20

Una tetra disperazione si posò su Gaeriel come una grigia nuvola carica di pioggia quando la Dominant del comandante Thanas colpì l’incrociatore alieno. Il governatore Nereus appoggiò una mano pesante sulla sua spalla. «Avanti, Gaeriel, sapevi che non avrebbe potuto sopravvivere. Se fosse ritornato a Bakura, avrebbe portato con sé un’epidemia che avrebbe reso la distruzione da parte della Morte Nera una fine piacevole e rapida per questa civiltà.»

Gaeriel si sottrasse al suo tocco.

Assaporando ancora la sua vittoria, Nereus si sedette alla scrivania d’avorio e chiamò un quartetto di assaltatori. «Ben presto la pace imperiale regnerà su Bakura. Ora dobbiamo solo occuparci dell’ultimo e più importante fomentatore di disordini.»

Gaeriel si preparò a saltare prima che gli assaltatori potessero aprire il fuoco, ma Nereus alzò una mano. «Tu sopravvaluti la tua importanza.» Toccò un comando sulla sua consolle e ordinò: «Portatemi il primo ministro».

Zio Yeorg? «No!» esclamò Gaeriel. «È un uomo buono. Bakura ha bisogno di lui. Non può...»

«È divenuto un simbolo. Ho cercato di essere indulgente con Bakura, ma voi avete tradito le mie buone intenzioni. Ora mi arrendo. Devo comportarmi come gli altri governatori imperiali, e marchiare a fuoco i cuori bakurani con il terrore dell’Impero. A meno che...» Si accarezzò il mento. «A meno che il primo ministro, o un altro rappresentante della famiglia Captison, non chieda pubblicamente a Bakura di accettare me come suo successore. Tu potresti salvare la vita a tuo zio, Gaeriel. Dimmi che lo farai, entro i prossimi tre minuti, e gli risparmierò la vita.»

Gaeriel si sentiva messa in trappola dalla sua coscienza. Non poteva permettere al governatore Nereus di giustiziare lo zio Yeorg, ma non poteva nemmeno chiedere a Bakura di arrendersi a Wilek Nereus. Di nuovo si preparò a saltargli addosso. Due guardie sollevarono i fucili Master.

«Sono addestrati a farmi da guardie del corpo.» Il governatore Nereus sorrise. «E ti stanno tenendo d’occhio.»

Gaeriel si guardò intorno nell’ufficio di Nereus, passando in rassegna le placche, gli ologrammi e i cristalli. Denti, parassiti, chissà quali altri immondi interessi nascondeva quell’uomo? «Dice che lo lascerà vivere. Ma lo farebbe davvero? O lo infetterebbe con qualche altro parassita, come ha fatto con Eppie Belden? Quella non è vita.»

«Orn Belden pensava di sì.»

Un’altra guardia fece il suo ingresso, spingendo davanti a sé con la canna di un fucile blaster suo zio, ammanettato. Yeorg teneva le spalle dritte, e sembrava ai suoi occhi più alto di quanto Nereus avrebbe mai potuto, nonostante tutta la sua mole.

«Le faccio un’offerta, Captison, e le do un minuto per accettarla», annunciò Nereus. «Vada alla tri-D. Dica alla sua gente di deporre le armi e sottomettersi al governo imperiale. Di sottomettersi a me, come suo successore designato. Oppure muoia qui sotto gli occhi di sua nipote.»

Yeorg Captison non esitò. Spinse le spalle indietro, molto dignitoso nella sua vecchia uniforme bakurana strappata. «Mi dispiace, Gaeri. Non guardare. Ricorda che sono morto con coraggio.»

«Gaeriel?» il governatore Nereus si leccò le labbra. «La farai tu quella trasmissione? Forse potrei addolcire la...»

In quel preciso istante, il soldato che si trovava dietro zio Yeorg si piegò e cadde a terra. Un acutissimo sibilo elettronico si alzava dagli elmetti degli altri cinque soldati. Gaeri balzò verso l’assaltatore più vicino a lei, gli strappò il fucile, e lo agitò nella direzione del governatore Nereus. Evidentemente lui aveva esitato un attimo di più. Il suo fulminatore ornamentale era ancora nella fondina.

Tutti e cinque i soldati si contorcevano sul pavimento. Anche da una certa distanza, il fischio le faceva male alle orecchie. Che cosa stava succedendo? «Getti a terra il fulminatore, Nereus», disse Gaeri con voce tremante. Qualunque cosa stesse succedendo, sembrava che fosse arrivato il suo momento.

«Non sai nemmeno come togliere la sicurezza», rispose l’uomo, ma tenne entrambe le mani bene in vista sul piano d’avorio. Con dita impacciate, lo zio Yeorg tolse a un altro soldato il fucile blaster. Aveva ancora le mani ammanettate, e la sua presa non sembrava troppo efficace, ma almeno il soldato non aveva più il fucile.

La consolle di comando del governatore Nereus mandò un lampo e poi divenne nera. La porta si aprì. Eppie Belden entrò con un passo di marcia sorprendente per una donna di centotrentadue anni. La sua governante dalla faccia rotonda, Clis, la seguiva con molta più cautela. Eppie brandiva un fulminatore con disinvoltura e competenza. «Ah!» esclamò. «Presi tutti.» Si diresse direttamente verso il governatore Nereus e tolse il fulminatore dalla sua fondina, poi disarmò gli altri soldati. «Clis», ordinò, «procurati un vibrocoltello e libera Yeorg da quelle manette.» Clis si affrettò a uscire, pallida e ovviamente a disagio in un situazione così inconsueta. Gaeri la capiva perfettamente. Era la disinvoltura di Eppie che la lasciava a bocca aperta.

«Tu», ringhiò Eppie in direzione del governatore. «Se quelle mani si muovono di un centimetro sei un uomo morto. Hai capito?»

«Chi sei, vecchia?»

Eppie rise. «Prova a indovinare, giovanotto. Io sono la vendetta di Orn Belden.»

