26

Cominciai a salire gli scalini che portavano al trono. Anche adesso l’alzato era troppo grande, la pedana troppo lunga, ma questa volta non c’era nessuno ad aiutarmi, cosicché dovetti arrampicarmi su quei maledetti scalini, uno alla volta, mentre Satana mi guardava con un sorrisino perfido. Da qualche punto della sala proveniva una musica da morto: era vagamente wagneriana, ma non era un pezzo che conoscessi. Credo che contenesse a bella posta quelle frequenze subsoniche che fanno guaire i cani, scappare i cavalli e che destano negli uomini pensieri di fuga o di suicidio.

E la scalinata continuava ad allungarsi.

Non avevo contato il numero degli scalini, all’inizio, ma mi pareva che non fossero più di una trentina. Dopo essermi arrampicato per vari minuti, mi accorsi che la distanza tra me e il trono era sempre la stessa. Il Principe delle Menzogne!

Perciò mi fermai e attesi.

Dopo qualche istante, udii di nuovo la voce assordante di prima: «Qualcosa che non va, sant’Alexander?»

«No, non c’è niente che non vada» risposi «dato che è stato Lei Stesso a volere che così fosse. Ma se la Maestà Vostra desiderasse veramente farmi salire, sospenderebbe lo scherzo. Nel frattempo è inutile che cerchi di arrampicarmi sulla scala mobile che va in discesa.»

«Pensi dunque che sia io il responsabile?»

«Ne sono più che certo. È come il gioco del gatto con il topo.»

«Vuoi farmi fare la figura dello sciocco davanti ai miei stessi nobili?»

«No, Maestà. Come potrei esserne in grado? Solo la Vostra Maestà può tanto.»

«Ah, è così. Ti rendi conto che potrei incenerirti da un momento all’altro?»

«Maestà, sono completamente in suo potere da quando sono entrato nel suo regno. Che cosa desidera da me? Che continui a salire la sua scala che va al contrario?»

«Sì.»

Perciò feci come mi veniva detto, e questa volta la scala rimase ferma e gli scalini si ridussero ad altezza normale. In pochi istanti salii fino al livello di Satana… cioè al livello dei suoi zoccoli. E, a dire il vero, mi trovai un po’ troppo vicino a lui. Non solo il suo aspetto era terribile — facevo fatica a non tremare — ma puzzava! Un misto di immondizia, carne marcia, zibetto, muschio, zolfo, stanze chiuse, gas intestinali e così via. Dissi a me stesso: “Alex Hergensheimer, Satana lo fa apposta, per mantenere un vantaggio psicologico. Se adesso ti metti a vomitare, butti via l’unica possibilità di ritrovare Marga. Resisti!”

«Lo sgabello è per te» disse Satana. «Puoi accomodarti.»

Vicino al trono c’era uno sgabello senza spalliera; era talmente basso e ridicolo che nessuno vi si poteva sedere senza rinunciare alla propria dignità. Mi sedetti.

Satana sollevò un manoscritto; la sua mano era talmente grande che i fogli protocollo, in proporzione, sembravano un mazzo di carte da gioco. «L’ho letto. Non male. Un po’ prolisso, ma in redazione possono metterlo a posto… meglio troppo lungo che troppo breve, in questi casi. Però, dobbiamo metterci un finale: tuo o di qualcuno del mio entourage. Forse è meglio questa seconda soluzione; occorre più forza di quella che potresti dargli tu. Dimmi, hai mai pensato di fare lo scrittore di professione? Invece del predicatore?»

«Non penso di averne il talento.»

«Talento un corno. Dovresti vedere cosa si pubblica, al giorno d’oggi. Ma devi mettere più pepe in quelle scene di sesso; oggi, il pubblico del bestseller vuole sentirsele addosso. Per ora, comunque, non pensarci; non ti ho fatto venire per discutere il tuo stile e i tuoi difetti come scrittore. Ti ho chiamato per farti una proposta.»

