35 Stedding Tsofu

Dopo mezza giornata di cavallo, le colline lungo il fiume sulle quali sorgeva la città di Cairhien lasciarono posto a terreno piatto e boscoso. In quella zona non c’erano strade, solo alcune piste di carri, qualche fattoria e qualche villaggio. Verin insisteva perché aumentassero l’andatura; Ingtar brontolava di continuo che si erano lasciati ingannare, che Fain non avrebbe mai detto dove andava realmente, che comunque andavano nella direzione opposta rispetto a Capo Toman (come se una parte di lui credesse a Fain e Capo Toman non distasse mesi di cavallo, a meno di usare la Porta di Stedding Tsofu), ma accontentava l’Aes Sedai. Procedevano al galoppo e lo stendardo col Gufo Grigio garriva al vento.

Rand, torvo e determinato, evitava di parlare con Verin. Doveva andare a Capo Toman (il suo dovere, l’avrebbe definito Ingtar) e poi sarebbe stato libero delle Aes Sedai una volta per tutte. Perrin pareva condividere in parte il suo umore e cavalcava guardando dritto davanti a sé. Quando finalmente si fermarono per la notte al limitare d’un bosco, quasi nel buio, Perrin rivolse a Loial delle domande sugli stedding. I Trolloc non sarebbero mai entrati in uno stedding; ma i lupi? Loial rispose brevemente che solo le creature dell’Ombra erano riluttanti a entrare negli stedding. E le Aes Sedai, ovviamente, dal momento che dentro uno stedding non potevano toccare la Vera Fonte né incanalare l’Unico Potere. L’Ogier stesso pareva più riluttante di tutti a entrare a Stedding Tsofu. Mat era l’unico a sembrare ansioso. A guardarlo, pareva che non prendesse sole da un anno; ed era diventato smunto, anche se diceva di sentirsi pronto per una gara di corsa a piedi. Prima che si avvolgesse nelle coperte, Verin gli impose le mani per Guarirlo, e ripeté l’operazione al mattino, prima di montare a cavallo, ma senza risultati visibili. Perfino Hurin corrugava la fronte, quando guardava Mat.

Il secondo giorno, a sole già alto, all’improvviso Verin si drizzò a sedere sulla sella e si guardò intorno. Al suo fianco, Ingtar trasalì.

Rand non vedeva nella foresta niente di diverso: il sottobosco non era molto fitto e avevano trovato un facile percorso, sotto il baldacchino di querce e di noci, di nisse e di faggi, interrotto qua e là da un alto pino o da un’ericacea o dal bianco fusto d’una melaleuca. Ma all’improvviso si sentì percorrere da un brivido gelido, come se si fosse tuffato d’inverno in un laghetto del Waterwood. Il brivido durò un attimo e svanì, lasciandogli però un senso di frescura. E un remoto senso di perdita, anche se Rand non riusciva a immaginare che cosa riguardasse, quella perdita.

Ognuno, giunto in quel punto della foresta, sobbalzava o si lasciava sfuggire un’esclamazione. Hurin rimase a bocca aperta e Huno imprecò. Negli occhi gialli di Perrin brillò un lampo di riconoscimento.

Loial inspirò a fondo. «È... è bello, tornare in uno stedding» disse lentamente.

Rand si guardò intorno, perplesso. Si era aspettato qualche segno rivelatore dello stedding; ma, a parte quell’unico brivido, la foresta non era diversa da quella attraversata fino a quel momento. Però, all’improvviso, si sentiva riposato.

Poi, da dietro un albero, sbucò una Ogier.

Più bassa di Loial — ossia più alta di Rand di tutta la testa — aveva naso largo e occhi grandi, bocca ampia e orecchie irsute, ma sopracciglia meno lunghe e lineamenti più delicati rispetto a Loial; e i ciuffi sulla punta delle orecchie erano di pelo più fine. Indossava una lunga veste verde e reggeva un mazzo di campanule d’halesia, come se fosse lì a raccoglierle. Guardò con calma gli intrusi.

Loial smontò da cavallo e le rivolse frettolosamente un inchino. Rand e gli altri lo imitarono, ma con più calma; perfino Verin piegò la testa. Loial presentò tutti formalmente, ma non nominò il proprio stedding d’origine.

