16 Nello specchio di tenebra

Hurin disse: «Non dovevi lasciarci dormire, lord Rand» quando all’alba costui svegliò gli altri due. Il sole ancora non si era levato, ma c’era luce sufficiente. La nebbia si era dissolta, con riluttanza, nelle ultime ore della notte. «Se ti affatichi per risparmiare noi, milord, chi ci riporterà a casa?»

«Dovevo riflettere» rispose Rand, Niente indicava che ci fosse stata la nebbia, né che fosse comparso Ba’alzamon. Rand toccò il fazzoletto avvolto intorno alla destra. Era quella, la prova della visita di Ba’alzamon. «È ora di montare in sella, se vogliamo raggiungere Fain e i suoi Amici delle Tenebre. Faremo colazione a cavallo.»

Loial si fermò nel gesto di stiracchiarsi. «La mano, Rand. Cosa t’è accaduto?»

«Mi sono ferito. Niente di grave.»

«Nelle bisacce ho un balsamo...»

«Non è niente!» Rand sapeva d’essere sgarbato, ma una sola occhiata al marchio avrebbe provocato domande alle quali non voleva rispondere. «Non perdiamo tempo. Mettiamoci in cammino.» Si mise a sellare Red, con un certo impaccio a causa della ferita. Hurin balzò subito in sella.

«Non c’è bisogno d’essere così irascibili» brontolò Loial.

Un’orma, si disse Rand, mentre si avviavano, sarebbe stata una cosa naturale: in quel mondo c’erano già troppe cose innaturali. Anche una singola impronta di zoccolo sarebbe stata la benvenuta. Fain, Amici delle Tenebre e Trolloc dovevano pur lasciare qualche segno. Si concentrò sul terreno, nella speranza di scoprire una traccia lasciata da un’altra creatura vivente.

Niente: non una pietra capovolta, non una zolla spostata. Una volta guardò il terreno dietro di loro, per assicurarsi che vi restavano le impronte di zoccoli: zolle scalzate e steli piegati segnavano chiaramente il loro passaggio; ma davanti a loro il terreno era intatto. Però Hurin ripeteva di fiutare la traccia, debole, ma sempre diretta a meridione.

Come il giorno precedente, l’annusatore si concentrò sulla pista, simile a un segugio che segua l’usta d’un cervo; e Loial s’immerse nei propri pensieri, borbottando tra sé e accarezzando il grosso bastone tenuto di traverso sulla sella.

Cavalcavano da meno di un’ora, quando Rand scorse il pinnacolo. Era così intento a cercare tracce, che la colonna affusolata gli si parò davanti all’improvviso, più alta degli alberi, direttamente sul loro percorso.

«Cosa sarà?» disse Rand.

«Non ne ho idea» rispose Loial.

«Se questo fosse il nostro mondo, lord Rand...» Hurin esitò e cambiò posizione, a disagio. «Be’, il monumento di cui parlava lord Ingtar, quello per commemorare la vittoria di Artur Hawkwing sui Trolloc, era una grande guglia. Ma fu abbattuto mille anni fa. Ne resta solo un grosso cumulo di macerie, simile a una collina. L’ho visto, quando sono andato nel Cairhien per conto di lord Agelmar.»

«Secondo Ingtar» disse Loial «dovrebbe trovarsi ancora a tre o quattro giorni di viaggio. Ammesso che qui ci sia. E non vedo perché dovrebbe. Mi pare che qui non esista anima viva.»

L’annusatore tornò a guardare il terreno. «Il punto è proprio questo, vero, Costruttore? Non c’è anima viva, ma il monumento è lì davanti a noi. Forse dovremmo girare alla larga, milord Rand. Non si può dire cos’è, né chi c’è laggiù, in un luogo come questo.»

Per qualche istante Rand rifletté, tamburellando sul pomo della sella. «Dobbiamo mantenerci il più possibile sulla pista» disse infine. «Non mi pare che guadagniamo terreno su Fain e non voglio perdere altro tempo. Se vediamo gente o qualcosa fuori del normale, allora giriamo attorno alla zona fino a riprendere la pista. Ma per il momento tiriamo dritto.»

«Come vuoi, milord» rispose Hurin, con un tono bizzarro, e lanciò a Rand un lungo sguardo di sottecchi. «Come vuoi.»

Rand aggrottò la fronte un istante, prima di capire; e allora sospirò a sua volta. I lord non danno spiegazioni ai propri uomini, solo ad altri lord. «Segui la pista, Hurin.»

Con un sorriso di sollievo, l’annusatore spronò il cavallo.

