16

Uno degli alieni sollevò la sua paletta. Un sottile raggio argenteo uscì dall’estremità appuntita. Luke avanzò sicuro verso il raggio e lo colpì con la spada.

Non fu riflesso, ma solo leggermente deviato. Prima che potesse reagire il raggio lo investì. Lasciò sul suo torso una sensazione di leggero formicolio. Sollevato dal capire che non era successo niente di peggio, Luke afferrò meglio la spada laser. Il secondo alieno si spostò, uscendo dalla copertura fornita dal primo e aggiunse anche il suo raggio, puntato in basso verso le gambe. Il primo colpo non lo aveva ferito, ma un fecondo avrebbe potuto avere conseguenze diverse. Luke si spostò, riportando il secondo Ssi-ruu marrone dietro il primo. Uno dei raggi si interruppe. L’altro alieno imitò il suo movimento, avvicinandosi.

L’alieno azzurro si spostò di lato e proiettò un raggio attraverso tutto il corridoio centrale che divideva la stanza, confinando Luke in metà dello spazio precedente.

«No!» Gaeri si alzò sui gomiti e sparò all’alieno azzurro. Il suo colpo non andò a segno. L’alieno spostò il suo raggio su di lei. Una luce argentea illuminò la sua gola. Gaeri emise un grido strozzato, poi crollò a terra e rimase immobile.

Luke attaccò il piccolo alieno marrone con la «V» nera sulla fronte e abbatté la spada laser sulla sua arma misteriosa. Lo Ssi-ruu perse la zampa anteriore assieme al proiettore a forma di paletta. Fischiando selvaggiamente si girò e si allontanò da Luke.

«No!» Dev si tormentava le mani. «Non fargli del male!»

«Che cosa ha fatto a Gaeriel?»

«Non le è successo niente. Si rimetterà.»

Però per ora non si muoveva. Se Luke non li uccideva o disarmava tutti, l’avrebbero rapita. Il più grande dei due esseri marroni gli si avvicinò a passo di marcia, con le colossali zampe che si muovevano come pistoni giganteschi. Anche se Luke fosse riuscito a distruggere la sua arma, l’alieno avrebbe potuto calpestare lui o Gaeri a morte. Luke gettò la spada laser in aria facendole descrivere un ampio cerchio. Il grosso Ssi-ruu marrone cadde a terra decapitato mentre la spada tornava alla mano di Luke. «Fermati!» Piangendo, Dev corse verso l’alieno caduto.

L’alieno azzurro diresse di nuovo il suo raggio verso Luke... o meglio, verso il punto dov’era un momento prima. Luke saltò sopra il raggio, tese una mano e cercò di strappare l’arma all’alieno.

Così facendo tirò a sé la sua zampa. Il raggio incrociò la sommità della gamba destra di Luke.

Improvvisamente la sentì cedere sotto di sé, insensibile. Barcollando, Luke cercò di saltare all’indietro. Lottò per riacquistare l’equilibrio, per riprendere il controllo della Forza. Le loro armi facevano impazzire le terminazioni dei centri nervosi, dunque. Probabilmente Gaeriel era ancora cosciente. «C1, portala fuori di qui!» urlò.

Mentre il piccolo droide si dirigeva verso di lei, entrambi gli alieni approfittarono del vantaggio che avevano su di lui. Avanzarono, costringendolo con i loro raggi incrociati a indietreggiare contro un tavolo ribaltato. Per un attimo avvertì una zaffata di strano odore acre, il loro odore.

Saltò con l’aiuto della sola gamba sinistra praticamente nelle braccia di uno degli alieni e portò la spada in alto con un ampio movimento ad arco. Si rilassò nella Forza e girò su se stesso quasi senza pensare. Il ronzio della spada non cambiò mentre tagliava in due l’arma del gigante azzurro. L’alieno azzurro lasciò cadere le due metà e si fece indietro, fischiando con energia.

Un’altra arma in meno. C1 raggiunse Gaeri, l’afferrò per la cintura di cuoio e la trascinò verso la porta principale. Luke balzò con difficoltà sul tavolino arancione più vicino. La sua gamba destra, insensibile, si torse quando atterrò con il peso mal distribuito. Questo farà molto male, fra un po’. Dovette usare la Forza per restare dritto.

Uno strillo acuto di C1 fece girare Luke. Dev stava puntando un fulminatore imperiale verso la parte alta del suo corpo, il classico colpo da stordimento.

