Quando Dev ebbe finito di togliere l’ultima nauseabonda chiazza di cibo dalla parete era passata già un’ora. Doveva presentarsi all’anziano Sh’tk’ith, cioè Scaglia Blu, prima di fare il bagno di mezzo ciclo. Non che sentisse il bisogno di essere rinnovato, ma se Scaglia Blu pensava che Dev lo stesse evitando, avrebbe scavato più a fondo. Scaglia Blu era incredibilmente sensibile ai cambiamenti dell’odore di Dev. E poi aveva un grande talento per il controllo ipnotico, anche se era cieco alla Forza come il resto degli Ssi-ruuk. Dev avrebbe dovuto essere in grado di resistergli, perché la semplice ipnosi non era niente in confronto al potere della Forza.
Ma purtroppo lui non sapeva come controllarla e servirsene e non c’era nessuno che potesse insegnargli come fare.
Aveva sentito la presenza di un suo simile. E se davvero ci fosse stato un autentico Jedi là fuori? Gli Ssi-ruuk certo sarebbero stati molto interessati a scoprire un altro Jedi, ma Dev non voleva ancora che Scaglia Blu lo sapesse.
D’altra parte, forse non sarebbe stato un male se lo scoprivano. Lo avrebbero cercato e Dev avrebbe avuto un amico umano. No, la Forza... un concetto che sua madre gli aveva insegnato molto tempo prima del fatale giorno dell’invasione... era molto più potente nello straniero. Dev non sarebbe più stato al centro dell’attenzione dei suoi padroni. D’altra parte, lo avrebbero finalmente intecnato. Con passo leggero si diresse su per il largo corridoio. Nel suo percorso incrociava diversi Ssi-ruuk di passaggio, che camminavano in entrambe le direzioni con passo svelto, le teste massicce dondolanti. Alcuni portavano dei proiettori ionici, perché a volte i P’w’eck, per lo stress del combattimento, si rivoltavano perfino contro i loro padroni.
D’altra parte, e Dev rallentò di nuovo, avrebbero potuto intecnare lo straniero. Gli umani urlavano sulla sedia dell’intecnamento. Uno in cui la Forza scorreva tanto potente avrebbe potuto proiettare così forte il suo dolore da uccidere Dev.
No, no. Solo il corpo provava dolore.
E se si fossero trovati davanti a un vero Jedi, un individuo completamente addestrato?
Dev entrò in un turboascensore e si diresse verso il posto dove solitamente lavorava Scaglia Blu, nel ponte dove venivano costruiti i droidi da combattimento. Scaglia Blu però non era lì. Diversi piccoli P’w’eck marroncini erano chini su alcune delle piramidi coperte di antenne, recuperate con il raggio traente. Questa squadra era composta da individui giovani, con la coda corta e che si muovevano a scatti. I droidi recuperati, una volta riparati, sarebbero stati pronti per il nuovo gruppo di prigionieri da intecnare.
Dev rimase a guardare per un po’. I P’w’eck sbrigavano i loro compiti senza alcuna apparente soddisfazione. Erano una razza di stupidi servi che somigliavano solo superficialmente ai loro eleganti, forti padroni. Occhi infossati e pelle raggrinzita mostravano che i giovani P’w’eck non facevano nulla per mantenersi in salute, arrivando perfino a non nutrirsi abbastanza. In confronto a loro i droidi da combattimento apparivano ancora più splendidi.
Salì fino al ponte di comando e mandò uno degli avanzatissimi droidi della sicurezza in cerca di Scaglia Blu. Lui aspettò fuori. Il ponte di comando era circondato da una rete conduttiva che stabilizzava i campi gravitazionali ed evitava gli sbalzi di energia durante la battaglia. Come ogni reattore però, poteva andare a massa e un colpo diretto proveniente da una nave abbastanza potente avrebbe sovraccaricato la rete e trasformato il ponte di comando in una trappola mortale. L’ammiraglio Ivpikkis stava molto attento a non lasciare mai che una nave ostile dotata di sufficiente potenza di fuoco arrivasse ad avere a tiro la Shriwirr.
Nemmeno il droide riuscì a trovare Scaglia Blu. Sentendosi sempre più ansioso, Dev provò ad andare nella sala di intecnamento del padrone Firwirrung.
Scaglia Blu era nel corridoio e stava dando ordini a un gruppo di P’w’eck. Dev rimase a una certa distanza, rispettoso. Una volta allontanatisi i P’w’eck, si avvicinò. «Mi volevate vedere, anziano.»
Scaglia Blu aprì un portello. «Vieni.»
Una volta dentro, Dev si guardò intorno cautamente. Non era uno dei soliti ambienti di lavoro di Scaglia Blu. In un angolo delle ringhiere alte fino al ginocchio e alla vita circondavano uno spazio ribassato di un metro quadro circa. C’era un cancello, che una volta chiuso avrebbe formato un recinto. Sembrava quasi una gabbia per P’w’eck. A volte i piccoli servi venivano portati via e puniti, ma Dev non lo aveva mai visto fare. Cominciò a sentirsi prendere dal panico. «Lì?»
«Sì.» Scaglia Blu scivolò dietro il tavolino. Dev non aveva alternative. Entrò nella gabbia.
Scaglia Blu premette qualche cosa contro la sua spalla. «Puoi appoggiarti alle sbarre, se vuoi.»
Normalmente, Scaglia Blu iniziava le sedute di rinnovamento invitandolo a stendersi a terra e a mettersi comodo. Ma almeno non sembrava che lo stesse per punire... finora. «Che cosa desidera?» fischiò Dev a disagio. «Cosa posso fare per compiacerle, padrone?»
«Parlami.» Scaglia Blu sistemò la sua lucida mole accanto a Dev. «Come va il tuo progetto?»
Improvvisamente euforico per l’attenzione del suo anziano, Dev appoggiò il peso alla sbarra superiore. «Va molto bene. Adesso sto cercando di tradurre l’annuncio che abbiamo trasmesso a Bakura qualche settimana...»
«Basta così», disse Scaglia Blu. Chinò la grossa testa e guardò Dev da vicino con uno dei due occhi.
Dev gli sorrise, contento.
«Sei un umano», gli ricordò Scaglia Blu. «Pensa per un attimo a ciò che significa questo.»
