27 L’ombra nella notte

Loial disse: «Non capisco» Vincevo, la maggior parte del tempo. Poi è venuta Dena, si è unita al gioco e ha vinto tutto lei. A ogni lancio. L’ha definita una piccola lezione. Cosa voleva dire?

Rand e l’Ogier avevano lasciato Il Grappolo d’Uva e attraversavano Fuoriporta. Il sole, basso a ponente, una palla di fuoco per metà sotto l’orizzonte, gettava alle loro spalle lunghe ombre. Nella via c’era solo un grosso pupazzo, un Trolloc dalle corna di capro, con la spada alla cintura, che veniva verso di loro, con cinque uomini che manovravano i pali; ma rumori di gente che si divertiva giungevano da altri quartieri di Fuoriporta, dove c’erano le sale di spettacolo e le taverne. In quella zona le porte erano già sbarrate e le finestre ben chiuse.

Rand smise di tormentare l’astuccio di legno del flauto e se lo mise a tracolla. Non pretendeva che Thom lasciasse perdere tutto e venisse con lui, ma se non altro poteva parlargli. Almeno fosse comparso Ingtar! Infilò in tasca le mani e sentì sotto le dita il biglietto di Selene.

«Non credi...» Loial esitò, a disagio. «Non credi che abbia barato? Tutti sogghignavano come se facesse un gioco di destrezza.»

Rand si strinse nelle spalle. Doveva prendere il Corno e andare via. Se aspettava Ingtar, poteva accadere di tutto. Prima o poi sarebbe spuntato Fain. Doveva continuare a precederlo. Intanto gli uomini col pupazzo li avevano quasi raggiunti.

«Rand» disse Loial all’improvviso «non credo che sia un...»

Di colpo gli uomini lasciarono cadere i pali. Anziché crollare a terra, il Trolloc balzò verso Rand, a mani protese.

Non c’era tempo di pensare. D’istinto, Rand sguainò la spada e descrisse con la lama un arco lucente. La Luna si leva sopra i Laghi. Il Trolloc barcollò all’indietro, con un grido gorgogliante, e continuò a ringhiare pur cadendo a terra.

Per un attimo tutti parvero impietriti. Poi i cinque «Amici delle Tenebre, senza dubbio» spostarono lo sguardo dal Trolloc disteso nella via a Rand con la spada in pugno e Loial al fianco. Si girarono e si diedero alla fuga.

Anche Rand pareva impietrito. Era stato circondato dal vuoto prima ancora di sfiorare l’elsa: Saidin gli splendeva nella mente, lo chiamava, lo nauseava. Con uno sforzo, scacciò il vuoto e si umettò le labbra. Ora la paura gli faceva formicolare la pelle.

«Loial, dobbiamo tornare alla locanda. Hurin è da solo e loro...» Mandò un grugnito, sentendosi sollevare in aria da un grosso braccio tanto lungo da bloccare i suoi contro i fianchi. Una mano irsuta gli strinse la gola. Rand scorse un muso zannuto, poco al di sopra della testa. Un lezzo rancido, per metà sudore acre e per metà tanfo di porcile, gli riempì le narici.

Con la stessa rapidità con cui gli aveva stretto la gola, la mano irsuta fu strappata via. Intontito, Rand guardò le dita dell’Ogier strette intorno al polso del Trolloc.

«Resisti, Rand» disse Loial, con voce tesa per lo sforzo. Con l’altra mano afferrò il braccio che teneva Rand sospeso in aria.

Mentre Ogier e Trolloc lottavano, Rand fu scosso da parte a parte. A un tratto cadde a terra, libero. Barcollò, mosse due passi per farsi spazio e si girò con la spada alzata.

Loial era alle spalle di un Trolloc dal muso di cinghiale; l’aveva afferrato per il polso e per l’avambraccio e lo bloccava, obbligandolo a tenere allargate le braccia. Ansimava per lo sforzo. Il Trolloc ringhiava nella lingua gutturale della propria razza e gettava indietro la testa nel tentativo di colpire con una zanna Loial.