Per un momento la giovane Ogier (Rand era sicuro che non fosse più anziana di Loial) li esaminò, poi sorrise. «Benvenuti a Stedding Tsofu» disse. Anche la sua voce era una versione ingentilita di quella di Loial: il ronzio più dolce d’un piccolo calabrone. «Sono Erith, figlia di Iva figlia di Alar. Benvenuti. Abbiamo avuto pochissime visite di esseri umani, da quando i mastri muratori hanno lasciato Cairhien, e ora tanti tutt’insieme. Oh, abbiamo avuto la visita di alcuni Girovaghi, ma naturalmente se ne sono andati quando... Ah, parlo troppo. Vi accompagnerò dagli Anziani. Solo...» Li scrutò per decidere chi fosse il capo del gruppo; alla fine si decise per Verin. «Aes Sedai» proseguì «hai con te parecchi uomini, e armati. Non potresti lasciarne alcuni all’Esterno? Ti chiedo scusa, ma è sempre sconvolgente la presenza nello stedding di tanti uomini armati.»

«Ma certo, Erith» rispose Verin. «Ingtar, vuoi pensarci tu?»

Ingtar diede ordini a Huno. Lui e Hurin furono i soli shienaresi a seguire Erith nello stedding.

Portando sottomano il cavallo come gli altri, Rand alzò gli occhi quando Loial, con molte occhiate a Erith che li precedeva con Verin e Ingtar, gli si accostò. L’Ogier si chinò e gli mormorò rapidamente: «Non è bella, Rand? La sua voce canta.»

Mat soffocò una risatina, ma quando Loial gli lanciò un’occhiata interrogativa, disse: «Davvero bella, Loial. Un po’ alta, per i miei gusti, tu mi capisci, ma molto bella, ne sono sicuro.»

Loial corrugò la fronte, incerto. «Sì, è bella» ripeté. S’illuminò in viso, «Fa piacere essere di nuovo in uno stedding, Ma non sentivo la Nostalgia, capite?»

«La Nostalgia?» disse Perrin. «Loial, non capisco.»

«Noi Ogier siamo legati agli stedding. Si dice che, prima della Frattura del Mondo, potevamo andare dove volevamo, per quanto tempo volevamo, come voi esseri umani. Ma la Frattura ha cambiato tutto, Gli Ogier furono sparpagliati come ogni altro popolo e non ritrovarono più gli stedding. Ogni cosa era fuori posto, era cambiata: montagne, fiumi, perfino i mari.»

«Tutti sanno della Frattura» disse Mat, spazientito. «Cosa ha a che fare con questa... Nostalgia?»

«Durante l’Esilio, mentre vagavamo sperduti, nacque in noi la Nostalgia. L’intenso desiderio di conoscere di nuovo gli stedding, le nostre case. Molti ne morirono,» Scosse la testa, con aria triste. «Più di quanti sopravvissero. Quando infine cominciammo a ritrovare gli stedding, uno alla volta, negli anni del Patto delle Dieci Nazioni, parve che finalmente la Nostalgia fosse sconfitta: ma ci ha cambiati, ha messo radici dentro di noi. Ora, se un Ogier sta troppo all’Esterno, sente di nuovo la Nostalgia: deperisce e muore, se non torna in uno stedding.»

«Hai bisogno di fermarti qui per un poco?» domandò Rand, ansioso. «Non devi rischiare la vita per venire con noi.»

«Riconoscerò la Nostalgia, quando arriverà» rise Loial. «Occorre tempo, prima che sia tanto forte da nuocere. Diamine, Dalar visse dieci anni fra il Popolo del Mare, senza vedere uno stedding, eppure tornò a casa in perfetta salute.»

Dagli alberi comparve una donna Ogier che si soffermò a scambiare qualche parola con Erith e con Verin. Squadrò Ingtar e parve perdere subito ogni interesse in lui. Diede un’occhiata di sfuggita a Loial, a Hurin e ai tre di Emond’s Field, poi tornò nella foresta.

Loial parve volersi nascondere dietro il cavallo. «E poi» disse, scrutando con cautela da sopra la sella il punto dove la donna era sparita fra gli alberi «la vita nello stedding è monotona, a paragone del viaggiare con tre ta’veren.»

«Piantala con questa storia» brontolò Mat.

«Con tre amici, allora» si affrettò a soggiungere Loial. «Siete miei amici, spero.»

«Io sì» disse semplicemente Rand e Perrin annuì.