Belden: le labbra di Nereus formarono in silenzio la parola. «Non puoi essere qui», gridò. «Le lesioni alla corteccia cerebrale sono permanenti.»

«Vai a dirlo al comandante Skywalker.»

Le guance di Nereus si contrassero per un momento. «A quest’ora, Skywalker è già morto! Lo mangeranno vivo. Lo mangeranno da dentro...»

Eppie sembrò farsi più piccola. «Vigliacco.» Abbassò il fulminatore su di lui, riducendolo al silenzio. Nereus respirò a fondo, stringendo i pugni. La scena durò parecchi secondi, poi Eppie abbassò leggermente il fulminatore. «Ti consegnerò ai Ribelli», ringhiò. «Volevo che Bakura istituisse un tribunale rivoluzionario, ma se davvero hai ucciso il Jedi dei Ribelli, credo che si vendicheranno di te, schifoso insetto, più di quanto Bakura possa mai fare.»

Gaeri avrebbe voluto che Eppie lo uccidesse subito: era ovvio che aveva il coraggio di farlo. Ma, evidentemente, Eppie aveva dei progetti diversi. Gaeri gettò un’occhiata fuori della finestra dell’ufficio. Un altro soldato giaceva nel vialetto, contorcendosi. Un altro ancora si era strappato dalla testa l’elmetto bianco e lo aveva gettato da parte, poi si era inginocchiato coprendosi le orecchie con le mani e scuotendo la testa.

«Dov’eri, Eppie?» chiese Gaeri.

«Qui vicino, nel complesso», borbottò lei. «È vero quello che ha detto di Skywalker?»

«Non abbiamo nessuna conferma che sia veramente morto, ma il governatore Nereus... è riuscito a infettarlo. Come sei riuscita a fare tutto questo?» La sua mano descrisse un ampio cerchio, indicando il centro di comando di Nereus e i soldati atterrati.

Eppie fissò Nereus. «Be’, un paio di dozzine di vecchi amici, tutti con una posizione importante e ottimi codici di accesso», disse. «Una forza di invasione aliena che ha tenuto impegnati tutti i suoi soldati a guardarsi le spalle. È un nuovo alleato.» Si girò e gridò: «Vieni avanti».

Attraverso la porta scivolò il droide di Luke, C1-P8. «Quando la pattuglia di emergenza ti ha portato via», disse Eppie, «ha raggiunto un terminale e mi ha chiamato. Io ho mandato un amico a raccoglierlo. Con quello che sa sui circuiti elettronici, questo piccoletto vale tutto il suo peso in combustibile nucleare.»

«Gli avete tolto il bullone di costrizione?» Le mani di Nereus si contrassero lungo i fianchi.

«Dovresti rinchiuderlo», sussurrò Gaeri. «Sta perdendo il controllo.»

Eppie tormentava nervosamente la sicurezza del fulminatore, togliendola e rimettendola. «Vorrei proprio che provasse a fare qualcosa.»


Rannicchiato nell’oscurità, c’era una sola cosa a cui Luke riusciva a pensare. Respirò lentamente e concentrò la sua attenzione sui puntini di istinto vivente che avvertiva all’interno del suo petto. Ne toccò uno. Da un punto di vista neurologico era veramente primitivo, e la sua unica risposta fu di esitare per un momento e poi continuare a mangiare. Si trattava ovviamente di parassiti. Luke avvertiva la loro fame insaziabile.

Lottando contro il panico che minacciava di immobilizzarlo, pensò intensamente all’odore del sangue fresco: dolce, caldo, leggermente metallico. Tese un sottilissimo tentacolo di illusione verso una delle creature.

Riconoscimento: qualcosa in quella minuscola forma di vita capì. Luke immaginò delle bocche che si staccavano dalla sua carne e una testa che si voltava verso la sua sonda.

Era disperatamente difficile proiettare l’odore e contemporaneamente cercare di giudicarne gli effetti su una creatura così primitiva e aliena. Sfiorò la seconda creatura con il profumo del sangue.

Il battito del suo cuore circondava il punto in cui si concentrava la sua coscienza. Mosse l’illusione dell’odore di alcuni millimetri, invitando le creature a seguirlo. Una delle due menti si oscurò e dimenticò l’odore. Luke la sfiorò di nuovo con il profumo tentatore della vita. Di nuovo un riconoscimento ronzante. La creatura si avvicinò.

Non riusciva a concentrarsi su entrambi gli individui contemporaneamente. Il suo corpo gli ordinava di tossire e, dopo pochi secondi, avvertì qualcosa che stava decisamente ostruendo i passaggi bronchiali.

Inalò con prudenza e poi esplose con un colpo di tosse furiosa. Qualcosa si proiettò fuori della sua bocca.

Ma uno solo non era abbastanza. Quasi completamente esausto, creò di nuovo l’illusione dell’odore e la protese verso la creatura rimasta. Per un attimo gli sembrò di avere la sua attenzione, ma poi la sensazione svanì. Solleticò di nuovo le percezioni della piccola creatura.

Questa volta, riuscì a catturarla. Con estrema lentezza, la condusse lungo il tunnel oscuro dei suoi passaggi bronchiali. Il parassita irradiava una fame furibonda. Luke cercò disperatamente di non farsi prendere da un conato di vomito e di non soffocare... né di inghiottire. Lentamente, fece un respiro profondo e avvolse tutt’attorno la creatura, riempiendo al massimo i suoi polmoni doloranti.

Poi si lasciò andare, tossendo e vomitando. La creatura si fermò sui suoi denti. Con un brivido di orrore la sentì muoversi nella bocca. La sputò e poi si mise a cercarla sul pavimento scuro, con furia cieca. Alla fine riuscì a spiaccicare qualcosa. L’altra creatura era introvabile.

