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«Salvacondotto per Salis D’aar, la capitale. I controllori dello spazio porto vi faranno scendere», finì la voce del funzionario addetto al traffico, dal comunicatore del Falcon.

«Grazie.» Han chiuse la comunicazione e si lasciò andare indietro, contro lo schienale.

Leia sospirò. «Bene. Possiamo metterci al lavoro.»

Han sollevò un sopracciglio. A lui sembrava che avessero già lavorato parecchio.

Leia non lo notò. «Adesso dobbiamo decidere che cosa fare.» Accarezzò una delle trecce che le incorniciavano la testa.

«Giusto», rispose Han, contento di sentire che per una volta la pensava come lui. «Usiamo questo salvacondotto per atterrare su Bakura oppure no? Adesso sono messi molto meglio di prima. Sarebbe il momento giusto per prendere su le nostre truppe e filarcela.»

Leia fissò il ponte del Falcon. «Non era questo che avevo in mente, ma hai ragione. Continuo a chiedermi se sarà mai possibile trattare direttamente con gli Imperiali.»

Attraverso il contatto con la Flurry, Luke si fece sentire. «Leia, non ti senti bene?»

Leia si schiarì la gola e si chinò sul quadro comandi. «Sono un po’ nervosa, Luke. Forse comincio a ragionare come Han. Non mi sento a mio agio in questa situazione. Mi sento diversa dal solito.»

Han lanciò un’occhiata a Chewie, che ululò piano. Sì, era vero: forse stava sviluppando un po’ d’istinto di conservazione. Gli Skywalker sembravano esserne privi.

«Siamo tutti nervosi», rispose la voce di Luke. «Ho l’impressione che qui stia succedendo qualcosa di strano. Devo riuscire a scoprire cos’è.»

Han sbirciò dall’oblò del Falcon e vide la Flurry. Era sospesa, goffa e bitorzoluta, vicino al Falcon in un’orbita di parcheggio fuori della rete imperiale di difesa. «Ne sei sicuro, ragazzo?» chiese. «Questo sarebbe il momento giusto per tornarsene a casa.»

«Ne sono sicuro. Leia, sei tu che ti occupi dei negoziati. Vuoi trasferirti qua, in modo da poter atterrare in maniera dignitosa con una delle navette della Flurry?»

«Un momento, un momento.» Han si raddrizzò. «Io non ho intenzione di atterrare con qualcosa che non sia il Falcon. Voglio questa nave sulla superficie, in caso ci si trovi di nuovo a dover tagliare l’aria alla svelta.»

«Di nuovo?» chiese Luke. «Perché? Che cosa è successo?»

«Più tardi.» Leia aveva le mani intrecciate e picchiava un pollice contro l’altro, pensierosamente. «Pensa che effetto faremmo, atterrando in... be’, pensa a come può apparire il Falcon agli occhi di chi non lo conosce.»

Oh, grazie tante, vostra altezza. «È una questione di mimetismo.»

Leia allargò le braccia. «Sarà la prima impressione che gli Imperiali di Bakura avranno del nostro gruppo, Han. Vogliamo che diventino nostri alleati. Cerca di pensare a quello che succederà a lungo termine.»

«Sì, ma prima, a breve termine, dobbiamo pur sopravvivere.»

Luke si schiarì la gola. «Il Falcon non entrerebbe nell’hangar della Flurry. È già completamente pieno.»

Leia guardò il pannello di controllo del Falcon e poi una paratia tenuta insieme da circuiti legati con fil di ferro. Guardò Han a lungo, severamente. Poi disse: «Va bene, Luke. Vieni tu qua. Atterriamo con il Falcon... ma solo a patto che al momento dell’atterraggio tutti siano vestiti in maniera dignitosa.»

Han strinse un pugno. «Ehi, io non...»

«Tranne te, capitano.» Parlava con voce dolce, ma nei suoi occhi c’era un luccichio malvagio. «Questo rottame è tuo. Tanto vale che tu sia in carattere con la tua nave.»