Mat rise. «Como posso essere amico di uno che gioca a dadi così schifosamente?» Alzò le mani, quando Rand e Perrin lo fissarono. «Oh, d’accordo. Mi sei simpatico, Loial. Sei mio amico. Solo, non continuare con... Ah, certe volte avere intorno te è peggio che avere intorno Rand.» Abbassò la voce, quasi borbottando tra sé. «Almeno, qui in uno stedding siamo al sicuro.»

Rand fece una smorfia. Aveva capito l’allusione di Mat. Lì nello stedding lui non poteva toccare la Vera Fonte.

Perrin diede a Mat un pugno sulla spalla, ma parve rimpiangere il gesto quando Mat, smunto in viso, fece una smorfia.

All’inizio Rand s’accorse della musica: flauti e violini nascosti suonavano un motivetto allegro che l’aria trasportava fra gli alberi; voci profonde cantavano e ridevano.

Pulisci il campo, liscia il terreno.

Togli l’erbaccia, strappa ogni arbusto.

Qui lavoriamo, qui fatichiamo

qui cresceranno alberi altissimi.

Quasi nello stesso istante notò pure che l’enorme sagoma intravista fra gli alberi era anch’essa un albero, con un tronco pieno di creste e di radici aeree, tanto da misurare almeno venti passi di circonferenza. A bocca aperta, lo seguì con lo sguardo, su per il baldacchino della foresta, fino ai rami allargati come la cappella d’un fungo gigantesco, un buon centinaio di passi al di sopra del suolo. E l’albero si estendeva ancora più in alto.

«La Luce m’incenerisca» esclamò Mat, stupito. «Uno solo di quelli basterebbe per costruire dieci case. Cinquanta case.»

«Tagliare un Grande Albero?» disse Loial, scandalizzato e abbastanza irritato. Aveva drizzato e irrigidito le orecchie. «Non tagliamo mai i Grandi Alberi, a meno che non muoiano, ma non muoiono quasi mai. Pochi sono sopravvissuti alla Frattura, ma alcuni dei più grandi nell’Epoca Leggendaria erano soltanto arboscelli.»

«Mi spiace» disse Mat. «Volevo solo far notare quanto sono grandi. Non taglierei mai i vostri alberi.» Loial annuì e parve placato.

Intanto comparvero altri Ogier, che si aggiravano fra gli alberi. Parevano intenti ai fatti propri, ma tutti diedero un’occhiata agli intrusi e salutarono anche, con un cenno amichevole o con un piccolo inchino; però nessuno si fermò né rivolse loro la parola. Avevano un modo bizzarro di muoversi, un misto di prudenza e di gioia spensierata, quasi infantile. Sapevano chi erano, dove si trovavano; ne erano contenti e parevano in pace con se stessi e con tutto ciò che li circondava. Rand scoprì d’invidiarli.

Pochi Ogier maschi erano più alti di Loial, ma era facile riconoscere quelli più anziani di lui: portavano tutti baffi spioventi, lunghi quanto le sopracciglia, e barbetta a becco. I più giovani erano rasati, come Loial. Molti maschi erano in maniche di camicia e avevano pale e zappe, o seghetti e secchi di pece; gli altri indossavano normali giubbe abbottonate al collo, lunghe fino al ginocchio e svasate come sottane. Le femmine preferivano ricami floreali e molte portavano anche fiori nei capelli. Per le più giovani, i ricami erano limitati al mantello; le più anziane avevano lunghe vesti ricamate e alcune, con i capelli grigi, avevano fiori e tralci dal collo all’orlo della veste. Un gruppetto di Ogier, composto in gran parte di femmine, giovani e anziane, parve notare soprattutto Loial, che tirò dritto, agitando con crescente nervosismo le orecchie.

Rand trasalì nel vedere un Ogier che parve uscire dal terreno, da una delle collinette erbose e coperte di fiori di campo, in quel punto disseminate fra gli alberi. Poi notò nei monticelli delle finestre e una Ogier, affacciata e intenta a preparare una crostata: capì che quelle erano le case degli Ogier. I telai delle finestre erano di pietra, ma parevano formazioni naturali erose dal vento e dall’acqua nel corso di generazioni.

