Margrethe era al settimo cielo: esattamente come me il giorno prima. Sorrideva, mi abbracciava, sembrava una ragazzina di sedici anni. Io mi guardai attorno, alla ricerca di un po’ di intimità — dietro qualche scaffale, o in un angolino nascosto — per baciarla senza timore dei censori. Poi, nel ricordare che era il mondo di Margrethe, dove nessuno badava a quelle cose, la afferrai e le diedi un lungo bacio.
E venni redarguito da una bibliotecaria.
Per il rumore, non per la cosa in sé: due persone che si baciavano non costituivano una minaccia per il decoro della biblioteca. Difatti: mentre mi scusavo del disturbo e promettevo di fare silenzio, notai la bacheca che stava accanto alla scrivania della donna. C’era la scritta: NUOVI ARRIVI — PORNOGRAFIA SCOLASTICA — ETÀ 6-12.
Quindici minuti più tardi eravamo sull’autostrada 77, dove speravamo di trovare un passaggio fino a Dallas.
Perché Dallas? Per la presenza di un certo studio legale O’Hara, Rigsbee, Crumpacker e Rigsbee. Durante la permanenza sulla Konge Knut come “Graham”, avevo avuto tutto il tempo di impararne a memoria il nome e l’indirizzo!
Non appena eravamo usciti dalla biblioteca, Marga aveva cominciato a parlare, tutta eccitata, di come avremmo potuto risolvere i nostri guai prelevando il denaro sul suo conto bancario di Copenaghen.
A quel punto, io avevo dovuto dirle: «Aspetta un attimo, cara. Dove hai il libretto degli assegni? E la carta d’identità?»
Alla fine, avevamo così chiarito la situazione: Margrethe poteva farsi mandare del denaro dalla Danimarca nel giro di un paio di settimane, a essere ottimistici, o di un paio di mesi, a essere realistici… e in entrambi i casi occorreva anticipare una forte somma per i cablogrammi. Telefonate intercontinentali?
Nel mondo di Marga non esistevano. (E, secondo me, i cablogrammi costavano meno ed erano più sicuri.)
Poi, una volta presi tutti gli accordi, era probabile che il denaro dovesse arrivare per posta dall’Europa… in un mondo dove non esisteva la posta aerea.
Dunque, andavamo a Dallas: avevo detto a Marga che gli avvocati di Graham ci avrebbero certamente dato il denaro che ci occorreva per rimetterci in carreggiata.
(C’era il rischio che non mi riconoscessero come Graham e che lo dimostrassero, che so, tramite le impronte digitali, la calligrafia diversa o qualsiasi altra cosa. In tal caso, Margrethe si sarebbe finalmente convinta che ero Hergensheimer. Ma non glielo dissi.)
Da Oklahoma City a Dallas ci sono trecento chilometri. Arrivammo a destinazione alle 14, grazie a un camionista che ci portò per tutto il tragitto, e in mezz’ora di cammino a piedi percorremmo la distanza tra l’autostrada e l’indirizzo dello studio legale.
La segretaria degli avvocati di Graham sembrava una ballerina di quegli spettacoli di varietà che le Chiese Unite erano riuscite ad abolire negli anni precedenti, con non poco sforzo. Era vestita di pochi veli, e il trucco era quello che Marga definiva “delle grandi occasioni”. Era giovane e graziosa; con la tolleranza a cui ero recentemente approdato, mi limitai a trarre qualche piccolo diletto dalla sua esibizione peccaminosa. Con un sorriso, la ragazza ci disse: «I signori desiderano?»
«Oggi è una giornata ideale per il golf. Chi c’è ancora in ufficio, dei soci?»
«Solo il signor Crumpacker, temo.»
«È proprio la persona che volevo vedere.»
«Chi devo dire?»
(Primo ostacolo… sbagliato. O l’aveva sbagliato lei?) «Non mi riconosce?»
«No, mi spiace. È un nostro cliente?»
«Da quanto lavora qui?»
«Tre mesi.»
