Attesi la Voce di Dio.
Ero tormentato dal dubbio. Volevo essere parte del Rapimento? Ero pronto a essere accolto tra le braccia amorevoli di Gesù? Sì, mio Signore. Senza Margrethe? No, no! Allora preferisci essere scagliato nel Pozzo? Sì… cioè no, ma… Deciditi!
Jerry Farnsworth alzò la testa verso il cielo. «Guarda come fila!»
Anch’io guardai nella direzione da lui indicata. Sulla nostra testa c’era un secondo sole. Ma pareva perdere progressivamente dimensione e luminosità.
Il nostro anfitrione continuò: «Era ora! Ieri abbiamo avuto un rinvio, abbiamo perso la finestra dell’intercetta e abbiamo dovuto ripetere il conteggio. Quando te ne stai a fremere davanti allo schermo, e il tuo acca-due ti sbolle via dal booster, anche un rimando di una sola orbita ti sega il margine di profitto. E ieri non è stato neppure un malfunzionamento; è stato un controllo assolutamente inutile che ci ha appioppato uno scaldapoltrone della Nasa. Ma è giusto: l’inutile all’inutile».
Nonostante tutto, parlava la mia lingua.
Margrethe disse, senza fiato: «Jerry… cos’era?»
«Eh? Mai visto un lift-off?»
«Che cos’è un lift-off?»
«Mm… già. Margie, il fatto che tu e Alec veniate da un altro mondo… o altri mondi… non mi è ancora entrato bene in mente. Nel tuo mondo non c’è il viaggio spaziale?»
«Forse non ho capito bene, ma non mi pare che l’abbiamo.»
Io invece credetti di avere capito. Li interruppi: «Jerry, parli di viaggiare sulla luna, vero? Come Jules Verne.»
«Sì, più o meno.»
«Quella era un’“eteronave”? E andava sulla luna? Per le leggi di Mosè!» L’imprecazione mi uscì senza che me ne accorgessi.
«Calma, calma. Quella non era un’eteronave, era un razzo da carico, senza equipaggio. Non va sulla luna; arriva solo all’OTI… orbita terrestre inferiore. Poi torna indietro, scende vicino a Galveston e viene riportato a North Texas Port, da cui ripartirà tra una decina di giorni. Ma parte della merce arriverà fino a Luna City o a Tycho Sotto, e parte potrebbe arrivare anche agli asteroidi. Chiaro?»
«Sì… non del tutto.»
«Allora, durante il secondo mandato Kennedy…»
«Chi?»
«Il presidente John F. Kennedy. Dal 61 al 69.»
«Scusa. Dovrò imparare di nuovo la storia. Jerry, la cosa che più ti confonde, quando salti da un mondo all’altro, non sono le nuove tecnologie, come la televisione o i jet… o le navi spaziali. Sono le differenze storiche.»
«Be’, quando saremo a casa, ti darò una storia dell’America e una storia delle conquiste spaziali. Ne ho un mucchio, in giro per la casa… sono nell’industria spaziale fino agli occhi: ho cominciato da bambino, costruendo modellini. Adesso, oltre alle azioni dei Trasporti Orbitali Diana, ho anche una partecipazione all’Ascensore Spaziale e alla Navetta. Per ora non mi rendono un soldo, ma…»
Credo che avesse visto la mia espressione. «Scusa. Sfoglia i libri che ti darò; ne parleremo poi.»
Farnsworth guardò i comandi, schiacciò dei tasti, aggrottò la fronte e annunciò: «Hubert dice che sentiremo il suono fra tre minuti e 21 secondi».
Quando giunse il suono del razzo, mi deluse. Mi ero aspettato uno schianto di tuono, che facesse da degno compagno alla luce abbagliante. Invece fu un sordo brontolio che continuò a lungo, e che poi si ridusse fino a spegnersi.
Qualche minuto più tardi, la nostra vettura lasciò l’autostrada, girò a destra in un’ampia corsia a spirale, entrò in un tunnel sotto la carreggiata e poi imboccò un’autostrada più stretta. Rimanemmo su questa strada (la 83, notai) per qualche minuto, poi, sul cruscotto, si accesero lampadine e si udì una serie di beep! «Ti ho sentito» disse Jerry Farnsworth. «Non te la prendere.» Girò il sedile e afferrò le due leve.
I minuti successivi furono densi di eventi. Mi tornò in mente quel che aveva detto il Saggio di Hannibal: «Se non fosse stato per l’onore, avrei preferito andare a piedi». Probabilmente, Jerry riteneva che evitare gli scontri fosse poco sportivo, se la cosa non veniva fatta all’ultimo istante. Il “cuscino” invisibile ci salvò varie volte da ossa rotte e da ammaccature. Una volta il meccanismo protestò con indignazione: Bee-bee-bee-beep! Jerry brontolò: «Sta’ zitto. Tu fatti gli affari tuoi, io mi faccio i miei» ed evitò di pochi centimetri la collisione.
