Zymas era il braccio destro del Re, l’occhio destro del Re, e (così dicevano gli irriverenti) anche il testicolo destro del Re. Zymas era nato da un garzone di stalla, ma prima la sua forza, poi la sua abilità, e infine la sua saggezza gli avevano portato una tale fama che adesso era generale di tutte le armate reali, e il terrore di Zymas correva per tutta Burland.
Zymas aveva solo cinquecento soldati, fra fanti e cavalieri, ma quelli erano tempi in cui un villaggio contava cinque famiglie e una città cinquanta, per cui cinquecento soldati erano più che sufficienti per sottomettere chiunque doveva essere sottomesso. E se qualche gruppo di baroni o di conti univano le loro misere forze tanto da superare in numero quelle di Zymas, erano lo stesso destinati a fallire. Se erano in dieci, si poteva essere certi che uno si era unito ai ribelli come agente del Re, due come uomini di Zymas e che gli altri sarebbero stati impiccati entro un mese.
Zymas aveva conosciuto giorni di gloria lungo la frontiera, dove le tribù barbare delle montagne si erano massacrate da sole contro le alabarde dell’esercito di Zymas. E c’erano stati giorni di gloria sulla costa, quando i predoni orientali erano approdati con le loro imbarcazioni ed erano morti a centinaia prima di superare la linea della marea. Oh, Zymas era un potente guerriero! Ma ora che tutti i nemici esterni del Re erano stati sconfitti e pagavano un tributo, Zymas guidava i suoi uomini dalle montagne alla costa non per difendere Burland dagli attacchi, ma per proteggere gli esattori di tasse, per punire i riottosi, per terrorizzare i deboli e gli indifesi.
C’erano alcuni che dicevano che Zymas non aveva cuore, che uccideva per il gusto di uccidere. Altri dicevano che Zymas non aveva una sua volontà, che non si sognava neppure di mettere in discussione gli ordini che il Re gli dava. Ma coloro che dicevano queste cose erano in errore.
Zymas si accampò per la notte con il suo mezzo migliaio di uomini sulla riva del Burring, molto a monte, dove gli abitanti chiamavano ancora il fiume Banning. Il villaggio era troppo piccolo per avere un nome: quattro famiglie registrate sui libri come “settimo villaggio vicino a Banningside.” Era scritto che questo villaggio non aveva pagato la sua tassa di trenta stai. Questo causava risentimento ed era un cattivo esempio per gli altri villaggi. Zymas era venuto per punirli. Il giorno successivo, con cinquanta fanti, avrebbe circondato il villaggio e avrebbe chiesto la resa. Se si fossero arresi, sarebbero stati impiccati. Se non si fossero arresi, sarebbero stati infilzati negli spiedi e sospesi sul fuoco, oppure impalati su bastoni aguzzi, o qualcosa del genere. Tutti: uomini, donne e bambini. Una cosa normale in quei giorni. Zymas pensò al giorno successivo e sentì il suo cuore svuotarsi, come sempre gli succedeva, per non doversi vergognare.
Quando alla fine il suo cuore fu vuoto, si stese sulla terra fredda e dormì. Ma quella notte il suo riposo fu interrotto da un sogno. Lo sorprese il fatto di sognare, lo sorprese anche nel sonno, perché da tempo aveva smesso di sognare. Fu un sogno molto sacro, poiché in esso vide un vecchio cervo che camminava faticosamente in una foresta. Perché soffriva? Un topo gli pendeva dal ventre appeso per i denti, e a ogni passo il cervo tremava per il dolore. Zymas allungò una mano per prendere il topo, ma una voce lo fermò.
— Se prendi il topo, cosa potrà chiudere la grande ferita nella pancia del cervo?
Zymas guardò meglio e vide che i denti del topo tenevano chiusi i bordi di una lunga e profonda ferita che minacciava di dividere in due il cervo, dal petto all’inguine. E tuttavia sapeva che il topo stava avvelenando la ferita.