«Questo spiega tutto. Dica a Crumpacker che è arrivato Alec Graham.»
Non sentii quel che Crumpacker le diceva al telefono, ma vidi che la ragazza sollevava le sopracciglia. Però, disse solo: «Il signor Crumpacker la riceverà subito». Poi si voltò verso Margrethe: «Mentre aspetta, vuole una rivista? Un drink? Sigaretta?»
Io dissi: «Lei viene con me».
«Ma…»
«Seguimi, Marga.» E mi diressi lungo il corridoio.
La stanza di Crumpacker non fu difficile da trovare: era quella da cui uscivano gli strilli. S’interruppero bruscamente quando aprii la porta e feci entrare Margrethe. Nel seguirla, sentii che l’uomo diceva: «Signorina, lei non può entrare!»
«Sì, invece» dissi io, e mi chiusi la porta alle spalle. «Mia moglie rimane.»
Lui rimase a bocca aperta. «Tua moglie?»
«Sorpreso, vero? Ci siamo sposati negli scorsi mesi. Cara, ti presento Sam Crumpacker, uno dei miei avvocati.» (Avevo letto il nome sulla porta.)
«Lieta di conoscerla, signor Crumpacker.»
«Uh, il piacere è mio, signora Graham. Le mie felicitazioni. Congratulazioni, Alec… hai sempre avuto un certo occhio.»
Io dissi: «Grazie. Accomodati, Marga».
«Un momento, ragazzi! Tua moglie non può stare… lo sai!»
«Io non so niente. Questa volta, voglio un testimone.» No, non avevo le prove che trattasse affari illegali. Ma avevo imparato da tempo che, quando si ha a che fare con gli avvocati, c’è poco da fidarsi di chi non vuole testimoni. Perciò, le Chiese Unite avevano sempre qualche testimone, e si mantenevano sempre nell’ambito delle leggi; alla lunga, finiva per essere un risparmio.
Marga era seduta; io mi sedetti accanto a lei. Crumpacker era scattato in piedi al mio arrivo e non si era più seduto. Mosse nervosamente le labbra, e infine disse: «Dovrei avvertire il giudice federale».
«Certo» convenni. «Prendi il telefono e chiamalo. Andiamo tutti e due a trovarlo. Diciamogli tutto. Con dei testimoni. Facciamo venire i giornalisti: tutta la stampa, e non solo quella addomesticata.»
(Che cosa sapevo? Niente, è ovvio. Ma quando si bluffa, è meglio bluffare alto.)
«Sarebbe mio dovere.»
«Ti prego, telefona! Diciamo tutti i nomi per disteso, raccontiamo chi è stato e chi gli ha dato i soldi. Voglio mettere tutto nero sui bianco… prima che qualcuno m’infili il cianuro nel caffè.»
«Non parlare così.»
«Perché, non ne ho il diritto? Chi mi ha gettato fuori bordo? Chi?»
«Non accusare me!»
«No, Sam, non penso che sia stato tu. Ma potrebbe essere stato un tuo parente. Eh?» Poi gli rivolsi il mio miglior sorriso della serie “vecchio mio”. «Scherzavo. Il mio vecchio amico Sam non può volermi morto. Ma puoi spiegarmi alcune cose e mi puoi dare una mano. Sam, non è bello trovarsi in mezzo all’oceano, dall’altra parte del mondo… perciò è il minimo che puoi fare per me.» (No, continuavo a non saperne niente… ma davanti a me c’era un uomo con la coscienza sporca. Non dovevo perdere il vantaggio psicologico.)
«Alec, cerchiamo di risolvere le cose con calma.»
«Io non ho fretta. Ma voglio spiegazioni. E soldi.»
«Alec, ti do la mia parola d’onore che non so niente di quel che ti è successo. So soltanto che quella nave è arrivata a Portland senza di te. E che mi è toccato andare fino nell’Oregon per assistere mentre aprivano la tua cassetta di sicurezza. E dentro c’era solo un centomila, gli altri mancavano. Chi se li è presi, Alec? E chi ha fregato te?»