Svoltammo poi in una strada più stretta, che doveva essere privata perché su un arco, all’imboccatura, c’era la scritta: LA FOLLIA DI FARNSWORTH. Ci avviammo lungo una salita. In cima, fra gli alberi, c’era un alto cancello che si aprì automaticamente al nostro arrivo.
E laggiù mi apparve Kate Farnsworth.
Se avete letto fino a questo punto il mio memoriale, sapete quanto sia innamorato di mia moglie. È una verità fondamentale, come la velocità della luce nel vuoto o l’amore di Dio. Sappiate ora che in quel momento, nulla togliendo al mio amore per Margrethe, mi accorsi di poter amare un’altra persona senza desiderio di toglierla al suo legittimo consorte, senza desiderio di possederla. (Be’, senza troppo desiderio, intendo dire.)
Nel vederla capii che un metro e 60 è un’altezza perfetta, che quarant’anni è l’età perfetta, che 50 chili è il peso perfetto, e che la voce di contralto è il timbro perfetto. Il fatto che il mio amore sia completamente diversa non vuol dire niente; Kate Farnsworth rende perfette queste misure quando si riferiscono a lei.
Ma per prima cosa mi sorprese con il suo gesto di ospitalità.
Il marito le aveva detto che eravamo nudi; sapeva anche che la cosa ci metteva nell’imbarazzo. Perciò, era venuta a portarci i vestiti.
E non si era messa i suoi.
Era nuda come noi, o come Eva nel paradiso terrestre: e la cosa mi parve così giusta e naturale che mi chiesi da dove mi fosse venuta l’idea che la nudità fosse oscena.
Le portiere a conchiglia si aprirono, io scesi dall’auto e aiutai Marga a uscire. Kate lasciò cadere a terra quel che aveva in mano, abbracciò Margrethe e la baciò. «Margrethe! Benvenuta!»
Lei la abbracciò a sua volta e pianse di nuovo per la commozione.
Poi Kate porse anche a me la mano. «Benvenuto anche a lei, signor Graham. Anzi, Alec.» Io le presi la mano, ma non la strinsi. Invece, come avevo visto fare in Messico al nostro amico tenente, la sollevai come se fosse una porcellana preziosa e mi chinai su di essa, chiedendomi se dovevo baciarla o sfiorarla soltanto.
Kate aveva portato per Margrethe un vestito estivo che aveva il colore dei suoi occhi. Il modello faceva pensare all’Arcadia del mito: una ninfa boschereccia avrebbe potuto portarlo senza difficoltà. Passava sulla spalla sinistra e lasciava scoperta la destra, poi girava attorno al corpo e si sovrapponeva a portafogli. A entrambi i lati c’era una cintura: un’apertura a sinistra permetteva a uno dei due capi di uscire e di annodarsi all’altro, dopo avere fatto il giro della vita. Compresi che era un vestito adatto a tutte le taglie. Poteva essere indossato largo o stretto, a seconda di come si legava la cintura.
Kate aveva portato anche sandali per Margrethe dello stesso colore del vestito. Per me aveva invece sandali messicani di cuoio che potevano calzare a qualsiasi piede, perché — come nel caso del vestito di Margrethe — la misura dipendeva da come li si legava. Poi mi diede calzoni e camicia analoghi a quelli che avevo acquistato a Winslow nel negozio di abiti usati… ma la camicia era di seta e i calzoni erano di sartoria e di tessuto “fresco” in pura lana, e non fatti a macchina e di cotone da quattro soldi. Mi aveva portato anche calzini e slip della mia taglia.
Dopo che io e Margrethe ci fummo vestiti, per terra c’erano ancora degli abiti… quelli di Kate. Evidentemente, era uscita di casa abbigliata normalmente, e poi, giunta al cancello, si era spogliata per essere “vestita” come noi.
Questa è vera cortesia.
Quando ci fummo rivestiti tutti, salimmo sull’auto, e Jerry aspettò qualche istante, prima di ripartire. «Kate, i nostri ospiti sono cristiani.»
Kate Farnsworth mi parve deliziata. «Oh, che cosa interessante!»
«Me lo sono detto anch’io. Alec? A titolo d’informazione. Non ci sono molti cristiani da queste parti. Parla pure liberamente davanti a me e a Kate… ma se c’è qualche estraneo, forse è meglio che tu non accenni alle tue convinzioni religiose, per evitare polemiche.»
«Non capisco…» Mi girava la testa.
«Be’, essere cristiani non è illegale, qui; nel Texas c’è libertà di religione. Tuttavia i cristiani hanno molti nemici, e i loro riti si svolgono in segreto. Ah, se vuoi metterti in contatto con altri della tua religione, penso che ti si possa trovare una catacomba. Kate?»