Poi un’aquila si posò ferocemente sulla schiena del cervo. Zymas seppe immediatamente cosa doveva fare. Prese fra le mani l’aquila, la rovesciò e la infilò sotto il cervo. Gli artigli afferrarono i bordi della ferita e li strinsero molto più forte dei denti del topo. Poi l’aquila, senza muoversi, divorò il topo, fino all’ultimo pezzetto. Il cervo fu salvo perché Zymas mise l’aquila al suo posto.
— Palicrovol — disse la voce, e Zymas seppe che voleva dire l’aquila.
— Nasilee — disse l’aquila, e Zymas seppe che voleva dire il topo.
Nasilee era il nome del Re. Palicrovol era il nome del Conte di Traffing. A questo punto Zymas si svegliò e rimase sveglio per il resto della notte.
Prima dell’alba prese i suoi cinquanta uomini e andò al villaggio, in pochi momenti gli abitanti si arresero. Il patriarca del villaggio cercò di spiegare perché le tasse non erano state pagate, ma Zymas aveva sentito quelle scuse migliaia di volte. Non sentì il vecchio. Non sentì i lamenti delle donne, i pianti dei piccoli. Vide solo che ogni persona aveva la faccia di un vecchio, grande cervo, e seppe che il sogno non era giunto a lui per caso.
— Uomini — disse, e tutti udirono la sua voce, anche se non gridò.
— Zymas — risposero. Lo chiamavano con il suo semplice nome, perché lui l’aveva reso più nobile di qualsiasi titolo potessero attribuirgli.
— Nasilee morde la pancia di Burland come un topo, e noi, noi siamo i suoi denti.
Perplessi, non seppero cosa rispondere.
— Un vero Re impicca contadini inermi?
Non sapendo bene a che genere di prova intendesse sottoporli, uno degli uomini disse: — Sì?
— Forse sì — disse Zymas — ma se è il vero Re, io allora seguirò un falso Re che sia buono, e lo renderò vero, e la gente non dovrà più temere la venuta dell’esercito di Zymas.
Pareva impossibile ai soldati che Zymas dicesse simili parole di tradimento, ma ancora più impossibile che Zymas dicesse una bugia o scherzasse. Perciò Zymas intendeva ribellarsi al Re. C’era qualche uomo fra di loro che avrebbe preferito il Re a Zymas?
Zymas li lasciò scegliere liberamente, ma tutti e cinquecento lo seguirono verso Traffing, lasciandosi alle spalle gli attoniti abitanti del villaggio. Non disse loro chi intendeva mettere al posto del Re. Il sogno aveva detto Palicrovol, ma Zymas intendeva vedere personalmente l’uomo, prima di aiutarlo a ribellarsi. I sogni vengono quando uno ha gli occhi chiusi, ma Zymas agiva solo con gli occhi aperti.
Nella terra di Traffing, nel pieno dell’inverno, una figura con un mantello bianco camminava come un fantasma sulla neve. Il guardiano della fortezza del Conte tremò di paura, finché non vide che era un uomo, con la faccia arrossata per il freddo, le mani infilate in una coperta arrotolata per tenerle calde. I fantasmi non hanno nulla da temere dal freddo, la guardia lo sapeva, e così apostrofò l’uomo piuttosto rudemente, perché prima l’aveva spaventato.
— Cosa vuoi? È quasi buio, e noi non lavoriamo il giorno della Festa della Cerva.
— Vengo da parte di Dio — disse l’uomo. — Ho un messaggio per il Conte.
Il guardiano si arrabbiò. Ne aveva sentito parlare di questo Dio, i cui preti erano così arroganti che negavano perfino le Dolci Sorelle, perfino il Cervo, benché la gente conoscesse la loro potenza da molto più tempo di questa nuova divinità. — Vorresti bestemmiare contro la Signora del Cervo?
— Le vecchie cose sono finite — disse l’Uomo di Dio.
— Tu sei finito se non te ne vai! — gridò il guardiano.