Quando il pallido sole fu alto sopra di loro, il pinnacolo distava circa un miglio. Erano arrivati a un torrente sul fondo d’un canalone alto due braccia, e gli alberi erano scarsi. Rand vide la montagnola su cui sorgeva il pinnacolo, simile a una collina rotonda dalla cima piatta. Il pinnacolo grigio si elevava per almeno cento braccia e la cima era scolpita a immagine d’un uccello ad ali distese.

«Un falco» disse Rand. «È davvero il monumento di Hawkwing. C’era gente, qui, anche se ora sembra scomparsa. L’hanno costruito in un altro luogo e non l’hanno mai abbattuto. Pensa, Hurin: quando torneremo, potrai dire a tutti com’era davvero il monumento. In tutto il mondo saremo i soli ad averlo visto.»

«Sì, milord. Ai miei figli piacerà sentir raccontare che il loro padre ha visto il monumento di Hawkwing.»

«Rand...» cominciò Loial, preoccupato.

«Forza, al galoppo» disse Rand. «Una corsa ci farà bene. Questo posto sarà anche morto, ma noi siamo vivi.»

«Rand» riprese Loial «non credo che sia...»

Senza aspettare di udire il resto, Rand spronò Red. In due balzi il cavallo attraversò fra gli schizzi il corso d’acqua poco profondo e risalì la riva opposta. Rand udì Loial chiamarlo, ma si mise a ridere, agitò il braccio per indicare all’Ogier di seguirlo e continuò al galoppo. Il vento in faccia gli dava una piacevole sensazione.

La montagnola copriva un’area di duecento passi buoni, ma il pendio erboso non era molto ripido. Il pinnacolo grigio si alzava al cielo, squadrato e tanto largo da sembrare quasi tozzo, nonostante l’altezza. Rand tornò serio; torvo in viso, fermò Red.

«È davvero il monumento di Hawkwing, lord Rand?» domandò Hurin, a disagio. «Non ha l’aria giusta.»

Rand riconobbe la scrittura spigolosa che copriva la superficie del monumento e alcuni simboli scolpiti nel senso della larghezza, alti quanto una persona. Il teschio cornuto dei Trolloc Da’vol. Il pugno di ferro dei Dhai’mon. Il tridente dei Ka’bol e il vortice degli Ahf’frait. C’era anche un falco, scolpito vicino alla base. Aveva un’apertura alare di dieci passi e giaceva sulla schiena, trafitto da un fulmine; i corvi gli beccavano gli occhi. Le ali enormi in cima al pinnacolo parvero bloccare il sole.

Loial giunse al galoppo.

«Rand, ho cercato di spiegartelo» disse. «Quello è un corvo, non un falco. Lo vedevo chiaramente.»

Hurin girò il cavallo e si rifiutò perfino di guardare ancora il pinnacolo.

«Ma com’è possibile?» disse Rand. «Qui Artur Hawkwing sconfisse i Trolloc. L’ha detto Ingtar.»

«Non qui» replicò lentamente Loial. «È chiaro: “Di Pietra in Pietra corrono le linee del ‘se’, fra i mondi che potrebbero essere". Ho riflettuto e credo di sapere cosa significa. ‘I mondi che potrebbero essere’ il nostro, se certi eventi fossero stati diversi. Forse proprio per questo qui tutto ha un’aria così... slavata. Perché è un mondo ‘possibile’, ‘alternativo’, solo un’ombra del mondo reale. Qui, credo, hanno vinto i Trolloc. Forse per questo non abbiamo visto villaggi né persone.»

A Rand venne la pelle d’oca. Se vincevano, i Trolloc non lasciavano in vita gli esseri umani, se non come provvista di cibo. Se avevano conquistato un mondo intero... «Allora i Trolloc dovrebbero essere dappertutto. A quest’ora ne avremmo visti a migliaia. Saremmo morti da ieri.»

«Non so, Rand. Forse, sterminati gli esseri umani, si sono uccisi tra di loro. I Trolloc vivono per uccidere. Non sanno fare altro: è nella loro natura. Non so, ecco.»

«Lord Rand» disse a un tratto Hurin. «Qualcosa si è mosso, laggiù.»

Rand girò di scatto il cavallo, aspettandosi di vedere Trolloc alla carica. Ma Hurin indicava la parte da cui erano giunti e lì non c’era niente. «Cos’hai visto, Hurin? Dove?»

L’annusatore lasciò cadere il braccio. «Proprio al limitare di quel gruppo d’alberi, a circa un miglio. Parevano una donna e... e un’altra creatura che non ho distinto bene, però...» Rabbrividì. «È difficile distinguere cose che non hai proprio sotto il naso. Ah, questo luogo mi fa girare le viscere. Sarà stata immaginazione, milord. Questo posto è adatto a bizzarre fantasie.» Ingobbì le spalle come se si sentisse schiacciato dal pinnacolo. «Senza dubbio era solo il vento, milord.»