«Oh, sono certa di poter trovare qualcuno che sa dove si riuniscono. Posso fare qualche cauta indagine.»
«Se Alec te lo chiede, cara. Alec, qui non corri il rischio di essere lapidato; non siamo in un paese di montanari ignoranti. Ma non si sa mai. Non voglio che si facciano discriminazioni contro di voi, o che veniate insultati.»
Kate Farnsworth disse: «E Sybil?»
«Già. Alec, nostra figlia è una brava ragazza, ed è una persona abbastanza civile, per quel che si può pretendere da una sedicenne. Ma è anche un’apprendista strega, una recente conversa della Vecchia Religione… ed essendo una conversa e una sedicenne, affronta la cosa con una serietà perfino eccessiva. Sybil non si comporterebbe mai male nei confronti di un ospite… Kate l’ha educata come si deve. E poi sa che le strapperei la pelle di dosso. Ma mi faresti un favore se non la mettessi troppo sotto pressione. Come certo sai, ogni sedicenne è una bomba a orologeria pronta a esplodere.»
Fu Margrethe a rispondere per me: «Staremo molto attenti. Questa “Vecchia Religione” è il culto di Odino?»
Sentii un brivido… in un momento in cui pensavo che più niente mi potesse scombussolare. Ma il nostro ospite rispose: «No. Almeno, non mi pare. Dovresti chiedere a Sybil. Se non temi di venire sommersa dalle sue chiacchiere; cercherà sicuramente di convertirti. È un po’ fanatica.»
Kate Farnsworth commentò: «Non le ho mai sentito fare il nome di Odino. Di solito parla della “Dea”. Non sono i Druidi che venerano Odino? Ma confesso di non saperne molto. Temo che Sybil ci consideri talmente antiquati da non avere neppure voglia di discutere di religione con noi.»
«Perciò, non mettiamoci a discuterne adesso» disse Jerry, e avviò l’auto.
La casa dei Farnsworth era lunga, bassa e pareva costruita per altri ampliamenti, senza uno stile unitario: dava una sensazione di pigrizia e di opulenza. Jerry ci portò sotto la porte-cochère; scendemmo tutti. Poi batté la mano sul tettuccio della sua auto come se fosse stata il collo di un cavallo; la vettura si allontanò da sola e uscì dal portone mentre noi entravamo.
Non mi dilungherò sulla casa dei Farnsworth perché, pur essendo molto bella e texanamente lussuosa, non la vedemmo mai tanto a lungo da giustificare la descrizione; gran parte di quel che vedevamo era composto — ci disse Jerry — di “olo-grammi”. Come descriverli? Sogni congelati? Fotografie tridimensionali? Mettiamola così: le sedie erano vere. E così pure i ripiani dei tavoli. Quanto a tutto il resto della casa, meglio toccarlo con cautela per scoprire la sua natura, prima di appoggiarsi, perché poteva sembrare bellissimo e presente come un arcobaleno… ed essere altrettanto incorporeo.
Non so come fossero prodotti quei fantasmi di oggetti. Forse, in quel mondo, le leggi della fisica erano diverse da quelle del Kansas della mia gioventù.
Kate ci condusse in quella che il marito chiamava il “soggiorno”, e Jerry si bloccò improvvisamente sulla soglia, imprecando contro: «Quel maledetto casino indiano!»
Era una stanza grandissima, con soffitti che sembravano assurdamente alti per un ranch di un solo piano fuori terra. Ogni parete, arcata, nicchia e architrave erano coperte di sculture. Ma quali figure! Arrossii involontariamente. Le figure erano ovviamente copiate dalla nota caverna dell’India meridionale, dove ogni possibile vizio della carne è ritratto in tutta la sua sfacciata oscenità.
Kate disse: «Scusa, caro! I ragazzi sono venuti qui a ballare». Corse a sinistra, entrò in un gruppo di sculture e scomparve. «Cosa preferisci, Gerald?»
«Ah, Remington numero 2.»
«Subito.»
Le figure oscene scomparvero, il soffitto si abbassò improvvisamente e divenne una soletta di travi di legno intonacate; una delle pareti divenne una larga vetrata da cui si scorgevano alcune note montagne dello Utah (e non del Texas), sulla parete di fronte comparve un grosso caminetto di pietra, in cui scoppiettava un allegro fuoco di legna, i mobili presero lo stile rustico chiamato talvolta “missione” e sul pavimento si poterono scorgere grosse lastre di pietra coperte di tappeti pueblo.
«Così va meglio. Grazie Katherine. Sedete, amici. Scegliete un posto e mettetevi comodi.»