L’Uomo di Dio si limitò a sorridere. — Naturalmente tu non mi conosci — disse. E d’improvviso, di fronte agli occhi del guardiano, l’Uomo di Dio allungò le mani supplichevolmente e la spranga della porta si spezzò in due e la porta si spalancò di fronte a lui.
— Non gli farai del male? — chiese il guardiano.
— Non tremare così — disse l’Uomo di Dio. — Vengo per il bene di tutta Burland.
Veniva da parte del Re, allora? Il guardiano odiava il Re abbastanza per sputare nella neve, malgrado la paura per quell’uomo che apriva le porte senza toccarle. — Il bene di Burland non è mai il bene di Traffing.
— Questa notte sì — disse l’Uomo di Dio.
D’improvviso la luce del sole al tramonto sgorgò in torrenti di fuoco lungo il pendio del cielo, e da quel momento anche il guardiano divenne un Uomo di Dio.
— Sei stato invitato? — chiese Palicrovol.
L’Uomo di Dio guardò gli uomini quasi nudi, seduti su rocce coperte di ghiaccio attorno al fuoco. — Io sono invitato alle feste di tutti gli dèi. — Palicrovol era giovane e bello, anche con il mantello di corteccia sulle spalle; l’Uomo di Dio lo guardava con piacere, anche se il Conte era adirato. L’ira sarebbe passata, la bellezza no.
— Il mio guardiano è rimasto impressionato da te — disse il Conte.
— Uomini tali sono facilmente impressionati — disse l’Uomo di Dio.
— Ho visto altre volte opere di magia — disse il Conte, poiché al suo fianco sedeva Sleeve, il mago dagli occhi rosa che serviva solo il padrone di sua scelta.
— Allora ti darò ciò che nessun altro può darti: la verità.
Palicrovol sorrise e guardò Sleeve, ma Sleeve non sorrideva, e Palicrovol cominciò a chiedersi se dovesse prendere quell’Uomo di Dio sul serio. — Che genere di verità?
— Le parole possono dire solo due tipi di verità. Possono darti un nome e dirti quello che farai prima che tu lo faccia.
— E quali dirai tu?
— Chiamare per nome un uomo significa dire quello che farà prima che lo faccia. Perciò io ti dirò il tuo nome, Palicrovol. Tu sei Re di Burland.
D’improvviso Palicrovol si impaurì. — Io sono Conte di Traffing.
— Il popolo odia il Re Nasilee. Gli hanno dato il sangue della loro vita, e lui ha dato loro solo povertà e terrore. Il popolo desidera qualcuno che li liberi da questo fardello.
— Allora vai da un uomo che abbia eserciti. — Se Nasilee avesse saputo che Palicrovol aveva anche solo dato ascolto a quell’uomo, sarebbe stata la fine della casa di Traffing.
— Il generale Zymas verrà da te e ti seguirà fino alla morte.
— Che sarà molto vicina, se oserà ribellarsi al Re.
— Al contrario — disse l’Uomo di Dio. — Fra trecento anni tu e Zymas e Sleeve sarete tutti vivi, con la vita di un uomo ancora dinanzi a voi.
Sleeve rise. — Da quando il tuo Dio che odia la magia fa dei doni a un povero stregone?
— Per ciascun giorno in cui ti sarà grato il dono, ce ne saranno cinque in cui lo odierai.
Palicrovol si sporse in avanti. — Dovrei farti uccidere.
— A che ti servirebbe? Io sono solo un povero vecchio, e quando Dio lascerà andare il mio corpo, saprò meno ancora di te.
Sleeve scosse la testa. — Non vi è alcuna poesia nella profezia di quest’uomo.
— È vero — disse Palicrovol. — Ma c’è un racconto in essa.