Rimase disteso sulle piastre del pavimento, troppo stanco per avvertire alcuna sensazione di trionfo, poi escluse l’esistenza del mondo esterno per eseguire un esercizio di concentrazione. Lentamente la sua disperazione si dileguò e si ricordò dell’esistenza di Dev. Dovevano assolutamente trovare la maniera di sbarcare dalla Shriwirr. Senza più energia, e probabilmente ancora sotto attacco, tutto avrebbe potuto disintegrarsi attorno a loro.

Ma non riusciva a pensare. Il sonno lo tentava, e così la trance nella quale i Jedi guarivano se stessi. Gli occhi gli dolevano. Se solo avesse potuto chiuderli per un paio di secondi...

Una luce proveniente da una paratia catturò il suo sguardo. Era un’allucinazione quella che vedeva o c’erano delle luci nel corridoio?

«Luke?» chiamò la voce di Leia. «Luke!»

Incredulo, Luke si tirò a sedere. «Qui!» La gola gli bruciava. Doveva essersela scorticata a sangue.

Una luma tascabile spazzò il ponte della Shriwirr, seguita da un braccio snello. Il resto di Leia emerse, con una maschera a ossigeno, una tuta pressurizzata e stivali magnetici, Han e Chewie la seguivano. La luma che teneva in mano brillava come la vita stessa. «Come avete fatto a salire a bordo?» le chiese Luke.

Leia corse al suo fianco. «Hanno lasciato tutti gli hangar aperti. Se ne sono andati. Questa nave è morta, finita, ci sei solo tu.»

«Dove...» cominciò Luke. Poi vide Dev.

Il ragazzo era steso accanto a lui, avvolto nelle sue vesti lunghe. Il petto si gonfiava e ricadeva lentamente. Le sue braccia e la faccia erano attraversate da spaventose bruciature rosse. Le sue palpebre coprivano due orbite vuote.

Accanto a lui sulle piastre del ponte si muoveva una creatura lunga e spessa come un dito. Per un momento migliaia di piccole gambette si agitarono selvaggiamente in direzione della luce. Aveva un corpo grasso, umido e decorato a strisce verdi e nere che si restringeva a un’estremità. Con un verso di disgusto, Leia lo calpestò con uno stivale. «Grazie», sussurrò Luke.

«Rilassati, ragazzo.» Han si inginocchiò accanto a lui e se lo caricò su una spalla.

Luke inghiottì. «Portate anche Dev.»

«Stai scherzando... Leia!» Leia stava già cercando di caricarsi in spalla il giovane privo di sensi. Chewie si avvicinò e le strappò Dev dalle braccia, tenendolo fra le mani come una bambola. «Muoviamoci», ordinò Han.


In salvo, a bordo del Falcon, Leia si inginocchiò accanto alla cuccetta di Luke e posò la testa sulla sua spalla. Luke accettò con gratitudine quell’unione con la sua Forza. Si immerse volentieri in quel lago caldo, familiare e pulito di energia. Si sentiva già meglio. Quando inghiottì, la gola non gli bruciava più. Ben presto sarebbe riuscito a respirare e non avrebbe più provato il disperato desiderio di tossire.

Da dove venivano quei nauseabondi parassiti?

Si mise a sedere. «Mi riposerò più tardi», insisté, «mi riposerò davvero.»

«Sarà meglio che tu lo faccia», mormorò Leia, «ma è vero, per adesso non abbiamo tempo. Abbiamo ancora la Dominarti da sistemare. Probabilmente il suo equipaggio ha usato questo tempo per cercare di ripararla.»

«Che cosa le è successo?» Luke ebbe un sussulto al pensiero di Pter Thanas. Aveva forse condannato il comandante imperiale alla schiavitù?

«Si è di nuovo bruciata i razzi laterali, e non può più governare. Da Bakura però arrivano dei messaggi pazzeschi. Pare che ci sia una rivoluzione in corso.»

Luke scivolò giù dalla cuccetta. La gamba destra gli faceva ancora male, ma meno di prima. «Sono pronto», disse, ma lasciò che Leia lo sostenesse. Assieme arrivarono fino alla cabina di pilotaggio. Leia lo aiutò a crollare in uno dei sedili.

«Ehi, giovanotto», lo salutò Han. «Hai un aspetto non male per essere un uomo morto.» Chewbacca abbaiò in segno di assenso.

Luke si schiarì la gola, aspettando di vedere che cosa succedeva. «Grazie.» Indicò la radio subspaziale. «Dicono niente di Gaeriel Captison?»

«Forse», azzardò Han. «Qualche gruppo, laggiù, sostiene di avere in custodia Wilek Nereus. Si sono barricati dentro il settore degli uffici imperiali nel complesso Bakur.» La Dominant sembrò accelerare sotto lo scafo del Falcon; era un’illusione, naturalmente... il Falcon e non la Dominant stava facendo manovra. «3BO ha cercato di massimizzare la ricarica dei banchi di energia mentre eravamo sulla nave ssi-ruuvi. Penso che adesso possiamo dare a Thanas quello che si merita. Poi penseremo a Nereus.»

«Un momento...» interruppe Leia.

«Aspetta», disse Luke un po’ più forte. Se si fosse trovato al posto del comandante Thanas, avrebbe ordinato la distruzione di quell’enorme, prezioso incrociatore, piuttosto che lasciarlo cadere nelle mani dell’Alleanza. Attorno non vedeva nessun caccia TIE. Probabilmente si erano dispersi, per la paura di essere coinvolti nell’onda d’urto dell’esplosione finale di un incrociatore di classe «Carrack». Come a conferma delle previsioni di Luke, una confusione di voci ribelli annunciò che la Dominant aveva appena perso i suoi generatori di scudo. Non li ha persi. Thanas li ha spenti, concluse Luke.

«Ecco qua!» Han ruotò il Falcon di centottanta gradi, pronto ad amministrare il colpo di grazia.

«Aspetta!» ripeté Luke. «La vogliamo, quella nave. Anche danneggiata, sarà un bottino eccezionale.» Luke si chinò sul microfono. «A tutte le navi», ordinò, «qui è il comandante Skywalker. Cessate immediatamente il fuoco. Navi dell’Alleanza, date conferma su questo canale.»