Presi una delle poltrone, evitando quella che era ovviamente del padrone di casa: grande e con i cuscini di cuoio. Kate e Magda si sedettero insieme su un divanetto. Jerry prese la poltrona grande, come previsto. «Cosa bevi, amore?»
«Campari, con soda.»
«Fifona. E tu, Margie?»
«Campari con soda va bene anche per me.»
«Due fifone. Alec?»
«Seguo l’esempio delle signore.»
«Figliolo, è una scelta che posso tollerare da parte del sesso debole, ma non da parte di un uomo adulto. Riprova.»
«Uh, scotch e soda.»
«Se avessi un cavallo, andrei a prendere la frusta per darti la giusta punizione. Mi spiace, ma ti resta solo più un’ultima chance.»
«Ehm… bourbon e ghiaccio?»
«Ti sei salvato per il rotto della cuffia. Jack Daniel’s con acqua a parte. L’altro giorno, a Dallas, un tizio voleva del whisky irlandese. L’hanno portato via dalla città legato mani e piedi. Poi gli hanno chiesto scusa. Si sono accorti che era uno yankee e che non sapeva come vanno le cose.» Mentre così diceva, Jerry aveva continuato a battere le dita su un piccolo ripiano, posto accanto alla sua poltrona. Cessò di battere e all’improvviso, sul tavolino accanto a me, comparvero un bicchiere alto, pieno di liquido ambrato e un altro bicchiere più basso e largo, pieno d’acqua. Vidi che anche gli altri erano stati serviti. Jerry sollevò il bicchiere e disse: «Al dollaro degli Stati Confederati! Salud!»
Tutti ci portammo il bicchiere alle labbra e lui proseguì: «Katherine, sai dove si è cacciata la nostra indegna progenie?»
«Mi pare che siano tutti in piscina, caro.»
«Ah.» Jerry riprese a battere rapidamente le dita. All’improvviso, davanti al nostro ospite, comparve una ragazza seduta su un trampolino sospeso a mezz’aria. Era illuminata dal sole anche se la stanza dove sedevamo era nella penombra. La ragazza era coperta di goccioline d’acqua. Guardava Jerry, e di conseguenza io la vedevo solo di schiena. «Ehi, Piantagrane.»
«Ciao, papà. Bacio.»
«Sì, in culo alla gallina. Quand’è che ti sei presa l’ultima sculacciata?»
«Il giorno che ho compiuto nove anni. Quando ho dato fuoco a zia Minnie. Che cosa ho fatto questa volta?»
«Per le gonadi di Ganesha, figlia, perché ci hai mollato nel soggiorno quel porno-programma?»
«Lascia perdere la scena della virtù offesa, babbo; conosco tutti i tuoi libri.»
«Non stiamo parlando del contenuto della mia biblioteca privata; rispondi alla domanda.»
«Mi sono dimenticata di spegnerlo. Scusa.»
«Sì, è quel che la vacca ha detto alla signorina Murphy. Ma il fuoco s’era già bruciato la stalla. Senti, carina, sai che puoi usare i comandi come ti pare; ma, quando hai finito, devi rimetterli come li hai trovati, oppure lasciare lo zero per il programma di default.»
«Sì, sì. Me n’ero solo dimenticata.»
«Non credere di essertela cavata così a buon mercato, signorina. Con te non ho ancora finito. Per le balle di Baal, dove hai pescato quel programma?»
«All’università. È un nastro in adozione nel mio corso di yoga tantrico.»
«Yoga tantrico. Cara la mia danzatrice del ventre, tu non hai nessun bisogno di seguire quel genere di corsi. Tua madre lo sa?»
Kate intervenne: «Gliel’ho detto io, di seguirlo, caro. Sybil è portata, l’abbiamo sempre detto. Ma non basta la predisposizione; occorre applicarsi.»
«Ah. Su questi argomenti, tua madre è miglior giudice di me, perciò mi ritiro in una posizione precedentemente fortificata. Il nastro. Dove l’hai preso? Conosci le leggi relative al diritto d’autore; tutt’e due ricordiamo il casino che è venuto fuori per quell’interno Jefferson Starship…»
«Papà, hai la memoria peggio di quella di un elefante! Ma non dimentichi mai niente?»
«Niente, e a volte ancor meno. Sai che tutto quel che dici potrà essere trascritto e usato contro di te in un altro luogo e un altro momento. Cosa rispondi?»
«Voglio un avvocato.»
«Oh, allora li hai davvero pirateggiati!»
«Ti piacerebbe scoprire che l’ho fatto! Per poter cantare vittoria. Spiacente, papà, ma ho pagato il prezzo di catalogo, per intero, in contanti, e il servizio duplicati dell’università l’ha copiato per me. Ecco com’è andata, signor So Tutto.»
«So Tutto sarai tu. Hai sprecato i soldi.»
«Non credo. Quella cassetta mi piace.»