— Non è una profezia — disse l’Uomo di Dio. — È il tuo nome. Zymas verrà da te, e nel nome di Dio tu conquisterai. Entrerai nella città Speranza del Cervo, e la figlia del Re cavalcherà il Cervo per te. Costruirai un nuovo tempio di Dio, e chiamerai la città Inwit, e nessun altro dio vi sarà adorato. E questo soprattutto: non sarai sicuro sul trono fino a quando Re Nasilee e sua figlia Asineth non saranno morti.
Avendo detto queste parole, l’Uomo di Dio ebbe un brivido, la sua bocca si aprì e la luce svanì dai suoi occhi. Cominciò a guardarsi intorno, con sorpresa e stanchezza. Senza dubbio gli era già successo altre volte, ma evidentemente non era ancora abituato a trovarsi in luoghi sconosciuti… in particolare nel mezzo di una solennissima Festa della Cerva.
— Che servitori brillanti si sceglie questo Dio — disse Sleeve.
Palicrovol non rise. Il fuoco che aveva lasciato gli occhi del vecchio aveva lasciato una scintilla in Palicrovol. — Qui, davanti a tutti voi — disse — vi dirò ciò che non ho mai osato dire prima. Odio Re Nasilee e tutte le sue azioni, e per il bene di tutta Burland desidero vederlo scacciato dal trono.
A queste parole di tradimento, dette proprio alla Festa della Cerva, i suoi uomini lo fissarono, immobili e guardinghi.
— È un bene che noi ti amiamo — disse Sleeve. — Manterremo tutti il silenzio e non diremo a nessuno che hai parlato contro Re Nasilee. E pregheremo il Cervo che tu non ti lasci sedurre dalle adulazioni di un dio straniero e geloso.
Le parole di Sleeve sconsigliavano la ribellione, ma Palicrovol aveva imparato che le parole di Sleeve raramente corrispondevano alle intenzioni di Sleeve. Sleeve forse voleva intendere che ormai era troppo tardi perché Palicrovol cambiasse idea, poiché ormai era destinato a vivere nel costante timore che qualcuno lo tradisse. E quanto alla profezia di vittoria dell’Uomo di Dio, Sleeve ne dubitava davvero? O lo stava mettendo alla prova? Palicrovol guardò la faccia bianca in maniera innaturale dello stregone, la sua pelle trasparente, i capelli sottili e pallidi come una ragnatela. Come leggere sulla tua faccia? si chiese Palicrovol. E mentre se lo chiedeva, seppe che Sleeve non intendeva che gli si leggesse sulla faccia. Sleeve esaminava gli altri, ma non si faceva esaminare a sua volta; Sleeve comprendeva, ma rimaneva incomprensibile. — Sei venuto da me senza alcuna ragione a me comprensibile — disse Palicrovol. — Fino ad ora. Sei venuto da me a causa di questo.
Sleeve sporse le labbra con disprezzo. — Io seguo le interiora degli animali. Mi servo della potenza del loro sangue e in cambio essi mi insegnano dove andare. Quali che siano i piani che Dio ha per te, non mi riguardano. — Ma il suo diniego era una conferma, poiché mai prima di allora Sleeve si era dato la pena di spiegarsi.
Una tromba suonò fuori dal recinto. Il conte Palicrovol balzò in piedi. Il mantello di corteccia scivolò dalle sue spalle quando fu in piedi. — Il Re — sussurrarono alcuni degli uomini, poiché era tale il terrore degli Occhi e delle Orecchie di Re Nasilee che credettero che avesse già udito del suo tradimento e fosse venuto per punire Palicrovol. Non si sentirono meglio quando videro un esercito di cinquecento uomini raccolti fuori dalla fortezza.
— Chi sei tu, che porti un esercito alla mia porta? — gridò Palicrovol dalla merlatura.
— Sono Zymas, un tempo generale dell’armata del Re. E tu chi sei, che stai nudo sui merli?
Palicrovol sentì il freddo dell’inverno per la prima volta da che era iniziata la Festa della Cerva: la profezia si stava già avverando. In quel momento prese la sua decisione. — Sono Palicrovol, Re di Burland!