Rand cercò il modo di trafiggere il Trolloc senza ferire Loial, ma Ogier e Trolloc giravano in tondo e non gli offrivano aperture.

Con un grugnito il Trolloc liberò il braccio sinistro, ma Loial lo prese per il collo e lo strinse contro di sé. Il Trolloc cercò di prendere la spada, ma l’arma dalla lama ricurva era appesa dal lato sbagliato, per chi volesse impugnarla con la sinistra; comunque, un po’ alla volta, l’acciaio scuro cominciò a uscire dal fodero. E i due continuavano a dibattersi: Rand non poteva colpire il Trolloc senza mettere a repentaglio anche Loial.

Il Potere. Il Potere ci sarebbe riuscito. Rand non sapeva come, ma non aveva scelta. Il Trolloc aveva sguainato per metà la scimitarra. Appena l’avesse snudata del tutto, avrebbe ucciso Loial.

Con riluttanza Rand formò il vuoto. Saidin lo illuminò, lo attirò. Vagamente Rand ricordò un tempo in cui Saidin gli aveva cantato, ma ora lo attirava soltanto, simile a profumo di fiore per l’ape, a puzzo di letame per la mosca. Rand si aprì, si protese verso Saidin. Non c’era niente. Come se avesse cercato d’afferrare la luce. La contaminazione scivolò in lui, lo insozzò, ma senza alcun flusso di luce. Disperato, Rand provò e riprovò. E di nuovo ottenne solo la contaminazione.

Con uno scatto improvviso, Loial scagliò da parte il Trolloc, con tanta forza da farlo rotolare contro il muro d’una casa. Il Trolloc sbatté la testa, con un forte schiocco; scivolò lungo la parete e giacque per terra, con il collo piegato a un angolo impossibile. Loial rimase a fissarlo, ansimando.

Nel vuoto, Rand non capì subito che cos’era avvenuto. Appena se ne rese conto, abbandonò vuoto e luce contaminata e si accostò a Loial.

«Non ho mai... mai ucciso in vita mia, Rand» disse Loial, con un sospiro.

«Avrebbe ucciso te» replicò Rand, con occhiate d’ansia ai vicoli, alle finestre chiuse, alle porte sprangate. Quei due Trolloc non erano certo i soli. «Mi spiace che tu sia stato costretto a ucciderlo, Loial, ma lui avrebbe ucciso te e anche me, o peggio.»

«Lo so. Ma non mi piace. Anche se si tratta di un Trolloc.» Indicò il sole al tramonto e afferrò il braccio di Rand. «Ce n’è un altro.»

Controsole, Rand non distinse i particolari, ma scorse alcuni uomini con un grosso pupazzo che venivano dalla sua parte. Ormai sapeva che cosa aspettarsi e notò che il ‘pupazzo’ muoveva le gambe in maniera troppo naturale e alzava il muso a fiutare l’aria senza che nessuno muovesse i pali. Rand ritenne che Trolloc e Amici delle Tenebre non l’avessero visto, fra le ombre della sera: si muovevano con troppa calma. Ma lo cercavano e si facevano sempre più vicini.

«Fain sa che sono qui» disse. «Li ha mandati a cercarmi, ma ha paura che la gente li veda. Se arriviamo in una via affollata, siamo a posto. Dobbiamo tornare da Hurin. Se Fain lo trova, da solo a guardia del Corno...»

Tirò Loial fino all’angolo più vicino e si diressero verso i rumori di risate e di musica; ma nella via fino a quel momento deserta comparve davanti a loro un altro gruppo con un pupazzo che non era un pupazzo. Rand e Loial svoltarono al primo angolo. La via portava a levante.

