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Han rallentò quel tanto che bastava perché Luke si catapultasse a terra davanti al cancello dello spazioporto, poi girò lo speeder sollevando una grande nuvola di polvere nera. Non gli andava di lasciare Luke lì da solo, ma era stato lui stesso a insistere che non gli sarebbe successo niente di male. La navetta della Flurry sarebbe arrivata a minuti e nel frattempo Luke sarebbe stato al sicuro nel ristorantino dello spazioporto. E avrebbe anche trovato rinforzi, probabilmente: diversi piloti alleati si erano sistemati nei rifugi provvisori dello spazioporto. Di sicuro erano più numerosi dell’equipaggio di quell’unica navetta imperiale che era atterrata vicino al posto di ristoro, appena fuori della piattaforma dodici. Comunque fosse, Luke era sempre Luke, con la sua spada laser e tutto il resto.


Dirigendosi a nord a tutta velocità, Han vide del fumo che proveniva dalle vicinanze del complesso Bakur. Qualche secondo più tardi una faccia luminosa apparve a mezz’aria sopra la sua mappa olografica della città. «Attenzione. A tutti i residenti. È stato appena decretato il coprifuoco. Lasciate l’area e le strade. Le forze di sicurezza spareranno per uccidere i capi ribelli e stordiranno i loro seguaci per arrestarli. Il coprifuoco avrà effetto immediato a partire da questo momento.»

Che cosa stava succedendo? Apparve un secondo viso. «Questa misura fa seguito all’arresto del primo ministro Captison e del senatore anziano Orn Belden per sospetta attività sovversiva, assieme al capo ribelle Leia Organa. Il governo imperiale si aspetta piena collaborazione da parte della cittadinanza. Gli invasori ssi-ruuvi potrebbero attaccare da un momento all’altro. La collaborazione con qualunque forza estranea verrà punita severamente e immediatamente.»

Leia, in arresto? Han ignorò il resto del messaggio diffuso dalla testa scorporata, che continuava parlando di chiusura anticipata dei negozi e di zone della città nelle quali era proibito l’accesso. Era ovvio che gli Imperiali avevano paura di una reazione violenta da parte dei Bakurani.

Ma lui aveva una sua reazione violenta personale a cui dare inizio. Accelerò a manetta, borbottando: «Me la pagherai per questo, Nereus».

Ma come? Non sapeva nemmeno dov’era Leia.

Anche se lo speeder filtrava l’aria in ingresso, c’era odore di bruciato nella cabina. Atterrò con uno stridio di freni sul tetto del complesso Bakur e si gettò verso l’ascensore più vicino. Come prima, due soldati erano di guardia davanti ai loro appartamenti. I loro elmetti lo seguirono mentre Han entrava a passo di marcia. Probabilmente avevano intenzione di non lasciarlo più uscire.

3BO era all’interno e attendeva con infinita pazienza meccanica. «Generale Solo», esclamò. «Grazie al cielo è arrivato lei. La senatrice Captison mi ha riportato qui, ma ha portato C1 nel suo ufficio. Il suo bullone di costrizione...»

«Non ora. Trovami Leia.»

«Ma, generale, gli Ssi-ruuk stanno venendo a prendere padron Luke... e poi attaccheranno... immediatamente!»

«Lo sappiamo. Andrà tutto...» Han fermò di botto la sua corsa, nel bel mezzo del soggiorno. «Aspetta, che cosa vuoi dire con ‘attaccheranno’?»

«Entro un’ora. Dobbiamo...»

«Come fai... no. Dopo. Dov’è Leia?»

Il droide si raddrizzò in tutta la sua altezza. «Ci ha lasciato nell’ufficio del primo ministro Captison, con l’incarico di tradurre...»

«Lo so dove vi ha lasciato.» Han si mise a camminare vorticosamente per il soggiorno, rimbalzando di tanto in tanto contro un campo di repulsione. «Leia e Captison sono stati arrestati. Hai avvisato Luke dell’accaduto?»

«Ho cercato, signore, ma...»