Ma l’esercito non lo acclamò, e Palicrovol sentì le vertigini della disperazione. Aveva pronunciato parole di tradimento dinanzi alla mano destra del Re, solo perché aveva creduto al profeta pazzo di un Dio sciocco.
— Palicrovol! — chiamò Zymas.
— Possono queste porte tenerti fuori se vuoi entrare? — chiese Palicrovol.
Zymas rispose: — Possono questi soldati tenerti dentro se vuoi uscire?
— Se questi soldati sono miei nemici, allora non uscirò. Rimarrò qui e farò loro pagare un pedaggio di sangue per ogni passo che faranno all’interno delle mie mura.
— E se sono amici?
— Perché sei venuto da me? — gridò Palicrovol dai merli. — Perché ti prendi gioco di me?
— Ti ho sognato, Conte di Traffing. Perché ti ho sognato?
Palicrovol si voltò verso Sleeve, che sorrise. — È la Festa della Cerva — disse Sleeve.
— È la Festa della Cerva! — gridò Palicrovol.
— Gli intestini erano pesanti e il grembo pronto a sgravare a giorni — disse Sleeve.
— Gli intestini erano pesanti e il grembo pronto a sgravare a giorni! — gridò Palicrovol. Facendo eco alle parole di Sleeve, Palicrovol si sentì sollevato. Quando la cerva che dava se stessa alla Festa della Cerva era gravida, l’impresa del signore della festa non poteva fallire. L’impresa di qualcuno, comunque, ed era segno di cortesia riferire i buoni presagi all’ospite.
— Non so nulla di presagi — disse Zymas. — Chi è il mago che ti insegna cosa dire?
Sleeve parlò in prima persona, allora. — Sono Sleeve — disse. — Le Dolci Sorelle mi hanno mostrato una cerva pesante. Dio ha parlato a Palicrovol attraverso un vecchio pazzo. E il Cervo è venuto da te in sogno. Se tutti i grandi dèi sono con Palicrovol, cosa potrà opporsi a lui?
Zymas non aveva detto che c’era stato un cervo nel suo sogno. — Che bisogno ha di me?
— Che bisogno hai tu di lui? È sufficiente che entrambi vi siate dichiarati traditori. Se lavorerete insieme potrete abbattere questo Re. Se vi scontrate, Nasilee troverà la sua fatica molto più facile.
Zymas pensò anche a un’altra cosa: che Sleeve, il più grande dei maghi viventi, era con quel Conte di Traffing. — Palicrovol, se vuoi essere Re, ti aiuterò a sposare la figlia del Re e a salire sul trono. Sarai un re giusto e buono?
— Sarò re come sono stato Conte — disse Palicrovol. — La mia gente prospera più della gente di qualsiasi altro signore. Sono un giudice giusto, per quanto può esserlo un uomo.
— Se questo è vero, ti seguirò, e i miei uomini ti seguiranno — disse Zymas.
Così la profezia dell’Uomo di Dio fu compiuta, anche se aveva predetto un evento improbabile quanto lo scorrere del Burring verso le montagne. Zymas era venuto da lui, ancora prima che Palicrovol avesse compiuto un singolo atto di ribellione. Dio era adesso il suo Dio. — Ed io — gridò Palicrovol — seguirò Dio.
E io, mormorò Sleeve dalla bianca pelle, Sleeve dagli occhi rosa, io potrei scuotere la terra e radere al suolo questa fortezza, e con la mano sinistra potrei far sorgere una foresta al posto dei cinquecento uomini di Zymas. Perché dovrei legarmi a questi uomini privi di magia, in particolare dal momento che temono quel dio ridicolo chiamato Dio? Essi non hanno bisogno di me, e io non ho bisogno di loro.
Ma Sleeve sentì il sangue della cerva indurirsi sulle sue braccia e sulle sue mani, e fu soddisfatto che Palicrovol diventasse re, anche se lo faceva nel nome di questo Dio giovane e irato.
E fu così che Policrovol iniziò la sua ricerca del trono di Burland.