Luke liberò una mano dalla spada laser e attraverso la Forza strappò il fulminatore dalla mano di Dev. L’arma viaggiò attraverso l’aria con lenta grazia. Luke si voltò e la tagliò in due. Le due metà dell’arma caddero con frastuono sul tavolo. Ora, lo incitò il suo istinto. Si immerse profondamente nella Forza e tastò il controllo ipnotico che incatenava Dev alla volontà degli alieni. L’ ombra di qualcosa di mostruoso oscurava la maggior parte delle memorie di Dev.

Il ragazzo però aveva una grande potenza nella Forza. Luke avvolse la sua mente attorno al nero, fumoso blocco mentale e la inondò di Luce.


Dev barcollò all’indietro, finendo contro un altro tavolino. In un unico istante la sua mente si era riempita di ricordi orrendi. La sua rabbia si coagulò in un attimo, piccola e stenta, ma feroce come un esercito invasore di P’w’eck. Sbatté le palpebre, disorientato. Il mostruoso Skywalker era diventato da un momento all’altro un suo fratello umano, Non si sentiva più depresso, ma solo furioso. Non aveva bisogno di nessun rinnovamento... a meno che... Alzò gli occhi su Skywalker, che era ancora in piedi sopra il tavolo e intrecciò due occhi preoccupati e scintillanti sopra una mascella serrata per la tensione.

Dev si tastò la mano sinistra, goffa e dolorante e si ricordò di come se l’era ferita.

Firwirrung! Il suo padrone lo aveva legato a sé con un sentimento di tenera lealtà, ma lo aveva torturato e manovrato per anni e anni. Dev aprì gli occhi sul mondo, abbandonando il suo tentativo di farlo rassomigliare a quello di uno Ssi-ruu. Non aveva mai sentito tanto dolore e rimpianto, né altrettanta gioia di riscoprirsi umano. Nonostante tutto quello che gli avevano fatto... avevano fatto... era ferito, ma ancora intero.

«Stai bene?» fischiò Scaglia Blu.

Un brivido lo scosse. Ora ricordava tutto, anche il modo di esprimersi che aveva acquisito durante la sua lunga prigionia. «Sto bene. E tu, anziano?»

«Di’ al Jedi di affrettarsi a venire con noi. Promettigli qualunque cosa.»

Improvvisamente, un pensiero lo trafisse: si rese conto che gli Ssi-ruuk intendevano ridurre l’umanità al ruolo di animali da allevamento e fonte di energia. Avrebbero mentito, torturato, mutilato e ucciso, pur di ottenere il dominio. Non meritavano altro che odio.

Luke Skywalker gridò dalla sommità del tavolo: «L’odio fa parte del lato oscuro. Non cedergli!»

Che fosse stato il Jedi a portarlo al di là della sua depressione, a una libertà così totale?

«Che cosa?» chiese il padrone Firwirrung. «Che cosa ti ha detto?»

Confuso, Dev rispose automaticamente: «Ha chiesto scusa per avere ucciso uno di noi, padrone».

«Digli di precederci fuori. Dobbiamo fare in fretta.»

Dev alzò lo sguardo. Nella lingua umana, disse: «Vogliono che tu...»

L’ululato perforante di una sirena si udì nella sala. Improvvisamente Dev ricordò il momento più terribile della sua infanzia, la sirena che intimava a tutti i civili di cercare rifugio nei bunker d’emergenza. L’invasione era cominciata.

Guardò i suoi padroni, terrorizzato. Forse che l’ammiraglio Ivpikkis aveva attaccato comunque le navi in orbita? Aveva promesso che gli Ssi-ruuk si sarebbero ritirati se Skywalker veniva con loro. Un altro anello nella loro catena di menzogne!


Luke guardò fuori della finestra, i pensieri in tumulto. Gli Ssi-ruuk probabilmente avevano attaccato la stazione orbitale. Se lui fosse stato a capo di una flotta di invasione, quello sarebbe stato il suo primo colpo. Oltre la rete che circondava la piattaforma dodici, le gru non si erano spostate e non riusciva a vedere il Millennium Falcon. Chewie probabilmente aspettava a bordo. Han sicuramente stava cercando di liberare Leia (o, a quest’ora, forse era Leia che cercava di tirare Han fuori dei guai).

C1 rientrò senza Gaeriel. Sperava che l’avesse lasciata in un posto sicuro. E quanto era grave la storta che aveva inflitto alla sua povera e insensibile gamba destra?