Un po’ di tempo dopo, Leia guardò fuori da un oblò e vide vortici di nubi bianche disegnati su un mondo meravigliosamente azzurro. Chewie esaminò il quadro comandi e poi si alzò, soddisfatto per dirigersi verso il corridoio.

Luke apparve coi capelli umidi e scompigliati. Aveva ascoltato con calma il suo racconto di come erano andate le cose sul sesto pianeta, poi aveva detto qualcosa sul tirarsi a lucido. «Ti senti meglio?» chiese Leia.

«Ci puoi scommettere.» Si lasciò cadere nella poltrona del copilota, che sul Falcon era molto più grande del solito. «Vediamo se riusciamo a contattare di nuovo il comandante Thanas.»

«Io dico ancora che sento puzza di trappola.» Han scivolò nella sedia del pilota. «Magari Thanas crede di averci fatto un gran favore a farci penetrare nella loro rete difensiva. Ma se dividiamo le forze, avremo una metà di loro alla mercé di qualche imbrattacarte imperiale e solo l’altra metà all’erta e dove dovrebbe essere.»

Luke inserì dei dati in una consolle. «Le loro navi avranno bisogno di riparazioni molto più delle nostre, e più a lungo. Quelle che ho visto io erano conciate piuttosto male.»

«E ancora non sappiamo cosa vogliono questi alieni», disse Leia. Gettò un’occhiata obliqua verso Luke. Avrebbe potuto giurare che suo fratello ne sapeva più di quanto lasciava intendere. «Ho un gran brutto presentimento.»

«Adesso abbiamo anche noi la testa sul cippo», aggiunse Han, «tale e quale i Bakurani.»

«L’idea era proprio quella», ricordò Leia. «Condividere il loro pericolo e così provare che siamo dalla loro parte.»

«Forze dell’Alleanza?» tuonò la voce del comandante Thanas dagli altoparlanti.

Leia si chinò sulla spalla di Luke. Già quasi asciutti, i suoi capelli catturavano le fioche luci della cabina di pilotaggio e splendevano come un’aureola. «Siamo in ascolto, comandante Thanas», rispose Luke.

«Ho autorizzato le vostre navi alleate a unirsi alla rete difensiva nelle posizioni che avete richiesto, mentre la vostra delegazione conduce le trattative a Salis D’aar. Aspetto con ansia di incontrarla di persona.»

«Anch’io. Alleanza, chiudo.» Luke fece una pausa per un secondo, dopo essere passato dalla frequenza imperiale a un’altra. «Sentito?»

«Ho registrato tutto nell’ACB», rispose il capitano Manchisco. «Divertitevi, laggiù.»

Luke emise un lungo sospiro.

«Dovrai dire agli Imperiali chi sei, prima o poi, Luke.» Han fece una smorfia obliqua.

Leia sobbalzò. No, neanche per sogno!

«Preferisco farlo di persona», spiegò Luke, calmo.

Oh. Volevano dire solo il suo nome, non di chi era figlio. Leia si affrettò a dirsi d’accordo. «Ha un controllo maggiore, un migliore... discernimento, di persona, Han. Se ne accorgerà se cercano di nascondergli qualcosa.»

Han sbuffò in tono di derisione. «Continua a puzzarmi di trappola. Non mi piace.» Ma tornò a voltarsi verso i comandi. Luke abbandonò il sedile di Chewie e si sedette dietro.

«E poi Luke è un Jedi», gli ricordò Leia.

Luke annuì. «Terremo gli occhi aperti.»

Il Falcon lasciò la sua posizione nell’orbita di parcheggio e si mise sul vettore in approccio alla capitale di Bakura, Salis D’aar. Mentre passavano attraverso la rete difensiva, Leia vide un gigantesco bacino di riparazione orbitale: a forma di disco, non sferico, grazie al cielo. Ne avevano avuto abbastanza di Morti Nere. Han scese in economia, rapido e senza fare del turismo. Leia sbirciò lo schermo dell’analizzatore nel varco fra i sedili di Han e Chewie.