Ogni volta che Rand cercava di raggiungere musica e risate, trovava nella via un Trolloc, spesso col muso alzato a fiutare l’aria in cerca della pista. A volte, dove non c’erano occhi indiscreti, il Trolloc avanzava da solo. In diversi casi Rand fu sicuro che si trattava d’un Trolloc già incontrato: i cacciatori stringevano il cerchio e cercavano d’impedire che Rand e Loial lasciassero la zona di vie deserte e di case con le finestre chiuse. A poco a poco li spingevano verso levante, lontano dalla città e da Hurin, lontano dalla folla, lungo vie strette e sempre più buie che correvano in tutte le direzioni, su e giù per le colline. Rand guardò le case che oltrepassavano, alti edifici sprangati per la notte: anche se avesse bussato fino a farsi aprire, anche se avesse trovato rifugio in una casa, una semplice porta non avrebbe fermato un Trolloc. L’unico risultato sarebbe stato qualche vittima in più.

«Rand» disse infine Loial «e ora dove andiamo?»

Avevano raggiunto il limite orientale di Fuoriporta: gli alti edifici ai lati erano gli ultimi. Luci alle finestre dei piani superiori parevano irridere Rand, ma i piani inferiori erano sprangati. Più avanti c’erano le colline, ammantate dal crepuscolo, ma prive anche solo d’una semplice casa colonica. Tuttavia Rand scorse vagamente il profilo chiaro d’un muro intorno a una delle colline più grandi, distante forse un miglio, e degli edifici all’interno.

«Appena ci avranno spinti all’aperto» proseguì Loial «non dovranno preoccuparsi di non farsi vedere.»

Rand indicò la collina. «Quel muro dovrebbe fermare i Trolloc. Sarà il palazzo d’un nobile. Forse lasceranno entrare un Ogier e un lord forestiero, Questa giubba mi verrà utile, prima o poi.» Si girò a guardare in fondo alla via. Non vide nessun Trolloc, ma a ogni buon conto tirò Loial dietro l’angolo della casa.

«Credo che quella sia la sala capitolare degli Illuminatori. Sono assai gelosi dei propri segreti. Non farebbero entrare nemmeno Galldrian in persona.»

«E ora in quale guaio vi siete cacciati?» disse una voce femminile ben nota. A un tratto nell’aria c’era un profumo pungente.

Rand sgranò gli occhi: Selene aveva girato l’angolo appena dopo di loro, con la bianca veste che risplendeva nella penombra. «Come mai sei qui?» le domandò. «Cosa ci fai? Vattene subito! Scappa! Siamo inseguiti dai Trolloc.»

«Ho visto» rispose Selene, con freddezza. «Sono venuta a cercarti e ho scoperto che i Trolloc ti spingono dove vogliono loro, come se tu fossi una pecora. Possibile che l’uomo in possesso del Corno di Valere si lasci trattare in questo modo?»

«Non l’ho portato con me» replicò Rand, brusco «e non vedo quale aiuto potrei ricavarne, se l’avessi. Gli eroi non tornerebbero dalla tomba per salvare me dai Trolloc. Selene, vattene via. Subito!» Scrutò dietro l’angolo.

A meno di cento passi, un Trolloc sporgeva cautamente la testa cornuta e fiutava l’aria. La grossa ombra accanto a lui era certo quella d’un altro Trolloc; e c’erano anche ombre più piccole: Amici delle Tenebre.

«Troppo tardi» brontolò Rand. Si tolse il mantello e lo drappeggiò sulle spalle di Selene: era abbastanza lungo da coprire la veste bianca e strisciare ancora per terra. «Dovrai tenerlo alzato, per correre» le disse. Si rivolse all’Ogier. «Loial, se non ci lasceranno entrare, dovremo trovare il modo d’intrufolarci di nascosto.»

«Ma, Rand...»

«Preferisci aspettare i Trolloc?» Gli diede una spinta, prese per mano Selene e lo seguì al piccolo trotto. «Trova un percorso che ci consenta di non romperci l’osso del collo, Loial.»