«Anche a me. Ma hai sprecato i soldi. Avresti dovuto chiederla a me.»
«Huh!»
«T’ho fregato, finalmente! All’inizio ho pensato che avessi scassinato le mie serrature o gli avessi fatto un incantesimo. Ma ora sono lieto di sapere che sei solo una spendacciona. Quanto gli hai dato?»
«Uh… dollari 49 e 50 cent. C’era lo sconto per studenti.»
«Mi sembra onesto; io gliene ho dati 65. Va bene. Ma se mi arrivano nel tuo conto del semestre, te li tolgo dai tuoi soldi. Ancora una cosa, confettino di papà… ho portato a casa due ospiti, un signore e una signora. Entriamo in salotto. Quello che era il salotto. E queste due persone si trovano in mezzo al Kamasutra, che scalcia e sussulta a colori naturali. Cosa mi dici di questo?»
«Non l’ho fatto apposta.»
«Allora, lasciamo perdere. Ma non voglio far venire un accidente ai miei ospiti. Cerca di far più attenzione. Ceni con noi?»
«Sì, ma debbo andare via subito. Ho un impegno.»
«A che ora torni a casa?»
«Non torno. C’è una riunione che dura tutta la notte. Le prove per la notte di mezza estate. Tredici congreghe.»
Jerry sospirò. «C’è da ringraziare le Tre Vecchie perché prendi la pillola.»
«Pillola un corno. Non essere così antico, papà; al Sabba non si rimane incinte; lo sanno tutti.»
«Tutti, meno io. Be’, ti ringrazio di avere accettato l’invito a cena con noi.» All’improvviso, Sybil lanciò un grido e cadde dal trampolino. L’immagine la seguì mentre precipitava.
Toccò la superficie con un grosso schizzo, poi riemerse sputando acqua. «Papà! Mi hai spinta!»
«Come puoi pensare una cosa simile?» rispose lui, con l’aria della dignità offesa. L’immagine svanì immediatamente.
Kate Farnsworth disse, scuotendo la testa: «Gerald vuol dominare la figlia. Naturalmente, la cosa è inutile. Dovrebbe portarsela a letto e scaricare i suoi desideri incestuosi. Ma tutti e due sono troppo bacchettoni per farlo».
«Donna, ricordami che ti devo battere.»
«Certo, caro. Non avresti neppure bisogno di costringerla. Basta che tu le dica chiaramente le tue intenzioni: lei scoppierà in lacrime e cederà. Poi la cosa piacerà a tutt’e due. Non sei d’accordo Margrethe?»
«D’accordissimo.»
Ormai ero troppo confuso perché le parole di Margrethe riuscissero a scuotermi.
La cena fu una delizia sotto l’aspetto dell’arte culinaria e un disastro sotto quello sociale. Venne servita nella sala da pranzo delle grandi occasioni, ossia nel solito soggiorno, ma con un ologramma diverso. Il soffitto era più alto, le finestre erano disposte a distanze regolari, erano coperte da tendaggi lunghi fino a terra, e si affacciavano su un giardino all’italiana.
Un mobile pattinò fino a noi: non era un ologramma (o almeno non lo era del tutto). Era una sorta di carrello delle portate: pensai che doveva essere nello stesso tempo forno e dispensa, frigorifero e cucina, ma è solo una mia convinzione, e non ne ho nessuna prova. Posso solo dire che in quella casa non ho visto cameriere e che la padrona di casa non ha mai fatto alcun lavoro domestico in mia presenza. Il marito, però, si complimentò con lei… giustamente… e noi ci affrettammo a imitarlo.
Un po’ di lavoro, invece, lo fece Jerry: tagliò a fette l’arrosto, una costata che sarebbe stata sufficiente per una squadra di boy scout affamati, e la servì senza muoversi dal suo posto. Posata la fetta sul piatto, questo scivolava fino alla persona da servire, come un trenino sulle rotaie… ma non c’erano né il trenino né le rotaie. Meccanismi coperti da ologrammi? Può darsi, ma questo equivale solo a nascondere un mistero sotto un altro mistero.
(Più tardi venni a sapere che nelle case dei ricconi del Texas, in quel mondo, c’erano servitori umani bene in vista. Ma Jerry e Kate erano di gusti semplici.)
A tavola eravamo in sei: Jerry a capotavola, Kate di fronte a lui; Margrethe sedeva alla destra di Jerry, la figlia Sybil gli sedeva alla sinistra; io ero alla destra della padrona di casa e di fronte a me c’era il giovanotto di Sybil.
Si chiamava Roderick Lyman Culverson III; non afferrò il mio nome. Sospetto da tempo che il maschio della nostra specie, nella stragrande maggioranza dei casi, dovrebbe venire allevato dentro un barile e gli si dovrebbe dare da mangiare dal buco. Poi, compiuti i diciott’anni, si dovrebbe prendere la grave decisione: farlo uscire o tappare il buco?