Anche la confusione di Dev lo preoccupava. Questo giovane possibile apprendista portava in sé delle profonde ferite psichiche. Eppure aveva provato di essere forte. Avere tanto sofferto nell’oscurità lo avrebbe reso più fedele alla causa della luce. Luke abbassò di nuovo lo sguardo su Dev.

In quel momento la stanza gli ruotò attorno. Perse l’equilibrio e cadde.


Perso nei suoi pensieri, Dev quasi non aveva visto il movimento improvviso della coda di Scaglia Blu. Il Jedi crollò a terra, colpito alla testa. La sua spada laser cadde, abbandonata, tagliò il piano del tavolo e poi il pavimento nero. Per un momento rimase sospesa. Poi anche l’impugnatura cadde. La lama verde rimbalzò e rimase a terra, sibilando e ronzando.

Rimase immobile, mantenendo la sua finzione di obbediente sottomissione, ma la sua mente urlava: Skywalker! Mi senti?

Scaglia Blu avanzò, puntando il suo proiettore ionico verso la parte alta della colonna spinale di Skywalker. Dev si costrinse a corrergli incontro e ad adularlo. «Benfatto, padrone. Che cosa posso fare? È svenuto?»

«Ha una leggera contusione, credo», fischiò Scaglia Blu. «Il teschio umano è sorprendentemente fragile. Puoi trasportarlo tu. Sembra che non possa più nuocere, per ora.»

«Oh, grazie.» Dev cercò di caricare la sua voce del giusto grado di entusiasmo. Si inginocchiò e fece passare le braccia di Skywalker sopra le sue spalle. Skywalker, proiettò di nuovo, stai bene?

Il Jedi non rispose. Il ronzio dei suoi pensieri non si udiva più. Allora era davvero privo di conoscenza. Gli alieni avevano vinto... per il momento. Dev si sforzò di alzarsi in piedi. Ogni volta che si ricordava di una nuova angheria la rabbia tornava a farsi sentire. Erano come orribili bolle che salivano alla superficie della sua memoria. Non poteva lasciare che gli Ssi-ruuk vincessero e non solo per il bene della galassia. Gli dovevano una vita. Una personalità. Un’anima.

«Bene», decretò Scaglia Blu. «Adesso aiuta Firwirrung.»

Già barcollante, lasciò che l’alieno più piccolo si appoggiasse alla sua spalla. Firwirrung era chinato in avanti e copriva la sua zampa anteriore ferita con l’artiglio ancora intatto. Il doppio peso provocava altri dolori nella povera schiena di Dev, già indebolita. Si morse la lingua. Gli Ssi-ruuk si aspettavano che fosse ancora sotto l’effetto del loro lavaggio del cervello. Vedevano gli umani, come i P’w’eck, soltanto come animali... come materiale da usare... senz’anima.

Scaglia Blu si chinò e recuperò la spada laser. E la donna? Scaglia Blu probabilmente non aveva nessuna intenzione di trasportarla di persona, pensò Dev. Quindi la resistenza di Skywalker aveva salvato almeno lei. Con solo Dev a disposizione per trasportare i prigionieri, gli Ssi-ruuk non sarebbero andati a cercarla. Avrebbero perfino lasciato lì il loro compagno decapitato.

Scaglia Blu passò attraverso le porte della cucina, lasciando che rimbalzassero indietro dopo il suo passaggio e colpissero Dev. Dev perse l’equilibrio e stava per far cadere il suo fardello su una superficie di cottura bollente. I capelli di Skywalker furono strinati dal calore intenso. Quando Dev ebbe riacquistato l’equilibrio scoprì che la lama verde era scomparsa. Scaglia Blu depositò l’impugnatura della spada, ora silenziosa, nella sua bisaccia, che tornò ad appendersi al collo, riprendendo a farsi strada fra i macchinari della cucina con il proiettore ionico spianato. Firwirrung inciampò contro Dev. Dev cercò di farsi venire in mente una reazione appropriata. «Le fa male, padrone?» chiese piano.

L’alieno grugnì.

Scaglia Blu tenne la porta sul retro aperta per Firwirrung. Fuori, sotto il velo di polvere, era la navetta imperiale. I soldati che ora giacevano storditi l’avevano condotta fino alla Shriwirr e poi avevano accompagnato tutti loro sul pianeta. La sirena aveva avuto il suo effetto; la piattaforma dodici e le altre piattaforme che circondavano il posto di ristoro sembravano quasi deserte. Due guardie P’w’eck erano vicino alla navetta, nascoste a occhi indiscreti sotto le ali abbassate della nave.

