6 LA MOGLIE DEL CONTADINO

La vita di Orem Fianchi-Magri, il Piccolo Re, iniziò in questa maniera: con un uomo che inseguiva un cervo nei boschi; con una donna che faceva il bagno in un fiume.

La poesia delle cose che crescono da sé

Molly, la moglie del contadino, aveva i suoi sei figli, e non ne desiderava altri. Sei figli, e tre figlie: troppi maschi per dividere fra di loro la fattoria, troppe figlie per sposarle con una dote decente. Non era certo un figlio che desiderava, quando quella mattina di primavera andò nel suo posto segreto, sulle rive del Banning. Andò con un tocco di magia delle dita, in maniera che nessuno potesse seguirla; ma venne seguita. O piuttosto venne trovata.

Era un luogo scuro, un luogo tranquillo, dove il fiume scorreva stretto e profondo, così rapido che un ramoscello spariva in un istante, e così silenzioso che si potevano sentire tutti i canti, ogni rumore di passi. Gli alberi si allungavano sull’acqua e si incontravano in un soffitto denso, che impediva al sole di danzare sull’acqua. Era fresco, lì, anche in estate. Una caverna fatta di foglie e acqua, tutte le cose fredde e terribili di una donna: era la vera casa di Molly, il luogo dove osava chiamarsi con il suo nome più segreto.

Bocciolo, sussurrò, chiamando se stessa.

Zitta, disse il fiume in risposta. Zitta, poiché la fine della tua vita si sta avvicinando, seguendo le tracce di un cervo.


Il cervo mezzano

Un grande cervo grigio era ritto sull’altra riva del fiume. Molly lo conosceva bene, sapeva che nel cervo e nella cerva c’erano magie oltre la portata delle sciocche contadine di Waterswatch. Al di là anche della sua portata, e lei era la migliore di tutte loro. Il sangue del cervo, dicono, tinge tutto il mondo. Guardò mentre il cervo condiscendeva a bere dal fiume; guardò mentre l’acqua cadeva argentea e silenziosa dalla sua bocca tornando nel fiume; guardò un cacciatore arrivare alle spalle della grande bestia, la freccia incoccata, l’arco abbassato ma pronto a essere teso in un istante.

Non osare ferire la testa cornuta, gridò in silenzio Molly.

E, come obbedendo al suo grido, il cacciatore si fermò e guardò il cervo bere, lasciando la freccia scivolare dalla cocca, lasciando allentare l’arco. Nessuna morte quel giorno per la testa dalle cento punte.

Molly studiò il cacciatore, mentre il cacciatore studiava il cervo. Era un uomo dall’aria forte. Non molto alto, nero di capelli come gli uomini dell’occidente. Indossava il verde scuro del Re… un soldato, dunque. Ma diverso dalla maggior parte dei soldati, poiché Molly non aveva mai visto un soldato che sapesse riconoscere la bellezza di un cervo; né conosceva alcun uomo che sapesse fissare la sua attenzione su una cosa per tanto tempo. Gli occhi dell’uomo brillavano nel buio della sua verde e silenziosa caverna. Era perfettamente immobile, eppure anche così le sue braccia avevano della forza in loro. Anche silenziose, le sue labbra comandavano l’attenzione. E lei seppe, o pensò di sapere, o lo sognò mentre succedeva: seppe che quell’uomo non era un soldato qualunque del Re. Era Palicrovol stesso, sì: Palicrovol l’Esule, il Marito di Bella Lontana. Non c’è da meravigliarsi, pensò, che osservi con tanto desiderio il cervo. Vorrebbe che qualche dio potesse essere liberato per portargli pace. Bene, regina Bella, se oggi tu guardi, guarda come io gli porto pace, pensò Molly, pensò la feconda Bocciolo, poiché avrò quest’uomo, avrò la vita di lui dentro di me.

Sono una donna casta, gridò una parte di lei. E i figli di lui nascono mostri.

Ma una parte di lei rispose, con una pace che solo le Dolci Sorelle potevano dare: I miei figli non sono nati mostri, e una donna non è veramente casta se rifiuta l’uomo che le porta il Cervo. Il suo grembo, che tante volte era stato pieno, gridava per essere riempito di nuovo. Ma questa volta, questa volta di un figlio di Re, questa volta con il figlio del Cervo.

— Uomo — sussurrò. Tale era il silenzio in quel luogo, che lui udì eppure non fu spaventato.

— Donna — disse, e il suo viso mostrò un distaccato divertimento.

— Sei forte come il fiume?

— E tu — rispose lui — sei altrettanto profonda?

In risposta, lei si stese sulla riva coperta d’erba e di foglie e sorrise. Vieni, se c’è un uomo oltre che un re dentro di te.

Quasi sentisse la sua sfida, Palicrovol attraversò il fiume, nudo eccetto per il suo pugnale, poiché non voleva essere senza difesa alcuna. Combatté arditamente contro la corrente, ma lo stesso arrivò dall’altra parte molto più a valle rispetto a dov’era lei, e Molly lo osservò mentre veniva verso di lei, gocciolante ed esausto. Si diceva che il fiume Banning fosse impossibile da passare a guado, e molto insicuro da attraversare a nuoto. Eppure il Re l’aveva attraversato per lei. Le gambe di Molly tremarono.

Lui le si fermò vicino, le gambe sporche di foglie, di erba, di fango. Non era bello, eppure lei sentì un tremito nelle viscere guardandolo.

— Donna, come ti chiami? — Non c’erano desiderio o affetto nel suo sguardo. Non fingeva di credere che fosse giovane e bella, poiché non era né l’uno né l’altro. La pancia le cascava dentro le gonne, le sue cosce erano pesanti, e le mammelle erano flaccide come quelle di una vecchia mucca. Ciò che il Cervo unisce è ciò che non si sarebbe unito senza di lui. Bella o no, era chiaro che egli desiderava ciò che lei desiderava, e altrettanto.

— Sono Bocciolo — disse lei, dandogli il suo nome segreto di donna, anche se era un uomo. Il Cervo l’aveva condotto.

— La foresta ti ha dato a me?

— Ho un marito — disse lei. — Non sarò tua.

Con sua sorpresa, lui parve adirarsi e fece un passo indietro, come se il fatto che fosse sposata costituisse una barriera.

— Uomo — disse lei — non sarò tua. Ma tu non vuoi essere mio?

— Sì — disse lui. — Sì, lo sarò. Sì.

La prese come il cervo monta la cerva; e lei gridò di dolore e di piacere nel dare e nel prendere. Palicrovol mise il seme di un figlio dentro di lei, poi la baciò sulle reni, dietro il grembo. — Ciò che verrà da questo, solo Dio lo sa — le disse. Ma lei si limitò a canticchiare, giacendo nuda sulla riva, senza neppure voltarsi a guardarlo mentre tornava a immergersi nel fiume, e nuotava. Non era stato Dio a condurlo lì, non lo sapeva? No, non era stato Dio ma il Cervo che sapeva ciò che sarebbe venuto; il sangue del Cervo, il sangue che scorreva dalla sua pancia, anche se non era stata vergine, come se l’avesse segretamente trafitta con un coltello. Ciò che hai fatto dentro di me, o Palicrovol, disse al ricordo della carne di lui, ciò che hai fatto dentro di me, io lo renderò più forte di te. Lo renderò grande e forte. Nove figli ho partorito vivi, e sempre di mio marito. Ma questo non è di mio marito. Questo è mio. Gli darò nome Orem, perché acqua argentea scorreva dal corpo di suo padre il mattino in cui fu concepito.

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