Fra due fiumi gemelli sorgeva un’enorme formazione di roccia biancastra che risplendeva a tal punto nella luce obliqua del sole che Leia ne rimase abbagliata.

Sbattendo le palpebre, Han inserì un filtro visivo. «Meglio, così?»

«Guardate laggiù», sussurrò Leia. Dove la formazione rocciosa piegava verso sud-est, era occupata per tutta la sua larghezza da una città. A sud della città Leia vide un doppio anello di crateri che circondavano un’alta torre metallica. Lo spazioporto civile, pensò.

Guardò di nuovo verso nord, verso l’abitato. La pianta della città, composta di cerchi concentrici che incrociavano direttrici radiali, le ricordava una grande tela di ragno; attorno a un gruppo di torri centrali si potevano scorgere i segni di un intenso traffico aereo. «Qual è l’ora locale?» chiese.

«È da poco passata l’alba.» Han si grattò il mento. «Sarà una giornata lunga.»

Alcuni irregolari macchie verdi sembravano suggerire che laddove era possibile, in nicchie di terreno catturate alla roccia nuda, erano stati creati parchi lussureggianti.

«Guardate.» Luke indicò un punto un chilometro circa a sud dello spazioporto. Enormi torrette fornite di turbolaser sorvegliavano un complesso esagonale che sorgeva all’interno di un ampio spazio la cui superficie nera e arida era evidentemente di origine artificiale.

Leia incrociò le braccia. «È una guarnigione imperiale. Sono tutte costruite nello stesso modo.»

«Sarà pieno di truppe d’assalto, laggiù», osservò Han.

«Che cosa avete detto?» interloquì 3BO nella sua solita posizione al tavolo di gioco. «Qualcuno ha visto delle truppe d’assalto?»

«Non farti saltare un fusibile», lo sbeffeggiò Han. «Ce li troveremo dappertutto una volta scesi.»

Il mormorio di 3BO continuò, assumendo un ritmo di: «Oh povero me, oh povero me». Luke si slacciò le cinture e uscì dalla cabina di pilotaggio.

Chewbacca ululò qualcosa. «Evidentemente Luke si aspetta un atterraggio morbido», tradusse Han. «Non vedo perché non dovrebbe», aggiunse, offeso.

Leia scelse di rimanere al suo posto e lisciare una piega del suo vestito bianco. Si era fatta fare una copia del suo bianco abito senatoriale, ormai molto consunto. Sperava ancora di riuscire a far dimenticare la reputazione da pezzenti dei Ribelli, sempre che questo fosse possibile dopo essere stati visti atterrare con il Falcon.

Han volò due volte tutt’attorno alla città, abbassandosi sui due fiumi che scorrevano senza poter confluire ai lati di quell’incredibile collina bianca. «Non ci sparano», notò. «Suppongo che a questo punto possiamo anche atterrare.»

I controllori di volo diressero Han verso un cratere multinave nella parte occidentale dello spazioporto che in quel momento era libero. Le lunghe ombre mattutine di varie gru da riparazione si estendevano sul terreno bianco. «Di che cosa è fatta la superficie?» mormorò Leia mentre Han effettuava la discesa finale.

Han guardò un analizzatore. «Qui dice che è praticamente quarzo puro. Il cratere sembra fatto di cristallo grezzo, ma qualcuno lo deve avere lavorato.»

Il Falcon toccò terra dolcemente.

«Ecco, visto?» si vantò Han. «Non c’era ragione di preoccuparsi.»

Chewie abbaiò. Leia si voltò per seguire la direzione indicata dal suo braccio peloso. Una ventina di persone erano radunate attorno a una navetta a repulsione lunga e stretta, sotto una gru che si trovava proprio sull’orlo del loro cratere d’atterraggio. «Sbrigati, Luke», gridò Han.