«Ti lasci innervosire» disse Selene. Pareva avere meno difficoltà di Rand, nel seguire Loial nella scarsa luce. «Cerca l’Interezza e resta calmo. La calma è virtù di chi sarà grande.»

«Parla piano» replicò Rand. «I Trolloc possono udirti. E non voglio essere grande.» Gli parve che Selene brontolasse, irritata.

Di tanto in tanto qualche sasso rotolava sotto i piedi, ma il percorso tra le colline non era arduo, anche nella penombra del crepuscolo. Da tempo alberi e cespugli erano stati tagliati per farne legna da ardere; sulle colline cresceva solo erba alta fino al ginocchio, che frusciava intorno alle loro gambe. La brezza serale si levò e Rand si preoccupò che portasse ai Trolloc il loro odore.

Loial si fermò davanti al muro, alto due volte lui, di pietra intonacata. Rand si girò a scrutare verso Fuoriporta.

«Loial, riesci a vederli?» domandò sottovoce. «Ci seguono ancora?»

L’Ogier annuì con aria infelice. «Vedo solo alcuni Trolloc, ma vengono da questa parte. Di corsa. Davvero, Rand, non credo che...»

Selene lo interruppe. «Per entrare, alantin, occorre una porta. Come quella.» Indicò una macchia scura, un po’ più avanti lungo il muro. Rand si accostò al battente e tirò; la porta si aprì.

«Rand...» cominciò Loial.

Rand lo spinse nel vano. «Dopo, Loial. E parla piano.» Lasciò entrare anche Selene e chiuse la porta. C’erano staffe per la sbarra, ma quest’ultima mancava. La porta non avrebbe fermato nessuno, ma forse i Trolloc avrebbero esitato a entrare.

Si trovavano in un passaggio che risaliva la collina, fra due lunghi edifici privi di finestre. Sulle prime Rand pensò che fossero anch’essi di pietra, ma poi capì che erano di legno intonacato. Il riflesso della luna sulle pareti bianche dava una sorta di luce.

«Meglio essere arrestati dagli Illuminatori che catturati dai Trolloc» disse Rand, iniziando a risalire la collina.

«Non mi hai lasciato il tempo d’avvertirti, Rand» protestò Loial. «Gli Illuminatori uccidono gli intrusi. Tengono ben custoditi i propri segreti.»

Rand si bloccò di colpo e diede un’occhiata alla porta. Dall’altra parte c’erano i Trolloc. Meglio vedersela con esseri umani. Con gli Illuminatori si poteva forse ragionare: i Trolloc non ascoltavano, uccidevano.

«Mi spiace d’averti cacciata in questa situazione» disse a Selene.

«Il pericolo aggiunge un certo non so che» rispose lei, piano. «E finora te la cavi bene. Andiamo a vedere cosa troviamo?» Lo precedette nel passaggio fra i due edifici. Rand la seguì, con le narici piene del suo pungente profumo.

In cima alla collina il passaggio si apriva in un vasto spiazzo d’argilla pressata e chiara quasi come l’intonaco, in parte circondato da altri edifici bianchi, privi di finestre, separati da vicoli stretti e bui; ma alla destra di Rand c’era un edificio con finestre illuminate che gettavano sullo spiazzo d’argilla una chiazza di luce. Rand si ritrasse nell’ombra del vicolo: un uomo e una donna, usciti dall’edificio, attraversarono lentamente la spianata.

A giudicare dagli abiti, i due non erano di sicuro cairhienesi. L’uomo portava brache ampie come le maniche della camicia, tutt’e due color giallo chiaro, con ricami lungo le gambe delle brache e sul petto della camicia. La donna aveva una veste assai ricamata sul petto, color verde chiaro, e capelli acconciati in un gran numero di treccioline.

«È tutto pronto?» domandò la donna. «Sei sicuro, Tammuz?»