Dev si alzò una manica e guardò il suo braccio, dalla pelle soffice e coperto di leggera peluria. «Vuol dire che sono... inferiore.»
«Ne sei certo?»
Confuso e sconvolto, Dev chiuse gli occhi. Nei recessi più profondi della sua mente qualcosa, qualcosa di controllato e represso ma fetido e odioso, si liberò, e...
L’enorme rettile si avvicinò ancora. Dev urlò e colpì la sua zampa anteriore.
«Più forte», fischiò il mostro. «Puoi fare meglio di così, debole, inferiore umano.»
Stringendo i denti, Dev affondò un pugno nella zampa del rettile con tutta la sua forza. «Avete distrutto il mio mondo. Avete ucciso i miei genitori, la mia gente. Li avete tutti uccisi, assorbiti, assassinati, mutilati...» La voce gli mancò, soffocata dai singhiozzi.
«Niente di nuovo per cui essere arrabbiato?»
Dev alzò i pugni. Che cosa stava cercando di fare il rettile? Estorcergli delle informazioni? Questa volta non ne avrebbe avute.
Il mostro si avvicinò e gli soffiò in faccia il suo fetido respiro da rettile. «Ti piacerebbe colpirmi con un pugno in quest’occhio, scommetto.»
Dev guardò l’occhio. Sembrò crescere, e circondarlo di tenebra, risucchiarlo. Dev cadde nelle sue profondità nere, cercando di aggrapparsi agli ultimi scampoli di libertà.
Cadde.
Sopraffatto dall’orrore, giacque rannicchiato sul freddo pavimento del ponte. Aveva insultato Scaglia Blu. Non osava nemmeno immaginare che cosa gli sarebbe capitato ora.
«Dev», chiamò Scaglia Blu a voce bassa, «non dovresti dire cose come quelle.»
«Lo so», ammise, infelice.
Scaglia Blu trillò, emettendo un soffice e ritmico suono con la gola: «Ci devi molto».
Come poteva aver mai pensato il contrario?
«Dev», fischiò Scaglia Blu.
Alzò lo sguardo.
«Sei perdonato.»
Dev sospirò profondamente e si tirò in ginocchio, afferrando la più bassa delle sbarre.
«Ecco, Dev.» Scaglia Blu gli fece vedere una siringa. Grato, Dev abbassò una spalla e si fece pungere di nuovo. La sua vergogna sparì come per magia.
«Ti ho fatto arrabbiare deliberatamente, Dev. Per mostrarti quanto vicina alla superficie sia la tua rabbia. Non devi mai arrabbiarti.»
«Non succederà più. Grazie. Mi dispiace.»
«Cos’era che ti ha così turbato questo pomeriggio, Dev?»
Ricordava vagamente di essersi ripromesso di non dirlo, ma non riusciva a ricordare perché. Gli Ssi-ruuk lo proteggevano e soddisfacevano tutti i suoi bisogni. Gli davano piacere, anche quando non se lo meritava.
«È stata una cosa insolita», cominciò. «Ho avvertito qualcun altro che usava la Forza, molto vicino.»
«Qualcuno che usava la Forza?» ripeté Scaglia Blu.
«Qualcuno come me. Non che io mi senta solo, ma il simile cerca il simile. Mi piacerebbe poterlo incontrare, ma dev’essere un nemico della nostra flotta, perché è arrivato con quelle navi nuove. Mi ha reso molto triste.»
«Lui? Era un maschio?»
Dev sollevò la testa con uno sforzo e sorrise a Scaglia Blu. Qualunque cosa avesse messo in quella siringa, gli stava facendo venire un sonno terribile. Riusciva a malapena a muoversi.
«Forse me lo sognerò», bisbigliò e scivolò a terra.
Gaeriel era distesa in aria sopra un letto a repulsione circolare, con una coperta di pelliccia che l’avvolgeva da capo a piedi. Il letto era sospeso sopra un tappeto bello, ma piuttosto consunto. Yeorg e Tiree Captison avevano una delle case più eleganti di Bakura, o così aveva sentito dire, ma a mano a mano che le tasse imperiali aumentavano, perfino il primo ministro aveva dovuto rimandare a un altro momento le riparazioni o la sostituzione dei mobili più vecchi. Il nuovo salario di Gaeri aiutava un po’. Non le importava nulla di avere la dimora più elegante di Bakura, ma le importava della felicità di zio Yeorg e di zia Tiree.
Erano mesi che non aveva più avuto bisogno di un sonnellino pomeridiano; in più, non si sentiva affatto riposata. Si era svegliata in preda a un terrore gelido che il letto a repulsione non aveva fatto che peggiorare. Il Jedi Luke Skywalker le era apparso nel corso di un sogno orribilmente inquietante, mentre con l’aiuto di un campo di levitazione generato dai suoi poteri di Jedi si librava sopra di lei. Prima che potesse svegliarsi, la sua pelle e i suoi capelli si erano scuriti ed era diventato l’inviato degli Ssi-ruuk, Dev Sibwarra. Sibwarra si era abbassato lentamente verso di lei attraverso la coperta, succhiandole via la vita...
Frustrata, si liberò della coperta a calci e premette un pulsante sul muro. L’orchestra sinfonica imperiale iniziò a suonare una melodia rilassante tutt’attorno a lei. Quando era tornata dal Centro aveva parlato con entusiasmo dell’ultima conquista della tecnologia imperiale in fatto di riproduzione sonora, un sistema musicale idrodinamico. Come regalo di laurea, lo zio Yeorg aveva ordinato che uno di questi sistemi venisse incorporato nelle pareti della sua stanza. Ogni superficie, anche la lunga finestra, fungeva da altoparlante. La lunga stanza rettangolare era stata trasformata in una ovale, per avere un’acustica migliore.
Purtroppo, Wilek Nereus era l’unico su Bakura a possedere le registrazioni che potevano essere eseguite dal sistema. Tutti i dati, sia letterari sia musicali, dovevano provenire dal suo ufficio. Per adesso il suo interesse nei suoi confronti era rivolto dichiaratamente a contribuire alla sua educazione. Ma Wilek Nereus era un uomo che non faceva mai niente per niente.