«Eccomi.» La voce di Luke, un po’ affannata, echeggiò nel corridoio. Leia saltò fuori dalla sua poltrona e andò a raggiungerlo.

3BO era in piedi e annuiva con approvazione davanti alla tuta bianca di Luke, priva di insegne e di gradi. Mentre Leia lo squadrava da capo a piedi, si allacciò sopra la tuta una cintura argentata da cui pendevano un fulminatore, tre caricatori e la sua spada laser. «Va bene così?» Fissò Leia negli occhi. Aveva uno sguardo talmente innocente, con quegli occhioni blu.

«Suppongo che sia così che deve vestire un Jedi», concesse Leia un po’ dubbiosa. Vorrei tanto che tu sembrassi un po’ più vecchio.

Luke guardò ansiosamente verso Han. Han scrollò le spalle. Leia rise. «Che cosa t’importa di cosa ne pensa lui?» chiese a Luke.

«Ha un aspetto veramente splendido, padron Luke», intervenne 3BO. «Invece lei, generale Solo, sembra un po’ trasandato. Non pensa che ridurremmo consistentemente i nostri rischi se...»

«Chewie», tagliò corto Han. «Vuoi restare a bordo?»

Era una domanda sensata. Chewbacca, se fosse venuto, avrebbe rappresentato l’Alleanza al meglio. Per principio gli Imperiali disprezzavano tutte le razze aliene, ma erano stati umani e alieni assieme che, stanchi della repressione imperiale, avevano fondato l’Alleanza.

Chewie ruggì. «Okay», disse Han. «Suppongo che un altro paio di occhi possa sempre essere utile. State in guardia, tutti quanti.»

A Leia parve che 3BO avesse sghignazzato, sempre che una cosa del genere fosse possibile per uno come lui. C1 cinguettò forte.

«Va bene», interruppe Luke. «Eccoci qua.»

Leia si sistemò al centro del gruppo, con Luke alla sua destra, Han alla sinistra, Chewie dietro con 3BO e C1. Chewie abbassò la rampa. Leia scese lentamente, annusando l’aria fresca e umida che le sembrava pesare addosso con il suo esotico odore vegetale. La prima boccata d’aria su un pianeta nuovo era sempre un grande piacere per lei.

Quando mise piede sulla superficie chiara dello spazioporto, questa scricchiolò. Si guardò alle spalle. Il Falcon giaceva su un serico letto di roccia bianca e di grigia polvere.

Basta fare la turista. Al lavoro, adesso. Avanzò fino a incontrare il gruppo di Imperiali accanto allo shuttle.

«Ooh», fece Han, sarcastico. «Ma quante belle armature bianche bianche.»

«Dacci un taglio», mormorò Leia. «Anch’io vesto di bianco.» Ripensò ai suoi giorni come senatrice imperiale, giorni di doppio gioco fra i lacchè dell’imperatore e l’Alleanza ancora infante per cui suo padre era morto.

Il suo vero padre, Bail Organa, che l’aveva cresciuta ed educata e le aveva insegnato il rispetto di se stessa e lo spirito di sacrificio. Qualunque cosa potesse dirle la biologia, nessun altro uomo avrebbe mai potuto aspirare a quel titolo, per quanto la riguardava. Fine. Programma terminato.

L’uomo al centro del gruppo doveva essere il governatore imperiale Wilek Nereus. Alto e bruno, con i lineamenti pesanti, portava un’uniforme color cachi che avrebbe potuto appartenere al Grand Moff Tarkin, con in più un paio di guanti neri. Gli altri componenti del gruppo continuavano a cambiare posizione per tenerlo d’occhio. Era in tutto e per tutto «Il Capo».

Rilassati, si disse. Lasciati andare. È qui che sono i miei punti di forza, in un campo diverso da quello di Luke.

La delegazione del governatore Nereus formò un semicerchio tutt’attorno a loro. «Principessa Leia di Alderaan.» Accennò a un mezzo inchino. «È un onore ricevervi.»