«Aiutate Dev a legare il prigioniero», ordinò Scaglia Blu. Dev zoppicò su per la rampa. Il droide cilindrico del Jedi tentò di seguirli lungo il piano inclinato, insultandoli in lingua ssi-ruuvi. Due P’w’eck lo spinsero giù dalla rampa. Atterrò con un rumore sordo e un’ultima impotente minaccia. Dev trascinò Skywalker fino a un sedile sul retro, ripetendosi che non tutte le speranze erano perdute. I P’w’eck assicurarono un paio di manette ai polsi del Jedi poi gli legarono una cintura di sicurezza attorno al corpo. Per il momento nessuno badava a Dev, che scandagliò di nuovo la Forza in cerca di segni di vita. Anche nell’incoscienza, la mente di Skywalker sembrava più calda, più luminosa, più forte di quella degli altri umani.


Che cosa fare? Se gli Ssi-ruuk imponevano il loro volere a Skywalker, l’umanità era condannata.

Dev strinse i pugni, causando una fitta di dolore parossistico lungo il suo braccio sinistro. Era ancora abbastanza forte da riuscire a strangolare il Jedi mentre Firwirrung e Scaglia Blu cercavano di manovrare la navetta umana?

Forse sì, ma l’idea lo ripugnava. Era un trucco da Ssi-ruu.

Skywalker era tutto quello che Dev avrebbe sognato di diventare, se sua madre fosse sopravvissuta e avesse potuto trovargli un maestro per istruirlo. Non poteva uccidere Skywalker... se non all’ultimo momento, per evitare che gli Ssi-ruuk lo assorbissero.

E in quel caso, Dev non avrebbe dovuto piangere a lungo la presa di Skywalker. Gli Ssi-ruuk lo avrebbero ucciso all’istante.

Eppure l’umanità avrebbe potuto vivere libera, se solo lui e Skywalker fossero morti. Tormentato dai dubbi, Dev si assicurò al sedile.


«Come va lassù?» chiese Leia a bassa voce.

«Ci siamo quasi.» Han era appollaiato sulla sedia a repulsione che lei aveva riprogrammato e che ora flottava proprio sopra il letto. Tenendo il vibrocoltello con delicatezza in una mano, stava tagliando un grosso ovale dal soffitto di legno.

Una pioggerella chiara di segatura dall’odore dolciastro cadeva sul copriletto bianco, scintillando. «Ecco!» esclamò. Colpì l’ellisse con entrambe le mani e la fece rientrare verso l’alto, facendo piovere altra segatura che gli cadde addosso.

«Sei sicuro di riuscire a passarci?» chiese Leia.

La sedia si alzò. La testa e le spalle di Han scomparvero, seguite dal resto di lui. Un momento dopo la testa e le braccia ricomparvero. «Quassù sembra tutto a posto», disse. «Stai indietro.» Trafficò con i controlli della sedia.

Il sedile cadde violentemente sul letto. Leia afferrò il fulminatore che si era sistemata nella cintura e attese che una guardia aprisse la porta sul corridoio, ma non successe niente. Allora salì sul letto, rimise la sedia dritta e la riaccese. Salì con grazia regale verso il buco che Han aveva praticato, poi afferrò le sue braccia e lasciò che la tirasse su. Lasciarono la sedia a galleggiare a mezz’aria.

Un’intercapedine alta quanto bastava perché ci si potesse strisciare dentro attraversava l’edificio da un lato all’altro, come il tetto che spioveva su entrambi i lati. Un polveroso raggio di sole illuminava una grande stanza vuota a un’estremità. «Ci sono dei lucernai sul tetto», mormorò Han. «Gli speeder sono parcheggiati là fuori, dietro l’angolo alla nostra destra.» Indicò la luce. «Cammina piano, o ti sentiranno.»

«No! Dici davvero?» chiese Leia con voce carica di sarcasmo. Aprì la strada, strisciando sui gomiti e sulle ginocchia stando attenta a spostare il peso silenziosamente da una trave all’altra. Girò a destra dietro un grosso pilastro di legno, poi salì verso il lucernaio. «Coltello?» sussurrò voltando la testa.

Han tirò fuori il vibrocoltello e tagliò con cautela le cerniere che tenevano chiuso il lucernaio. «Tu tira da quella parte», ordinò. «Tira verso di te.»