«C’è dell’altro, temo» disse Loial. Parve di nuovo turbato. Indicò il meridione. «Cosa vedi, laggiù?»

Rand socchiuse gli occhi. «Terreno come quello già attraversato. Alberi. Colline e montagne. Nient’altro. Cosa vuoi che veda?»

«Le montagne» sospirò Loial. Abbassò le orecchie e le sopracciglia gli toccarono quasi le guance. «Quella catena montuosa dovrebbe essere il Pugnale del Kinslayer, Rand. Non ci sono altre possibilità, a meno che questo mondo non sia totalmente diverso dal nostro. Ma il Pugnale del Kinslayer si trova a più di cento leghe a meridione dell’Erinin. Le distanze sono difficili da giudicare, qui, però... Vi arriveremo prima di notte.» Non occorreva aggiungere altro. Non potevano avere coperto più di cento leghe in meno di tre giorni.

«Forse questo posto è simile alle Vie» brontolò Rand, senza riflettere. Udì il gemito di Hurin e subito rimpianse di non avere tenuto a freno la lingua.

Non era un pensiero piacevole. Si imboccava una Via (le Porte delle Vie si trovavano proprio fuori degli stedding e nei boschetti Ogier), si camminava per un giorno e ci si trovava a un centinaio di leghe dal punto di partenza. Le Vie erano buie, adesso, e impure; percorrerle significava rischiare la morte o la follia. Perfino i Fade avevano paura di usarle.

«In questo caso, Rand» disse lentamente Loial «forse anche qui un passo falso può uccidere. O ci sono cose che non abbiamo ancora visto e che possono farci di peggio?»

Hurin gemette di nuovo.

Avevano bevuto l’acqua, avevano cavalcato come se non avessero preoccupazione al mondo. La spensieratezza uccideva in fretta, nelle Vie. Rand deglutì e si augurò che lo stomaco smettesse di agitarsi.

«Ormai quel che è fatto, è fatto» disse. «Preoccuparsi non serve. Però d’ora in poi staremo attenti a dove mettiamo i piedi.» Diede un’occhiata a Hurin: l’annusatore, con la testa incassata fra le spalle, saettava lo sguardo tutt’intorno, come se si chiedesse chi stava per saltargli addosso e da quale parte. Hurin aveva dato la caccia a feroci assassini, ma questa avventura era più di quanto potesse sopportare. «Coraggio, Hurin. Non siamo ancora morti e non moriremo. Dobbiamo solo stare attenti. Tutto qui.»

Proprio in quel momento udirono lo strillo, flebile per la distanza.

«Una donna!» disse Hurin. Parve risollevarsi un poco. «Ero sicuro d’avere visto...»

Un altro strillo, più disperato del primo.

«Non può essere la stessa, a meno che non sappia volare» disse Rand. «Questa è a meridione, rispetto a noi.» Spinse Red al galoppo.

«Ci hai appena detto di stare attenti!» gli gridò dietro Loial. «Luce santa, stai attento!»

Rand si abbassò sulla sella e spronò Red a corsa pazza, attirato dalle grida. Altro che stare attento! Nella voce della donna c’era puro terrore. Sul bordo di un altro torrente, davanti a un ripido canale più profondo di tanti altri, Rand fermò il cavallo e Red scivolò fra schizzi di pietre e di terriccio. Gli strilli si avvicinavano...

Con un’occhiata Rand colse tutta la scena. Duecento passi più avanti la donna, ferma nel torrente accanto al cavallo, le spalle alla riva, agitava un ramo per tenere a bada una creatura ringhiante. Per un attimo Rand rimase di sasso: la mostruosa creatura sembrava una rana grossa come un orso, o un orso con la pelle verde delle rane.

Balzò a terra e si tolse di tracolla l’arco. Se avesse perso tempo ad avvicinarsi, forse non ce l’avrebbe fatta. La donna riusciva appena a tenere a bada la... la creatura. La distanza non era poca, ma il bersaglio era grosso. Anche se impacciato dalla mano bendata, appena toccò terra Rand riuscì a scagliare una freccia.

Il dardo si conficcò per metà della propria lunghezza nella pelle coriacea della creatura, che si girò di scatto ad affrontare Rand. Per quanto distante, quest’ultimo arretrò d’un passo. Nemmeno in sogno aveva mai visto un animale come quello, dall’enorme testa sagomata a cuneo, con un becco dai bordi cornei, ricurvo per lacerare meglio la carne e tre occhi, piccoli, feroci, circondati da escrescenze ossee. La creatura si raccolse su se stessa e balzò verso di lui, a valle del torrente, con grandi salti e schizzi d’acqua.