«Governatore Nereus.» Leia ritornò l’inchino, facendo attenzione a non inclinarsi neanche un decimo di grado più di quanto avesse fatto lui. «È un onore essere qui.»

«Nel nome dell’imperatore, benvenuti a Bakura.»

Non poteva sperare in un’apertura migliore di quel saluto di prammatica. «Grazie per il vostro benvenuto», rispose tranquillamente. «Forse considererà il mio un esempio di pessima educazione, ma devo correggere le sue gentili parole. Non è più possibile darci il benvenuto in nome dell’imperatore Palpatine. Lui è morto diversi giorni fa.»

Nereus sollevò uno scuro, spesso sopracciglio e giunse le mani dietro la schiena. «Mia cara principessa.» Avanzò di un altro arrogante passo. «Siete venuta a Bakura a spargere la menzogna e la maldicenza?»

«Oh, e c’è anche di meglio, eccellenza. L’imperatore è stato ucciso dal suo apprendista, Darth Vader.»

«Vader.» Nereus si raddrizzò, aumentando di statura di diversi millimetri per incombere su di lei. Il modo in cui aveva pronunciato quel nome grondava disgusto, un sentimento che lei capiva perfettamente. «Vader», ripeté. «Sua maestà imperiale non avrebbe mai dovuto fidarsi di un signore dei Sith. Ero pronto a diffidare delle vostre parole, altezza. Ma Vader nel ruolo di un assassino... a questo non faccio fatica a credere.»

«Anche lord Vader è morto, eccellenza.»

Ai margini del suo campo visivo vide Luke che sollevava il mento. Sapeva che cosa voleva aggiungere. E forse era vero che Vader era morto in modo eroico. Ma dieci minuti di contrizione non bastavano a compensare anni di atrocità.

La gente del governatore cominciò a bisbigliare. Leia approfittò della pausa per riprendere l’iniziativa. «Governatore, le presento il mio seguito: prima di tutto, il generale Solo.» Han avrebbe dovuto, in teoria, inchinarsi, o almeno stringere la mano del governatore. Invece rimase fermo con un’espressione di totale diffidenza sul volto. Se andava avanti di questo passo, non sarebbe mai diventato un buon diplomatico.

«Il suo copilota, Chewbacca di Kashyyyk.» Chewie borbottò qualche verso cavernoso, inchinandosi. I Wookiee erano stati profondamente traditi dall’Impero. Sperava tanto che Chewie non perdesse la calma e cominciasse a smembrare qualcuno. La fredda brezza mattutina gli arruffava il pelo.

Leia tirò fuori il suo asso con molta grazia. «E il comandate Skywalker di Tatooine, cavaliere jedi.»

Luke si inchinò in modo perfetto: glielo aveva insegnato lei. Nereus raddrizzò le spalle. Dopo un momento, restituì l’inchino. «Jedi.» Il suo lungo naso vibrò. «Dobbiamo stare attenti a quello che facciamo.»

Luke unì le mani davanti a sé. Bene! approvò Leia in silenzio. Lasciava che fosse lei a rispondere, proprio come gli aveva pregato di fare. Adesso si sentiva ripagata di avergli lasciato assumere il comando durante la battaglia. Forse c’era un futuro in questa divisione dei compiti, sempre che non si andasse troppo in là. «Sì, eccellenza», confermò. Il governatore Nereus voltò di nuovo lo sguardo su di lei. «È nostra intenzione ristabilire la Vecchia Repubblica e con essa l’ordine dei cavalieri jedi. Il comandante Skywalker è a capo di tale ordine.» Di nuovo indovinò che cosa avrebbe aggiunto Luke: e sono anche l’unico membro. Non avere quell’aria sottomessa, Luke!