Sopra di lei la melodia rallentò e gli ottoni attaccarono. Forse con i rinforzi della ribellione Bakura aveva qualche possibilità in più di respingere l’invasione. Oziosamente, in questo momento di rilassatezza, ripensò a come era stata attratta da Skywalker, il Jedi, prima di sapere che cos’era. Se avesse avuto dieci anni di meno, rifletté mentre si rotolava nel campo a repulsione, avrebbe probabilmente desiderato che lui fosse qualcos’altro e magari che potesse fermarsi un po’ di più sul pianeta... o che lei potesse tornare indietro nel tempo e dimenticare ciò che sapeva.
Ma la ruota cosmica si muoveva solo in avanti, creando scompensi che poi equilibrava, per tornare poi a ricrearli.
Il campanello suonò. Gaeriel si mise a sedere mentre la porta si apriva lentamente. Zia Tiree entrò, molto elegante nel suo abito blu con collare d’oro. «Ti senti meglio, Gaeriel? Ti è passato il mal di testa?»
Si sentì obbligata a dire la verità.
«Sì, Grazie.»
«Bene. Stasera a cena abbiamo degli ospiti. È una cosa importante. Per favore, vestiti bene.»
«Chi viene?» Gaeriel abbassò la musica. Non era da zia Tiree venire di persona. In genere usava l’intercom o mandava un domestico.
Tiree era immobile come un manichino. Come zio Yeorg, anche lei aveva servito per trent’anni Bakura. Il suo portamento impeccabile era diventato una specie di marchio di fabbrica. «La delegazione dell’Alleanza Ribelle e il governatore Nereus devono avere l’occasione di incontrarsi in terreno neutrale per potersi parlare. È nostro dovere fornirgli l’occasione di farlo.»
«Oh.» Accidenti. I Ribelli e Nereus? Per la seconda volta nel giro di due minuti, Gaeri desiderò ardentemente essere più giovane. Non sarebbe stata obbligata a partecipare, se fosse stata una bambina.
«Contiamo su di te perché tu gli impedisca di litigare, mia cara.»
E quindi era per questo che le aveva portato la notizia di persona: per essere sicura che Gaeri capisse l’importanza della situazione. Bakura aveva bisogno dei Ribelli per respingere l’invasione ssi-ruuvi, ma contrariare il governatore Nereus avrebbe potuto causare una nuova ondata di sanguinose rappresaglie. «Capisco.» Appoggiò i piedi nudi a terra. Da quanto tempo non camminava più a piedi nudi nel parco statutario? «Ci sarò. Vestita di tutto punto.»
Con sua sorpresa, la zia Tiree si sedette accanto a lei sul letto. «Siamo anche preoccupati dell’attenzione che Nereus sembra dedicarti», confidò a bassa voce. «Ancora non ha fatto dei passi espliciti, almeno da quanto ci hai detto, ma è venuto il momento di fargli capire che si deve fermare.»
«Sono d’accordo», esclamò Gaeri, sollevata di sentire la zia Tiree che parlava in questo modo.
«Ti ho messo a sedere vicino alla principessa Leia Organa, a meno che qualcosa non intervenga a modificare i miei piani.»
In altre parole, a meno che lo zio Yeorg non avesse delle idee sue su come disporre i posti a tavola. «Forse dovresti invitare il senatore Belden.» Un’altra faccia amica, un’altra voce cordiale, avrebbero reso tutto molto più sopportabile.
«Buona idea, mia cara. Vedrò se è libero. Tu intanto comincia a vestirti.» Tiree le diede un buffetto sulla spalla e uscì in fretta.
Gaeri sbadigliò e tornò a sdraiarsi sul letto, ma solo per un momento. Bakura aveva bisogno di lei. Era figlia del suo mondo, legata dai suoi doveri all’Impero, a Bakura e alla famiglia Captison.
Ma non in quell’ordine e non avrebbe voluto vivere in nessun altro modo. Era tempo di tornare al lavoro.
«Sono già qui, Luke.»
«Sto arrivando!» Luke tuffò la testa sotto il getto d’acqua e si sfregò la faccia alacremente. Mentre aiutava a calibrare le staffe dei motori di un caccia, uno spruzzo di lubrificante lo aveva preso in pieno. Ma non sarebbe mai finita questa giornata?
Si intimò di smetterla di lagnarsi; sembrava 3BO. Ma aveva davvero sperato di potersi immergere a lungo dentro una di quelle vecchie e care vasche da bagno planetarie. Dopo aver abitato per tanto tempo nei deserti di Tatooine, non avrebbe mai più dato per scontata la pioggia, o la possibilità di avere abbastanza acqua calda da poterci fare il bagno. Sfortunatamente, Leia gli era venuta incontro sulla soglia con la notizia del loro appuntamento per cena.
«Cercherò di guadagnare tempo», assicurò Leia attraverso il comlink.
Luke si precipitò a vestirsi con il suo abito bianco, poi raggiunse Han e Leia nella stanza centrale: Leia splendida con un lungo vestito rosso con una spalla scoperta e Han elegantissimo in un’uniforme nera di seta in stile militaresco, con profili argentati. Luke si chiese da dove, e nel corso di quale avventura dei suoi tempi pre-Alleanza, fosse spuntato fuori quel vestito.
Poi Leia tirò fuori la mano destra, che aveva tenuta nascosta dietro la schiena. Dal polso le pendeva un grosso braccialetto, composto da tanti tentacoli intrecciati, di metallo lucido, che catturava la luce e la rifletteva tutt’intorno.
Ruotò la mano. «Me l’ha dato il capo del villaggio ewok. Ho cercato di rifiutare, perché per loro il metallo è prezioso, ne hanno così poco: ed evidentemente questo è uno dei tesori della tribù. In più sembra che venga dallo spazio. Ma hanno insistito.»
Chewie, spazzolato alla perfezione, emerse dalla stanza accanto a quella di Luke. Una delle guardie in attesa accanto alla porta, una ragazza evidentemente appena uscita dall’accademia, fece istintivamente un passo indietro. «Oh», disse. «Il vostro... anche il vostro amico è il benvenuto, naturalmente.»
Luke guardò in direzione di Leia e Han. Da quello che aveva capito, c’era stata un’altra divergenza fra loro quando si era trattato di stabilire se Chewbacca fosse stato compreso o no nell’invito. Evidentemente Han aveva vinto la battaglia ma stava perdendo la guerra, perché Leia, i cui lunghi capelli aderivano al cranio sul davanti ma fluivano lungo la schiena come una creatura selvaggia finalmente libera, evitava accuratamente il suo sguardo. Anche la fondina che Han di solito portava bassa sulla gamba mancava. Nascosta, indovinò Luke. Il massimo dell’eleganza, per Han.