«Un occhio» gridò la donna. Pareva sorprendentemente calma, considerati gli strilli di prima. «Devi colpirlo in un occhio per ucciderlo.»

Rand incoccò un’altra freccia e tese l’arco. Con riluttanza cercò il vuoto: avrebbe voluto evitarlo, ma seguiva l’insegnamento di Tarn, ben sapendo che altrimenti non avrebbe centrato il bersaglio. Nel vuoto c’era la tremula luce di Saidin, ma lui la scacciò. Divenne tutt’uno con l’arco, con la freccia, con la sagoma mostruosa che balzava verso di lui. Tutt’uno col minuscolo occhio. Non sentì nemmeno la freccia lasciare la corda.

La creatura spiccò un altro balzo; all’apice del salto, fu colpita nell’occhio centrale. Cadde distesa, sollevò un enorme schizzo d’acqua e di fango, giacque immobile.

«Tiro bello e coraggioso» disse la donna. Era montata a cavallo e si avvicinava. Rand si stupì che non fosse fuggita, mentre l’attenzione della creatura era rivolta su di lui. La donna passò accanto al corpo enorme che con gli ultimi spasmi increspava ancora l’acqua, ma non lo degnò di un’occhiata; risalì la riva e smontò. «Pochi rimarrebbero fermi ad aspettare la carica di un grolm, milord.»

Vestiva tutta di bianco, con la sottana divisa in due per andare a cavallo, fermata da una cintura d’argento; anche gli stivaletti, che spuntavano dall’orlo della veste, erano decorati in argento. Perfino la sella era bianca, con finiture in argento. La giumenta bianca, con il collo arcuato e il passo elegante, era alta quasi quanto il baio di Rand. Ma era la donna stessa, forse dell’età di Nynaeve, a richiamare l’attenzione: era alta e bella, con pelle color avorio che metteva in risalto i capelli neri come la notte e occhi scurissimi. Rand aveva visto donne belle: Moiraine era bella, anche se fredda; e anche Nynaeve, quando non si lasciava trasportare dalla collera. Egwene e Elayne, l’Erede dell’Andor, erano due bellezze da mozzare il fiato. Ma questa donna... Rand non riuscì a spiccicare parola.

«I tuoi vassalli, milord?»

Rand trasalì e si girò. Hurin e Loial l’avevano raggiunto. Hurin guardava a occhi sgranati e perfino l’Ogier pareva affascinato.

«I miei amici» rispose Rand. «Loial e Hurin. Mi chiamo Rand. Rand al’Thor.»

«Non ci avevo mai pensato» disse a un tratto Loial, con l’aria di parlare tra sé «ma se esiste una cosa come la perfetta bellezza umana, in viso e in corpo, allora tu...»

«Loial!» esclamò Rand. L’Ogier, imbarazzato, irrigidì le orecchie. Anche Rand aveva le orecchie rosse: le parole di Loial si avvicinavano troppo a quel che lui stesso pensava in quel momento.

La donna proruppe in una risata argentina, ma subito tornò formale come regina sul trono. «Mi chiamo Selene» disse. «Hai rischiato la tua vita e salvato la mia. Ti appartengo, Rand al’Thor.» E, con orrore di Rand, s’inginocchiò davanti a lui.

Senza guardare Loial né Hurin, Rand si affrettò a farla rialzare. «Un uomo che non rischi la vita per salvare una donna, non è un uomo» disse; e subito arrossì. Aveva citato un detto dello Shienar. «Voglio dire... non è stato...» Che idiota! Non poteva dire alla donna che salvarle la vita non era stato niente «Il mio onore lo richiedeva» concluse. La frase suonava vagamente shienarese e formale. Rand si augurò che fosse appropriata. Non trovava nient’altro da dire.

A un tratto si accorse che la donna lo fissava: non aveva cambiato espressione, ma i suoi occhi scuri lo trapassavano, lo facevano sentire nudo. E senza volerlo la immaginò nuda. Arrossì di nuovo. «Aaah! Da... da dove vieni, Selene?» domandò. «Non abbiamo visto un’anima, dal nostro arrivo. La tua città è nelle vicinanze?»

La donna lo guardò, pensierosa, e Rand arretrò d’un passo, troppo consapevole della sua vicinanza.

«Non sono di questo mondo, milord» disse Selene. «Qui non ci sono persone. Nessun essere vivente, a parte i grolm e alcune altre creature simili. Provengo dal Cairhien e non so esattamente come sono giunta qui. Durante una passeggiata a cavallo mi sono fermata per un pisolino; al risveglio, mi sono ritrovata qui. Posso solo sperare, milord, che mi salvi una seconda volta e mi aiuti a tornare a casa.»