«Comandante Skywalker», ripeté Nereus con un tono che diventava oleoso come un lubrificante per droidi. «Ah! Adesso riconosco il nome, comandante. Per sua fortuna Bakura ha un’ottima bilancia dei pagamenti. Lei senz’altro sa che da qualche anno una... una ricompensa astronomica è stata offerta a chi l’avesse catturata. È, tassativamente, vivo. Dev’essere motivo di grande orgoglio fra le forze ribelli.»

«Lo sapevo», rispose Luke calmo. Non era una novità. Erano tutti ricercati.

«E vedo anche due droidi», disse il governatore. «Dovranno essere equipaggiati con dei bulloni di costrizione per tutta la durata del loro soggiorno su Bakura.»

Fornire i droidi di bulloni di costrizione era una procedura normale su molti mondi e obbligatoria sui mondi dell’Impero e sulle stazioni da battaglia. «Provvederemo», accordò Leia. Certa ormai di essersi assicurata il rispetto di Nereus, uscì dalla sua riservatezza protettiva. «Governatore, le forze dell’Alleanza hanno intercettato la vostra richiesta di aiuto. La flotta imperiale non è più una presenza significativa in questa parte della galassia. Siamo qui per aiutarvi a respingere l’offensiva degli invasori. Una volta che ciò sarà fatto, ce ne andremo. Bakura deve scegliere da sé il proprio destino. Non faremo nessun tentativo per imporre la nostra volontà al vostro... al popolo bakurano.»

Il governatore Nereus le mostrò un mezzo sorriso raggelante. Il lato sinistro del suo volto si contrasse, trascinando in alto l’angolo della bocca. Il lato destro avrebbe potuto essere fuso nell’acciaio.


Luke rimase sull’attenti. Come il volto di Nereus mostrava due espressioni, così la sua mente ospitava due stati d’animo molto diversi. Sarebbe stato difficile per quest’uomo accettare i Ribelli come alleati.

La personalità che il governatore proiettava nella Forza si stava scagliando con rabbia e violenza contro le percezioni di Luke. Era un uomo con un’incontrollabile volontà di dominio; era questo che teneva la sua delegazione tanto all’erta. Luke conosceva bene quel tipo d’uomo: era una di quelle persone incrollabilmente convinte che le loro idee fossero le uniche sensate. Chiunque lo avesse contraddetto od ostacolato avrebbe attirato la sua attenzione solo per quel tanto che bastava a essere schiacciato. Era la quintessenza di ogni governatore imperiale.

Luke si mantenne aperto, pronto a ricevere tutto quello che sentiva. La Forza era percorsa da talmente tanti tremiti nervosi che gli ci voleva tutto il suo autocontrollo semplicemente per mantenere una calma esteriore. Non aveva intenzione di venire fulminato da un soldato imperiale dal grilletto facile prima ancora che Leia avesse avuto la possibilità di negoziare una tregua.

Mentre Leia e Nereus continuavano la loro prudente conversazione, Luke si tese di più e si aprì nella loro direzione. Leia: calma e attenta, nient’affatto intimidita da Nereus. Il governatore: una facciata di buone maniere, la volontà di dominio e, più sotto, un terrore assoluto. Di certo, pensò Luke, non siamo noi a terrorizzarlo. La sua mente riandò alle infelici presenze quasi umane a bordo dei caccia ssi-ruuvi. Era forse entrato in contatto con i prigionieri bakurani?

Era ovvio che il governatore fosse disposto a gettarsi subito fra le braccia di chiunque gli offrisse protezione. Per quanto davanti ai suoi soldati sembrasse così ostile, sarebbe facilmente venuto a patti con gli alleati.

Per il momento.


In una navetta civile che gli era stata offerta per il trasporto fino alla città, Luke riferì le sue impressioni a Han.

«Già», mormorò Han. «Potrebbe saltarci in braccio, certo. Oppure saltarci alla gola. Te la senti di scommettere?»