L’uomo allargò le braccia. «Tu fai sempre il controllo dopo di me, Aludra. Tutto è pronto. Si potrebbe iniziare lo spettacolo in questo stesso momento.»

«Porte e cancelli sono sbarrati? Tutte le...» Le parole svanirono, mentre i due s’allontanavano lungo l’edificio illuminato.

Rand esaminò gli oggetti nello spiazzo, ma non riconobbe quasi niente. Al centro, alcune decine di tubi verticali alti quasi quanto lui e spessi un piede e più, si ergevano su basi di legno. Da ogni tubo, una cordicella scura e ritorta correva per terra fin dietro un basso muricciolo lungo forse tre passi. Tutt’intorno allo spiazzo c’era un guazzabuglio di rastrelliere di legno, con truogoli, tubi, bastoni biforcuti e un’altra ventina d’oggetti diversi.

Dei fuochi artificiali, visti in un paio d’occasioni, Rand sapeva solo che scoppiavano con un gran botto o sibilavano per terra in spirali di scintille o, a volte, saettavano in aria. Riconobbe però le cordicelle, ossia le micce, a cui bisognava dare fuoco.

Diede un’occhiata alla porta, segnalò agli altri due di seguirlo e si avviò dall’altra parte dello spiazzo: se dovevano nascondersi, voleva che il nascondiglio fosse il più lontano possibile da quella porta.

Bisognava passare fra le rastrelliere. Rand trattenne il fiato, ogni volta che ne sfiorava una. Gli oggetti disposti negli alloggiamenti si spostavano rumorosamente al minimo tocco. Le rastrelliere parevano tutte di legno, senza parti metalliche. Rand immaginava già il fracasso, se ne avessero rovesciata una. Tenne d’occhio con diffidenza i tubi, perché ricordava quale botto aveva provocato uno di quei tubi grosso un dito. Se quelli erano fuochi d’artificio, non voleva trovarsi vicino.

Loial borbottava in continuazione, soprattutto quando urtò una rastrelliera e si scostò in fretta urtandone un’altra. Procedeva con l’accompagnamento di acciottolii e borbottii.

Selene contribuiva a innervosire gli altri due: camminava con noncuranza, come se si trovasse in una via cittadina; non urtava niente, non faceva rumore, però non si curava di tenere chiuso il mantello e il bianco della veste pareva più vivido di quello degli edifici. Rand scrutò le finestre illuminate, timoroso che vi comparisse qualcuno: era impossibile non scorgere Selene e non dare l’allarme.

Però le finestre rimasero vuote. Rand già tirava un sospiro di sollievo, mentre s’avvicinavano al basso muricciolo e ai vicoli e agli edifici più in là, quando Loial urtò una rastrelliera posta proprio contro il muro, che conteneva dieci bastoncini lunghi un braccio, dalla cui punta si levava un filo di fumo. La rastrelliera si rovesciò per terra senza tanto rumore, ma i bastoncini fumanti si sparpagliarono sopra una delle micce. La miccia prese fuoco, la fiamma sibilò, scoppiettò e corse verso uno dei tubi.

Rand rimase un istante a occhi sbarrati, poi bisbigliò un grido: «Dietro il muretto!»

Selene protestò con rabbia, quando lui la gettò a terra al riparo del muretto, ma Rand non le badò. Mentre Loial si accucciava accanto a loro, cercò di distendersi su di lei per proteggerla. Aspettò che il tubo esplodesse e si domandò se sarebbe rimasto qualcosa, del muretto. Udì un tonfo sordo e la vibrazione del terreno. Con cautela, si sollevò quanto bastava a scrutare da sopra il riparo. Selene, sotto di lui, gli diede pugni nelle costole e si dimenò per togliersi da quella posizione, imprecando in una lingua che Rand riconobbe, ma che in quel momento non notò.

Dalla punta del tubo scaturiva un filo di fumo. Tutto qui. Rand scosse la testa, stupito. Se il risultato era solo quello...