«Che cosa?» chiese Han. Anche tre giovani piloti protestarono.

Luke ripeté il suo ordine, poi cercò di spingersi con la Forza attraverso la distanza che li separava per toccare di nuovo il comandante Thanas. Non ci riuscì. Anche se era riuscito a eliminare i parassiti prima che gli mangiassero il cuore, era troppo debole per riuscire a usare la Forza. Se Thanas sceglieva di distruggere la Dominant, Luke non poteva farci proprio niente.

A meno che...

Fuori, nell’immensità della Forza, proiettò una sensazione di calma. Pace. La pace era possibile...

E questa era l’ultima speranza di Thanas.


Pter Thanas sobbalzò quando Skywalker diffuse il suo ordine attraverso la radio subspaziale. Durante questa battaglia si era risvegliato qualcosa in lui, qualche parte di lui che non era più indifferente. Una parte che credeva di aver seppellito anni prima, su Alzoc III.

Nereus di certo non avrebbe esitato a rispedirlo là. Guardò una nicchia protetta da tre sbarre rosse. Lì dietro c’era una leva con scritto sopra «autodistruzione». In un’altra nicchia, a metà strada al di là del ponte, c’era la sua compagna. Se fossero state tirate simultaneamente, avrebbero fatto saltare il generatore principale della Dominant. L’esplosione avrebbe ridotto in cenere tutto quanto la circondava.

La sua carriera era finita.

Si voltò verso il suo aiutante, un giovane dalla schiena rigida e dallo sguardo fermo. «A tutto l’equipaggio», ordinò, «abbandonare la nave.» L’equipaggio poteva allontanarsi abbastanza da sfuggire alla distruzione. Gli ufficiali di coperta, però, sarebbero rimasti. Tale era la disciplina imperiale. Quelle due leve non avevano un meccanismo a tempo.

Il giovane aiutante rimase sull’attenti, in attesa del prossimo ordine.

Thanas si fissò gli stivali neri, lucidi e immacolati su un pavimento altrettanto lucido. A Bakura, come su Alzoc III, aveva ricevuto degli ordini immorali da un ufficiale superiore che non rispettava. Avrebbero potuto essere questi i suoi ultimi momenti, sacrificato a un Impero a cui non importava dei suoi cittadini... l’ultima eredità di un imperatore morto.

Oppure avrebbe potuto pentirsi e ammettere che tutta la sua vita era stata un errore.

D’altra parte, ricordava bene gli ultimi ordini che il governatore Nereus gli aveva impartito quando si erano separati. Freddamente, si raddrizzò e guardò il ponte. I suoi ufficiali si stavano evidentemente preparando a un ultimo atto di eroismo.

«Comunicazioni», abbaiò, «apritemi un canale con Skywalker. Dovunque sia.»

«Agli ordini, signore.»

Pter Thanas si voltò verso la stazione di comunicazione e appoggiò una mano sul suo fulminatore. Qualcuno, sul ponte di comando, di certo lo stava tenendo d’occhio. «Comandante Skywalker», chiamò, mentre toglieva la sicura. «Devo avvertirla che qualunque contatto lei abbia con degli umani, mette in pericolo le loro vite. Nereus mi ha ordinato in modo specifico di accertarmi che lei non ritornasse su Bakura. Ha detto che lei è stato infettato con qualche tipo di malattia o infestazione.»

«È un problema che ho risolto», rispose la voce di Skywalker, «prima che potesse diffondersi ulteriormente. Si ricordi che io sono un Jedi.»

Avrebbe dovuto aspettarselo. La voce di Skywalker, però, sembrava molto debole. «Davvero? Mi sta dicendo la verità?»

«Sono a bordo del Falcon con i miei più cari amici. Non sarei qui se avessi dei dubbi.»

Thanas lanciò uno sguardo al ponte di comando. «Molto bene. Se mi arrendessi e le consegnassi la Dominant...»

Un movimento attirò il suo sguardo. Uno dei suoi uomini era balzato in piedi, tendendo la mano verso la cintura. Thanas girò su se stesso e sparò: ecco l’infiltrato della sicurezza imperiale, che era lì per accertarsi che la nave da guerra non cadesse in mani nemiche.

«Comandante Thanas?» chiese la voce di Skywalker. «È ancora lì?»

«Una piccola distrazione. Se mi arrendessi e le consegnassi la Dominarti, potrebbe garantirmi che rilascerà tutti i membri dei mio equipaggio che hanno combattuto sotto i miei ordini?»

«Sì», promise Skywalker con voce roca. «Manderemo tutto il personale imperiale a un punto di raduno neutrale, e da lì lasceremo che ritornino alle loro case... a meno che non vogliano disertare e unirsi a noi. Lei deve garantirmi che a ognuno verrà offerta questa possibilità.»

«Questo non posso farlo.»

«Ci penserò io.»

Thanas afferrò una delle ringhiere che correvano lungo il. ponte. Che razza di traditore era quello che consegnava la proprietà imperiale al nemico e offriva al personale dell’Impero la possibilità di cambiare nave?

La razza di traditore che aveva ancora verso i minatori schiavi di Talz un debito che non avrebbe mai potuto ripagare. Forse, su Alzoc III, l’Alleanza sarebbe stata più benevola di quanto era stato quel colonnello. «D’accordo», sospirò Thanas. «Portatemi nell’Alleanza e fate di me quello che riterrete giusto.»

Skywalker emise un pesante sospiro. «Accetto la sua nave, e, temporaneamente, la sua persona. Si trasferisca alla mia...» Sembrò esitare, «... alla mia ammiraglia. E la prego, porti con sé un ufficiale medico. Ha la mia parola che anche lui sarà rilasciato appena possibile».

«Lei ha bisogno di cure?»