«Andiamo.» Leia fece un cenno con la testa. «Siamo in ritardo. Registra tutti i messaggi per noi, 3BO.»
I loro accompagnatori li condussero al piano terra invece che su, verso il tetto. Un veicolo bianco a repulsione, chiuso, li attendeva con il motore già acceso nel garage che dava sulla strada radiale est. Montarono. L’autista compensò i pesi e poi partì.
Luke guardò fuori del finestrino mentre il veicolo correva sopra il terreno con un ronfare tranquillo. Un paio di fanali bianco-azzurri erano sospesi a un incrocio. Anche la strada sembrava essere della stessa sfumatura bianca-azzurra, ma la pietra bianca di cui era fatta avrebbe riflesso qualunque altro colore. A un certo punto, fra due alte torri, un flusso regolare di velivoli gli passò sopra incrociando il loro boulevard ad angolo retto. Appena passato l’incrocio con il corridoio aereo, la loro macchina girò a sinistra in un viale curvo.
Luke tirò il collo. Le luci qui erano di un giallo caldo, non bianco-azzurre. Proprio mentre notava il loro colore la macchina infilò un vialetto che terminava di fronte a un portico rischiarato da colonne luminescenti. Luke rimase a bocca aperta. Il grande edificio di pietra dietro quel portico era notevolmente più basso dei grattacieli di Salis D’aar: una casa privata nel bel mezzo del centro città, in un mondo dove la norma sembravano essere i condomini. Avrebbe tanto desiderato poter sgattaiolare via durante la cena per vedere come faceva una sola famiglia a occupare tutte quelle stanze.
Un uomo e una donna in tuta militare verde scuro aprirono le portiere: decisamente non Imperiali; probabilmente quello che restava delle forze armate della Bakura pre-Impero.
Luke uscì fuori per primo e si guardò intorno. Tutto sembrava a posto. Annuì a Han da sopra il tettuccio della macchina. A quel punto Leia e Chewbacca erano già fuori.
«Oh, eccovi», esclamò una voce femminile proveniente dal portico. «Benvenuti.»
Avvertì l’improvviso panico di Leia. Tendendo una mano verso la spada laser, cercò di capire quale minaccia si nascondesse nel portico.
Il primo ministro Captison, vestito di una tunica militare verde scuro con sciarpa intorno alla vita e treccia dorata dappertutto, si inchinò a Leia. «Mia moglie, Tiree», presentò. Una figura luccicante con una lunga cappa nera si avvicinò a loro. La signora Captison portava un vestito con cappuccio lungo fino a terra, color ebano e tempestato di perline lucenti; a parte la cappa nera, non somigliava affatto a Darth Vader. «Tiree, posso presentarti...»
Leia si inchinò alla donna, cercando di controllare con tutte le forze il proprio panico. Luke si accigliò. Questa ossessione di Vader la stava veramente trasformando.
Dalle presentazioni che Captison andava facendo era ovvio che la presenza di Chewie era stata una sorpresa per lui. Riprendendosi dal suo spavento, Leia gettò un’occhiataccia a Han, ma la signora Tiree Captison sembrò felice della novità. Infilò un braccio sotto l’alto gomito peloso di Chewie e annunciò: «È quasi pronto. Entriamo».
Leia ignorò Han e prese il braccio del primo ministro Captison. Luke lo notò e sentì che Han si era offeso. «Tranquillo», gli bisbigliò mentre entravano dietro a Leia. «Mostra a questa gente il tuo fascino.»
Han sollevò il mento. «Fascino», borbottò. «Cercherò.»
L’atrio era fiancheggiato sui due lati da alte colonne trasparenti luminose, come quelle del portico del senato, ma più sottili. Dietro le colonne, piante rampicanti in fiore coprivano mura di pietra bianca irregolarmente squadrata.
Leia fece una pausa per toccare una colonna, poi sorrise al primo ministro. «È da quando ho lasciato Alderaan che non vedo una casa così bella.»
«Questa l’ha costruita il capitano Arden, il fondatore della città. Aspetti di vedere il tavolo da pranzo, è un’aggiunta di mio nonno.» Sollevò un sopracciglio bianco.
Luke trattenne Han. «È solo politica.»
«Lo so. Non mi piace. Preferisco una sana sparatoria.»
Raggiunsero Leia all’entrata di una sala da pranzo circondata da alberi in vaso, con rami sottili e penduli. Altre pareti coperte di rampicanti circondavano gli alberi e al centro era una tavola più o meno triangolare, con gli angoli smussati per guadagnare altri posti a sedere.
Luke abbassò lo sguardo. Acque verde e azzurro si muovevano sotto un pavimento trasparente. Luci subacquee gettavano nella stanza le piccole ombre di pesci mobili e l’occasionale sgusciare dì una lunga creatura serpentina.
E infine, nel bel mezzo della tavola c’era una catena montuosa in miniatura, scolpita in un minerale translucido e illuminata da dentro, come le colonne. Minuscoli fiumi azzurri scendevano dai suoi fianchi.
Un’abitudine ormai inveterata lo costrinse a scandagliare la stanza alla ricerca di menti ostili. A metà del tavolo avvertì...
Lei... a meno che non ci fossero su questo pianeta due donne capaci di elettrizzarlo così senza nemmeno dover incontrare il suo sguardo. Era già seduta, con le spalle alla porta.
«Delizioso», mormorò Leia.
La moglie di Captison si girò a guardarla. «Grazie, mia cara.» Entrò maestosamente nella sala, si tolse la mantella con una mezza giravolta e la tese a un domestico, apparentemente camminando sull’acqua. Gli alberi lungo le pareti coperte di rampicanti alzarono i rami come braccia levate al cielo. Luke si chiese se era stato il movimento della donna a far scattare quella reazione, e se davvero erano alberi di natura flessibile e quasi animale, o se erano semplicemente artificiali.