«L’ho lasciato al posto di ristoro accanto alla piattaforma dodici. Inserisciti nel computer centrale. Scopri dove hanno portato Leia. E fallo ora!»

«Generale Solo, solo C1 è equipaggiato per effettuare un’interfaccia diretta. Io no.»

Han sentì il sangue salirgli alle guance. «Allora mettiti lì in piedi e premi quei maledetti pulsanti come un essere umano. È per questo che ti hanno costruito in quel modo.»

3BO barcollò fino al terminale principale. Han guardò quello che stava facendo da sopra le sue spalle per un po’, ma 3BO lavorava troppo in fretta. Allora controllò la carica dei suoi fulminatori ed esaminò il vibrocoltello. Guardò fuori della finestra e poi diede un’occhiata in camera di Leia. Era tutto in ordine. Non l’avevano rapita da qui, allora.

«Generale Solo.» La voce di 3BO gli arrivò attraverso tutto il soggiorno.

«Cosa?» Han si precipitò accanto al droide. «L’hai trovata? Hai trovato Luke?»

«Ho lasciato un messaggio per padron Luke presso il personale del centro ristoro, ma si sono dimostrati alquanto maleducati e ho qualche dubbio che sarà in grado di riceverlo. Ma la padrona Leia...»

«Quale area di detenzione? Dove?»

«Sembra che sia stata portata in una piccola installazione ai piedi delle montagne qui vicino. Una residenza privata, credo.»

«Dove si trova rispetto a qui? Fammi vedere.»

3BO trovò una mappa e la mostrò sullo schermo. Han prese nota della direzione e della località... Distava una ventina di minuti di speeder, uno speeder veloce, naturalmente. «Okay. Adesso mostramelo più da vicino.» 3BO cambiò videata. Una rete di sicurezza circondava un edificio a forma di «T» con un grande corridoio centrale e un’ampia area ricreativa. Dieci camini, tutti adatti allo scarico della combustione della legna: un posto dall’atmosfera molto all’antica, se non fosse stato per il parcheggio di speeder vicino all’angolo nord-est dell’area recintata. «Già», notò Han. «Casa di campagna, adatta alle spedizioni di caccia e alle feste private, scommetto. Riesci a entrare nei loro sistemi di sicurezza?»

3BO premette qualche altro tasto. «Credo di esserci riuscito, signore.»

«Spegnili tutti.»

3BO assunse una posa riflessiva, con una mano che gli toccava il mento. «Se posso permettermi, generale Solo, spegnere i sistemi di sicurezza metterà in allarme l’intera installazione.»

«Va bene. Chiudi qualunque cosa che li possa avvertire del mio arrivo. E scopri quante guardie ci sono laggiù.»

«Dieci.» 3BO toccò qualche altro tasto. «Sembra che le misure di sicurezza siano state mantenute al minimo. Se posso permettermi di speculare, direi che il governatore Nereus abbia intenzione di tenere la maggior parte delle sue guardie attorno a sé per tutta la durata dell’attuale crisi.»

«Ha tutta l’aria di un’altra trappola.» D’altra parte, forse Nereus semplicemente non voleva trovarsi l’Alleanza alla gola. Forse voleva solo liberarsi di Captison e in quanto a Leia, non vedeva l’ora di lavarsene le mani. Prima lasciava il suo pianeta, meglio era per lui.

O forse 3BO aveva ragione e si trovavano semplicemente davanti a un uomo spaventato. A volte ci voleva un codardo per scovarne un altro.

Estrasse il suo fulminatore e si diresse verso la porta a grandi passi. «Andiamo, ferraglia dorata, dobbiamo passare davanti a due guardie.»

«Signore! La prego, almeno questa volta, si prenda un minuto per pianificare le sue mosse! Minimizzi i suoi rischi!»

Han esitò. «Minimizzare i rischi? E come?»

«Invece di aprirsi la strada a colpi di fulminatore, signore, potrebbe impiegare qualche tipo di sotterfugio.»

«Che tipo di sotterfugio avevi in mente?»