Leia infilò le unghie fra il lucernaio e l’infisso finché non cedette abbastanza da essere afferrato con le dita, poi insieme lo tirarono verso l’interno e lo appoggiarono silenziosamente nella polvere accanto a un mucchietto di resti disseccati di insetti. Han si accucciò mettendo la testa fuori dalla nuova apertura, quasi invisibile con la sua pittura mimetica di fuliggine nera. Leia si accucciò vicino a lui.

Diversi speeder erano parcheggiati a metà strada tra la casa e il muro perimetrale, con cinque soldati che montavano di guardia. Leia si spostò di lato in modo da poter guardare fuori e puntare il fulminatore contemporaneamente. Han fece lo stesso. «Pronto?» chiese.

«Ora», sussurrò lui. Leia premette il grilletto. Uno, preso. Due. Un altro caduto. Il quarto e il quinto si gettarono dietro uno speeder.

«E qui viene il bello.» Han si tuffò fuori. Ci fu una pioggia di colpi di fulminatore. Leia vide il soldato che stava sparando a Han e lo mise fuori combattimento. L’altro teneva la testa bassa. Han corse verso lo speeder più vicino e saltò dentro. Un lampo di luce colpì il suo piede sinistro.

Leia saltò fuori, rotolò per togliere forza alla caduta, poi scartò di lato. Un altro colpo di fulminatore bruciò il terreno dove era appena atterrata. Si girò e rispose al fuoco, ma il soldato aveva già tirato giù la testa.

Il ruggito dello speeder attirò la sua attenzione. Corse zigzagando verso il veicolo e saltò a bordo, afferrandosi a una ringhiera. Si sentiva odore di cuoio bruciato. Immediatamente Han spinse al massimo l’acceleratore e i getti di sollevamento. Si alzarono sopra il muro dell’installazione.

«Ti hanno colpito?» gridò Leia sopra il rumore del vento mentre una romantica foresta verde scuro passava sotto di loro. A sud la vista si poteva spingere oltre le colline, le città e le pianure color smeraldo, fino a una sfumatura blu che poteva essere l’oceano. Del fumo si levava in più punti dalla città.

«Non credo che abbia passato la suola», rispose lui a labbra strette. Leia osservò la sua faccia fuligginosa e percossa dal vento e riconobbe i segni del dolore.

Non poteva fare niente finché non avessero raggiunto il Falcon. Era ovvio che se la stava cavando. «Certo che la vita con te non è mai noiosa.» Gli accarezzò il mento ruvido.

Han riuscì a tirar fuori un sorriso. «Non lo permetterei mai», ammise. Il vento portò le sue parole alla foresta.

Leia si guardò attorno. Il ruggito dello speeder era cambiato di tono. No, se ne era aggiunto un altro. «Han...»

«Abbiamo compagnia», interruppe lui. «Di là.»

«E uno anche di qua... no, tre!»

Erano circondati. «Allora era davvero una trappola.» Han fece una smorfia. «Così possono abbatterci e liberarsi di noi una volta per tutte.»

«Mentre tentiamo la fuga», assentì Leia.

«Tieniti forte!» Han girò lo speeder verso le colline, descrivendo una curva diabolicamente stretta. Due altri veicoli imperiali comparvero davanti a loro. Han tirò una leva che comandava l’altitudine, salendo e contemporaneamente girando. Leia si girò sul sedile e sparò a uno degli speeder. Si sentiva come un animale braccato con il branco di cani che si avvicina sempre di più e niente con cui difendersi tranne le unghie e i denti.

Lo stomaco le fece una giravolta dentro mentre Han rovesciava lo speeder al termine della curva. «Niente da fare», urlò. «Hanno dei modelli militari.» Una cosa luccicante e rumorosa, una striscia di energia proveniente da un cannone laser, gli passò vicino a tribordo.

Perdendo altitudine con velocità spaventosa, Han guidò lo speeder verso gli alberi. «Quando dico salta, salta. Nasconditi dietro le rocce o...»

«Han!» gridò lei. «Arrivano i rinforzi!» Un paio di minuscole sagome a forma di X scesero dalle rade nuvole nel cielo azzurro. Un caccia Ala-X aveva il doppio della velocità e potenza di fuoco di quegli speeder terrestri...

Immediatamente Han riprese altitudine. «Appena li vedranno...»

E infatti, un attimo dopo gli Imperiali erano spariti. «Vorrei che avessimo un comlink», borbottò Leia. «Sembra quasi che qualcuno li abbia mandati da noi. Luke?»

«Non mi sorprenderebbe affatto», borbottò Han. Seguì l’affluente fino a uno dei grandi fiumi. Un caccia Ala-X si mise in posizione a ore tre rispetto a lui, l’altro a ore nove, più in alto.