Io non dissi niente. E anche lui rimase in silenzio. Dopo qualche istante, riprese: «Non ti incuriosisce la mia offerta?»

«Maestà, mi incuriosisce certamente. Ma se la mia razza ha imparato qualcosa dalle lezioni del passato, è che un uomo deve essere molto cauto, a prendere accordi con lei.»

Lui rise; il palazzo tremò fino alle fondamenta. «Povero piccolo umano, pensi davvero che voglia portarti via la tua esile anima?»

«Non so quali siano i suoi desideri. Ma non sono furbo come Faust, e perciò mi conviene andarci molto cauto.»

«Oh, via! Non voglio affatto la tua anima. Oggi, il mercato delle anime è del tutto fermo; ce ne sono troppe e la qualità è scesa. Posso averle a un soldo al mazzo, come i ravanelli. Ma mi guardo bene dall’acquistarle: ne ho già troppe. No, sant’Alexander, vorrei averti al mio servizio. Mi interessano i tuoi servizi professionali.»

(All’improvviso, queste parole mi allarmarono. Dov’era l’imbroglio? Alex, qui tirano a fregarti! Guardati attorno! A che cosa punta?) «Le serve un lavapiatti?»

Rise di nuovo, circa 4,2 della scala Richter. «No, no, sant’Alexander! La tua vocazione, non il ripiego a cui ti hanno portato provvisoriamente le emergenze. Voglio assumerti come urlatore di vangeli, come strimpellatore di bibbie. Voglio che tu rientri nel ramo Gesù, quello per cui hai studiato. Non dovrai cercare finanziamenti o passare in giro con la cassetta delle elemosine; lo stipendio sarà alto e il lavoro sarà poco. Che te ne pare?»

«Mi pare che ci debba essere qualche trucco.»

«Via, questi dubbi non ti fanno onore. Non ci sono trucchi, sant’Alexander. Potrai predicare come vorrai, senza restrizioni. Il tuo titolo sarà quello di mio cappellano personale, e sarai un primate dell’inferno. Potrai dedicare tutto il tuo tempo… o non dedicarlo; come vorrai… a salvare le anime perdute, e ti assicuro che qui ce ne sono un mucchio. Per lo stipendio possiamo metterci d’accordo, ma non sarà certo inferiore a quello dell’attuale titolare del beneficio, papa Borgia, anima notoriamente avida. Non intendo ingannarti, ti assicuro. Allora, qual è la tua risposta?»

(Chi è pazzo, io o il Diavolo? O era un sogno? O un sogno dentro un altro sogno?) «Maestà, lei non ha accennato a nessuna delle cose che desidero.»

«Davvero? Tutti hanno bisogno di soldi. Tu non hai un becco di un quattrino; non puoi stare neppure per un giorno in quel lussuoso appartamento se non ti trovi un lavoro.» Sollevò il manoscritto. «Questo potrebbe farti guadagnare qualcosa, un giorno o l’altro. Ma non ora. Non intendo darti nessun anticipo; potrebbe non vendersi. Le librerie sono già piene di storie del genere “ero prigioniero di un re malvagio”.»

«Maestà, ha letto il mio memoriale. Sa già cosa desidero.»

«Eh? Allora, dillo.»

«Mia moglie Margrethe Svensdatter Gunderson.»

Lui fece la faccia sorpresa. «Non ti avevo mandato un appunto al riguardo? Non è all’inferno.»

Mi sentii come il malato che si fa coraggio finché non arriva il risultato del laboratorio… e che poi non vuole accettare la cattiva notizia. «Ne è sicuro?»

«Certo, che ne sono sicuro. Chi credi che comandi, qui?»

(Principe delle Menzogne!) «Veramente? A quanto ho sentito, qui nessuno tiene registrazioni. Una persona potrebbe essere nell’inferno da molti anni, e lei potrebbe non essere a conoscenza della cosa, per un motivo o per l’altro.»