Le dita metalliche di 3BO fecero un lieve rumore tintinnante quando si batté le mani sul petto. «Io non ho una grande facoltà immaginativa. Le sue energie creative, invece, potrebbero facilmente venire impiegate...»

«D’accordo, sta’ zitto, lasciami pensare.»

Passò in rassegna le risorse a sua disposizione. Due fulminatori, un vibrocoltello e 3BO.

Già. 3BO. Sempre che riuscissero a passare oltre le guardie della porta, c’era una cosa che Han avrebbe trovato davvero utile: un codificatore gerarchico che potesse aggirare i circuiti di sicurezza impostati per riconoscere le impronte digitali, retinali e vocali. Erano illegali quanto una gemma di fuoco di Lowickan e impossibili da fabbricare sulla maggior parte dei mondi, perché i circuiti gerarchici quasi dappertutto erano a prova di droide. «Hai proprio ragione», ammise, rivolto verso 3BO. Corse verso il sedile a repulsione più vicino, aprì il pannello di manutenzione ed estrasse il circuito gerarchico principale. «Ecco», ordinò. «Cancellami questo e imprimici sopra un codice imperiale di apertura. Li troverai nel computer principale.»

«Signore!» 3BO strillò con la voce terrorizzata che saliva vertiginosamente d’altezza. «Ci fonderanno tutti se oso contraffare...»

«Fallo», ringhiò Han. «In questo posto non hanno droidi e quindi non avranno nemmeno misure di sicurezza anti-droide. Dovrebbe essere facile come bere un bicchier d’acqua.»

Eppure rimase ad attendere battendo il piede nervosamente finché 3BO non gli porse il circuito riprogrammato. Lo rigirò tra le dita, quella striscia di plastica e metallo liscia e lunga appena sei centimetri lo avrebbe fatto entrare pratica-niente dovunque... compreso un guaio molto serio, se fosse stato catturato con quella cosa in tasca. Se lo fece scivolare nel taschino della camicia.

«Generale Solo, non dovremmo avvertire la popolazione dell’imminenza dell’attacco?»

«Hai detto che è stato il senatore Captison che ti ha riportato qui, no?»

«Sì, ma...»

«E a lei lo hai detto, non è vero?»

«Sì, ma...»

«Allora ci penserà lei, fidati.» Han regolò il fulminatore su «stordimento» (solo per rispetto dei desideri di Leia, si disse). «Vieni. Ecco quale sarà il prossimo passo.»

Meno di un minuto dopo, fece aprire la porta e poi indietreggiò. 3BO uscì correndo nell’atrio, strillando frasi incomprensibili, agitando le mani e ondeggiando violentemente. Han contò mentalmente fino a tre, dando ai soldati il tempo di chiedersi se dovevano sparare al droide impazzito o usare il loro controllore. Poi si accucciò e strisciò verso la porta. Poteva vedere solo un soldato e quello stava fissando il droide, stupefatto. 3BO ora girava su se stesso, ciangottando in un altro linguaggio sconosciuto. Han mirò a uno dei punti deboli dell’armatura, sparò e saltò dall’altra parte della porta. La seconda guardia rispose al fuoco, intelligentemente, sparando ad altezza d’uomo, ma il colpo passò sopra la testa di Han. Un attimo dopo la seconda guardia era stesa.

«Okay, 3BO. Aiutami e fai in fretta.» Han afferrò una delle guardie per i calcagni e la trascinò dentro l’appartamento. 3BO trasportò i fucili dei due soldati mentre Han trascinava il secondo appena dentro la porta. «Sbrigati.» Trovò un cavo multiuso addosso a uno dei soldati e lo usò per legarli insieme. «Ho come l’impressione che qui non ci torneremo», borbottò. Bakurani o non Bakurani, tolse a 3BO il bullone di costrizione. «Ecco. Questo è il momento di dividersi. Io andrò a prendere Leia. Tu occupati di fare arrivare a Luke quel messaggio.»

«Ma, signore, come farò ad arrivare fin là? Perfino sui mondi alleati a nessun droide viene concesso di pilotare uno speeder senza supervisione.»