Mi fissava attentamente, e io cercai di rimanere impassibile. Mi domandai se fosse vero. Da una parte, quel Crumpacker doveva essere capace di mentire con la stessa facilità con cui tirava il fiato. Dall’altra, non mi pareva possibile che il mio amico commissario di bordo — o il commissario in combutta con il capitano — avessero svaligiato la cassetta.
Come ipotesi di lavoro, scegliete sempre la spiegazione più semplice. Ossia, quella che Crumpacker mentisse. Il commissario di bordo non poteva andare a frugare tra gli effetti di un passeggero scomparso senza avvertire il capitano, e se quei due ufficiali, con una carriera e una reputazione da difendere, fossero andati a rubare nella mia cassetta di sicurezza, perché lasciarvi centomila dollari? Era meglio portare via tutto e poi fare lo gnorri. Le affermazioni di Crumpacker non erano affatto convincenti.
«Perché, cosa mancava?» chiesi.
«Eh?» Guardò nervosamente Margrethe. «Oh, al diavolo! Alec, dovevano essercene altri novecento. Quelli che non hai consegnato a Tahiti.»
«E chi dice che non li ho consegnati?»
«Alec, non peggiorare le cose. Il signor Z. lo dice. Hai cercato di affogare il suo incaricato.»
Scoppiai a ridere. «Vuoi dire quei tre gangster dei Tropici? Volevano prendersi i soldi senza farsi riconoscere e senza dare garanzie. Io ho detto loro “Nossignore!”… e l’intelligentone mi ha fatto gettare nella piscina dai suoi gorilla. Hmm… Sam, ora so quello che è successo. Procurati l’elenco dei passeggeri saliti sulla Konge Knut a Papeete.»
«Perché?»
«Perché così troverai il colpevole. Oltre a prendere i soldi, mi ha gettato in mare. E quando saprai il suo nome, non preoccuparti di farlo estradare: dimmi solo chi è. Me ne occuperò io. Di persona.»
«Maledizione, a noi interessa riavere quel milione di dollari.»
«E credi ancora di poterlo riavere? È finito in mano al signor Z., ma tu non hai nessuna ricevuta. Non fare l’ingenuo, Sam: il milione è sparito, ma non quello che mi spetta. Perciò, passami quei centomila. Adesso.»
«Cosa? Se li è tenuti il pubblico accusatore di Portland, come prove a carico.»
«Sam, vecchia volpe, non insegnare a tua nonna come si rubano le galline. Prova di cosa? Chi è l’accusato? E di cosa lo si accusa? Mi si accusa di avere rubato dei soldi dalla mia stessa cassetta di sicurezza? Che reato è?»
«Qualcuno ha preso novecentomila dollari. Ecco qual è il reato!»
«Davvero? Chi è il derubato? Chi ha detto che nella mia cassetta c’erano altri novecento mila dollari? Io non l’ho detto a nessuno. Perciò, Sam, piglia quel telefono, chiama il giudice istruttore di Portland. Chiedigli perché trattiene quei soldi… e chi ha denunciato il furto. Arriviamo in fondo alla cosa. Telefona, Sam. Se quel buffone di magistrato ha i miei soldi, glieli faccio sputare.»
«Che ansia di parlare con i giudici, Alec! Strano, da parte tua!»
«Forse ho avuto un accesso di onestà. Sam, se non vuoi telefonare a Portland, allora so già tutto quello che devo sapere. Ti hanno chiamato laggiù per rappresentarmi, come mio avvocato. Un passeggero americano caduto fuori bordo; una nave battente bandiera di un’altra nazione; l’avvocato del passeggero viene chiamato per fare l’inventario delle sue proprietà. Poi gli passano il tutto e lui dà una ricevuta. Sam, dove hai cacciato i miei vestiti?»
«Be’, li ho dati alla Croce Rossa. Cosa dovevo farne?»
«Sì?»
«Quando il giudice ha tolto il sequestro, voglio dire.»