«Ho detto che ho risolto quel problema. Ma c’è un altro umano a bordo che si è malamente ustionato. Penso che potrebbe farcela, se riceve in fretta delle cure adeguate.»

«Oh.» Thanas strinse gli occhi e provò a indovinare. «Sibwarra?»

Skywalker esitò. «Sì.»

«Lei chiede troppo.» Che razza di entità irrazionale e soprannaturale aveva educato Luke Skywalker, per fornirgli questi scrupoli? Thanas percorse a grandi passi il ponte di comando, accanto alla sala operativa infossata dove le strumentazioni della nave ronzavano. «Però ci terrei che Sibwarra fosse portato a rispondere dei suoi atti. Davanti a un tribunale imperiale o alleato, non ha importanza... purché sia una giuria umana. Vedrò cosa posso fare.»

«Vi manderemo il personale necessario per far funzionare la Dominant», disse Skywalker.

La voce di Solo si sovrappose a quella di Skywalker: «Ma sarà meglio che lei venga disarmato, in un guscio di salvataggio. E guardi che le sto facendo un grosso piacere a lasciarla salire a bordo, anche così».

«Capisco... generale.»

L’altoparlante tacque.

Thanas trasse un profondo respiro. Non aveva idea di che cosa lo aspettasse ora, ma non avrebbe trascinato il suo equipaggio con sé, qualunque fosse il suo destino. Avrebbe affrontato da solo la collera dell’Alleanza e il rischio dell’infestazione, o almeno, quasi da solo. «Ufficiali di coperta, dirigetevi alle scialuppe di salvataggio. Lasciate libero un guscio d’evacuazione a due posti.»

«Signore.» Uno degli ufficiali girò su se stesso e lasciò il ponte.

«E qualcuno si occupi di trasportare lui.» Thanas fece un gesto con il mento verso l’uomo della sicurezza che giaceva, stordito, sul ponte. «Portatelo con voi. Capitano Jamer, il comando passa a lei.»

«Sissignore.» Un ometto la cui posizione era sul retro del ponte di comando, si mise sull’attenti. Pter Thanas si sfregò il mento, poi aprì un canale diretto al suo staff medico. Era possibile che Skywalker avesse davvero neutralizzato la minaccia del contagio, ma Thanas non si sarebbe sentito sicuro alla presenza del Jedi finché uno dei suoi uomini non lo avesse controllato.


Luke guardava Han, che manovrava il Falcon in modo da accostare un piccolo oggetto rotondo. I sensori confermavano che a bordo c’erano due forme di vita. «Sei sicuro di volerlo far salire a bordo?» Han era ancora nervoso.

Luke sospirò, stanco di litigare. «Sì. Qual è la prossima domanda?»

«Perché?» scattò Han.

«Siamo tutti un po’ nervosi», li placò Leia. «Ma questo è l’unico posto dove possiamo custodirlo. E dobbiamo subito appurare che cosa sta veramente succedendo a Salis D’aar.»

«Be’, anche disarmato, non lo voglio libero di girare per la mia nave. Ammanettiamolo a Chewie, no, a 3BO, e chiudiamoli tutti e due nella stiva. 3BO può fare gli onori di casa con il prigioniero.»

Luke sorrise. «Sembra una punizione sufficiente per qualunque crimine.»

«Povero Thanas», assentì Leia.

Chewbacca sfiorò con delicatezza i comandi della camera stagna, programmando la guarnizione a tenuta stagna in modo che potesse venire disattivata manualmente; dopodiché, Luke, Han e Leia si avvicinarono al portello stagno e attesero. Diversi minuti dopo, il comandante Thanas attraversò il portello con le mani alzate. Le uniformi imperiali non erano tagliate per assumere quella posa: la giacca color cachi era tirata e in disordine. «Sono disarmato», insisté. «Controllate pure.»

Leia lo controllò con un rivelatore d’armi. «Sembra pulito», annunciò. Nel frattempo il giovane magro che aveva accompagnato il comandante Thanas aveva puntato un sensore medico in direzione del corpo di Luke. Luke rimase fermo, mentre pensava che Thanas doveva aver scelto quel particolare ufficiale medico per il suo aspetto giovanile, i suoi grandi occhi, il suo mento glabro, e in generale il suo aspetto inoffensivo. «Che cosa c’è in quella borsa?» chiese Leia aspramente.

«Equipaggiamento medico. Materiale per la cura delle ustioni. Il comandante Skywalker ci ha chiesto...»

«Per di qua.» Luke si voltò, dando le spalle al portello stagno.

Il medico lasciò cadere il suo sensore in una tasca. «Skywalker è pulito, comandante. Un’analisi preliminare mostra i segni di una grave bronchite meccanica, ma nessuna infiltrazione.» Scrollò le spalle.

Luke non aveva dubbi, ma la diagnosi del medico lo rassicurò. Lo condusse verso l’interno della nave.

3BO sedeva accanto al tavolo olografico. Dietro di lui, su una cuccetta singola, Dev era sdraiato, immobile. 3BO si alzò in piedi. «Salve», cominciò allegramente. «Io sono...»

«Zitto», mormorò Leia. «Prendi questo paio di manette e attaccati il comandante Thanas a un braccio. Poi accompagnalo alla stiva di carico di poppa. Fino a nuovo ordine, tu sei la sua guardia del corpo.»

Una delle manette si chiuse con un click attorno al polso di Thanas, l’altra era già chiusa sul braccio di 3BO. «Molto bene, vostra altezza. Venga con me, signore. Io sono D-3BO, droide protocollare...»

Luke condusse il giovane medico da Dev e con molta delicatezza tirò indietro il lenzuolo che copriva le braccia rovinate del giovane. «È in uno stato di trance jedi», disse Luke, «e non soffre... per adesso. Veda quello che riesce a fare per lui.»