«Selene, non sono un... ah, per favore, chiamami solo Rand.»

«Se preferisci... Rand.» Gli sorrise, mozzandogli il fiato. «Mi aiuterai?»

«Naturalmente!» Quant’era bella! E lo guardava come se fosse un eroe delle storie! Scosse la testa per scacciare queste stupidaggini. «Prima, però, dobbiamo trovare gli uomini che inseguiamo. Cercherò di tenerti fuori dei pericoli, ma dobbiamo trovarli. Meglio venire con noi che stare qui da sola.»

Per un momento lei rimase in silenzio e parve studiarlo di nuovo. «Un uomo ligio al dovere» disse infine, con un lieve sorriso. «Mi piace. Sì. Chi sono i furfanti che inseguite?»

«Amici delle Tenebre e Trolloc, milady» s’intromise Hurin, con un goffo inchino. «Nella rocca di Fal Dara hanno ucciso alcune persone e rubato il Corno di Valere. Ma lord Rand lo riporterà indietro.»

Rand fissò tristemente l’annusatore: addio segreto! Hurin gli rivolse un debole sorriso. Tanto, pensò Rand, lì il segreto non aveva molta importanza; però, tornati nel loro mondo... «Selene, non devi parlare del Corno a nessuno. Se si viene a sapere, avremo alle calcagna centinaia di persone che cercheranno di prendercelo.»

«No, non sarebbe bene che cadesse nelle mani sbagliate» disse Selene, «Il Corno di Valere. Non so dirti quante volte ho sognato di toccarlo, di tenerlo fra le mani. Prometti di lasciarmelo toccare, quando l’avrai ricuperato.»

«Prima dobbiamo trovarlo. Meglio metterci in cammino.» Rand le offrì la mano per aiutarla a montare in sella, Hurin scese di cavallo e si precipitò a reggere la staffa. «Non so cosa sia quel mostro che ho ucciso... quel grolm?» disse Rand. «Ma potrebbero essercene altri qui intorno.» La mano di lei era ferma, forte, e la pelle era... Seta? Qualcosa di più morbido, di più liscio. Rand provò un brivido.

«Ci sono sempre» disse Selene. La giumenta bianca si agitò e snudò i denti a Red, ma si calmò appena Selene toccò le redini.

Rand si mise a tracolla l’arco e montò in sella. Possibile che esistesse una pelle così morbida? «Hurin, la pista? Hurin! Hurin!»

L’annusatore sobbalzò e smise di fissare Selene. «Sì, lord Rand. Ah... la pista. Meridione, milord. Sempre meridione.»

«Allora andiamo.» Rivolse un’occhiata inquieta al corpo del grolm in mezzo al torrente. Si era sentito meglio quando credeva che in quel mondo non ci fossero altri esseri viventi. «Segui la pista, Hurin.»

All’inizio Selene cavalcò a fianco di Rand, parlando di questo e di quello, rivolgendogli domande e chiamandolo lord. Una decina di volte Rand fu sul punto di dirle che non era un lord, solo un pastore, e ogni volta, guardandola, non riuscì a parlare. Una dama come lei non avrebbe parlato allo stesso modo a un pastore, anche se quel pastore le aveva salvato la vita.

«Sarai un grand’uomo, quando avrai trovato il Corno di Valere» disse Selene. «Un uomo da leggenda. L’uomo che suona il Corno crea la propria leggenda.»

«Non voglio suonarlo e non voglio entrare in nessuna leggenda» replicò Rand. Non sapeva se la donna usasse profumi, ma da lei proveniva un aroma dolce e pungente che gli pizzicava il naso e gli dava alla testa.

«Tutti cercano grandezza. Potresti essere l’uomo più importante di tutte le Epoche.»

Parole troppo simili a quelle di Moiraine, pensò Rand. Senza dubbio il Drago Rinato avrebbe segnato l’Epoca.

«Io no» replicò con fervore. «Io sono soltanto...» Si disse che Selene l’avrebbe disprezzato, se le avesse detto d’essere un semplice pastore e cambiò la conclusione della frase: «...uno che lo cerca. E che vuole aiutare un amico.»

Lei rimase in silenzio un momento. «Ti sei ferito alla mano» disse poi.

«Non è niente» rispose Rand. Cercò d’infilare nella giubba la mano, che gli pulsava perché reggeva le redini, ma lei gliela prese.

Rand, sorpreso, la lasciò fare; poi non ebbe scelta: o la ritraeva sgarbatamente o le permetteva di togliere il fazzoletto. Il tocco di Selene era fresco e sicuro. Sul palmo, arrossato e gonfio, il segno dell’airone era sempre ben visibile.

