Dev aveva lasciato il portello della cabina di comando aperto. Luke scivolò in avanti. Dietro le paratie, sentì... gli parve di sentire... un alieno che si avvicinava. «Dev», ordinò, «mettiti al riparo.»

Un P’w’eck fece irruzione. Luke gli tagliò la zampa anteriore, completa di fulminatore. Poi vide una granata a gas di metallo chiaro sospesa con una catena al collo della creatura. Tagliò la catena, tese una mano, e con la Forza gettò la granata fuori dal portello. Poi diede un gran colpo al pannello inserito nella paratia per far chiudere la porta. Da dietro lo spessore di metallo venne un’esplosione attutita. Nel frattempo, il P’w’eck, intrappolato, indietreggiava sul ponte, emettendo un lamento acuto.

«Parlagli.» Luke afferrò meglio la spada e cominciò a respirare affrettatamente per prevenire quella tosse che distraeva la sua attenzione. «Digli che non voglio fargli ancora del male. Se ci aiuterà, abbiamo qualche probabilità in più di riuscire a usare questa nave.»

Dev strisciò fuori da dietro un’isola di strumentazione e si mise a cinguettare e fischiare. Il P’w’eck esitò un attimo, poi si buttò verso il suo fulminatore.

Luke lo afferrò al volo. «Digli che non verrà nessun altro finché il corridoio non sarà libero dal gas.»

Dev cinguettò. Il P’w’eck scosse di nuovo la testa. Luke si chiese se aveva il coraggio di provare a interrogare l’alieno. Non avrebbe nemmeno saputo come fare. La creatura probabilmente non pensava in standard.

Luke gettò a Dev il fulminatore del P’w’eck. «C’è qualche modo di legarlo? Di impedirgli di rallentarci ancora?»

Dev si accigliò, poi abbassò il fulminatore e trapassò il cranio dell’alieno con un colpo.

«Dev!» esclamò Luke. «Non uccidere mai quando non ce n’è bisogno!»

«Ci avrebbe assassinato nello stesso istante in cui avessimo cominciato a ignorarlo. Adesso abbiamo un paio di minuti, usiamoli!»


«Attenti», urlò una voce sconosciuta nell’orecchio destro di Han. Han aumentò l’energia nei deflettori di dritta. Le forze combinate dei Ribelli e degli Imperiali erano quasi riuscite a chiudere un arco attorno a due degli incrociatori alieni, ma gli Ssi-ruuk opponevano una strenue resistenza. Lo spazio nero era illuminato dalle scintille che rimbalzavano sulle navi, sugli scudi, mentre la potenza di fuoco degli Ssi-ruuk si concentrava sulle navi ribelli che occupavano tutti i punti chiave dell’attacco... proprio come lui aveva previsto.

«Dominarti a Falcon. Chiudete quel varco a zero-due-due.»

La Dominant aveva sconfitto tutti i suoi attaccanti, ma ora andava alla deriva verso dritta. Han sorrise, la sua ipotesi era che i razzi laterali del grosso incrociatore avevano ceduto di nuovo. Forse Luke avrebbe potuto essere in salvo ancora per un po’ di tempo. Voltò la sua nave verso il nord solare. Il varco in questione era abbastanza grande da farci passare uno Star Destroyer. «Ce l’abbiamo», rispose al comandante Thanas. «Gruppo rosso, e tutti voi. Seguitemi.»

Dietro il Falcon, come uno stormo d’anatre, quattro caccia Ala-X e cinque caccia TIE si erano messi in formazione. Ognuna delle due formazioni si teneva rigorosamente dalla sua parte del Falcon.

«Dominant», arrivò una voce dal canale imperiale, «stanno contrattaccando! Troppa potenza di fuoco alla mia...»

Silenzio. Han fece schioccare le dita. Se c’era una cosa che odiava era quando un ragazzo ci rimetteva le penne. Ma mentre le perdite aumentavano, erano soprattutto le navi ssi-ruuvi a sparire. Le forze umane non sarebbero state sconfitte facilmente.

Qualcosa colpì un vascello di pattuglia imperiale. «Falcon a Digit Six. State tutti bene?» Il pattugliatore non rispose. Oscillando paurosamente, accelerò per buttarsi contro il piccolo incrociatore alieno. Un’ora dopo, Han stava ancora evitando i residui della collisione e si sentiva molto prossimo all’esaurimento di tutte le sue energie. Thanas era duro con i suoi piloti, ma la battaglia ormai era sua.

Un sensore si accese. Fra le navi ssi-ruuvi era appena cominciato a passare un massiccio flusso di comunicazioni. Han attivò il programma di traduzione di 3BO su uno degli schermi secondari. Con in mano la copia del programma di Captison, il comandante Thanas probabilmente si aspettava di conoscere il momento esatto in cui il comandante alieno avrebbe comandato la ritirata... ma si aspettava anche che gli alleati non lo avrebbero saputo.