Luke avanzò, attirato quasi controvoglia. Domestici umani (su quel pianeta doveva ancora vedere un droide) si allontanarono in fretta dalla tavola dopo avere, probabilmente, risistemato la tavola per far posto a Chewbacca. Captison accompagnò Leia alla sedia accanto alla sua lungo uno dei lati. La signora Captison occupò l’ultima sedia libera lungo lo stesso lato. Un uomo anziano che indossava un amplificatore vocale sul petto (Luke riconobbe il senatore Belden) era già seduto nell’angolo. «Accomodati dietro il senatore, caro», disse la signora Captison a Chewbacca.
Luke sorrise nonostante tutto. Mai avrebbe pensato di sentire qualcuno che si rivolgeva a un Wookiee con l’appellativo «caro». Chewbacca chinò la testa e guaiolò. Gli avevano lasciato a disposizione quasi tutto quel lato del tavolo. Niente sedie a repulsione qui. L’ambiente era formale e antiquato.
«Avete fatto un buon lavoro», disse l’uomo anziano in direzione di Luke. «Ecco, adesso ho l’occasione di ringraziarvi. Eravamo già pronti a cercare rifugio sulle montagne quando siete arrivati voi.»
Han si sedette accanto a Leia all’altro posto d’angolo. Questo lasciava a Luke una sola possibilità e cioè sedersi alla sinistra di quel bagliore nella Forza. Si sedette, raccolse tutta la sua compostezza e girò la testa verso destra.
Gaeriel Captison si era ritratta da lui quanto possibile. Sul suo vestito verde scuro portava uno scialle dorato che le copriva le spalle snelle.
«Nostra nipote Gaeriel, comandante», presentò il primo ministro. «Non credo che le sia stata presentata in senato. Sa, le cose erano state fatte così di fretta.»
«Non importa, zio Yeorg», rispose la ragazza. Prima che Luke riuscisse anche solo a dirle «buonasera», si era già voltata verso Chewbacca. «Se preferisce sedere accanto ai suoi amici, sarei lieta di fare cambio con lei.»
Luke suggerì subliminalmente a Chewie che gli sarebbe piaciuto molto se fosse rimasto lì dov’era. Chewie emise un ululato soffocato.
«Dice che gli va bene così», tradusse Han. «Faccia attenzione, signora Captison. Quando un Wookiee fa amicizia, è per la vita.»
«Sarei onorata della sua amicizia.» La donna si sistemò una collana di pietre blu a tre fili sul corpetto di pallido oro.
Luke si costrinse a non guardare in direzione di Gaeriel fino a che la questione dei posti non fosse stata risolta. Mentre tutt’attorno al tavolo le conversazioni fra gli ospiti cominciavano, si voltò verso di lei.
Preso di sorpresa, guardò meglio. La senatrice Gaeriel Captison aveva un occhio verde e uno grigio. Entrambi si strinsero. «Come sta, comandante Skywalker?»
«È stata una giornata lunga», rispose piano, cercando di chiudere i suoi sensi alla Forza per impedire che il sapore seducente della sua presenza monopolizzasse la sua attenzione. L’ingresso di un altro gruppo di persone gli impedì di proseguire. Fiancheggiato da due soldati in uniforme nera di gala, il governatore Nereus si diresse verso il terzo angolo della tavola e si sedette. I suoi soldati fecero un passo indietro contemporaneamente, poi si misero in posizione di riposo dietro di lui.
Tutto sembrava così terribilmente formale... e c’era un odore delizioso nell’aria. Lo stomaco di Luke brontolò, facendolo sentire più che mai un ragazzo di campagna. Meraviglioso, pensò. Quello che ci vuole, adesso, è proprio che mi renda ridicolo di fronte a questa gente e metta Leia in imbarazzo. Forse avrebbe dovuto lasciare che sua sorella gli insegnasse a come comportarsi in queste occasioni. C’era una tregua in ballo, quella sera.
«Buonasera, Captison. Vostra altezza. Generale. Comandante.» Lo sguardo di Nereus scivolò, oleoso, lungo la tavola. «Buonasera, Gaeriel.»
L’arrivo del consommé rese superflua una risposta. Quando Luke fu di nuovo libero di rispondere, il senatore Belden aveva coinvolto in una discussione la signora Captison, Leia e il primo ministro (bene: Leia avrebbe avuto l’occasione di coltivarsi sia Belden sia i due Captison). Il governatore Nereus si era sporto all’indietro per lasciare che una delle sue guardie del corpo/aiutanti gli sussurrasse qualcosa in un orecchio. Gli occhi di Han seguivano Leia.
Solo la senatrice Gaeriel Captison sembrava disponibile. Luke trasse un respiro: chi non risica non rosica. «Lei sembra avere dei forti preconcetti sui Jedi», osò.
Gli occhi misteriosi ammiccarono leggermente. Sulla sua fronte comparvero alcune leggere rughe.
«Vede», continuò Luke in fretta, «questa mattina, in senato, facevo il possibile per cercare di capire chi avrebbe potuto provare simpatia per l’Alleanza, non lo nego.»
«Io sono un funzionario dell’Impero, comandante.» Si toccò le labbra con un tovagliolo di stoffa e guardò in direzione di Belden. «È possibile che altri fra noi siano dei simpatizzanti della causa ribelle. Se è così, sono sulla strada sbagliata.»
Decisamente, avrebbe dovuto parlare con il senatore Belden. «Vogliamo aiutarvi a proteggervi dagli Ssi-ruuk», disse piano. «Questa mattina ho passato due ore al presidio, a parlare di strategia con il comandante Thanas. Se lui ha accettato la nostra presenza, almeno temporaneamente, non può farlo anche lei? Per il bene del suo popolo?»
«Siamo grati all’Alleanza per l’aiuto che ci fornisce.»
Deciso a continuare con la sua tattica diretta, posò il cucchiaio. «Forse lei pensa che le possa leggere nella mente, senatrice Captison. Non è così. Posso solo avvertire le sue emozioni e solo quando mi sforzo di farlo. Per la maggior parte del tempo vivo con le stesse limitazioni di tutti voialtri.»
«Non si tratta di questo», protestò lei, ma Luke sentì che si rilassava considerevolmente. Stava giocherellando con un pendaglio smaltato sospeso sul suo petto da una catenina d’oro. «Ho... dei problemi di natura religiosa ad accettare quelli come lei.»
Fu come un calcio nello stomaco. Ben e Yoda gli avevano insegnato che la Forza abbracciava tutte le religioni. «E l’Alleanza?» chiese.