«Cercherò», disse il medico, «ma, francamente, ho già incontrato il trauma di bruciature da energia.» Fece scorrere il suo analizzatore medico da tasca sopra lo stomaco e il petto di Dev e scosse la testa. «Posso fare ben poco. Potrebbe sopravvivere per un giorno, se è... non voglio dire fortunato. Se riprende conoscenza, soffrirà orribilmente. In quanto alla situazione degli organi interni... be’, non c’è niente che possa tenerlo in vita.»

«Per favore, cerchi di salvarlo. Ha cambiato idea sugli Ssi-ruuk.» E poi Dev aveva un potenziale così grande per la Forza. Doveva sopravvivere.

«Uh», rispose il medico, senza entusiasmo. Aprì la sua valigetta e cominciò a cercare qualcosa all’interno.

Luke riusciva a malapena a muoversi. Barcollando, raggiunse Han nella cabina di pilotaggio. «Abbiamo ricevuto un invito», annunciò Han, «da una signora di nome Eppie Belden. Sostiene di conoscerti. È con la tua amica Gaeriel, giù, al complesso Bakur. Da quello che ho capito c’è un prigioniero turbolento che vogliono affidare all’Alleanza.»

«Il governatore Nereus?» chiese Leia.

«Sembra di sì.»

L’ultima volta che Luke aveva visto Gaeri, C1 la stava trascinando via dal posto di ristoro. Improvvisamente si ricordò di quel pasto che avevano diviso. Queste nuove informazioni suggerivano che Gaeri era ancora viva. E che cosa era successo di Eppie, era riuscita a guarirsi da sola? Come avevano fatto a catturare il governatore Nereus? «Ce la fai a fare atterrare il Falcon sul tetto del complesso?»

Dietro di lui Leia rise. «Han può fare atterrare il Falcon su un cubetto di ghiaccio, se vuole.»

Luke si guardò in giro nella cabina di pilotaggio, contando le teste. «Devo presumere che hai chiamato dei rinforzi?» chiese ad Han.

«Oh, ho solo ordinato al nuovo equipaggio della Dominarli di mettersi in posizione in modo da poter sparare sul presidio imperiale di Salis D’aar. Ci vorrà un po’; la nostra squadriglia di caccia Ala-B la sta trainando in posizione. E abbiamo anche due piloti di caccia Ala-X che ci stanno raggiungendo per farci da copertura, tanto per stare sul sicuro.»

«Buon lavoro, Han.» E poi c’era la reputazione di Jedi di Luke. Dunque, se solo riusciva a non inciampare davanti a loro, gli Imperiali io avrebbero considerato una minaccia. Cercò di immaginare la faccia del governatore Nereus quando lo avrebbe visto scendere dal Falcon sano e salvo.

«La tua amica bakurana ha promesso di venirci incontro sul tetto. Vediamo se ci riusciranno.»

«Vado a distendermi.» Luke tossì per un’ultima volta. «Svegliatemi appena staremo per atterrare.»


Il Millennium Falcon scese verso Salis D’aar attraversando una spessa coltre di nubi. Sopra tutta la città e a occidente, fino a oltre uno dei fiumi, si estendeva una cappa di fumo. Han attivò uno dei sensori a distanza mentre deceleravano. Fra la testa di Han e quella di Chewie, Luke vide un gruppetto di persone dietro una barricata a prova di blaster, costruita sul tetto del complesso. Assieme a loro c’era una sagoma familiare. «C1!» esclamò. Un vortice di lunghe gonne verde-azzurro, che si allontanava dall’area dì atterraggio, gli segnalò la presenza di Gaeriel. Il Falcon atterrò dolcemente, appoggiandosi sui suoi retrorazzi. Lo zio di Gaeriel, il primo ministro, era in piedi accanto a un Wilek Nereus dall’aria arrogante e con i polsi liberi, ancora vestito dell’uniforme imperiale con i bottoni rossi e blu che dichiaravano il suo rango.

«A me non sembra che sia un prigioniero», borbottò Leia, indicando il visore. «Sono pronta a scommettere che il governatore Nereus non ha nessuna intenzione di concedere la resa del presidio di Salis D’aar. Potrebbe tenerci in scacco ancora per molto tempo, con quello.»

Han tese la mano verso i comandi dei laser inferiori.

«Non ci provare neanche.» Leia scosse la testa. «È il momento di tornare alla diplomazia.»

«E poi abbiamo il comandante Thanas», ricordò Luke. «Potrebbe pensarci lui a fare arrendere il presidio.»

Il Falcon toccò terra con un tonfo attutito.

«Specialmente se glielo dici tu», risposte Leia. «Come ti senti? Credi di poter... ?»

«No, non me la sento. È meglio che prenda tu il comando.»

«Va bene», disse Leia con tono deciso. «Ho organizzato parecchie cellule della resistenza, so che cosa succede se qui le cose vanno male.»


Leia afferrò i braccioli del suo sedile mentre Han saltava in piedi e allentava la fondina del fulminatore. «Okay, ferraglia dorata», gridò nel comlink. «Porta Thanas alla rampa d’accesso.»

Luke si alzò più lentamente. Leia riusciva quasi a vedere due persone diverse: una forte, baldanzosa, e vittoriosa, l’immagine che Luke intendeva proiettare... e una preoccupata, esausta e sofferente. Tanto stanco da poter fare degli sbagli.

Leia raddrizzò le spalle. «Vuoi restare a bordo finché non è chiaro come stanno andando le cose?» chiese.

«Sì... meglio di sì.» Luke si grattò il collo. «E comunque, Nereus probabilmente pensa di avermi ucciso.» Si sistemò di lato rispetto al portello principale e afferrò la sua spada laser. Da lì, poteva sentire senza essere visto. «Sta’ attenta.»

3BO apparve nel corridoio curvo. Il comandante Thanas lo seguiva passo passo. «Il vostro droide racconta delle storie interessanti», commentò Thanas seccamente. «Nonostante il fatto che insista, ripetutamente, che non ha il dono del narratore.»

Stavi cercando di rieducare il prigioniero, 3BO? Il comandante Thanas probabilmente si era dovuto sorbire un bel po’ di propaganda ribelle.