I Grandi Alberi, col tronco massiccio e radici sporgenti grosse come cavalli, avevano bisogno d’ampio spazio tra l’uno e l’altro, ma diversi crescevano proprio dentro il paese degli Ogier. Rampe di terra battuta formavano sentieri sopra le radici. A dire il vero, a parte i sentieri, l’unico modo per distinguere il villaggio dalla foresta era l’ampio spiazzo centrale, intorno a quello che poteva soltanto essere il ceppo d’un Grande Albero. Largo quasi un centinaio di passi, liscio e lucido come un qualsiasi pavimento, il ceppo presentava in diversi punti alcuni gradini. Rand era intento a calcolare quanto era stato alto quell’albero, quando Erith parlò a voce alta per farsi sentire da tutti loro.

«Ecco gli altri nostri ospiti.»

Da dietro l’enorme ceppo comparvero tre donne. La più giovane reggeva in mano una ciotola di legno.

«Aiel» disse Ingtar. «Fanciulle della Lancia. Per fortuna Masema è con gli altri.» Ma si scostò da Verin e da Erith e sganciò il fermo della spada.

Incuriosito e a disagio, Rand esaminò le Aiel. Erano del popolo al quale, secondo troppi, anche lui apparteneva. Due erano donne già adulte; la terza, poco più d’una ragazzina. Tutt’e tre erano d’alta statura. Avevano capelli che andavano dal rossiccio al biondo oro, tagliati corti, acconciati in un codino lungo fino alla spalla.

Portavano brache ampie, infilate negli stivaletti; tutti i capi di vestiario erano in sfumature di marrone, di grigio, di verde: fra le rocce e nei boschi, pensò Rand, si sarebbero mimetizzati quasi come i manti dei Custodi. Da sopra la spalla di ciascuna Aiel spuntava un corto arco; dalla cintura pendevano la faretra e un lungo coltello. Ognuna portava un piccolo scudo rotondo, di pelle, e una manciata di giavellotti dalla punta lunga e dall’asta corta. Parevano, anche la più giovane, in grado d’usare alla perfezione le armi.

A un tratto le tre donne si accorsero della presenza di altri esseri umani; parvero sorprese, ma reagirono con la rapidità del fulmine. La più giovane gridò: «Shienaresi!» e si girò a posare con cautela la ciotola. Le altre due presero il fazzoletto che portavano intorno alle spalle e se lo avvolsero intorno alla testa. Si misero sul viso anche un velo nero che lasciava scoperti solo gli occhi; la più giovane si raddrizzò per imitarle. Avanzarono a passi decisi, ciascuna raccolta su se stessa, tenendo protesa la mano con lo scudo e i giavellotti, tranne uno, pronto nell’altra mano.

Ingtar sguainò la spada. «Stai da parte, Aes Sedai, Erith, fatti in là.» Hurin afferrò il frangilama, incerto per un attimo se impugnare il randello o la spada; dopo una seconda occhiata al giavellotto delle Aiel, scelse la spada.

«No» protestò la giovane Ogier. Torcendosi le mani, si girò da Ingtar alle Aiel e viceversa. «Non dovete combattere.»

Rand si rese conto d’impugnare la spada. Perrin aveva sganciato l’ascia, ma esitava a impugnarla.

«Siete impazziti?» disse Mat, con l’arco ancora a tracolla. «Non m’interessa se sono Aiel. Sono donne.»

«Smettetela!» ordinò Verin. «All’istante!» Le Aiel continuarono ad avanzare e l’Aes Sedai serrò i pugni, incollerita.

Mat indietreggiò e mise il piede nella staffa. «Me ne vado» annunciò. «Avete sentito? Non resto a farmi infilzare da quelle lance e non voglio colpire una donna!»

«Il Patto!» gridò Loial. «Ricordate il Patto!» Ma non ottenne miglior risultato di Verin e di Erith.

Rand notò che l’Aes Sedai e la giovane Ogier si tenevano ben discoste dalle tre Aiel. Forse Mat aveva avuto l’idea giusta. Non sapeva se avrebbe colpito una donna, anche per difendersi. Intanto le tre Aiel erano ormai a una trentina di passi e quelle loro corte lance avevano di sicuro una simile gittata. Rand lasciò perdere l’idea di montare in groppa a Red e di allontanarsi: smise di preoccuparsi di non ferirle e cominciò a preoccuparsi di non farsi ferire.

Innervosito, cercò il vuoto; e il vuoto giunse. E al di fuori fluttuò il remoto pensiero che era solo il vuoto: mancava il bagliore di Saldar. Il vuoto era più desolato di come ricordava, più vasto, simile a fame pronta a consumarlo. Bramosia d’avere di più: in teoria doveva esserci di più.