«Lei ha ragione. In questo momento abbiamo bisogno di tutto l’aiuto disponibile.» Strinse la piccola mano a pugno sul piano del tavolo. «Mi scusi se le sembro ingrata. Gli Ssi-ruuk ci hanno terrorizzato, ma a lungo andare accettare il vostro aiuto potrebbe avere delle ripercussioni molto spiacevoli sul nostro futuro.»
«Come è successo ad Alderaan», concluse Luke piano. «Vi capisco. L’Impero governa attraverso il terrore.»
Gaeriel abbassò lo sguardo sul suo piatto. Tendendosi per un attimo, Luke avvertì un turbamento che doveva senz’altro essere il suo tentativo di dare una risposta.
«Mi dispiace», disse, precedendola. «Deve scusare le mie maniere. Non sono stato educato alla diplomazia.»
«Che sollievo sentirlo.» Per un attimo gli rivolse un sorriso sottile, incantevole. Gettò il suo autocontrollo alle ortiche, e si protese al massimo per avvertire appieno la sua presenza. Strati dopo strati: le profondità viventi della foresta tropicale di Endor, il calore avvolgente della notte su Tatooine e le lucenti ipnotiche profondità dello spazio, tutto questo gli venne in mente...
Conversazione! si ricordò. I domestici portarono il piatto principale, un vassoio di piccoli molluschi verdi e di vegetali a lui sconosciuti, dalla consistenza burrosa, serviti con ciotole di grano marroncino chiaro. Luke fece dei commenti sulla vegetazione, i due fiumi che circondavano la città, i pesci che nuotavano sotto di loro e cercò anche di farle dei complimenti per come era vestita. Lei rimase educata (ma di stante finché lui non chiese, mentre i domestici portavano via piatti e ciotole: «Mi piace molto il senatore Belden. È un amico di famiglia?»
«Sì. Da anni, nonostante tutte le sue eccentricità.» Evidentemente si trattava di un amico molto caro. Quella sua smorfia rigida si era improvvisamente dissolta. Gaeriel prese una caraffa che era stata deposta vicino al centro tavola e fece cadere alcune gocce di liquore nel calice davanti a lui. «Provi questo.»
Ecco, finalmente una reazione! Curioso, agitò il calice. Il liquido aderiva alle pareti come sciroppo.
«Avanti.» Gaeriel sollevò un sopracciglio. «Non le farà male. È il nostro miglior prodotto locale. Se rifiuta insulterà tutto Bakura.» Versò un’uguale porzione a se stessa e bevve.
Luke assaggiò il liquore. Il liquido si trasformò in fuoco nella sua bocca e nella sua gola. Poi avvertì il sapore, come fiori della giungla mescolati alla frutta più dolce che avesse mai provato.
Gli occhi della sua vicina scintillavano. Era ovvio che non le era sfuggita nessuna sfumatura della sua reazione. «Che cos’è?» sussurrò lui. Si rinfrescò la bocca con un sorso d’acqua.
«Nettare di namana. Lo esportiamo in grandi quantità.»
«Non mi meraviglia.»
«Ancora?» Tese la mano verso la caraffa.
«Grazie.» Luke sorrise. «Ma no. È un po’ forte per i miei gusti.»
Gaeriel rise e gli riempì comunque il bicchiere. «Probabilmente fra un po’ ci sarà un brindisi.»
Sempre che il governatore Nereus non riuscisse a provocare una rissa. «Spero di sì.»
Gaeriel gli passò un piatto trasparente che conteneva canditi giallo-arancio. «Forse preferirà il frutto di namana sotto questa forma.»
Appoggiò sulla lingua uno dei canditi. Una volta eliminato il fuoco dell’alcol, il sapore esotico fluiva più facilmente in bocca. Fiori tropicali... un certo sapore speziato... Chiuse gli occhi e studiò la sensazione che il dolce gli procurava.
Riaprì gli occhi di scatto.
«Se n’è accorto subito», notò Gaeriel sorridendo. «Se preparato nel modo giusto il frutto di namana induce un certo senso di euforia. La maggior parte della gente non se ne accorge immediatamente. Si sentono solo molto bene, senza sapere perché.»
«Dà assuefazione?»
La donna si risistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Tutti i migliori dolci della galassia danno assuefazione. Stia attento.»
Decise di lasciar stare i canditi, sperando che le sue guance non fossero davvero rosse come se le sentiva. Eppure Gaeriel sembrava essersi molto aperta. «Non dovrei... chiederle informazioni sulle voci che corrono», confidò a bassa voce, piegando la testa vicino a lui, «ma non abbiamo avuto nessuna risposta da sua altezza imperiale da quando abbiamo mandato il messaggio di aiuto e quello che lei ha detto questa mattina è stato ripreso da tutti i media. È certo che sia morto?»
Un’improvvisa ondata di ostilità proveniva dalla destra di Gaeriel. Luke guardò dietro la sua testa china e vide che il governatore Nereus lo stava fissando. Geloso? si chiese. Che Nereus avesse dei progetti su Gaeriel?
Parlò a bassa voce. «L’imperatore era potente nella Forza. E così, fra l’altro, ho sentito la sua morte.» Era vero. Non era tutta la verità, ma era incontestabilmente vero.
Con sua sorpresa, la ragazza impallidì visibilmente. «Non sapevo... che sua maestà...»
Il governatore Nereus si voltò verso Chewbacca. Luke si rilassò. «Allora non sono solo i Jedi?» mormorò a Gaeriel. «La sua religione condanna chiunque abbia un forte controllo della Forza?» Che cosa avrebbe pensato se avesse saputo in che modo l’imperatore aveva tentato di ucciderlo? Più tardi, si promise fermamente. Quando saremo da soli. Si immaginò con piacere nell’atto di scagionare i Jedi e assieme puntare un dito accusatore contro il suo onorato imperatore.
«No, aspetti un momento.» La voce di Han si levò sopra il brusio educato della conversazione da tavola.
Il governatore Nereus si appoggiò al tavolo con entrambi gli avambracci e disse: «Non sono abituato a sedermi allo stesso tavolo con un alieno, generale. Vostra altezza... senatrice Organa, trovo che sia stato di estremo cattivo gusto da parte vostra portare a questa tavola un Wookiee e farlo proprio mentre Bakura sta lottando per difendere la sua stessa esistenza contro una flotta di alieni.»
Luke si tese.
