7 LA NASCITA DEL FIGLIO DI PALICROVOL

Questi sono i segni che accompagnarono la nascita di Orem Banningside, detto Fianchi-Magri, detto il Piccolo Re.

I segni della madre

Mentre giaceva sul letto, con gli occhi velati per il dolore che non si quietava mai, per quanto spesso ci fosse passata, Molly vide la levatrice sollevare il bambino, e nella luce del primo sole che entrava dalla finestra orientale, in quel mattino di primavera, risplendette come fosse d’argento ai suoi occhi; coperto del sangue e del muco del parto, riluceva argenteo, come l’acqua dalla bocca del Cervo.

Lo tenne e cantò per lui, gli parlò a lungo, anche se il piccolo non poteva capire. Silenziosamente, gli disse in ogni modo: sei il figlio del Re, figlio mio, sei nato per essere grande. Le parole non vennero mai pronunciate, ma il bambino capì. Imparò a camminare quando aveva solo otto mesi, perché non gli venne in mente che non poteva. Parlò spavaldamente fin dalla prima parola, aspettandosi di essere capito qualsiasi cosa cercasse di dire. Un ragazzino sveglio, dicevano a Molly tutti i vicini.

Ma per due ragioni lei non era contenta di quello che dicevano. Per prima cosa, sapeva che dicevano anche dell’altro, poiché non assomigliava a quel gigante biondo di suo marito. E in secondo luogo c’erano i suoi dubbi e le sue paure. Ben presto imparò che quando il suo settimo figlio era con lei, tutti i suoi poteri sparivano. I suoi incantesimi di cucina erano inutili quando lui era in casa, per quanti topi morti svenasse sul caminetto. Le sue magie per il telaio non producevano alcun disegno sulle pezze tessute in casa, se lui la guardava mentre lavorava. I folletti domestici erano liberi in casa, mentre un tempo erano tenuti sotto il più ferreo controllo di tutta Waterswatch Alta.

Ma il peggio era quando faceva i segni per nascondere il suo cammino da occhi mortali, vagando per i boschi. Lui sapeva sempre seguirla, poteva sempre trovarla malgrado il sangue che si faceva sprizzare dalle dita. Cosa mi hanno dato le Dolci Sorelle? si chiese impaurita. Ma non erano stati né Dio né le Sorelle, lo sapeva, poiché anche il Cervo l’aveva trovata nel suo luogo segreto, e Orem era il figlio del Cervo.

Questi furono i segni della madre, e invece di amore per il proprio figlio, ben presto provò paura; poiché lui l’aveva resa debole, mentre un tempo era stata forte nella sua piccola, vegetale maniera.


I segni del padre

Mentre Molly aveva le doglie, Avonap suo marito attendeva impaziente nella stanza vicina. Altre nove volte, con sei figli e tre figlie, aveva atteso in quella maniera. Nove altre volte aveva sentito la stessa impazienza. I campi stanno aspettando, donna, avrebbe voluto gridare, la terra ha chiamato. Non lo sapeva com’era il lavoro di un contadino?

Con la terra, come con una donna, il suo lavoro era arare, seminare, curare, mietere. Ma il grano non richiedeva che sedesse ad aspettare in una stanza mentre maturava sulle spighe. No, la maturazione, i frutti, questo era lavoro di Dio che dava la vita, o delle Dolci Sorelle, secondo quello che dicevano le donne, la cui parola non osava disprezzare. Il suo lavoro era fuori, con la terra da arare, il grano non ancora maturo, i covoni da legare; non aspettare, aspettare… cosa, questa volta? Una figlia da maritare? Un figlio da allevare senza speranze? Cinque volte aveva dovuto dire a un figlio dei suoi lombi che i campi non sarebbero mai stati suoi, e da quel momento aveva sentito il loro odio alle sue spalle, con la falce o l’erpice in mano. Non che li temesse: solo c’era una debolezza nascosta nel cuore di Avonap. Amava i suoi figli e desiderava essere amato da loro. Non era una cosa sconosciuta, in un uomo, ma niente di cui vantarsi. Non ne parlò mai con nessuno, ma tuttavia, quando sentiva il calore della loro rabbia come un fiato sul suo collo sudato… , pensava, sì, mi odiano, si, sono rovinato.