«Molto interessante. Il giudice istruttore federale si tiene i soldi, anche se nessuno ha denunciato furti… ma rinuncia a trattenere gli abiti anche se l’unico reato possibile è l’omicidio.»
«Uh!»
«E io nella parte della vittima. Chi mi ha buttato in mare, Sam, e chi lo ha pagato per farlo? Sam, sappiamo tutt’e due dove sono quei soldi.» Mi alzai e indicai con la mano. «In quella cassaforte, Sam. È lì che devono trovarsi, logicamente. Non puoi metterli in banca perché resterebbe traccia del versamento; non puoi tenerli in casa perché tua moglie li scoprirebbe. E non li hai certamente divisi con i soci, Sam. Apri la cassaforte. Voglio vedere se ci sono centomila dollari, lì dentro… oppure un milione.»
«Sei pazzo!»
«Chiama il giudice. Digli di farti da testimone.»
Era talmente irritato che non riusciva neppure a parlare. Gli tremavano le mani. Non bisogna far arrabbiare gli uomini di bassa statura… e lui era di tutta la testa più basso di me. Non mi avrebbe assalito di persona — era un avvocato — ma in futuro avrei fatto bene a non dare mai le spalle alle porte e ad adottare accorgimenti analoghi.
Perciò, era giunto il momento di mostrare il guanto di velluto. «Sam, Sam, non prenderla così sul serio. Tu mi hai accusato… e io ho accusato te. Dio solo sa perché i giudici istruttori facciano certe cose e non ne facciano altre… quel figlio di buona donna si sarà già fregato tutto, a quest’ora, con la scusa che sono morto e che non andrò mai laggiù a protestare. Perciò adesso andrò a Portland e lo metterò sotto il torchio.»
«Sei ricercato, laggiù.»
«Davvero? E di cosa?»
«Seduzione con promessa di matrimonio. Una donna della nave.» Ebbe la gentilezza di scusarsi di fronte a Margrethe. «Mi scusi, signora Graham, ma è stato suo marito a chiederlo.»
«Oh, non ha importanza» disse lei, con irritazione.
«Mi do da fare, tutto qui. E com’è la donna? È carina? Come si chiama?»
«Non l’ho vista. Non era presente. Vuoi sapere come si chiama? Un nome svedese. Gunderson, mi pare. Margaret Gunderson, ecco.»
Margrethe, fortunatamente, non fiatò, neppure nel sentirsi definire svedese. Io dissi, meravigliato: «Mi si accusa di avere sedotto una donna… su una nave straniera, nei Mari del Sud. E a Portland c’è un mandato di cattura a mio nome. Ma che razza di avvocato sei? Lasciare che appioppino a un tuo cliente un mandato di cattura in base a un’accusa così ridicola!»
«Sono un avvocato che non si muove se non ce n’è bisogno, ecco cosa sono. Come hai detto tu, non si può mai sapere cosa passa nel cervello di un procuratore federale; gli tolgono il cervello quando li nominano. Non era una cosa importante, dato che tutti ti credevamo morto. Te l’ho detto per farti un favore, perché tu non ti metta nei pasticci. Se mi dai tempo, metterò la cosa a tacere… e allora potrai andare a Portland.»
«Mi pare ragionevole. E non sarò ricercato anche qui a Dallas, spero!»
«No. Cioè, sì e no. Sai il patto: noi gli abbiamo assicurato che non intendevi ritornare, e loro hanno chiuso un occhio quando sei partito. Però, adesso sei qui. Alec, non puoi farti vedere da queste parti. O in altre parti del Texas. Anzi, a dire il vero, sarebbe meglio che lasciassi gli Stati Uniti. Le voci corrono, e finirebbero per saltare fuori le vecchie accuse.»
«Ma ero innocente!»
Lui alzò le spalle. «Alec, i miei clienti lo sono tutti. Ti parlo come a un figlio, nel tuo stesso interesse. Va’ via da Dallas. Più lontano sei, meglio è. Per esempio, potresti andare nel Paraguay.»