I pantaloni di Luke, con il loro taglio formale scomodo e impregnati della pervasiva umidità dell’atmosfera di Bakura, gli aderivano alle gambe. Leia sedeva davanti a lui, molto bella nel suo abito senatoriale con il cappuccio. Stava guardando fuori del finestrino della loro lussuosa navetta. Il senato bakurano aveva immediatamente chiesto che la delegazione dei Ribelli presenziasse a una seduta di emergenza.

Improvvisamente Leia si raddrizzò. «3BO, c’è qualcosa che devo sapere a proposito dell’etichetta locale?»

«Temo che questo non si trovi nel mio programma.» 3BO portava già, assicurato magneticamente al suo carapace metallico, il bullone di costrizione e sembrava più lamentoso del solito. C1 lo interruppe con un acuto fischio elettronico. «Che cosa? Padron Luke ha immesso i dati di quella sonda nei tuoi banchi memoria? E perché non me lo hai detto subito, brutto cilindro imbottito di circuiti riciclati?»

C1 rispose con una lunga serie di vocalizzazioni. Infine 3BO si rivolse a Leia: «Tutto quello che so è che Bakura un tempo era governata da un primo ministro e un senato, ma che adesso il potere è tutto concentrato nelle mani del governatorato imperiale».

«Dicci qualcosa di nuovo», commentò Han.

Il pilota/guida bakurano si abbassò su un enorme complesso di edifici a forma di cono, interrotto da due ampi semicerchi verdeggianti. «Questo è il complesso Bakur», annunciò l’assistente del pilota, gettando un braccio su una sbarra stabilizzatrice cromata. Continuava a lanciare sguardi su Chewbacca. Luke immaginò che fosse la prima volta che vedeva un Wookiee.

Il complesso sembrava occupare diversi ettari compresi fra due delle grosse arterie radiali, e confinava sull’arco sud-ovest con il rotondo parco che occupava il centro della città. «Il complesso comprende alloggi per ospiti e residenti,. gli uffici imperiali, un ospedale e il grande palazzo prospicente al parco che era la sede del nostro governo ai tempi della corporazione Bakur.»

Leia abbassò lo sguardo, come se stesse osservando con grande interesse gli enormi alberi coperti di liane che crescevano sul tetto del complesso. In realtà, Luke pensava che stesse mentalmente ripassando le sue nozioni di etichetta imperiale. La libertà di Bakura dipendeva dalla sua capacità di negoziare una tregua. Han, seduto accanto a lei nel sedile anteriore dello shuttle, teneva una mano nervosa sul fulminatore. Atterrati sul tetto, si trasferirono su un tram a repulsione per un rapido viaggio attraverso l’enorme complesso. La loro guida viaggiò assieme a loro, illustrando il paesaggio, per concludere con: «L’ala monumentale del palazzo Bakur è stata costruita più di cento anni fa, proprio a fianco del parco statutario e del centro città. Per favore, rimanete seduti finché la carrozza non si sarà arrestata del tutto». Il tram scivolò sotto un arco coperto di vegetazione e rallentò.

«Aspetta, Leia.» Han balzò in piedi.

Luke uscì dal suo lato del tram. Leia rimase seduta per un paio di secondi. «Credo che questo passaggio sia sufficientemente sicuro.» L’osservazione di 3BO entrò dal portello aperto. «D’altronde dobbiamo stare particolarmente attenti alla nostra sicurezza.»

Leia sporse la testa dal lato da cui era sceso Luke. «Ascoltate», disse, «se hanno intenzione di farci del male, la nostra missione è fallita prima ancora di cominciare.»

Han guardò il tram. «Già. Su questo lato, tutto a posto, Luke.»

Luke aggirò la carrozza e fece scendere C1 dal retro. Il piccolo droide fischiettò in tono baldanzoso ed estese le sue tre rotelline. Han e Chewie si misero davanti a Leia e 3BO. Luke li seguì, con C1 alle calcagna. Due uscieri vestiti in tunica e calzamaglia viola, con tanto di profili d’oro, li fecero entrare in un lungo corridoio ornato da un tappeto nero. Venature d’oro correvano come fiumi di metallo prezioso su per le colonne coniformi, per intrecciarsi in un soffitto a cupola. «Marmo rosso», mormorò Leia.