A un tratto un Ogier avanzò fra i due gruppi. «Cosa significa questa storia? Mettete via le armi.» Pareva scandalizzato, la barbetta gli tremava. «Per voi...» e lanciò un’occhiataccia a Ingtar e a Hurin, a Rand e a Perrin, perfino a Mat «c’è una certa scusante, ma per voi tre, no.» Si girò verso le donne Aiel, che si erano fermate. «Avete dimenticato il Patto?»

Le donne si scoprirono testa e viso, così in fretta che parve quasi volessero fingere di non essersi mai velate. La ragazza era arrossita e le altre due parvero imbarazzate. Una di loro, quella con i capelli rossicci, disse: «Perdonaci, Fratello dell’Albero. Ricordiamo il Patto e non avremmo dovuto snudare l’acciaio, ma siamo nella terra degli Uccisori d’Alberi, dove ogni mano è contro di noi, e abbiamo visto uomini armati.» Aveva occhi grigi, notò Rand, come lui.

«Sei in uno stedding, Rhian» replicò l’Ogier, in tono gentile. «Tutti sono al sicuro, negli stedding, piccola sorella. Qui non si combatte e non si alza mano contro altri.» L’Aiel annuì, confusa, e l’Ogier guardò Ingtar e il suo gruppetto.

Ingtar ringuainò la spada; Rand lo imitò, ma non tanto rapidamente quanto Hurin, che pareva imbarazzato come la donna Aiel. Nel togliere la mano dall’elsa, abbandonò anche il vuoto e rabbrividì. Il vuoto gli lasciò un’eco lenta a svanire e un desiderio di qualcosa che riempisse lo spazio vacante.

L’Ogier si rivolse a Verin e s’inchinò. «Aes Sedai, sono Juin, figlio di Lacel figlio di Laud. Devo accompagnarti dagli Anziani. Vorranno sapere perché un’Aes Sedai viene tra di noi, in compagnia di uomini armati e d’un nostro giovane.» Loial ingobbì le spalle come se cercasse di sparire.

Verin diede alle Aiel un’occhiata di rimpianto, come se volesse parlare con loro; poi indicò a Juin di precederla e l’Ogier si allontanò senza una parola e senza un’occhiata a Loial.

Per alcuni istanti Rand e gli altri rimasero a fronteggiare a disagio le tre donne Aiel. Rand, almeno, era consapevole di sentirsi a disagio. Ingtar pareva fermo come una roccia e altrettanto privo d’espressione. Le Aiel si erano scoperte il viso, ma avevano ancora in mano le lance e guardavano i quattro come se cercassero di scrutare nel loro animo. Rand in particolare ricevette occhiate sempre più feroci. Udì la più giovane borbottare: «Ha una spada!» in un tono fra l’inorridito e l’oltraggiato. Poi le tre se ne andarono; si fermarono a ricuperare la ciotola di legno e girarono la testa a guardare Rand e gli altri; alla fine scomparvero tra gli alberi.

«Fanciulle della Lancia» brontolò Ingtar. «Non pensavo che si fermassero, dopo essersi velato il viso. Soprattutto per semplici parole.» Guardò Rand e i suoi due amici. «Dovreste vedere una carica di Scudi Rossi o di Soldati di Pietra. È più facile fermare una valanga.»

«Non avrebbero infranto il Patto» disse Erith, con un sorriso. «Sono venute per comprare legno cantato.» Nella voce mostrò una nota d’orgoglio. «Abbiamo due Cantori d’Alberi, a Stedding Tsofu. Sono rari, al giorno d’oggi. Ho sentito dire che Stedding Shangtai ha un Cantore d’Alberi, un giovane di notevole talento, ma noi ne abbiamo due.» Loial arrossì, ma Erith non parve accorgersene. «Se venite con me, vi mostrerò dove aspettare che gli Anziani abbiano terminato di parlare.»

Mentre la seguivano, Perrin mormorò: «Altro che legno cantato! Le Aiel cercano Colui che Viene con l’Alba.»

E Mat aggiunse, ironico: «Cercano te, Rand.»

«Me? Che pazzia! Cosa ti fa credere...»