Col fragore d’un tuono, un enorme fiore rosso e bianco sbocciò nel cielo ormai buio e ricadde lentamente in una miriade di scintille.

Mentre Rand lo fissava a occhi sgranati, nell’edificio illuminato scoppiò il finimondo. Donne e uomini comparvero alle finestre, tra le grida, segnando a dito.

Rand guardò con desiderio il vicolo buio distante solo una decina di passi: al primo, tutti quelli alle finestre l’avrebbero visto. Dall’edificio provenne il rumore di piedi in corsa.

Rand spinse contro il muro Loial e Selene; si augurò che tutt’e tre si confondessero con le ombre. «Fermi e zitti» bisbigliò. «È la nostra unica speranza.»

«A volte» disse piano Selene «se stai completamente immobile, nessuno ti vede,» Non pareva preoccupata.

Dallo spiazzo provennero rumori di stivali, avanti e indietro, e voci incollerite. Soprattutto quella che Rand riconobbe come la voce di Aludra.

«Tu, grandissimo buffone, Tammuz! Brutto maiale! Tua madre era una capra, Tammuz! Un giorno o l’altro ci ammazzerai tutti.»

«Non ne ho colpa, Aludra» protestò l’uomo. «Sono sicuro d’avere messo ogni cosa al suo posto e le esche erano,..»

«Non rivolgermi la parola, Tammuz! Un grosso porco non merita di parlare come un essere umano!» Aludra cambiò tono e rispose alla domanda di una terza persona. «Non c’è tempo di prepararne un altro. Stasera Galldrian dovrà accontentarsi dei rimanenti. Uno l’ha avuto in anticipo. E tu, Tammuz! Tu metterai tutto a posto e domattina andrai con i carri a comprare letame. Se stanotte va storto ancora qualcosa, non mi fiderò più di te neppure per il letame!»

I passi s’allontanarono verso l’edificio, col sottofondo del brontolio di Aludra. Tammuz rimase nello spiazzo, protestando sottovoce per l’ingiustizia della sorte.

Quando l’uomo si avvicinò a rialzare la rastrelliera, Rand trattenne il respiro. Rincantucciato nell’ombra addosso al muretto, vedeva la schiena e le spalle di Tammuz. Se quest’ultimo avesse girato la testa, non avrebbe potuto non vedere Rand e gli altri. Sempre lamentandosi, Tammuz rimise a posto i bastoni fumanti e tornò a passo deciso verso l’edificio in cui erano spariti gli altri.

Rand lasciò uscire il fiato e diede una rapida occhiata in quella direzione, poi si ritrasse nell’ombra. Alle finestre c’erano ancora alcune persone. «Abbiamo avuto già fin troppa fortuna, stasera» bisbigliò.

«Si dice che i grandi uomini si creino da soli la propria fortuna» commentò Selene.

«Smettila con questa solfa» la rimproverò lui stancamente. Avrebbe voluto che il profumo di Selene non gli desse tanto alla testa: trovava difficile pensare con chiarezza. Ricordava la sensazione del corpo di lei, quando l’aveva spinta a terra... morbido e solido, in una mistura che lo turbava... e anche questo non gli era d’aiuto.

«Rand?» Loial scrutava da dietro il muro, dalla parte opposta all’edificio illuminato. «Ce ne occorrerà ancora una buona dose, di fortuna.»

Rand cambiò posizione per guardare da sopra la spalla dell’Ogier. Al di là dello spiazzo, nel passaggio che portava alla porta priva di sbarra, tre Trolloc scrutavano cautamente dall’ombra le finestre illuminate. Una donna era affacciata, ma pareva non vederli.

«Così» disse piano Selene «siamo in trappola. Questa gente può ucciderti, se ti prende. I Trolloc ti uccideranno di sicuro. Ma forse ucciderai i Trolloc con tanta rapidità da non farli nemmeno gridare. Forse impedirai che questa gente ti uccida per conservare i loro piccoli segreti. Non vuoi la grandezza, ma occorre un grande uomo per queste imprese.»