«Se ti hanno detto questo, ti hanno informato male. Ascolta, accettando la mia offerta, potresti farti aiutare dai migliori agenti investigativi della storia, da Sherlock Holmes a J. Edgar Hoover, a frugare l’inferno per te. Ma sprecheresti i soldi; tua moglie non è nella mia giurisdizione. Te lo dico ufficialmente.»

Rimasi in silenzio per qualche istante. L’inferno è grande; potevo cercarvi Margrethe per tutta l’eternità senza trovarla. Ma con i soldi a disposizione (lo dite a me!) il difficile diventa facile, e l’impossibile si riduce a difficile.

Eppure… anche se, come direttore delle Chiese Unite, a volte avevo dovuto prendere i soldi tappandomi il naso (far quadrare il bilancio non è semplice) non mi ero mai venduto al Nemico. Al Nostro Antico Avversario. Come può un ministro di Dio diventare cappellano di Satana? Marga, amore, non posso.

«No.»

«Non ho sentito. Vediamo di rendere più allettante la proposta. Se accetti, ti assegnerò permanentemente il mio miglior agente femminile, sorella Mary Patricia. Sarà la tua schiava… salvo il piccolo particolare che non potrai venderla. Però potrai darla a noleggio, volendo. Che ne dici, adesso?»

«No.»

«Oh, via! Chiedi una femmina, io te ne offro una migliore. Non venirmi a dire che non sei contento di Pat; te la sei portata a letto per settimane. Vuoi ascoltare la registrazione di qualcuno dei tuoi gemiti e dei tuoi sospiri?»

«Oh, ma che imbroglione!»

«Ah, ah, non parlarmi così nel mio stesso palazzo. Sappiamo tutti che non c’è tanta differenza tra una donna e l’altra… salvo forse che nel modo di cucinare. Te ne offro una leggermente migliore, al posto di quella che ti sei persa. Tra un anno mi ringrazierai. Tra due ti chiederai perché hai fatto tante storie. Meglio accettare, sant’Alexander; è la migliore offerta che ti puoi aspettare, perché, te lo dico solennemente, la tua vichinga danese non è all’inferno. Allora?»

«No!»

Irritato, Satana cominciò a tambureggiare con le dita sui braccioli del trono. «È la tua ultima parola?»

«Sì.»

«E supponendo che ti offrissi il lavoro di cappellano, e che includessi nell’accordo anche la tua ragazza?»

«Ha detto che non è all’inferno!»

«Sì, ma non ho detto di non sapere dov’è.»

«Può farmela riavere?»

«Rispondi alla mia domanda. Accetteresti di servirmi come cappellano se nel contratto fosse compresa la sua restituzione?»

(Marga!) «No.»

Satana disse: «Generale, congedi la guardia. Tu, vieni con me.»

«Sinist-dest!… Presentat-arm

Satana scese dal trono, gli girò attorno senza più rivolgermi la parola. Io fui costretto ad affrettarmi per tenere dietro ai suoi passi smisurati. Dietro al trono c’era un corridoio lungo e buio; io ebbi l’impressione che Satana si allontanasse da me e mi misi a correre: in fondo al corridoio, la sua sagoma rimpiccioliva progressivamente sullo sfondo di una debole luminosità.

Poi, per poco non gli finii addosso. Non si era allontanato in fretta come avevo creduto: aveva cambiato dimensione. Adesso eravamo all’incirca della stessa altezza. Mi bloccai dietro di lui, quando si fermò davanti a una porta illuminata da una luminescenza rossastra.

Satana toccò qualcosa sulla porta; sopra di essa si accese una luce bianca. Lui la aprì e si voltò verso di me. «Vieni, Alec.»

Il mio cuore perse un battito. Rimasi senza fiato. «Jerry! Jerry Farnsworth!»

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