S’interruppe, perché Erith scendeva gli scalini d’una casa coperta di fiori di campo, a quanto pareva tenuta da parte per ospiti di razza umana. Le stanze misuravano venti passi, da parete di pietra a parete di pietra, e il soffitto dipinto si alzava a quattro buone braccia dal pavimento, ma gli Ogier avevano fatto del loro meglio per rendere il locale comodo agli esseri umani. Comunque, i mobili erano un po’ troppo grandi, le sedie erano tanto alte da lasciare con i piedi penzoloni chi vi si sedeva, il tavolo arrivava più su della cintola di Rand. Hurin poteva stare dritto nel camino, che pareva scavato dall’acqua anziché costruito. Erith diede un’occhiata incerta a Loial, ma lui le indicò con un gesto di non preoccuparsi e tirò in un angolo una sedia, per non essere visto dall’esterno.

Appena la giovane Ogier se ne fu andata, Rand prese da parte Mat e Perrin. «Cosa significa che le Aiel cercavano me?» domandò. «Per quale motivo? Mi hanno guardato e se ne sono andate.»

«Ti hanno guardato» disse Mat, con un sogghigno «come se non ti lavassi da un mese e per giunta ti fossi tuffato nello sterco di pecora.» Tornò serio. «Ma è possibile che ti cercassero. Abbiamo incontrato un altro Aiel.»

Con stupore crescente, Rand ascoltò la storia del loro incontro con l’Aiel, fra le montagne del Pugnale del Kinslayer. Parlò quasi sempre Mat e Perrin intervenne per correggere una parola qui e una là, quando l’amico abbelliva troppo il racconto.

«E poiché tu sei l’unico Aiel che conosciamo» terminò «be’, potevi essere proprio tu. Secondo Ingtar, gli Aiel non vivono mai fuori del Deserto, quindi sei di certo l’unico.»

«Non mi sembra uno scherzo divertente, Mat» ringhiò Rand. «Non sono un Aiel.» Ma l’Amyrlin aveva detto che lo era; Ingtar pensava che lo fosse; Tarn aveva detto... Ma Tarn era ammalato, bruciava di febbre. Le Aes Sedai e Tarn insieme gli avevano tagliato le radici che pensava d’avere, l’avevano lasciato rotolare nel vento e poi gli avevano offerto un nuovo appiglio. Falso Drago. Aiel. Non poteva reclamare queste radici. Non l’avrebbe fatto. «Forse non appartengo a nessuno» soggiunse. «Ma i Fiumi Gemelli sono la sola casa che conosco.»

«Non volevo offenderti» protestò Mat. «Solo... Maledizione, Ingtar dice che sei un Aiel. Masema, pure. Urien, l’Aiel che abbiamo incontrato, poteva essere tuo cugino. Se Rhian si mettesse una sottana e dicesse d’essere tua zia, ci crederesti anche tu. Oh, d’accordo. Non guardarmi in quel modo, Perrin. Se vuol dire di non essere Aiel, per me va bene. Che differenza fa, poi?»

Giovani ragazze Ogier portarono acqua e asciugamani, perché si rinfrescassero, e formaggio, frutta e vino, e boccali di peltro un po’ troppo grandi per stare comodamente in mano. Vennero anche altre Ogier, con la veste ricamata fino all’orlo. Comparvero una alla volta, in tutto una decina, a domandare se gli ospiti si sentivano a proprio agio e se avevano bisogno di qualcosa.

Ciascuna, prima di andare via, s’interessò anche a Loial, che rispose con rispetto, ma con poche parole, come mai Rand gli aveva visto fare, tenendo stretto al petto un libro rilegato in legno, formato Ogier, quasi fosse uno scudo; e quando loro se ne andarono, si accoccolò nella poltrona, con il libro aperto davanti al viso. In quella casa, i libri erano gli unici oggetti di dimensioni non previste per esseri umani.

«Annusa solo quest’aria, lord Rand» disse Hurin. Si riempì i polmoni e sorrise. Seduto al tavolo, dondolava i piedi come un ragazzino. «Pensavo che esistessero luoghi privi di cattivo odore, ma questo... Lord Rand, sono sicuro che qui non si è mai verificata un’uccisione. Nemmeno un ferimento, se non accidentale.»

«Gli stedding sono sicuri per chiunque» disse Rand. Osservava Loial. «Almeno, così dicono le storie.» Mandò giù un ultimo pezzetto di formaggio bianco e si accostò all’Ogier. Mat lo seguì, reggendo un boccale. «Loial, cosa ti prende?» disse Rand. «Da quando siamo qui, sei nervoso come un gatto in un canile.»