«E come faccio? Non ho soldi. Sam, devo avere un po’ di denaro.»
«Ti ho mai lasciato a terra?» Estrasse di tasca il portafogli, mi contò cinque biglietti da cento dollari, li posò davanti a me.
Io li guardai. «Cos’è? La mancia per il cameriere?» Li presi e li infilai in tasca. «Con questi non arriviamo neppure fino a Brownsville. Adesso, fammi vedere dei soldi veri.»
«Passa da me domani.»
«Non scherzare, Sam. Apri quella cassaforte e dammi dei soldi. Altrimenti, domani non mi vedrai. Perché sarò davanti a quel procuratore federale, a cantare come un usignolo. Una volta sistemata la mia posizione… e non ci vorrà niente a sistemarla: i federali vogliono molto bene ai loro testimoni; è il solo modo con cui riescono a vincere un processo… andrò nell’Oregon a recuperare quei centomila.»
«Cos’è, Alec? Una minaccia?»
«Tu scherzi con me, e io scherzo con te. Sam, mi serve una macchina, e non intendo una carretta qualsiasi. Voglio una Cadillac. Non c’è bisogno che sia nuova, ma deve essere a posto di carrozzeria e avere un motore brillante. Con una Cadillac e qualche biglietto da mille, prima di mezzanotte saremo a Laredo, e domattina a Monterrey. Ti chiamerò da Città del Messico e ti darò un indirizzo. Se vuoi davvero che vada in Paraguay e che ci resti, mandami laggiù i soldi per farlo.»
Non andò proprio così, ma ci accordammo per una Pontiac di seconda mano e per seimila dollari. Dovevo andare da un certo rivenditore di auto usate e prendere quella che mi avrebbe dato: Sam gli avrebbe telefonato per accordarsi con lui. Promise anche di telefonare allo Hyatt e di farci riservare l’appartamento nuziale. Poi dovevo passare da lui l’indomani mattina, alle dieci.
Io mi rifiutai di alzarmi così presto. «Facciamo le undici. Siamo ancora in viaggio di nozze.»
Sam rise, mi diede una pacca sulla schiena e disse che andava bene.
Usciti dall’ufficio, fingemmo di dirigerci verso l’ascensore, ma io proseguii ancora di qualche metro e aprii la porta delle scale di sicurezza. Margrethe mi seguì senza dire niente, ma quando ci fummo chiusi la porta alle spalle e nessuno ci poté più ascoltare, mi disse: «Alec, quell’uomo non è tuo amico».
«No, non lo è affatto.»
«Ho paura per te.»
«Anch’io ho paura per me.»
«Ho molta paura. Temo per la tua vita.»
«Cara, anch’io temo per la mia vita. E per la tua. Tu sarai in pericolo finché resterai con me.»
«Ma io non intendo lasciarti!»
«Lo so. Qualunque cosa succeda, noi ci siamo dentro insieme.»
«Sì. Cosa intendi fare, adesso?»
«Adesso andiamo in Kansas.»
«Oh, bene! Allora, non intendi andare in macchina fino in Messico?»
«Cara, io non so neanche come si guida, una macchina.»
Scendemmo fino al garage, nei sotterranei, e poi uscimmo in una strada laterale.
Ci allontanammo di alcuni isolati dal palazzo, fermammo un taxi che era libero e ci facemmo portare fino alla stazione della Texas Pacific. Attraversammo la stazione, senza partire, e al deposito dei taxi ne prendemmo un altro che ci portò fino a Fort Worth, 40 chilometri a ovest. Margrethe rimase in silenzio per tutto il viaggio. Non le chiesi perché fosse così taciturna, perché lo sapevo già: non fa piacere scoprire che il proprio marito è implicato in strani traffici che puzzano lontano un chilometro di gangster e di racket. Mi guardai bene dall’accennare all’argomento.
A Fort Worth dissi al tassista di lasciarci nella strada dei negozi più eleganti, e che scegliesse lui il punto. Poi dissi a Marga: «Cara, ti voglio regalare una collana d’oro, pesante».