La rampa di accesso sibilò e si aprì. Leia scese per prima. Il gruppo sul tetto si era allineato attorno all’ultima barricata, con Captison in prima posizione, seguito immediatamente dal governatore Nereus e dalla due donne... e da C1. Han tenne una mano sul fulminatore. Una volta che Leia e Han ebbero raggiunto il tetto, Leia si voltò a guardare. 3BO li seguiva, ancora ammanettato a Thanas. Chewie chiudeva la retroguardia, con la sua balestra in mano e un dardo incoccato. Nell’aria c’era uno sgradevole odore di fumo.

«C1!» esclamò 3BO. «Tu non puoi neanche immaginare che cosa mi è successo...»

«Glielo dirai dopo», scattò Han.

Il comandante Thanas ignorò la sua guardia metallica e procedette con lo sguardo fisso in avanti, il volto privo di espressione di un uomo che si aspetta una punizione brutale. Oltrepassò Leia ai piedi della rampa e si mise sull’attenti, per quanto è possibile a qualcuno che è ammanettato a un droide protocollare.

«Suppongo che tu non ti aspetti i miei complimenti.» Il governatore Nereus gli si mise davanti, con le mani dietro la schiena e un atteggiamento arrogante. «Qualche anno fa, quando comandavo un incrociatore, un comandante che aveva consegnato la sua nave al nemico è stato messo contro il muro più vicino e fucilato.»

Leia fece un passo avanti. «Lo abbiamo portato con noi solo per provare che è in mano nostra, governatore. Non è suo prigioniero. È nostro prigioniero. E così, a quanto sento, lo è anche lei.»

«Voglio vedere come farete a trattenerci entrambi.»

«Nello spazio non avete più neanche una nave. Dica al presidio di arrendersi, e lei e tutta la sua gente potrete lasciare Bakura liberamente... e subito.» In quel momento una pattuglia di caccia Ala-X uscì dalle basse nuvole scure.

Il governatore Nereus rivolse a Leia un sorriso placido. «Forse dimenticate che comando ancora una forza di terra di tremila uomini. Inoltre, mentre parliamo, migliaia di soldati imperiali sopravvissuti alla battaglia stanno atterrando su tutta Bakura nelle scialuppe di salvataggio. Una sola nave si è arresa a voi. Questo è tutto.»

«Abbiamo sistemato la Dominarti in un’orbita stazionaria, governatore», ritorse Leia con uno sguardo di gratitudine rivolto a Han. «Tutti i suoi cannoni sono puntati contro il presidio di Salis D’aar. So che non è stata costruita per un assalto planetario, ma certo causerebbe dei danni considerevoli se le dessimo l’ordine di sparare. E anche se la lasciassimo andare, lei non potrebbe trattenere Bakura per sempre contro la volontà della gente che vi abita.»

«No? Governare contro la volontà della gente è la normale politica imperiale. E funziona benissimo in tutta la galassia.» Il governatore Nereus teneva le sue mani in vista e aperte. Evidentemente il fulminatore di Han lo aveva reso più nervoso di quanto non stesse dimostrando a parole.

Qualcuno spinse Leia da sinistra. Gaeriel avanzò fra Han e il governatore Nereus, tenendosi al di fuori della linea di fuoco. Leia non l’aveva mai vista tanto sicura di sé. Si era legata lo scialle sopra la gonna, in modo da non essere ostacolata, e teneva un fucile blaster sotto una spalla. Era carico e pronto per essere usato. Finalmente Leia capì che cosa ci vedeva Luke in quella donna. «Governatore», annunciò Gaeriel, «anche se il suo tradimento non dovesse avere altro effetto, ho intenzione di fare un piccolo gesto personale. Da questo momento mi dimetto dal servizio imperiale.»

Nereus teneva le mani lungo i fianchi, accanto alle strisce che ornavano i suoi pantaloni. «Non puoi farlo. Tu appartieni all’Impero.»

«Penso proprio di no, eccellenza.» Parlò con calma, ma Leia vide che i suoi occhi spaiati erano gonfi, come se avesse pianto. Se era per Luke che aveva sofferto, c’era una bella sorpresa per lei. «Principessa Leia, la prego di accettare le mie congratulazioni per la vostra vittoria...» Gaeriel si tese, impallidendo come se avesse visto un fantasma. Leia si girò facendo perno su un piede.

Luke era al centro della rampa d’accesso del Falcon, con la spada laser in mano, ma spenta, e contro l’interno scuro del Falcon sembrava un’ombra leggera vestita di grigio. Leia era pronta a scommettere che il suo sorriso aveva qualcosa a che fare con la bocca aperta e gli occhi spalancati di Gaeriel. La donna snella accanto a lei s’illuminò tutta e mormorò: «Ciao, Jedi».

Qualunque cosa fosse che Wilek Nereus si era preparato a dire, la dimenticò istantaneamente. «No!» esclamò, con il volto pesante distorto da un’espressione di orrore. «Non puoi essere qui! Torna a bordo! Ci infesterai tutti! Non ti rendi conto...»

Luke fece un passo avanti. «Gaeriel Captison appartiene a Bakura, non all’Impero.»

Il governatore Nereus si voltò verso Gaeri. Con una velocità che Leia non si sarebbe mai aspettata data la sua età e la sua mole, le strappò dalle mani il fucile blaster.

Luke si piegò, in guardia. Han aveva già estratto il fulminatore. Nereus sparò due volte. Uno dei colpi rimbalzò sullo scafo del Falcon. Quell’altro lampeggiò verso Luke, incontrando una lama bianco-verdastra che era comparsa improvvisamente lungo il suo cammino e fu rimbalzato esattamente nella direzione di provenienza.

Wilek Nereus cadde a terra, gli occhi spalancati. Anche Luke inciampò. Gaeriel lanciò un urlo. Leia si immobilizzò. Alzati, Luke!