Nel caso del giovane Culverson, io avrei votato per il tappo.
Già dalle prime battute, Sybil trovò il modo di dirci che erano compagni di università. Ma ebbi l’impressione che anche i Farnsworth non l’avessero mai visto. Kate chiese: «Roderick, anche lei è un apprendista della magia?»
Il giovanotto storse subito il naso, e Sybil intervenne: «Mamma! Rod ha ricevuto il suo athame da anni.»
«Spiacente dell’errore» disse Kate, con calma. «Cos’è, un diploma che vi danno alla fine dell’apprendistato?»
«È il coltello sacro, mamma, da usare nei rituali. Serve per…»
«Sybil! sono presenti dei gentili» la avvertì Culverson, aggrottando la fronte e guardandomi con sospetto. Io pensai che un occhio nero avrebbe fatto un figurone, sulla sua faccia, ma cercai di rimanere impassibile.
Jerry disse: «Allora hai già il diploma di stregone, Rod?»
Sybil intervenne di nuovo: «Papà! La parola giusta è…».
«Taci, cara. Lascia che risponda lui. Rod?»
«Quella parola è usata solo dagli ignoranti…»
«Alt! Io posso essere all’oscuro di alcuni argomenti, e posso cercare informazioni, come ora. Ma non tollero di essere chiamato “ignorante” alla mia stessa tavola. Ora, mi puoi rispondere senza tante storie?»
Culverson si sforzò di dominarsi. «Il termine giusto per gli adepti dell’Arte è “sapiente”. “Stregone” non è esatto, perché non tutti i praticanti della magia fanno stregonerie; inoltre è offensivo perché è associato al culto del diavolo, e l’Arte non è diabolismo. La corretta denominazione del mio stato attuale è “Maestro dell’Arte”.»
«Giusto! Grazie del chiarimento. Chiedo scusa di avere usato il termine “stregone”…» Jerry s’interruppe.
Dopo un attimo, il giovane Culverson si affrettò a dire: «Oh, non importa, tutto a posto.»
«Grazie. E per ampliare leggermente i commenti, la vostra magia è anche chiamata “wicca”, che significa “saggezza” e che deriva da “wicce” che significa “donna”. E quando si parla dell’Arte si intende l’Arte della Saggezza. Vero?»
«Eh? Sì, certo. La saggezza. È appunto l’argomento della Vecchia Religione.»
«Bene. Allora, ascoltami con attenzione, figliolo. Nella saggezza è compreso anche il non arrabbiarsi senza necessità. Il pretore non si preoccupa delle bazzecole, e allo stesso modo non se ne preoccupa il saggio. Bazzecole come il fatto che una ragazza parli dell’athame in presenza di gentili… una conoscenza che del resto non è affatto esoterica… o che un vecchio scemo usi una parola fuori di posto. Mi sono spiegato?»
Jerry attese di nuovo la risposta. Poi, visto che non veniva, ripeté a bassa voce: «Mi sono spiegato?»
Culverson trasse un profondo respiro. «Si è spiegato. Il saggio non se la prende per le cose di poca importanza.»
«Bene. Gradisci un’altra fetta d’arrosto?»
Per qualche tempo, Culverson non parlò più. E neppure io. Né Sybil. Kate, Jerry e Margrethe si scambiarono una lunga serie di convenevoli miranti a far dimenticare che un ospite era stato redarguito pubblicamente e con severità. Infine, Sybil disse: «Papà, venerdì devo proprio venire anch’io all’adorazione del fuoco?»
«“Dovere” non è la parola giusta» rispose Jerry «Visto che adesso appartieni a un’altra chiesa. Tutt’al più possiamo sperare che tu venga.»
Kate aggiunse: «Sybil, adesso tu pensi che la tua congrega sia l’unica religione che ti occorre. Ma in futuro la cosa potrebbe cambiare… e so che la Vecchia Religione non proibisce ai suoi membri di prendere parte ad altre funzioni».
Culverson spiegò: «Questo è dovuto a secoli e millenni di persecuzione, signor Farnsworth. Le nostre regole prescrivono ancora agli adepti di partecipare pubblicamente a riti di qualche chiesa accettata dalla comunità. Ma è una regola che non viene più fatta rispettare tassativamente».
«Capisco» disse Kate. «Grazie, Roderick. Sybil, visto che la tua chiesa accetta la partecipazione ad altri riti, forse ti converrebbe venire per tenere alte le tue credenziali. Potresti averne bisogno in futuro.»
«Esatto» disse il padre. «Credenziali. Ti sei mai chiesta, carina, se il fatto che tuo padre è un pilastro della nostra parrocchia, sempre lesto a tirar fuori il libretto degli assegni, sia per caso legato all’altro fatto, cioè che vende più Cadillac di ogni altro salone del Texas?»