«Si direbbe che ne sei contenta» replicò Rand. Cercò di smetterla di pensare al suo profumo, alla sensazione del contatto col suo corpo e fu quasi circondato dal vuoto. Lo scacciò. A quanto pareva, i Trolloc non li avevano ancora individuati. Tornò al suo posto e fissò il vicolo più vicino. Se si fossero mossi per rifugiarsi lì dentro, i Trolloc li avrebbero visti di sicuro e li avrebbe visti anche la donna alla finestra. Trolloc e Illuminatori avrebbero fatto a gara per catturarli.

«La tua grandezza mi renderà felice.» Malgrado le parole, Selene pareva arrabbiata. «Forse dovrei lasciare che te la cavi da solo, per una volta. Se non afferri la grandezza, quando ce l’hai a portata di mano, forse meriti di morire.»

Rand si rifiutò di guardarla. «Loial, riesci a vedere se per caso c’è un’altra porta in fondo al vicolo?»

L’Ogier scosse la testa. «Qui c’è troppa luce e laggiù troppo buio. Se fossi nel vicolo, lo vedrei.»

Rand toccò l’elsa. «Prendi con te Selene. Appena vedi una porta, se la vedi, lancia un grido e vi seguirò. Se in fondo al vicolo non ci sono porte, alza Selene in modo che arrivi alla cima del muro e lo scavalchi.»

«Va bene, Rand» rispose Loial, in tono preoccupato. «Ma quando ci muoveremo, quei Trolloc verranno dietro di noi, non importa chi guarda. Anche se c’è una porta, li avremo alle calcagna.»

«Ai Trolloc penserò io.» Erano tre: poteva farcela, con l’aiuto del vuoto. Il pensiero di Saidin lo decise. Troppe cose bizzarre erano accadute, quando lui aveva lasciato che la metà maschile della Vera Fonte gli si avvicinasse. «Vi seguirò appena possibile. Andate.» Si girò a osservare i Trolloc da dietro il muretto.

Con la coda dell’occhio colse il movimento di Loial e della veste bianca di Selene coperta in parte dal mantello. Al di là dei tubi, un Trolloc indicò da quella parte, eccitato. Ma i tre esitarono ancora, lanciando occhiate alla finestra dove la donna era ancora affacciata. Tre Trolloc. Doveva esserci un modo. A parte il vuoto. A parte Saidin.

«C’è una porta!» gridò piano Loial. Un Trolloc uscì di un passo dall’ombra e gli altri lo seguirono, preparandosi all’attacco. Come da lontano, Rand udì lo strillo della donna alla finestra e il grido di Loial.

Senza riflettere, balzò in piedi. Doveva fermare in qualche modo i Trolloc, altrimenti avrebbero continuato l’inseguimento. Afferrò un bastoncino fumante e si lanciò verso il tubo più vicino. Il tubo si piegò, cominciò a rovesciarsi. Rand l’afferrò per la base quadrata: il tubo puntava dritto verso i Trolloc, che rallentarono, incerti, mentre la donna alla finestra continuava a strillare. Rand accostò la punta fumante del bastoncino alla miccia, proprio nel punto dove questa si univa al tubo.

Il tonfo sordo fu quasi immediato. La base di legno urtò Rand e lo mandò a gambe levate. Un rombo simile a tuono ruppe il silenzio della sera e un’accecante esplosione scacciò il buio.

Rand si rialzò, battendo le palpebre e tossendo in una nube di fumo acre e denso: gli ronzavano le orecchie. Metà dei tubi e tutte le rastrelliere si erano rovesciati; l’angolo dell’edificio accanto al quale stavano i Trolloc era semplicemente scomparso; le fiamme lambivano assi e travi spezzate. Dei Trolloc non c’era traccia.