Con un dito Selene sfiorò il marchio a fuoco, ma non fece commenti, nemmeno per domandare come se l’era procurato. «Se non lo curi» disse poi «rischi di restare con la mano paralizzata. Ho un unguento che dovrebbe farti bene.» Da una tasca interna del mantello estrasse una boccetta di pietra, tolse il turacciolo e con delicatezza si mise a spalmare sull’ustione un balsamo bianco.

L’unguento, freddo all’inizio, parve scaldarsi e penetrare nella carne. E si mostrò efficace, come a volte i medicamenti di Nynaeve. Sotto la carezza delle dita di Selene, l’infiammazione regredì e il gonfiore diminuì.

«Alcuni uomini» disse lei, senza alzare gli occhi «decidono di cercare la grandezza, mentre altri sono costretti a cercarla. È sempre meglio decidere, anziché essere costretti. Chi è costretto a fare una cosa, non è mai interamente il padrone di se stesso. Sarà sempre il burattino di chi lo costringe.»

Rand liberò la mano: il marchio pareva vecchio d’una settimana, quasi guarito. «Cosa vuoi dire?» domandò.

«Mi riferivo al Corno, ovviamente» rispose Selene, calma, riponendo la boccetta. «Se trovi il Corno di Valere, acquisterai grandezza. Ma ti è stato imposto o hai deciso da te? Ecco il punto.»

Rand fletté le dita. Selene parlava come Moiraine. «Sei Aes Sedai?» le domandò.

Lei inarcò le sopracciglia; gli occhi mandarono uno scintillio, ma la voce era calma. «Aes Sedai?» disse. «Io? No.»

«Scusa, non volevo offenderti.»

«Offendermi? Non mi sono offesa, ma non sono Aes Sedai.» Arricciò le labbra in un ghigno di scherno e anche la smorfia era bella. «Si rincantucciano dove si ritengono al sicuro, mentre potrebbero fare molto di più. Servono, mentre potrebbero governare; lasciano che ci siano le guerre, mentre potrebbero portare ordine nel mondo. No, non chiamarmi mai Aes Sedai.» Sorrise e gli posò sul braccio la mano, per mostrare di non essere in collera.

Ma Rand si sentì più sollevato, quando lei rimase indietro per affiancarsi a Loial. Ma ne sentì anche la mancanza, Precedeva Selene solo di qualche passo (si girò sulla sella a fissare le donna, che cavalcava a fianco di Loial; l’Ogier era piegato quasi in due, per parlarle) ma avrebbe preferito averla accanto, per sentirne il profumo inebriante, per toccarla. Si girò di nuovo, arrabbiato con se stesso. Non voleva toccarla sul serio (amava Egwene e si sentì in colpa perché aveva dovuto fare uno sforzo per ricordarlo) ma Selene era bellissima e lo riteneva un lord e diceva che poteva diventare un grand’uomo. Anche Moiraine sosteneva che lui era il Drago Rinato. Selene non era Aes Sedai. Era una nobildonna del Cairhien e lui un pastore. E lei non lo sapeva. Per quanto tempo le avrebbe lasciato credere una menzogna? Solo finché non fossero andati via da quel posto. Se ne fossero andati via. Se. Con quel se, i suoi pensieri assunsero un silenzio imbronciato.

Cercò di osservare il terreno... Selene diceva che c’erano altre creature come quel grolm e lui le credeva; Hurin era troppo intento a fiutare la traccia per notare altro; anche Loial era troppo impegnato nella conversazione per vedere qualcosa prima che gli morsicasse le gambe. Ma era difficile tenere d’occhio il territorio. Girare la testa troppo in fretta gli faceva lacrimare gli occhi; una collina o un folto d’alberi parevano distanti un miglio, da un’angolazione, e solo un centinaio di passi, da un’altra.

Però si avvicinavano alla catena montuosa, di questo Rand era sicuro. Il Pugnale del Kinslayer, stagliato contro il cielo, era una distesa seghettata di cime incappucciate di neve. Tutt’intorno già si vedevano le alture pedemontane che rivelavano la vicinanza della catena montuosa. Sarebbero giunti alla base delle montagne vere e proprie prima del buio, forse in un’altra ora o poco più. Cento e passa leghe, percorse in meno di tre giorni. Anzi, no: nel mondo reale avevano trascorso a meridione dell’Erinin la maggior parte di una giornata. Cento e passa leghe in meno di due giorni.

«Dice che avevi ragione, su questo posto.»

Rand sobbalzò: non si era accorto che Loial gli sì era accostato. Selene era accanto a Hurin, che sogghignava e chinava la testa a ogni sua parola. Rand guardò di sottecchi l’Ogier. «Da come vi tenevate testa a testa, sono sorpreso che tu sia riuscito a staccarti da lei. Cosa significa che avevo ragione?»