«Papà, che sfrontatezza!»
«Certo. E che buone vendite. E non chiamarla “adorazione del fuoco”. Non veneriamo il fuoco, ma ciò che simboleggia.»
Sybil strinse nervosamente tra le dita la salvietta, e per un attimo sembrò soltanto una bimba impaurita, anche se il suo corpo era già quello di una donna adulta. «Papà, è proprio questo. Per tutta la mia vita, la fiamma ha significato la purificazione, l’immortalità… finché non ho studiato la storia dell’Arte. Papà, per una praticante della magia… la fiamma è quella del rogo!»
Io rimasi profondamente scosso. Fino a quel momento non avevo capito fino in fondo che quei due, il giovanotto antipatico ma uguale a mille altri, la fanciulla in fiore, fresca e appetibile — la figlia di Kate e di Jerry, i nostri due buoni samaritani — praticavano la stregoneria.
Sì, sì, Esodo, 22, 18: “Non permetterai alla strega di vivere”. Un ordine solenne come i comandamenti, dato a Mosè direttamente da Dio, alla presenza dei figli di Israele…
E io mangiavo allo stesso tavolo di una strega…
Sono un codardo. Non mi alzai a insultarli. Rimasi a sedere come se niente fosse.
Kate disse: «Cara! Queste cose risalgono al Medioevo! Oggi non succedono più!»
Culverson disse: «Signora Farnsworth, ogni praticante dell’Arte sa che da un momento all’altro può ricominciare la caccia alle streghe. Per scatenarla di nuovo, basterebbe un’annata di carestia. E non è passato molto tempo dai fatti di Salem. In questa stessa nazione.» Aggrottò la fronte. «In giro ci sono ancora dei cristiani. Se potessero, accenderebbero subito i roghi. Come a Salem.»
Sarebbe stata un’ottima occasione per rimanere zitto. Ma sbottai: «A Salem non hanno bruciato nessuna strega».
Si girò verso di me: «Che cosa ne sa, lei?»
«I roghi erano in Europa, non qui. Le streghe di Salem sono state impiccate, tranne una che fu schiacciata da pesi.» (Non occorrevano i roghi: il Signore ci ha ordinato di non lasciar vivere le streghe, ma non di ucciderle con la tortura.)
Tornò a guardarmi. «E allora? Sembra che lei approvi quelle impiccagioni.»
«Non ho detto niente del genere.» (Signore, perdonami.)
Jerry ci interruppe. «Dichiaro l’argomento fuori dell’ordine del giorno. Vietato discuterne a questo tavolo. Sybil, non ti imponiamo di venire se la cosa ti agita troppo. A proposito di impiccagioni, non vi pare che sarebbe la pena giusta per gli attaccanti dei Dallas Cowboys?»
Due ore più tardi, io e Jerry Farnsworth sedevamo ancora in quella stanza, che questa volta era una Remington numero tre: alla finestra una leggera tempesta di neve, qualche spiffero che filtrava dalla porta e di tanto in tanto, in lontananza, il verso del lupo; la fiamma del caminetto non era per niente superflua. Jerry mi servì il caffè e il cognac in calici enormi, grandi come la boccia dei pesci rossi. «Si parla di cognac nobili» disse. «Il Napoleon, o anche il Carlos Primero. Ma questo è un cognac reale… talmente reale che ha perfino l’emofilia.»
Non ero nella condizione di spirito adatta ad apprezzare la battuta. Pensavo ancora alle streghe: con l’occhio della mente le vedevo davanti a me, sul rogo o appese alla forca. E tutte avevano la faccia di Sybil.
Ma la Bibbia dà la definizione di “strega”? Forse i moderni seguaci dell’“Arte” che avevo conosciuto non erano affatto quel che intendeva Dio.
Piantala, Alex! “Strega”, nell’Esodo, ha lo stesso significato odierno. Sybil lo ha confessato.
Tu, allora, condanneresti all’impiccagione la figlia di Kate?
Jerry interruppe le mie riflessioni: «Al successo della vostra impresa. Bevi lentamente e vedrai che non ti farà girare la testa; servirà a tranquillizzarti e a rendere più acuti i tuoi ragionamenti. Alec, spiegami perché ti aspetti la fine del mondo.»
Nel corso dell’ora successiva gli elencai tutte le testimonianze, facendogli presente che la cosa era annunciata da molte profezie: Apocalisse, Daniele, Ezechiele, Isaia, Paolo ai Tessalonicesi e ai Corinti, e tutti e quattro gli evangelisti.