«Varrebbero una fortuna, se solo si riuscisse a portarle via», rispose Han da sopra una spalla. Stava seguendo un usciere. Dopo avere per un po’ scimmiottato la camminata affrettata della loro guida era tornato al suo solito passo cauto, con rapide occhiate a destra e a sinistra che scrutavano dietro ogni colonna e dentro ogni porta aperta. Luke ascoltava la Forza, attento a percepire eventuali tremiti di aggressività. Non sentì niente. Leia camminava tranquilla davanti a lui, al centro del gruppo e a fianco del suo droide protocollare.

L’usciere vestito di viola si fermò sotto un’arcata di candida pietra bianca, chiusa in parte da una parete di legno. Un grappolo dì analizzatori silenziosi erano sospesi a mezz’aria su ciascun lato; c’erano anche quattro assaltatori imperiali sull’attenti. Vederli provocò in Luke un improvviso travaso di adrenalina. Attacco/fuga. «Sono qui da usurpatori», gli ricordò Leia. «I legittimi della galassia su Bakura siamo noi.»

«Prova a dirlo a loro.» Han lanciò agli assaltatori un’occhiata scurissima. Luke alzò lo sguardo sul rotondo occhio nero del sensore di uno di loro. La cupola di C1 girava su se stessa, mentre il piccolo droide analizzava per conto suo il corridoio.

«Controllo armamenti.» Un assaltatore si chinò su Leia e parlò con voce metallica. «Lasciate tutte le vostre armi in deposito.» Fece un gesto verso una serie di armadietti di sicurezza con l’apertura codificata dall’altra parte dell’arcata.

Leia mostrò le mani vuote e poi le giunse con sarcastica umiltà. Luke attraversò l’arco, selezionò un armadietto e appoggiò la mano sulla serratura, premendo un bottone che avrebbe memorizzato le sue impronte. Si tolse il fulminatore dalla cintura e lo infilò nell’armadietto. «Avanti, Han», sollecitò piano.

Han lo aveva seguito con Chewie e Leia. Non sembrava affatto contento, ma aprì un armadietto e ci mise dentro il suo fulminatore.

Leia si schiarì la gola. Han le gettò uno sguardo che avrebbe fuso il piombo, poi tirò fuori il coltello che teneva nello stivale, il fulminatore tascabile che teneva al polso e il suo vibrocoltello preferito.

Chewbacca si stava già sfilando la bandoliera e la balestra, quando l’inconscio di Luke gli suggerì un’idea. «Chewie», disse piano, «resta vicino agli armadietti. Anche tu, C1.»

Chewie scoprì i denti in un sorriso compiaciuto e arricciò il naso nero. Il grosso Wookiee non aveva un grande interesse per la politica e non si fidava degli Imperiali. Era felice di stare di guardia. Leia ricondusse il gruppo sotto l’arcata.

«Fermi là», disse lo stesso assaltatore che aveva già parlato. Indicò la spada laser di Luke. «Anche quella è un’arma.»

Luke estese un tentacolo di Forza e disse in tono piatto: «Questo è un simbolo onorifico. Non è un’arma. Fatela passare».

«Fatela passare», echeggiò l’assaltatore nello stesso tono piatto. Riprendendosi, aggiunse: «Io lascerei il droide fuori della porta. Furono dei droidi malfunzionanti che quasi sterminarono i primi coloni di Bakura».

«Signore», protestò 3BO, «la mia funzionalità è...»

«Grazie», disse Leia fermamente. Nessuno di loro aveva dimenticato il bullone di costrizione. «3BO aspetterà appena dentro la sala.»

Un usciere annunciò: «Il senatore principessa Leia Organa, di Alderaan. E...» agitò una mano in aria, vagamente, «e il suo seguito».

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