Han ci pensò. Doveva portare 3BO al Falcon? Chiedere a Chewie di abbandonare la nave e venire a prenderlo? Ci sarebbe voluto troppo tempo e sarebbe stato troppo pericoloso.

Ah. «Okay, lingotto, stai per diventare un eroe.» Slegò uno dei due Imperiali ancora storditi e gli tolse l’elmetto. «Aiutami a tirargli via il resto di questa roba.»

3BO si avvicinò. «Che cosa... oh, no. Signore, la prego, non mi ordini di...»

«Nessuno ti sparerà, con questo addosso. Voglio che tu torni al Falcon.»

In un batter d’occhio 3BO venne completamente rivestito con l’armatura bianca, e la sua voce stupefatta filtrò da un grosso elmetto bianco. «Ma signore, dove troverò uno speeder?»

«Seguimi. E regola quel fucile appena sotto ‘stordimento’. È a me che dovrai sparare.»

«Un’altra cosa!» supplicò 3BO. «Posso avere il suo com-link? Devo mettermi in contatto con padron Luke.»

Han gli lanciò il comlink. 3BO lo afferrò al volo. Han annuì. «Andiamo», comandò.

Fuggì nel corridoio, diretto verso l’ascensore più vicino. Uno sguardo alle sue spalle mostrò 3BO che faceva del suo meglio per tenergli dietro, emettendo di tanto in tanto un raggio stordente nella sua direzione. Han diede al droide un momento per raggiungerlo, poi si infilò nell’ascensore.

Quando furono sul tetto, le cose cominciarono a succedere in fretta. Fumo nero proveniva dal basso. I Bakurani sembravano davvero irritati per quegli arresti. Diverse persone dall’aria nervosa, che si stavano dirigendo verso l’ascensore, si dispersero correndo mentre lui saltava nello speeder più vicino. Agitò il suo circuito gerarchico sopra il sensore di riconoscimento del padrone del velivolo e il motore si accese. Nel frattempo, il più goffo assaltatore imperiale mai visto uscì traballante dall’ascensore, sparando a tutto quello che vedeva e mancando regolarmente il bersaglio con grande precisione. I Bakurani si buttarono a terra, appiattendosi il più possibile.

Han attese che 3BO si fosse sistemato su un altro speeder, poi decollò e si diresse verso nord, guardandosi alle spalle una volta sola per assicurarsi che 3BO non si fosse disintegrato al decollo. Poi si concentrò sulla strada davanti a sé, tenendo gli occhi socchiusi nel vento che gli scompigliava i capelli.


Il posto di ristoro accanto alla piattaforma dodici sapeva di fumo e di grasso lubrificante. Tutto quello che conteneva sembrava di poco prezzo, dal pavimento nero al soffitto rivestito di pannelli luminosi. Diversi di questi ultimi si accendevano e si spegnevano, come se stessero per esaurire la carica. Niente automazione, niente anche di solo remotamente moderno. Di certo le guide turistiche lo avrebbero definito «pittoresco» e «pieno di colore locale».

Luke diede uno sguardo al terminale della rete comunicazioni che spuntava da un tavolino in mezzo al locale, poi guardò verso un tavolino d’angolo seminascosto da un divisorio. Un tizio dall’aria dura, probabilmente di servizio allo spazioporto, era seduto davanti al terminale più riservato del tavolino d’angolo. Luke aveva visto solo due terminali nell’edificio oltre alla cabina che si trovava all’esterno, che aveva capacità video ma che in compenso non forniva accesso alla flotta in orbita.

Decise che avrebbe preferito usare il terminale più privato, anche se voleva dire aspettare qualche minuto, piuttosto che sedersi davanti al piano arancione del tavolino oleoso, in piena vista. E comunque finché non arrivava la navetta orbitale doveva restare qui. Voleva mettersi in contatto con Wedge e scoprire come stava andando su, nella rete difensiva... e come mai la sua navetta era in ritardo. Che fosse un’altra manovra di Nereus? Gettò un’occhiata verso la finestra che dava a ovest. Il Falcon era solo a duecentocinquanta metri da lì, ma non riusciva a vederlo per via delle gru e delle altre navi.