«Una donna affascinante, vero? Alcuni Anziani conoscono la storia molto meno di lei, in particolare a proposito dell’Epoca Leggendaria e delle... oh, sì. Dice che avevi ragione, a proposito delle Vie. Alcune Aes Sedai studiarono mondi come questo e il loro studio servì di base alla creazione delle Vie. Ci sono mondi dove non cambia la distanza, ma il tempo. Passi un giorno in uno di questi mondi e nel mondo reale è trascorso un anno, o venti. O viceversa. Questi mondi sono immagini del mondo reale, dice lei. Qui tutto ci sembra slavato perché si tratta di un’immagine debole, di un mondo con poche probabilità d’esistere. Altri sono quasi simili al nostro. E abitati. Dalla stessa gente, dice lei. Pensa, Rand! Puoi andare in uno di questi mondi e incontrare te stesso. Il Disegno ha infinite variazioni, dice lei, e ogni variazione che può esistere, esisterà.»

Rand scosse la testa e subito rimpianse d’averlo fatto, perché il panorama guizzò avanti e indietro procurandogli un senso di nausea. «Come fa a sapere tutte queste cose? Tu hai una cultura eccezionale, Loial, eppure di questo mondo non sapevi quasi niente.»

«Lei è cairhienese, Rand. La Biblioteca Reale di Cairhien è una delle più vaste del mondo, forse la più vasta, dopo quella di Tar Valon. Gli Aiel la risparmiarono di proposito, sai, quando incendiarono Cairhien. Non distruggerebbero mai un libro. Sapevi che gli Aiel...»

«Non m’importa niente degli Aiel» lo interruppe Rand, con foga. «Se Selene sa tutte queste cose, mi auguro che abbia letto anche come si fa ad andare via di qui. Vorrei che Selene...»

«Vorresti cosa?» Con una risata Selene si unì a loro.

Rand la guardò come se fosse stata via mesi interi: ed era proprio la sensazione che provava.

«Vorrei che Selene cavalcasse di più accanto a me» disse. Loial ridacchiò e Rand divenne tutto rosso.

Selene sorrise e si rivolse a Loial. «Ti prego di scusarci, alantin.»

L’Ogier rispose con un inchino e rimase indietro di qualche passo; ma abbassò le orecchie irsute, per la riluttanza.

Per un poco Rand cavalcò in silenzio, godendosi la presenza di Selene. Di tanto in tanto la guardava con la coda dell’occhio. Non poteva essere un’Aes Sedai, anche se l’aveva negato? Inviata da Moiraine per spingerlo sul sentiero che, secondo i piani delle Aes Sedai, lui avrebbe dovuto seguire? Però Moiraine non poteva sapere che lui sarebbe finito in quel mondo bizzarro e nessuna Aes Sedai avrebbe tenuto a bada con un bastone quella belva, dal momento che col Potere poteva fulminarla o metterla in fuga. Bene. Dal momento che Selene lo riteneva un lord e che nessuno nel Cairhien sapeva la verità, avrebbe continuato a lasciarglielo credere. Selene era di sicuro la donna più bella che lui avesse mai visto, intelligente e istruita, e lo riteneva coraggioso: cosa può pretendere di più, un uomo, dalla propria moglie? Che idea pazza! Lui, se avesse potuto sposarsi, avrebbe sposato Egwene; ma non poteva chiedere a una donna di maritare un uomo che sarebbe impazzito, che forse l’avrebbe uccisa. Ma Selene era davvero bella.

Notò che lei studiava la sua spada. Preparò le risposte: no, non era mastro spadaccino; aveva avuto quella spada da suo padre. Tarn. Luce santa, perché non poteva essere davvero suo padre? Scacciò con decisione questo pensiero.

«Era un tiro magnifico» disse Selene.

«No, non sono uno spa...» cominciò Rand; si bloccò, sorpreso. «Un tiro?»

«Sì. Un bersaglio piccolo, l’occhio: in movimento e a cento passi. Sei davvero bravo, con l’arco.»

Rand si mosse a disagio. «Ah... grazie. Un trucco imparato da mio padre.» Le parlò del vuoto e di come Tarn gli aveva insegnato a usarlo nel tiro con l’arco. Si ritrovò a parlare perfino di Lan e delle lezioni di scherma.

«L’Interezza» disse lei; e parve soddisfatta. Notò l’occhiata interrogativa di Rand e soggiunse: «Si chiama così... in alcuni luoghi. L’Interezza. Per impararne l’uso completo, è meglio tenersi avviluppati di continuo nell’Interezza. Così ho sentito dire.»