Lo schermo secondario di Han lampeggiava con un unico messaggio, ripetuto all’infinito dalla nave di comando ssi-ruuvi. «Disimpegnatevi, ritirata. Disimpegnatevi, ritirata. Disimpegnatevi...»

Han colpì freneticamente i suoi pannelli di comando, tagliando le navi imperiali dai suoi canali di trasmissione. «Navi ribelli», ordinò, «i Flautati si stanno ritirando. Mettete i deflettori al massimo... e tenete d’occhio gli Imperiali. A tutti i capi squadriglia, allontanate le vostre navi dai caccia imperiali. Manchisco, sei a portata della Dominant. Allontanati!»

«Si stanno ritirando? E Luke?» esclamò Leia. «È ancora a bordo? Non possiamo sparare su quell’incrociatore.»

Han dirottò tutta la sua energia dalle armi ai deflettori. «E noi qui che non possiamo sparare agli Imperiali per primi.» Un contrabbandiere con una coscienza non aveva un gran futuro davanti. A quanto pareva, l’Alleanza se lo doveva tenere. «Non sappiamo chi è ai comandi dell’incrociatore di Luke», aggiunse. «E comunque, ci sono ancora quattro navi vedetta che gli viaggiano vicino.» Era l’unica grossa nave ssi-ruuvi che non si stava ritirando. Per il resto, dappertutto davanti a lui, le navi dalla forma strana si stavano rimpicciolendo.

Il Falcon tremò dalle lampade ioniche all’iperguida. Han balzò indietro dai suoi controlli temporaneamente ionizzati. Alle sue orecchie risonò un ringhio di Chewbacca. Nel campo di stelle davanti a lui ci fu un lampo di fuoco: un secondo colpo della Dominarli. Han sbatté le palpebre. «Flurry?» urlò. «Manchisco? Manchisco, mi senti?»

Ma la Flurry era ormai soltanto scariche elettriche e rottami. «L’hanno presa», esclamò Han. Il nostro unico incrociatore. Cieli liberi per te, Manchisco. Scosse un pugno in aria in direzione di Thanas e ringraziò mentalmente Chewie per avere convinto quei tecnici bakurani ad aggiungere potenza ai deflettori del Falcon. Se avesse potuto, avrebbe distrutto lui stesso la Dominant, se avesse potuto e se la sua coscienza, laggiù alla torretta quadrinata inferiore, l’avesse lasciato sparare per primo.

Leia sembrò di nuovo parlare all’interno del suo cranio. «Be’, generale, adesso sei tu al comando.»

Han riaprì la frequenza di comando. «Grazie di niente, Thanas», urlò. Poi passò alla frequenza intersquadriglia. «Ecco! Avete visto tutti. L’Impero ha appena violato la tregua. Siamo di nuovo in guerra, noi contro loro. Ricordatevi della Morte Nera. Entrate in formazione dietro il Falcon.»

«Falcon, qui capo Rosso. Siamo a circa mille kappa da te e abbiamo caccia TIE su tutti i nostri schermi.»

«Be’ , sparategli, allora», abbaiò Han. «Wedge, dove sei?»

Il più grosso degli incrociatori ssi-ruuvi rotolava su se stesso con una traiettoria irregolare, ancora difeso dalle navi vedetta. Han non riusciva a immaginare come avrebbe potuto difendere Luke... o anche solo se osava farlo. Luke poteva aver fatto scappare l’intero equipaggio, ma non era detto. E di certo non era lui al comando di quelle quattro navi vedetta.

Nel frattempo, un altro grosso incrociatore a forma di uovo si stava girando laboriosamente. Un terzo fece un salto nell’iperspazio troppo velocemente perché fosse stato preceduto da alcun calcolo, in una fuga cieca.

«Dietro il pianeta rispetto a te. O almeno lo ero», rispose la voce di Wedge. «Ti ho sentito appena. Aspetta...» Dopo un paio di secondi, parlò di nuovo: «C’è un sacco di attività TIE a otto-nove-due-due. Forse dovresti controllare che cosa stanno combinando.»

«E la Dominanti» esclamò Leia. «Vai dall’altra parte!»

Han sentì un mal di testa che si trasformava in un incubo mentre Thanas distruggeva una dopo l’altra le squadriglie ribelli e lui lentamente radunava i sopravvissuti in una doppia squadriglia piena di buchi. Lanciò un’occhiata all’incrociatore ssi-ruuvi che rotolava su se stesso. «Leia? Di’ a Luke che qua fuori ci sono dei guai seri.»

«Ci proverò!»

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