Qualcosa grattò con un rumore metallico il pavimento lurido dietro di lui... non uno degli onnipresenti sedili a repulsione di Bakura, ma una normale sedia di metallo. Luke si voltò. Il tavolino d’angolo era libero.

Luke si sedette in modo da fronteggiare il resto della stanza, inserì il suo codice di autorizzazione e richiese il contatto con Wedge Antilles: interfaccia vocale/tastiera, se possibile.

Delle lettere nere si formarono sotto quelle che aveva appena digitato.

Il capitano Antilles non è disponibile, signore. Qui è il tenente Riemann. Posso esserle d’aiuto?

Luke riconobbe il nome: era un giovane artista di fama interplanetaria che l’Impero aveva costretto prima a nascondersi e poi a combattere. «Qual è lo status attuale della rete difensiva?» chiese a bassa voce. «Avete notato qualcosa di strano nelle ultime ore?» Sarebbe stato molto più comodo se avesse potuto incaricare C1 di prendersi cura delle comunicazioni. Si chiese se i droidi avevano finito di tradurre lo ssi-ruuvi per il primo ministro Captison.

La risposta apparve sul display.

La rete sta tenendo, tutti sono nell’orbita loro assegnata. Abbiamo sentito un sacco di chiacchiere sulla banda dei Flautati durante l’ultima ora, ma le cannoniere e l’incrociatore non si sono mossi.

Anche se gli Ssi-ruuk non si erano mossi, sembrava che si stesse preparando qualcosa. Luke chiese quando sarebbe partita la prossima navetta orbitale.

Sta scendendo in questo momento, signore. Dovrebbe atterrare fra circa trenta minuti.

Luke ringraziò il tenente e chiuse la trasmissione.

Che cosa poteva fare, qui, in mezz’ora? La sua memoria ripescò la voce di Ben Kenobi che diceva a Yoda: «Imparerà la pazienza». Deciso a provare che Ben aveva ragione, si costrinse a calmarsi. Presto sarebbe stato di nuovo sulla Flurry e una volta che Han avesse localizzato Leia e raccolto i droidi, sarebbero saliti anche loro, con Chewbacca e il Falcon. Spinse la sua sedia lontano dal tavolino d’angolo e si alzò.

Mentre stava per passare davanti a un separé affollato di loschi figuri, il suo comlink squillò nella tasca della camicia. Girò su se stesso e tornò al tavolino d’angolo, dove tirò il comlink fuori dalla tasca. «Che cosa c’è, Han?» sussurrò.

«Padron Luke», esclamò la voce di 3BO, «sono così contento di essere riuscito a trovarla, padrone. La principessa Leia è stata arrestata. Il generale Solo è andato a salvarla...»

Luke si afflosciò contro il divisorio e abbassò la voce ancora di più. Interrompendo continuamente e inserendo veloci domande nel racconto di 3BO, riuscì a scoprire dove si era diretto Han. «E signore», aggiunse 3BO, «gli Ssi-ruuk intendono attaccare nel giro di un’ora o meno. Deve fare in fretta. Avverta Chewbacca che sono diretto al Falcon, ma che sono travestito da assaltatore imperiale. Non mi deve sparare.»

Meno di un’ora? E la sua navetta che aveva mezz’ora di ritardo? «Dov’è C1?»

«È stato requisito dalla senatrice Captison, signore. Dovremo tornare a prenderlo in un secondo tempo. Signore, se lei pensa che io possa essere più utile qui a terra che nello spazio, durante le prossime ore...»

«Dirigiti verso il Falcon. Parleremo dopo.» Luke si rimise il comlink in tasca e tese una mano verso il terminale della rete pubblica. Doveva mandare Chewie con il Falcon nelle montagne, ad aiutare Han? No, a volte Han si muoveva molto più in fretta di quanto chiunque si potesse aspettare. Avrebbero potuto incrociarsi mentre tornava e mancarlo.