C1 si precipitò in avanti con tutta la velocità di cui disponeva, fischiando e ciangottando. Lentamente, Luke si rimise in piedi. Tenne la spada dritta davanti a sé e per un momento l’unico suono che Leia riuscì a udire oltre il battito del suo cuore, fu il suo quieto ronzio. Luke fece segno al piccolo droide di fermarsi. Han si chinò sul governatore, fulminatore in mano, ma Nereus non si muoveva più.

Leia scavalcò il cadavere del governatore imperiale dirigendosi verso il primo ministro di Bakura. Captison si mise sull’attenti, riacquistando tutta la sua fermezza. «Primo ministro Captison», cominciò Leia, «da questo momento Bakura è indipendente. Se la sua gente vuole riunirsi all’Impero...» fece un gesto con la testa verso il comandante Thanas, «noi ce ne andremo e vi lasceremo a condurre i vostri affari in pace. Il comandante Thanas potrà incaricarsi di difendervi contro gli Ssi-ruuk, se dovessero tornare prima che l’Impero vi abbia mandato un nuovo governatore. Potete continuare da soli, sapendo che gli Ssi-ruuk possono ritornare. Ma se sceglierete di unirvi all’Alleanza Ribelle, possiamo cominciare da subito a negoziare una tregua permanente.»

Captison fece un saluto a Leia, e poi a Luke. «Vostra altezza... comandante... vi ringraziamo. Non è molto probabile, comunque, che il presidio imperiale si arrenda tanto facilmente.»

Luke scese lentamente lungo la rampa. Leia sperava che nessuno degli altri indovinasse che era la debolezza, e non la dignità, a rallentarlo tanto. «Abbiamo già accettato la resa del comandante Thanas», annunciò, «che include la Dominant, le forze di terra, e il presidio imperiale.»

Leia trattenne il fiato e attese che il comandante Thanas contraddicesse la baldanzosa affermazione di Luke. Il magro ufficiale imperiale si accigliò, ma non disse niente. Era lui che non voleva parlare, o era stato Luke a impedirglielo?

«Comandante Thanas», disse Luke, «da questo momento è libero. Se i cittadini di Bakura chiederanno all’Impero di andarsene, toccherà a lei supervisionare il ritiro delle truppe.»

Thanas annuì e sollevò il polso. Il braccio di 3BO lo seguì.

«Lascialo andare, 3BO», ordinò Luke.

Il droide tirò fuori un circuito di apertura e lo agitò sopra le manette di Thanas.

Luke si avvicinò e alzò lo sguardo su Thanas. «Prenda il comando dei suoi uomini, signore. Ricordi, il nuovo equipaggio della Dominant ci sta guardando.»

Thanas aprì la bocca come per parlare, ma poi sembrò cambiare idea. Un velivolo da pattuglia a doppio scafo piombò giù dal cielo nuvoloso e atterrò vicino al Falcon. Due poliziotti bakurani balzarono fuori, conducendo a due mani una barella a repulsione. Si diressero in fretta verso il cadavere di Nereus.

Il comandante Thanas girò sui tacchi, la schiena rigidamente, dolorosamente tenuta dritta, ancora sull’attenti. «Picchetto», ordinò, «seguitemi.» I soldati di Nereus seguirono i suoi lunghi passi diretti verso l’ascensore più vicino.

«Vuoi dire che hai intenzione di fidarti di lui?» sussurrò Leia a Luke. «Che cosa gli hai fatto?»

«Niente.» Anche Luke stava seguendo con gli occhi il comandante. «Non ha dimenticato la Dominant. Anche se non è perfettamente operativa, siamo noi che controlliamo le alture. E poi, ho una certa sensazione.»

«Vogliate scusarmi.» Il primo ministro Captison sollevò le spesse sopracciglia bianche. «Devo diramare un messaggio urgente. Mi sento quasi di garantire che la gente di Bakura sceglierà l’Alleanza dopo tutto quello che è successo oggi, ma devo comunque consultarmi con loro.»

Anche Leia si sentiva di poterlo quasi garantire. «Ma certo.» Chinò rispettosamente la testa. Con suo grande piacere, Luke salutò e perfino Han si mise sull’attenti. Captison si diresse verso un altro ascensore.

Stai ancora guardando, padre? Leia si guardò sopra una spalla, ma tutto quello che vide... o avvertì... fu un basso cielo grigio. Ogni mondo che riusciva a strappare all’Impero era un’altra sconfitta per il fantasma di Darth Vader.

D’altra parte, se Anakin Skywalker avesse voluto guardarla di tanto in tanto, questo in futuro non l’avrebbe disturbata più che tanto. Nel mezzo della battaglia aveva scoperto la sua pace.

Gaeriel si diresse con la sua anziana compagna verso Luke. Questa, concluse Leia, doveva essere Eppie Belden. «Benfatto, giovanotto!» La donnina afferrò il gomito di Luke, poi gli prese la mano e la strinse. «E grazie. Se c’è qualcosa che Bakura può fare per te, basta dirlo.»

Gaeriel distolse lo sguardo, poi disse a Luke con sollievo sincero: «Sei vivo. Hai...»

«Possiamo parlare più tardi? A bordo c’è un mio... amico, che ha ricevuto delle ustioni molto gravi e sta molto male.»

Lascia perdere Dev Sibwarra, voleva gridargli Leia. Ormai è morto. Questa ragazza è viva invece e finalmente sembra che si interessi a te. Non lasciarla andare, se la vuoi!

«Oh», esclamò Gaeriel facendo un passo indietro. «Vai pure. Ci vedremo più tardi.»

Leia lanciò un’occhiata di fuoco alla schiena di suo fratello. Era già a metà della rampa, e camminava rigidamente con la testa piegata.

Gaeriel sfiorò il braccio di Leia. «Non ho mai incontrato nessuno come lui, vostra altezza.»

«E non ne incontrerà mai più un altro così, se la lascia qui», borbottò Leia. «Mi scusi.» Trotterellò dietro a Luke.

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