Leia salutò con la mano. Dentro l’abitacolo, una mano snella guantata di nero rispose al saluto.

La loro scorta sembrava fuori posto, incongrua, qui vicino a una verde superficie planetaria. Leia ripensò a Yavin e alla base dei Ribelli nascosta nella boscaglia dove aveva atteso che la prima Morte Nera li attaccasse e li distruggesse.

Dove il fiume si incurvava verso sud-est, a nord di Salis D’aar, entrambi i caccia risalirono verso lo spazio. «Non vogliono essere visti vicino alla città», osservò Leia. «I Bakurani si metterebbero in allarme.»

«Mi fa piacere che da qualche parte c’è qualcuno con un po’ di cervello», rispose Han.

Grazie, Luke. Era solo un’ipotesi, ma Leia si sentiva sicura che fosse stato lui.

«La rotta più breve per raggiungere il Falcon è attraversare la città», comunicò Han. «Se i locali cercano di fermarci per violazione del coprifuoco, giuro che gliela farò vedere.»

La viabilità di superficie di Salis D’aar, compreso il ponte sospeso che collegava l’estrusione di quarzo bianco su cui sorgeva la città con la sponda occidentale del fiume, era bloccata da veicoli in lento movimento: probabilmente intere famiglie che scappavano con tutte le loro proprietà terrene verso le montagne, coprifuoco o non coprifuoco. Leia avrebbe voluto avere il tempo di fermarsi al complesso. Le piangeva il cuore al pensiero di lasciarsi dietro il braccialetto degli Ewok, ma non valeva la pena di rischiare la vita per andare a prenderlo.

Incontrarono poco traffico aereo. «Tutti quelli che potevano andarsene volando l’hanno già fatto», concluse Han.

«Dove sono i droidi?»

«C1 probabilmente è ancora nell’ufficio di Captison.» Poi spiegò cosa aveva fatto con 3BO.

Leia rise, immaginandosi l’arrivo del droide al Falcon. «Spero solo che Chewie non gli abbia sparato prima che potesse aprire bocca.»

«Aveva un comlink. Sono sicura che ha saputo cavarsela.»

Nuvolette grigie, residuo di centinaia di decolli, costellavano tutto lo spazioporto. Han guidò a velocità da brivido in mezzo al fumo e atterrò praticamente sopra il Falcon. Non c’era nessuno a sorvegliarlo a parte un solitario Wookiee. «Dov’è 3BO?» domandò Leia.

Chewbacca sbuffò e ringhiò. «Cosa hai fatto?» replicò Han. «Chewie, ma dovevamo trasferire il suo programma di traduzione della lingua dei Flautati nel computer del Falcon!»

Chewbacca ululò in tono di scusa.

«Già, avrei dovuto. Be’, cerca di rimetterlo a posto.»

Ah, allora Chewie gli aveva davvero sparato prima di lasciarlo parlare. Be’, era troppo tardi per poterci fare qualcosa. Leia corse su per la rampa dietro Chewbacca. «Spero che abbiate fatto rifornimento», esclamò cadendo nel sedile dall’alto schienale.

Chewbacca ruggì. «Ha il serbatoio pieno ed è pronto a viaggiare fin dentro il cuore», tradusse Han mentre entrava nella cabina di pilotaggio zoppicando. «Fai quello che puoi con 3BO, Chewie. Leia, allaccia le cinture.»

Il sedile di Leia cominciò a vibrare. I motori cominciarono a ruggire.

«Un momento, Chewie! Hai fatto delle modifiche?» gridò Han.

Il suo copilota rispose con un guaito proveniente dal retro.

«Oh.» La voce di Han sembrava apprezzare. «Sì, quello farà comodo. E dove lo hai sistemato?»

Chewie riapparve nel corridoio, ruotò gli occhi verso pannelli superiori, e poi rispose.

«Hai tagliato fuori che cosa?»

«E adesso che c’è?» chiese Leia.

«Ah, lui ha convinto un tecnico bakurano a fornirci dell’altra potenza per i deflettori di energia, ma con questo ha sovraccaricato il moltiplicatore dell’iperguida. Appena saremo fuori di qui», insisté, puntando un dito contro Chewie, «quello ritorna a essere sistemato secondo le specifiche. Le mie specifiche.»

Tutto quello che Leia chiedeva, ora, era la massima velocità a propulsione normale. «Il Falcon è quasi pronto», annunciò con voce secca. «Muoviamoci.»

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