Ma a volte Han si infilava in una situazione troppo complicata per essere risolta a colpi di fulminatore. Luke si morse il labbro. Doveva aiutare Han e Leia, ma doveva anche avvisare la Flurry... no, doveva salire a bordo, prima che gli alieni attaccassero. Era quella, come comandante, la sua responsabilità.

Improvvisamente si raddrizzò sul sedile sdrucito. Comandante? Un momento!

Riaprì il contatto con il tenente Riemann.


Per essere una città sottoposta al coprifuoco, Salis D’aar sembrava a Han piuttosto vivace. Piccoli gruppetti di persone correvano da un edificio all’altro, evitando plotoni ai assaltatori imperiali. Un velivolo della sicurezza a doppio scafo si diresse verso di lui, minaccioso. Han si gettò fuori dal corridoio aereo ed entrò nella gola formata da due alti edifici. Il suo inseguitore gli tenne dietro, sparando apparentemente a casaccio. Han frenò, si infilò in un vicolo stretto, poi si gettò in un cerchio della morte Immelmann e tornò nella gola. Il veicolo della sicurezza continuò a schizzare nel vicolo e Han non lo vide uscire dall’altra parte.

Appena si fu orientato di nuovo, uscì dalla città e si calò fino quasi a sfiorare l’acqua del fiume a ovest. Restò tanto basso che a momenti avrebbe potuto afferrare i pesci a mani nude e a distanza di braccia dall’enorme parete di quarzo bianco alla sua destra, sperando così di sfuggire alla sorveglianza. Aspettò che le colline diventassero alte abbastanza da offrirgli una certa copertura, poi attraversò il fiume ed entrò nella gola formata da uno degli affluenti.

Una volta individuata la valle giusta non gli ci volle molto per localizzare il suo obiettivo, una costruzione di tronchi d’albero a forma di «T» con un tetto di pietra verde scuro, addossata a una parete di roccia. Pianificando con largo anticipo, diciamo di due minuti (3BO sarebbe stato fiero di lui), slacciò la cintura di sicurezza e si assicurò di avere i piedi liberi, preparandosi a gettarsi fuori. Nessuno gli sparò contro. Decelerò sulle scure cime degli alberi. Nell’istante preciso in cui decise di avere perso abbastanza velocità saltò fuori dallo sportello. Atterrò proprio nel morbido cespuglio che aveva puntato. Lo speeder esplose con un boato e una nuvola di fuoco e fumo contro il muro perimetrale. Quando quattro soldati di marina riuscirono finalmente ad avvicinarsi alle fiamme, Han stava già entrando nella casa attraverso una porta aperta e temporaneamente incustodita, assicurata a colossali cardini neri.

Solo una porta, nel lungo corridoio centrale, era chiusa e aveva un droide di sicurezza accanto. Era ovvio che gli Imperiali non si curavano di rispettare i sentimenti anti-droidistici dei Bakurani, in questa installazione a loro riservata. Han puntò il fulminatore all’altezza della sezione mediana del droide e sparò. Fulmini blu avvolsero la macchina e si protesero da quattro appendici verticali che spuntavano dalla sommità del droide. Han si avvicinò prudentemente. Il droide ronzava e fumava.

Sicurezza mantenuta al minimo, osservò, agitando il suo circuito gerarchico davanti alla porta. Un po’ troppo facile. Se questa era un’altra trappola... Be’, ci avrebbe pensato dopo. 3BO a questo punto doveva già essere sul Falcon. Avrebbe tanto desiderato avere un comlink, ma un segnale estraneo avrebbe attirato da lui tutti i soldati del circondario.

«Leia?» chiamò piano nella stanza buia. «Sono io.»

Le luci si accesero. «Ehilà», disse la voce di Leia da sopra di lui. Era appollaiata sul sedile di una poltrona a repulsione proprio sopra la porta. «Meno male che hai parlato. Stavo per spiaccicarti.» Fece atterrare la poltrona ai piedi di un letto vecchia maniera, non a repulsione. Han non sapeva che una sedia a repulsione potesse fare queste acrobazie. Leia doveva averla riprogrammata.