Leia arrossì. «Se...» esordì.
«Ma pensa forse che siano solo gli umani...» cominciò Han, ma una serie di ululati e ruggiti provenienti da Chewbacca ridussero entrambi al silenzio. Luke si rilassò, vedendo che Chewie riusciva a tenere la sua rabbia sotto controllo. Il Wookiee avrebbe potuto far volare il tavolo attraverso tutta la stanza e questo solo per cominciare. «Scusatemi», ringhiò Han con voce che non sembrava affatto contrita. «Il mio copilota non vuole che lo difenda. Ma dice qualcosa che credo tutti dovreste sentire. Sono gli umani che gli Ssi-ruuk vogliono, sapete. Se ci invadono, Chewie corre meno rischi di tutti noi.» Han agitò il cucchiaio in aria in un gesto che comprendeva tutti i commensali. Chewie abbaiò e Han sorrise. «Già. Il peggio che possono fargli è ucciderlo, perché nelle batterie dei loro droidi non gli servirebbe a niente.»
Chewie ululò e abbaiò ancora. «Dice», tradusse Han, «che se avete bisogno di portare un messaggio agli Ssi-ruuk, lui si offre volontario.»
«Oh, come no», dileggiò Nereus. «Ma che idea eccellente, generale Solo. Peccato che la lingua ssi-ruuvi non sia mai stata tradotta e che l’Impero non tratti con... degli alieni.»
Se non per farli schiavi, aggiunse Luke fra sé.
«Mai tradotta?» Han si chinò sopra quello che restava della sua posateria d’argento. «Mai è una parola grossa, governatore.»
Gaeriel parlò. «Non per quanto ne sappiamo», spiegò, «e anche se è stata tradotta in qualche altro angolo della galassia, non ci è di grande aiuto qui.»
«E comunque dubito che un Wookiee saprebbe replicare la loro lingua», concluse Nereus in tono di trionfo, «visto che non sono mai nemmeno riusciti a parlare la lingua umana. E gli Ssi-ruuk parlano soprattutto a gorgheggi e fischi, proprio come un branco di uccellacci. È per questo che li chiamiamo i Flautati.»
«Governatore», interloquì Leia dal suo lato del tavolo.
«Forse posso offrire i servigi del mio droide protocollare, D-3BO. Parla più di sei milioni di linguaggi.»
Nereus fece una risata che sembrava quasi un latrato. «E così, dovremmo mandare come rappresentante dell’Impero un droide o un alieno? Penso proprio che non lo faremo.»
Leia non rispose. Chewie incrociò le lunghe braccia e si appoggiò allo schienale, esprimendo chiaramente con il linguaggio del corpo il messaggio: «Io a questo punto non vado da nessuna parte». Han rivolse un sorriso al centro tavola.
«Un’altra cosa», finì Nereus. «Chiunque cerchi di indurre i Bakurani alla sedizione, in pubblico o in privato, verrà arrestato ed espulso. Sono stato chiaro?»
«Estremamente, governatore», disse Leia in tono glaciale, «ma ho una domanda per lei. A dare retta alle registrazioni che ci avete mostrato davanti al senato, gli Ssi-ruuk sono qui perché il vostro defunto imperatore li ha invitati a venire. Come lo spiega?»
Nereus sollevò la testa. «Non mi azzarderei mai a speculare sulle intenzioni dell’imperatore, vostra altezza.»
«Forse pensava di poterli sconfiggere e conquistare il loro Impero», suggerì Belden ad alta voce.
Han ondeggiò sulla sua sedia ornata. «Forse aveva un surplus di prigionieri da smaltire.»
Luke afferrò un’intuizione improvvisa. «Sì, in parte», rifletté ad alta voce. Diverse facce si voltarono verso di lui, alcune curiose, altre accusatorie. «Che cosa fa un contadino con ciò che produce?»
Gaeriel scrollò le spalle.
«Lo cede a un’industria di raffinazione in cambio di una parte del prodotto finito.» Grazie, zio Owen. «Palpatine voleva dei droidi da battaglia come quelli degli Ssi-ruuk. Sono più manovrabili dei vostri caccia TIE... e con scudi molto più potenti, per navi di quelle dimensioni.»
«È vero», ammise Nereus, «da quello che ho sentito.»
«Be’, noi li abbiamo visti.» Leia inclinò il mento. «E molto da vicino.»
Per diversi secondi nessuno parlò. Poi, gradualmente, diverse conversazioni individuali ripresero a bassa voce. Han si chinò verso Leia. Luke riuscì appena a sentire un: «... ma qui non si arriva a niente, altezza. Perché non torniamo a casa a dormire un po’?»
Della risposta di Leia, sentì solo alcune parole, sibilate sottovoce. «Devo... ministro Captison.»
Un leggero soffio di aria tiepida nel suo orecchio destro lo fece sobbalzare. «Quell’uomo è il consorte della principessa?» sussurrò Gaeriel.
Da come litigano, si direbbe proprio. «Penso di sì.» Luke lanciò un’occhiata a Han. «È un tipo un po’ brusco, ma è il miglior amico che si possa trovare. Lei ha mai conosciuto persone di quel genere?»
«Be’.» Si aggiustò lo scialle, che era scivolato lasciando scoperta una spalla candida. «Sì.»
Erano giunti a metà dessert (un dolce freddo al cucchiaio composto da sei diversi strati, ciascuno insaporito da una noce diversa) quando un soldato imperiale entrò a passo di marcia. Toccò la spalla del governatore Nereus che si alzò e lo condusse un po’ in disparte, sotto un arco rivestito di rampicanti. «Che cosa pensa che gli stia dicendo?» mormorò Luke a Gaeriel.
Lei seguì la direzione del suo sguardo. «Lo sapremo presto.»
Il governatore tornò cinque minuti più tardi irradiando agitazione e paura come un faro. Luke era certo che perfino Gaeriel se n’era accorta.
«È successo qualcosa di grave, vostra eccellenza?» Luke parlò a voce alta, una voce che risuonò da un capo all’altro della galassia. Tutte le conversazioni cessarono.