«Oddio! Sai che non mi serve una collana d’oro.»
«No, ne abbiamo bisogno. Marga, la prima volta che sono stato in questo mondo… con te, sulla Konge Knut… ho visto che il suo dollaro è debole e non è sostenuto dall’oro; tutti i prezzi che ho visto lo confermano. Perciò, se dovesse verificarsi un nuovo cambiamento… e non sappiamo mai quando possa avvenire… anche le monete di questo mondo, quarti di dollaro, mezzi dollari e dieci cent, non varranno niente, perché non sono d’argento. E le banconote che mi ha dato Crumpacker… carta straccia.
«A meno di non cambiarle in qualcosa d’altro» proseguii. «Cominceremo con la collana, e d’ora in poi la porterai sempre, anche quando dormi, anche quando fai il bagno… a meno che tu non voglia metterla attorno al mio collo.»
«Capisco. Hai ragione.»
«Ci compreremo qualche gioiello massiccio, poi cercherò un numismatico e acquisterò qualche dollaro d’argento, qualche moneta d’oro. Ma voglio liberarmi di tutta questa cartamoneta nel giro di un’ora… tranne il prezzo di due biglietti per Wichita, a cinquecento chilometri da noi. Pensi di poter viaggiare per tutta la notte su un autobus? Voglio allontanarmi dal Texas.»
«Certo! Oh, caro, anch’io voglio allontanarmi dal Texas! Ho ancora paura, sai!»
«Non sei l’unica ad averla!»
«Però…»
«“Però” cosa? E non fare quella faccia afflitta.»
«Alec, sono quattro giorni che non faccio un bagno!»
Trovammo il gioielliere, e trovammo il numismatico. Spesi circa metà di quel denaro e tenni il resto per il viaggio e per altre cose di quel mondo: la cena, per esempio, che ci affrettammo a fare non appena chiusero i negozi. L’hamburger che avevamo mangiato a Gainesville era ormai lontano nel tempo e nello spazio. Poi mi informai sugli autobus diretti a nord — Oklahoma City, Wichita, Salina — e venni a sapere che ce n’era uno quella sera stessa, alle dieci. Presi i biglietti e pagai un dollaro di supplemento per riservare i posti. Poi cominciai a spendere e a spandere come un marinaio ubriaco: prendemmo una stanza in un albergo davanti alla stazione degli autobus, pur sapendo che avevamo a disposizione solo un paio d’ore prima di partire.
Ma ne valse la pena. Bagni caldi per tutt’e due, uno alla volta, perché uno di noi doveva rimanere vestito e tenere con sé tutti gli abiti, i gioielli e le monete d’argento, mentre l’altro si faceva il bagno e si asciugava. E doveva tenere anche il mio rasoio, che ormai era divenuto un simbolo: significava che eravamo riusciti a battere Loki al suo stesso gioco.
E biancheria nuova e pulita, acquistata en passant, mentre trasformavamo in valori i biglietti di carta.
Quando tutt’e due ci fummo lavati e messi in ordine, rimaneva solo il tempo di andare a prendere l’autobus. Salimmo ai nostri posti, tirammo indietro lo schienale, Marga mi appoggiò la testa sulla spalla e, mentre l’autobus iniziava il suo viaggio verso il nord, ci addormentammo tutt’e due.
Mi svegliai dopo qualche tempo perché la strada era molto accidentata. Eravamo seduti alle spalle del guidatore, e io gli chiesi: «Che cos’è? Una deviazione?» Avevamo percorso in senso inverso quella strada, dodici ore prima, e non ricordavo che ci fossero delle buche.
«No» rispose lui. «Siamo entrati nell’Oklahoma, nient’altro. Non ci sono molte strade asfaltate nell’Oklahoma. Qualche pezzo attorno a Oklahoma City, e un tratto fra qui e Guthrie.»
Le nostre parole avevano svegliato Margrethe; alzò la testa e chiese: «Che cosa c’è?»
«Niente, cara. È solo Loki che si diverte. Dormi pure.»