«Ti hanno fatto del male?» Tirò dentro il droide fuso prima di chiudere la porta. Se nessuno lo vedeva, forse non si sarebbero resi conto che era stato danneggiato.

«No, a dire la verità. Da quello che ho capito, il governatore Nereus vuole tenermi da parte come regalo per il prossimo imperatore. Sostiene che in questo momento sono una specie di ospite. Il pranzo era delizioso. E ho anche un caminetto.» Indicò con un gesto la camera da letto in stile rustico. Legno chiaro, non piallato, rivestiva le pareti e il soffitto.

«Una specie di ospite che non può andarsene?»

«Non resterò qui a lungo.» Si piantò i pugni sui fianchi. «E così sei riuscito a entrare. Suppongo che tu abbia un piano per uscire di qui.»

«Non ancora.»

Leia voltò gli occhi al cielo. «Oh, no, non di nuovo»

«Guarda, dolcezza», disse Han in tono pensieroso, mentre si sedeva sull’orlo del letto. «Ho fatto esplodere lo speeder con cui sono arrivato contro il loro bel muretto di cinta. Per quello che ne sanno io sono saltato fuori molto prima di arrivare qui. Restiamo qui tranquilli per un’oretta. Lasciamo che esaminino il relitto ed esplorino il terreno qui attorno...»

Passi pesanti si avvicinarono alla porta. Han saltò giù dal letto. «Si può uscire di qui?» Si precipitò verso il caminetto.

«Ma certo che no. È troppo stretto.»

Troppo tardi. La porta si aprì. Han afferrò una sbarra di metallo che si trovava dentro al caminetto annerito, saltò più in alto che poté e tirò su le gambe.

«Avete visto qualcosa di sospetto dalla finestra?» chiese una voce filtrata dal microfono di un elmetto. Han si puntellò a due ruvide pareti di pietra. Avrebbe voluto salire ancora, ma non osava attirare l’attenzione facendo cadere della fuliggine. Il naso e la gola gli prudevano già. Al pensiero di quella guardia in uniforme appena dentro la porta, le mani cominciarono a sudargli.

«Non ho neanche provato», disse Leia con voce di sfida.

«Bene. State indietro.» Han sentì una serie di passi lenti, due paia; immaginò una squadra dotata di analizzatore che passava in rassegna la stanza alla ricerca di forme di vita. Si chiese se la pietra bloccava il loro equipaggiamento. Non riusciva a raggiungere il suo fulminatore. Ancora un secondo e avrebbero di certo notato il droide che aveva messo fuori combattimento...

«Va bene, adesso avete fatto i vostri controlli. Fuori di qui», ordinò Leia. Come in tributo alla gelida minaccia contenuta nella sua voce, i passi dei soldati si allontanarono in tutta fretta. Dopo un paio di secondi Leia disse da sotto di lui: «Sono andati».

«Stai indietro», consigliò Han. Cercò una presa migliore sulle pareti, poi abbassò le gambe e saltò. Per un istante, vide Leia con un’espressione di orrore sul viso. Poi la cenere nera gli piovve addosso, oscurandogli la vista.

«Che bel salvataggio», osservò la voce di Leia.

«Credi che torneranno?» chiese, uscendo dalla piattaforma di pietra attorno al focolare. Una volta che la fuliggine si fu depositata, riuscì a vedere di nuovo. Che casino. Il droide di guardia era in un angolo accanto alla porta, coperto di indumenti disposti in artistico disordine, così da farlo sembrare un mobile. Anche Leia si era mossa in fretta.

«Sì», rispose. «Non penso che potremmo contare sullo starcene qui calmi per un po’.» Si voltò e passò da una porticina, chinando la testa, per ricomparire poco dopo con un asciugamano bianco. «Fermo. Farò quello che posso.»

Un minuto dopo, lasciò cadere a terra un asciugamano nero. «Ecco, per adesso sei abbastanza pulito.»

Han stava fissando la sedia a repulsione. «Ehi», disse, «ho un’idea.»

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