«Niente» rispose Loial; con la coda dell’occhio gettò alla porta uno sguardo pieno di preoccupazione.

«Hai paura che scoprano che hai lasciato Stedding Shangtai senza il permesso degli Anziani?»

Loial si guardò intorno, facendo vibrare i ciuffi in punta alle orecchie. «Non dire certe cose dove qualcuno può udire» sibilò. «Se scoprissero...» Con un sospirone si abbandonò contro la spalliera e guardò da Rand a Mat. «Non so come facciate voi umani, ma noi Ogier... Se una ragazza trova un ragazzo che le piace, va dalla propria madre. Oppure a volte la madre trova qualcuno che le pare adatto. In un caso e nell’altro, se madre e figlia sono d’accordo, la madre della ragazza va dalla madre del ragazzo e, prima che quest’ultimo se ne accorga, il matrimonio è combinato.»

«E il ragazzo non dice niente?» domandò Mat, incredulo.

«No. Le donne dicono sempre che passeremmo la vita sposati agli alberi, se lasciassero fare a noi.» Cambiò posizione, a disagio, con una smorfia. «Metà dei nostri matrimoni avviene fra Ogier di stedding diverso: gruppi di giovani girano da stedding a stedding, per vedere e farsi vedere. Se gli Anziani scoprono che sono all’Esterno senza permesso, quasi certamente decideranno che ho bisogno d’una moglie per mettere la testa a partito. Senza farmi sapere niente, manderanno un messaggio a Stedding Shangtai, a mia madre; lei verrà qui e mi troverà moglie prima ancora d’essersi ripulita della polvere del viaggio. Dice sempre che sono troppo avventato e che ho bisogno d’una moglie, Credo che me ne cercasse una, quando sono partito. Nessuna moglie mi lascerebbe andare all’Esterno, finché non avessi la barba grigia. Le mogli dicono sempre che non bisogna mai permettere a un uomo di andare all’Esterno, finché non è abbastanza maturo da dominarsi.»

Mat scoppiò a ridere tanto forte da far girare tutti; ma, al gesto frenetico di Loial, abbassò la voce. «Fra noi, sono gli uomini a scegliere e nessuna moglie può impedire al marito di fare quel che vuole.»

Rand corrugò la fronte, ricordando come Egwene avesse cominciato a ronzargli intorno fin da quando erano ragazzini. Proprio allora comare al’Vere aveva iniziato a mostrare per lui un interesse speciale. In seguito, nei giorni di festa alcune ragazze ballavano con lui e altre no; quelle che ballavano con lui, erano sempre amiche di Egwene, mentre quelle che non ballavano, erano ragazze antipatiche a Egwene. E gli pareva anche di ricordare che comare al’Vere avesse preso da parte Tarn (e brontolava perché Tarn non aveva una moglie con cui parlare!) e avesse confabulato con lui; da quel momento, Tarn e tutti gli altri si erano comportati come se Rand e Egwene fossero fidanzati, anche se non si erano inginocchiati davanti alla Cerchia delle Donne a pronunciare le promesse di rito. Era la prima volta che ricordava l’episodio guardandolo sotto questa luce: i rapporti con Egwene gli erano sempre parsi normali e basta.

«Secondo me, anche da noi avviene allo stesso modo» borbottò; e quando Mat rise, soggiunse: «Ti ricordi che tuo padre abbia mai fatto qualcosa che tua madre non volesse?» Mat cominciò a sogghignare, poi corrugò la fronte e rimase zitto.

Dai gradini scese Juin. «Vi dispiace venire tutti con me?» disse. «Gli Anziani vi riceveranno.» Non guardò Loial, ma Loial a momenti lasciò cadere il libro.

«Se gli Anziani cercano di farti fermare» lo consolò Rand «diremo che è necessario che tu venga con noi.»

«Scommetto che la faccenda non riguarda affatto te» disse Mat. «Diranno solo che possiamo usare la Porta delle Vie.» Si scosse, e abbassò ancora di più la voce. «Dobbiamo farlo davvero, no?» Ma non era una domanda.

«Restare e prendere moglie oppure percorrere le Vie» commentò Loial, con una smorfia avvilita. «La vita è davvero sconvolgente, se si hanno ta’veren per amici.»

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