Così quando la levatrice uscì e disse : — Un maschio — era pronta per lo scuro cipiglio sul suo viso. E tuttavia, sapeva che il peggio doveva ancora venire. Poiché Avonap era uno dei giganti biondi di Waterswatch Alta che avevano dato a quella regione il soprannome di “Terra dell’Uomo di Paglia”, e il bambino che gli venne mostrato non aveva la testa coperta di peluria bianca come tutti gli altri figli di Molly. Era rosso e scuro, più lungo e magro di quanto lo fossero stati gli altri, e la cosa peggiore era il ciuffo di capelli neri in cima alla testa. Il piccolo piangeva da far pena, ma la sua vista spense ogni pietà di Avonap.

— L’hanno cambiato nella culla — mormorò; e la levatrice fece un segno circolare sulle fasce.

Cambiato? Oh, no; non era un figlio dei folletti o del Sebastita Errante. Era qualcosa di peggio, temeva Avonap. Vide il bambino e nella sua mente vide le torri dell’occidente, dove gli uomini erano scarni e scuri di capelli, e le donne avevano la pelle bianca e i capelli color ebano. Immaginò uno di questi uomini che giungeva in qualche modo a oriente. Nell’esercito, senza dubbio. Vide una torre rivolta a occidente, e Molly in cima che si pettinava i lunghi capelli biondi, lasciandoli scendere fino a coprire la faccia del soldato, che la guardava lascivamente accanto al suo gomito. Pensò al vulcano che aveva visto eruttare nella sua giovinezza, durante il suo unico viaggio a Scravehold. E odiò il bambino. Che se lo tenga sua madre, pensò. Qualsiasi cosa sia, chiunque sia, non è mio, non ha niente di me, e questa volta sono contento di non dover dividere la mia terra con lui.

Ma gli anni piegano tutte le cose, anche gli uomini fieri e grandi come montagne che coltivano la terra collinosa di Waterswatch Alta.

Per prima cosa, gli fu ben presto chiaro che Orem sarebbe stato l’ultimo figlio della sua Molly, e ricordò il detto:

“Ultimo di dieci ad arrivare,

ape più ricca dell’alveare.

Mendicante e truffatore

del padre ruba l’amore.”

In secondo luogo, c’era la faccenda dei capelli. Era un bambino allevato da una donna, naturalmente, e perciò veniva lavato e pettinato più di quanto dovrebbe essere lavato e pettinato un bambino. Ma qualche volta, quando Avonap, a cena, guardava il bambino che meditava tristemente sul suo piatto, vedeva nella luce del fuoco un bagliore di oro rosso nei capelli scuri del ragazzo, e vedeva nella faccia pallida ciò che mancava a tutti gli altri suoi figli e figlie: la grazia della giovane Molly, il premio più grande che avesse vinto in tutta la sua vita. E d’improvviso, un giorno provò tenerezza per il bambino.

Terza, e più importante di tutte le cose, si accorse ben presto che malgrado il dominio totale che Molly aveva sul bambino, lei lo evitava. Non gli permetteva di giocare vicino al telaio, né di aiutarla in cucina. Troppo spesso Avonap lo vide giocare strani giochi, appena fuori di casa, senza essere né fra le mura della fattoria della madre, né nel campo di suo padre, dove gli uomini forgiavano grano e fulvo orzo nel fuoco del sole.

Così fu che un giorno, per caso il quarto compleanno nella vita del giovane Orem, Avonap lasciò cadere la zappa quando vide il bambino, la lasciò cadere e andò da lui.

— A cosa stai giocando? — chiese il padre.

— Faccio degli eserciti nella terra — disse il figlio.

— Che eserciti?