Rand non doveva nemmeno pensare a quel che c’era in attesa nel vuoto per sapere la risposta, ma disse: «Ci penserò.»

«Indossa questo tuo vuoto in ogni momento, Rand al’Thor, e imparerai usi che neppure sospetti.»

«Ho detto che ci penserò.» Lei aprì di nuovo la bocca, ma Rand la prevenne. «Tu sai un mucchio di cose. Sul vuoto... l’Interezza, la chiami. Su questo mondo. Loial legge in ogni occasione, ha letto più libri di quanti io non ne abbia visti, eppure ha trovato soltanto un frammento che parli delle Pietre.»

Selene si raddrizzò in sella. A un tratto gli ricordò Moiraine, e la regina Morgase, quando erano in collera.

«Esisteva un libro che parlava di questi mondi» disse, in tono teso. «Si chiamava Riflessi della Ruota. Vedi, gli alantin non conoscono tutti i libri esistenti.»

«Perché lo chiami alantin? Non ho mai sentito...»

«La Pietra Portale accanto a cui mi sono svegliata si trova lassù» disse Selene, senza rispondere alla sua domanda. Indicò le montagne, a levante rispetto alla loro direzione di marcia. Rand si scoprì a desiderare di nuovo il suo calore e i suoi sorrisi. «Se mi accompagni fin lì, puoi farmi tornare a casa, come hai promesso. Per arrivarci basterà un’ora.»

Rand quasi non guardò nella direzione da lei indicata. Usare la Pietra (Pietra Portale, l’aveva chiamata lei) significava usare il Potere, se voleva davvero riportare Selene nel mondo reale. «Hurin, com’è la pista?»

«Più debole che mai, lord Rand, ma c’è ancora.» Hurin trovò il tempo per un rapido sogghigno e un inchino a Selene. «Credo che cominci a deviare verso ponente. Ci sono alcuni facili valichi, intorno alla punta del Pugnale, se ben ricordo da quella volta che andai nel Cairhien.»

Rand sospirò. Fain, o uno dei suoi Amici delle Tenebre, di sicuro conoscevano un altro modo per usare le Pietre. Loro non potevano servirsi del Potere. «Devo seguire il Corno, Selene» disse.

«Come fai a sapere che il tuo prezioso Corno è davvero in questo mondo? Vieni con me, Rand. Troverai la tua leggenda, te lo prometto. Vieni con me.»

«Usa pure per conto tuo la Pietra Portale» rispose lui, con ira. Rimpianse subito lo scatto. Ma perché Selene continuava a parlare di leggende? «La Pietra Portale non ti ha portato qui di propria iniziativa. Sei stata tu, a usarla. Se sei riuscita a farti portare qui, puoi farti riportare indietro. Io devo seguire il Corno.»

«Non so usare le Pietre Portali, Rand. Se ne ho fatto uso, non so com’è avvenuto.»

Rand la guardò: sedeva a schiena dritta, regale come in precedenza, ma pareva anche un po’ più ammorbidita. Orgogliosa, eppure vulnerabile e bisognosa di lui. Le aveva dato l’età di Nynaeve, cinque anni più di lui, ma si era sbagliato, capì. Era più giovane, della sua stessa età, e bellissima, e aveva bisogno di lui. Gli guizzò in testa il pensiero, solo il pensiero, del vuoto e della luce. Saidin. Per usare la Pietra Portale doveva tuffarsi nella contaminazione.

«Resta con me, Selene» disse. «Troveremo il Corno e il pugnale di Mat e la via per tornare. Te lo prometto. Solo, resta con me.»

«Sei sempre...» Selene trasse un profondo sospiro per calmarsi. «Sei sempre così testardo! Be’, apprezzo una certa testardaggine, in un uomo. Non vale molto, chi ubbidisce troppo facilmente.»

Rand diventò di tutti i colori: le stesse cose che a volte diceva Egwene. E loro due erano stati quasi fidanzati da quand’erano bambini. Da Selene, quelle parole, e lo sguardo diretto che le accompagnava, erano sconvolgenti. Si girò per dire a Hurin di seguire la pista.

Dalle loro spalle provenne un brontolio lontano, simile a colpo di tosse. Prima che Rand potesse girarsi a guardare, risuonò un secondo latrato, subito seguito da altri tre. Sulle prime Rand non distinse niente, perché il panorama parve ondeggiare sotto i suoi occhi; poi, al di là dei radi boschetti, proprio in cima a una collina, scorse cinque sagome, distanti solo mezzo miglio, che avanzavano a balzi di trenta piedi.

«Grolm» disse Selene, calma. «Un piccolo branco. Ma ci hanno fiutati, si direbbe.»

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