Malgrado il ronzio nelle orecchie, Rand udì le grida degli Illuminatori ancora nell’edificio. Si lanciò di corsa e s’infilò nel vicolo. A metà strada inciampò in un oggetto e si rese conto che si trattava del suo stesso mantello. Lo raccolse senza rallentare. Alle sue spalle, le grida riempivano la notte.

Loial saltellava con impazienza accanto alla porta spalancata. Ed era solo.

«Dov’è Selene?» domandò Rand.

«È tornata dalla tua parte, Rand. Ho cercato d’afferrarla, ma mi è scivolata dalle mani.»

Rand si girò verso il frastuono. Distingueva appena le grida. Nello spiazzo c’era adesso la luce delle fiamme.

«I secchi di sabbia! Portate subito i secchi di sabbia!»

«È il disastro! Il disastro!»

«Sono andati da quella parte!»

Loial afferrò Rand per la spalla. «Non puoi aiutarla, Rand. Ti farai catturare. Dobbiamo andarcene.»

All’imboccatura del vicolo comparve una sagoma, ombra scura messa in rilievo dal bagliore delle fiamme, e indicò dalla loro parte.

«Andiamo, Rand!» disse Loial.

Rand si lasciò tirare nel buio al di là della porta. Alle loro spalle, le fiamme si affievolirono fino a diventare un debole bagliore nella notte e le luci di Fuoriporta si avvicinarono. Rand desiderò quasi che comparissero altri Trolloc, altri nemici da combattere. Ma c’era solo la brezza che increspava l’erba.

«Ho tentato di fermarla» disse Loial. Seguì un lungo silenzio. «Non potevamo fare niente, davvero. Avrebbero preso anche noi.»

Rand sospirò. «Lo so, Loial. Hai fatto il possibile.» Tornò indietro di qualche passo e guardò il bagliore. Pareva più debole: di sicuro gli Illuminatori avevano quasi spento le fiamme. «Devo aiutarla in qualche modo» disse. Ma come? Ricorrendo a Saidin? Al Potere? Represse un brivido.

Attraversarono Fuoriporta passando per le vie illuminate, avvolti in un silenzio che tagliava fuori l’allegria circostante.

Quando entrarono nel Difensore del Muro del Drago, il locandiere porse a Rand un vassoio con un foglio di pergamena. Rand fissò il sigillo bianco: una falce di luna e alcune stelle. «Chi l’ha lasciato?» domandò. «Quando?»

«Una vecchia, milord. Meno d’un quarto d’ora fa. Una domestica, ma non ha detto di quale Casa.» Il locandiere sorrise, quasi a invitare confidenze.

«Grazie» disse Rand, continuando a fissare il sigillo. Il locandiere, con aria pensierosa, li guardò salire di sopra.

Quando Rand e Loial entrarono nella stanza, Hurin si tolse di bocca la pipa. Aveva posato sul tavolo la corta spada e il frangilama; li aveva puliti con uno straccio unto. «Hai passato molto tempo col menestrello, milord. Sta bene?»

Rand sobbalzò «Come? Thom? Sì, sta...» Col pollice spezzò il sigillo e lesse il biglietto.

Quando penso di sapere cosa stai per fare, fai subito una cosa diversa. Sei un uomo pericoloso. Forse tra poco saremo di nuovo insieme. Pensa al Corno. Pensa alla gloria. E pensa a me, perché sei sempre mio.

Anche stavolta il biglietto non era firmato.

«Le donne sono tutte pazze?» domandò Rand al soffitto. Hurin si strinse nelle spalle. Rand si lasciò cadere sull’altra sedia, quella di proporzioni adatte a un Ogier; i piedi dondolavano a due spanne dal pavimento, ma lui non vi badò. Fissò lo scrigno avvolto nella coperta, sotto il letto di Loial. “Pensa alla gloria." «Vorrei che Ingtar arrivasse» sospirò.

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