E il bambino toccò con la punta del bastone l’esercito di Palicrovol, una serie di circolini nascosti dietro ciuffi d’erba, o posti in cima a collinette alte qualche centimetro. — E questa — disse — è la città di Inwit, la capitale di Palicrovol, che oggi ricattureremo.

— Ma questi sono solo cerchietti nella terra — disse Avonap. — Perché non sei dentro con tua madre?

— Mi manda fuori quando ha del lavoro da fare. Lavora meglio se non ci sono bambini in giro.

Cosa vide Avonap nella faccia del bambino? La faccia di Molly, certamente, e forse sentì il vecchio desiderio della sua giovane vita; ma vide più di questo, poiché Avonap aveva un cuore tenero. Vide un bambino che non era stato bene accolto in nessuno dei due mondi. Non nel mondo immobile, soffice, protetto delle donne, non in quello pieno di attrezzi, di attività, di vento degli uomini. Avonap venne toccato da pietà per il bambino. Un bambino dovrebbe essere forte, pallido e biondo; quello strano bambino palesemente non lo era. E tuttavia un bambino dovrebbe anche avere un sorriso pronto. Quando quel bambino era stato un infante, aveva avuto un sorriso del genere; adesso era sparito. Questo senza dubbio poteva essere aggiustato.

— Vuoi venire con me, allora, dal momento che non hai niente da fare qui?

E compiacersi negli occhi del figlio era sufficiente per il padre. Da quel momento i capelli neri e la gracilità non furono più una barriera fra di loro. Nessun pensiero di tradimento, nessun mormorio di figlio cambiato nella culla; Avonap fece con Orem ciò che aveva fatto fin da quando il suo primo figlio era stato piccolo. Qualcuno disse: — Il giovane Orem è come il frutto del basalak. che viene fuori intero dalla corteccia dell’albero padre — poiché così sembrava: che Orem venisse fuori intero dalle spalle di suo padre, o saltasse fuori dalla terra accanto a suo padre, legato al tronco, legato alla mano. Radici e rami, divenne il figlio di suo padre.

Questi furono i segni del padre.


Il segno del figlio

E che dire delle altre storie che racconta la gente? Di come la Regina Bella pianse tutta la notte, il giorno in cui egli nacque? Di come Enziquelvinisensee Evelvenin si svegliò e vide il suo viso bellissimo nello specchio, per quella sola notte? Di come Palicrovol stesso divenne pieno di forza la notte della nascita di Orem, e andò all’ingresso della sua tenda, nudo e grande di potenzialità che si sarebbero attuate con la nascita del figlio bastardo? Di come le stelle caddero, i lupi si accoppiarono con le pecore, i pesci camminarono, e le Dolci Sorelle apparvero alle suore del Grande Tempio di Inwit?

Queste storie vennero tutte inventate perché la Storia potesse avere più magia. Né Orem, né Molly, né Avonap, né alcun altro sospettò ciò — che era venuto al mondo.

Ci furono solo questi segni: i segni della madre, che amò e poi temette il bambino; i segni del padre, che odiò e poi amò il bambino; e il segno del bambino.

Questo fu il segno del bambino: seguiva spesso la madre fino alla caverna sul fiume, dove gli alberi erano così alti che si univano sopra il Banning dalla veloce corrente, così che solo una luce verde toccava l’acqua, e ogni cosa era ricca della forza che le donne chiamano Sorellanza e gli uomini chiamano Dio. Una volta la guardò bagnarsi ai bordi della corrente impetuosa, la vide immergere i seni e la pancia flaccidi e pendenti nell’acqua, e mentre questi toccavano l’acqua, vide un grande cervo, con corna dalle cento punte, apparire fra le foglie e guardarla. Lo vide solo per un momento, poi distolse lo sguardo e quando guardò ancora il cervo era sparito. Non si chiese, a quel tempo, cosa volesse dire; temette solo per un momento che la sua mamma, nuda e vulnerabile, potesse essere in pericolo a causa del cervo. Non sapeva che il Cervo l’aveva già trafitta una volta, fin dove può essere trafitta una donna. E questo fu il segno del figlio.

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