Anche se la cosa mi sorprese, Jerry aveva una copia della Bibbia. Gli lessi alcuni passi adatti anche ai profani, e gli annotai i capitoli e i versetti perché potesse ritrovarli. Tessalonicesi Prima, 4, 15-17, naturalmente, e Matteo 24, tutto il capitolo; poi le stesse profezie in Luca 21, 32, che spiega cosa si intenda con “questa generazione”. (Va così interpretata: la generazione che assisterà ai prodigi vedrà anche il ritorno di Cristo, sentirà la Voce, assisterà al giudizio. Il messaggio è chiaro; lo spiega la parabola che viene dopo: la pianta di fico.)
Gli mostrai anche, nell’Antico Testamento, le profezie di Isaia, Daniele e altri, che corrispondevano alle profezie del Nuovo Testamento. Gli dissi di pensarci seriamente, perché non c’era altra spiegazione.
Lui mi disse: «Alec, su una cosa posso essere d’accordo. A leggere i giornali degli scorsi mesi, sembra che la battaglia di Armageddon stia per cominciare da un giorno all’altro. E potrebbe essere davvero la fine del mondo, perché dopo questa battaglia resterà ben poco da salvare.» Scosse la testa. «Una volta mi chiedevo in che razza di mondo sarebbe vissuta Sybil. Ora mi chiedo se arriverà mai alla maggiore età.»
«Jerry» insistetti io «Studia queste profezie, ritrova la grazia. E poi falla ritrovare a tua moglie e a tua figlia.»
«Tu ci credi?»
«Certo.»
«Alec, vorrei poterti accontentare. Sarebbe consolante, visto come va il mondo. Ma i sogni dei vecchi profeti non mi dicono niente: ci puoi leggere dentro quello che vuoi. La teologia non è mai un aiuto: è come cercare a mezzanotte, in una cantina buia, il gatto nero che non c’è. I teologi riescono a convincersi di qualsiasi cosa. Anche quelli della mia chiesa… che però, almeno, è onestamente panteista. Se uno riesce a venerare una trinità e a sostenere ugualmente che la propria religione è monoteista, riuscirebbe a credere a qualsiasi cosa: dagli il tempo, e ti confezionerà una spiegazione. Scusa se te lo dico senza mezzi termini.»
«Jerry, nella religione non ci sono mezzi termini. “So che il mio redentore vive, e che nel giorno finale ritornerà sulla terra.” È di nuovo Giobbe, capitolo 19. È anche il tuo redentore, Jerry… mi auguro che tu lo trovi.»
«Temo che la cosa sia poco probabile.» Si alzò. «Ma grazie dell’interessamento. Come vanno le scarpe?»
«Benissimo.»
«Se insisti per ripartire domani, te ne occorre un paio che resista fino in Kansas. Sei proprio sicuro di voler partire?»
«Sì. Se rimanessino ancora un solo giorno, ci viziereste troppo: non potremmo più proseguire il viaggio.» (La verità era un’altra: la stregoneria e l’adorazione del fuoco mi avevano sconvolto. Ma non potevo dirglielo. E questa mia debolezza mi aveva già fatto perdere la grazia.)
«Allora, ti accompagno nella vostra camera da letto. Piano, perché Margie si sarà già addormentata. A meno che le signore non siano rimaste a chiacchierare come noi.»
Giunti davanti alla porta della camera, mi fermò. «Ammettiamo che tu abbia ragione e io abbia torto; anche in questo caso, non è detto che ti vada bene.»
«È vero. Non sono in stato di grazia, almeno adesso. Devo fare qualcosa per ritornare in grazia.»
«Be’, buona fortuna. Ma se tu non dovessi farcela, vieni a cercarmi nell’inferno, d’accordo?»
A quanto potevo capire, Jerry parlava seriamente. «Non so se sarebbe permesso.»
«Tu datti da fare. E mi darò da fare anch’io. Ti prometto…» sorrise «…un’ospitalità infernale. Calorosissima!»
Sorrisi anch’io. «Ci puoi contare.»
Buona parte di quello che seguì fu un sogno, ma uno di quei sogni che assomigliano in modo eccessivo alla realtà. Entrato nella stanza, vidi che anche quella volta Margrethe si era addormentata sulle coperte, senza spogliarsi. Le sorrisi senza svegliarla, poi mi sdraiai accanto a lei e le misi il braccio sotto la testa.
Intendevo svegliarla per gradi e aiutarla a svestirsi per poi infilarla sotto le coperte. Ma non lo feci subito, perché avevo migliaia — be’, decine — di problemi su cui riflettere.
Ma, non appena cominciai a passarli in rassegna, mi addormentai e sognai che era già chiaro e che il letto era diventato duro e pieno di asperità. Giravo la testa e scoprivo che la stanza degli ospiti di Jerry non c’era più: io e Margrethe eravamo sdraiati su alcune balle di paglia, in un granaio.