Nereus respirò a fondo. Poi lanciò a Luke un’occhiata furiosa. «Era un comunicato personale da parte dell’ammiraglio Prittick della flotta imperiale. Tanto vale che lo sappiate tutti.» La sua voce stridente divenne tagliente come una lama. «Il messaggio conferma quello che questi Ribelli andavano sostenendo. La seconda Morte Nera è stata distrutta e l’imperatore Palpatine è disperso, ma ritenuto morto... e così lord Vader. La flotta si sta riorganizzando vicino ad Annaj.»
Leia annuì. «Adesso ci credete?» domandò. «Il comandante Skywalker l’ha visto morire con i suoi stessi occhi.»
Gaeriel si ritirò bruscamente, in preda all’orrore. «Non sono stato io a ucciderlo», si affrettò a precisare Luke, appoggiando entrambe le mani sul piano del tavolo. «È stato lord Vader a ucciderlo... e ha pagato con la vita. Io ero lì come prigioniero.»
«Com’è riuscito a fuggire?» Il senatore Belden si chinò verso di lui, sorridendo come un veterano di guerra che non vede l’ora di cominciare a scambiare ricordi.
«Dopo la morte di Palpatine, la Morte Nera era precipitata nel caos. Era sotto attacco, fra l’altro. Io riuscii ad arrivare a un hangar navette.» Scoccò un’occhiata a Gaeriel. Dentro di lei ronzavano la repulsione e l’ammirazione e il tentativo disperato di venire a capo di una delle due.
Il primo ministro Captison si alzò tanto in fretta da far cadere la sua sedia. «Dunque non ci possiamo aspettare nessun aiuto da parte dell’Impero?»
Il governatore Nereus fissò Luke attraverso la tavola. Per una volta, Luke non avvertì in lui nessuna doppiezza. Nonostante la sua apparente compostezza, Nereus era un uomo terrorizzato a morte.
«Penso», disse Luke, «che la flotta imperiale sia troppo occupata a rattoppare le sue navi per poter mandare delle truppe qui nei Territori Esterni.»
«Ed è proprio per questa ragione che siamo venuti noi», finì Leia.
«Sì, li abbiamo fatti a pezzi», gioì Han. Tutto il tavolo sembrò infiammarsi di ostilità. Perfino Leia gli scoccò un’occhiataccia. Un domestico raddrizzò la sedia di Captison, che si risedette.
Ma il governatore Nereus scosse la testa. «Principessa Leia», disse mentre si alzava, «se le vostre truppe sono disposte a collaborare con le mie, in cambio di una tregua... abbiamo bisogno di aiuto.»
Leia raddrizzò le spalle. «Una tregua ufficiale, vostra eccellenza?»
«Ufficiale quanto è in mio potere decretare.»
A Luke sembrava una risposta evasiva, ma evidentemente per Leia era sufficiente. Si alzò in piedi e tese la mano. Il suo grosso braccialetto luccicava al suo polso; sembrava che aggiungesse alla sua mano il peso di molti sistemi stellari. Era una bella distanza da coprire per una stretta di mano, sia metaforicamente sia concretamente. Per la prima volta nella storia, i Ribelli e gli Imperiali combattevano assieme contro un nemico comune.
La mano carnosa e guantata di Nereus inghiottì quella di Leia. Poi alzò il bicchiere. «Alle strane alleanze.»
Leia sollevò il suo bicchiere. Belden e Captison la imitarono. Luke trattenne il fiato e afferrò il proprio calice. «Respingere gli Ssi-ruuk non sarà facile», notò. E nemmeno bere un’altra dose di quel liquore. «Le nostre due forze dovranno cooperare completamente.»
«Giusto», confermò Han. «Altrimenti finiremo tutti a motivare un droide ssi-ruuvi. Assieme.»
Gaeriel rabbrividì e toccò con l’orlo del suo bicchiere quello di Luke. Il millilitro di nettare che Luke ingoiò si fece sentire fino in fondo al suo stomaco.
Tutt’attorno al tavolo, i commensali avevano cominciato a salutarsi. Luke, riluttante ad andarsene, respirò a fondo il sapore di Gaeriel. Preoccupata? «Che cosa c’è?» chiese all’improvviso-. Di certo non poteva desiderare che lui si fermasse ancora. Sarebbe stato sperare troppo.
Fissando il centro tavola, Gaeriel mormorò: «Ora che il governatore Nereus non ha più la Morte Nera alle spalle, dovrà ricorrere a qualche altro tipo di minaccia per tenerci in riga».
Una minaccia più concreta. Luke si sfregò il mento. «Se non fosse per gli Ssi-ruuk, ricomincerebbe i rastrellamenti?»
Le guance di Gaeriel sbiancarono. «Come fa a sapere...» Non finì la frase.
Non ce n’era bisogno. «Procedura standard imperiale. L’abbiamo visto fare su tanti mondi.»
Per un momento Gaeriel sembrò ritirarsi in se stessa. Dall’altra parte del tavolo Leia e Han si alzarono e si allontanarono in due direzioni opposte. Nessuno dei due aveva un’aria contenta.
Un’altra piccola spinta. «È sicura di credere nell’Impero?» mormorò Luke.
La ragazza si accigliò. Ammiccò con i suoi occhi spaiati.
Inghiottì un ultimo sorso di liquore di namana e si alzò assieme a lui. «È un equilibrio. Ogni cosa contiene in sé la luce e le tenebre. Anche i Jedi, suppongo.»
«Sì», mormorò Luke. Se solo quella serata avesse potuto durare una settimana. Chiedile se puoi rivederla! Era un suggerimento di Ben o un impulso tutto suo? «Perché non concludiamo questa conversazione domani?»
«Dubito che ce ne sarà il tempo.» Con un’espressione gentile ma sollevata, gli porse la mano.
Non aveva visto quell’ufficiale imperiale baciare la mano di Leia? Era quella la cosa da fare in questo caso?
Decidendo di rischiare, sollevò alle labbra la mano di Gaeriel. Lei non la ritirò. Aveva lo stesso sapore del candito di namana. In fretta, prima che il suo coraggio svanisse, sfiorò le sue nocche con le labbra. Si sentiva uno stupido. Non si sarebbe mai più azzardato a fare una cosa del genere.
Gaeriel gli strinse brevemente la mano, poi si liberò e si diresse verso il senatore anziano Belden. Luke rimase fermo, sfregandosi la mano e cercando di immaginare Gaeriel come parte del suo futuro.
Per la Forza, l’indomani avrebbe trovato il tempo di finire quella conversazione a costo di costruirselo.