Whitley Physicker aiutò Peggy a scendere dal calesse di fronte a una bella casa a due piani in uno dei quartieri più eleganti di Dekane. «Preferirei accompagnarti fino alla porta, Peggy Guester, tanto per accertarmi che ci sia qualcuno in casa per accoglierti» disse il dottore, ma Peggy capì che non si aspettava che lei gli consentisse di farlo davvero. Se c’era una persona al mondo che sapeva quanto lei detestasse avere gente intorno, quella era proprio il dottor Whitley Physicker. Perciò Peggy lo ringraziò e lo salutò calorosamente.
Mentre alzava il batacchio della porta, udì il calesse allontanarsi e gli zoccoli del cavallo echeggiare sul lastricato. Le venne ad aprire una cameriera, una ragazza tedesca sbarcata così recentemente in America da non sapere nemmeno quel tanto d’inglese necessario a chiedere il nome di Peggy. La invitò a entrare con un gesto, la fece sedere su una panca nell’ingresso, quindi le porse un vassoio d’argento.
A che cosa serviva quel vassoio? Da quello che scorgeva nella mente di quella giovane straniera, Peggy non riuscì a raccapezzare quasi nulla. Si aspettava qualcosa… Ma che cosa? Un foglietto di carta? Peggy non riusciva davvero a capire. La ragazza le avvicinò ancora il vassoio, con insistenza. Peggy non poté che alzare le spalle.
Alla fine la giovane tedesca lasciò perdere e se ne andò. Peggy attese, seduta sulla panca. Esplorò la casa in cerca di fiamme vitali, e trovò quella per cui era venuta. Solo allora comprese a che cosa serviva quel vassoio… per il suo biglietto da visita. In città le persone, o almeno i ricchi, portavano con sé dei bigliettini con su scritto il loro nome, per annunciarsi quando andavano a far visita a qualcuno. Peggy ricordò addirittura di aver letto qualcosa del genere in un libro, ma era un libro sulle Colonie della Corona, e non avrebbe mai creduto che anche nei territori liberi la gente stesse dietro a simili formalità.
Poco dopo fece il suo ingresso la padrona di casa. La ragazza tedesca la seguiva come un’ombra, adocchiando Peggy da dietro l’elegante abito da pomeriggio della sua donna. Dalla fiamma vitale della nuova arrivata, Peggy capì che non si sentiva vestita in maniera particolarmente elegante; tuttavia ai suoi occhi parve una regina.
Peggy guardò nella sua fiamma vitale e vi trovò ciò che aveva sperato. La signora non era affatto seccata nel vedere Peggy in casa sua, ma semplicemente incuriosita. Certo, la stava giudicando (Peggy non aveva mai conosciuto nessuno, e men che mai lei stessa, che di fronte a un estraneo in qualche modo non lo giudicasse), ma in modo benevolo. Guardando l’abito disadorno di Peggy, la signora vide una ragazza di campagna, non una mendicante; guardando il viso duro e inespressivo di Peggy, vide una bambina che aveva conosciuto il dolore, non una ragazza brutta. E quando immaginò quale potesse essere stato il dolore di Peggy, il suo primo pensiero fu di cercare di aiutarla. Tutto considerato, quella donna era buona. Recandosi a casa sua, Peggy non aveva commesso un errore.
«Non credo di avere il piacere di conoscervi» disse la signora. La sua voce era dolce, calda e pacata.
«Penso di no, padrona Modesty» rispose Peggy. «Mi chiamo Peggy. Credo abbiate conosciuto mio padre, anni fa.»
«Potreste per caso dirmi il suo nome?»
«Horace» disse Peggy. «Horace Guester di Hatrack, nell’Hio.»
Peggy scorse il tumulto scoppiato nella fiamma vitale della sua interlocutrice al solo udire quel nome… Un ricordo felice, e insieme un fremito di paura riguardo alle intenzioni di quella ragazza sconosciuta. La paura tuttavia presto scomparve… Suo marito era morto da anni, perciò non poteva restarne ferito. Ma nessuna di quelle emozioni trasparì dal volto della signora, che conservò con grazia perfetta la sua espressione dolce e amichevole. Modesty si voltò verso la cameriera e le rivolse qualche parola in perfetto tedesco. La ragazza s’inchinò e uscì dalla stanza.
«È stato vostro padre a mandarvi?» chiese la signora. La sua domanda inespressa era: «Tuo padre ti ha detto che cosa sono stata per lui, e che cos’è stato lui per me?»
«No» rispose Peggy. «Sono venuta di mia iniziativa. Se sapesse che conosco il vostro nome, ne morirebbe. Vedete, padrona Modesty, io sono una fiaccola. Mio padre non ha segreti, almeno per me. Nessuno può averne.»
Peggy non restò affatto sorpresa nel vedere come Modesty prendeva quella notizia. Molte persone avrebbero pensato immediatamente a tutti i segreti che avrebbero preferito non rivelare. La signora invece pensò subito a quanto Peggy dovesse soffrire nel conoscere cose che non avrebbero dovuto essere conosciute. «Da quanto tempo vi succede?» chiese a bassa voce. «Sicuramente non da quando eravate solo una bambina. Il Signore è troppo misericordioso per consentire che una mente infantile venga turbata da simili conoscenze.»
«Temo che nel mio caso il Signore non si sia dato troppo pensiero» disse Peggy.
La signora tese la mano e sfiorò la guancia dell’ospite. Peggy sapeva che la signora si era accorta che era ancora impolverata dopo il lungo viaggio in calesse. Ma ciò cui la signora pensava in quel momento non erano i vestiti o la polvere della strada. Una fiaccola, stava pensando. Ecco perché una ragazza così giovane ha un’espressione tanto fredda e indisponente. Sapere troppe cose l’ha indurita.
«Perché siete venuta da me?» chiese Modesty. «Certamente non avrete intenzione di far del male a me o a vostro padre per una trasgressione che appartiene ormai al passato.»
«Oh, no, padrona Modesty» esclamò Peggy. La sua voce non le era mai sembrata così sgradevole; in confronto a quella di Modesty, era stridula come il verso di una cornacchia. «I miei poteri di fiaccola mi hanno non solo permesso di conoscere il vostro segreto, ma anche di sapere che tra voi e mio padre c’è stato anche del bene… In quanto al peccato, papà si porta ancora dietro tutto intero il peso della colpa.»
Gli occhi di Modesty si riempirono di lacrime. «Avevo sperato…» mormorò. «Avevo sperato che il tempo potesse alleviare in lui il peso della vergogna, e che adesso egli potesse ripensare con gioia a quei giorni. Come uno di quegli antichi arazzi inglesi in cui i colori sono ormai svaniti, ma le cui immagini sono l’ombra stessa della bellezza.»
Peggy avrebbe potuto dirle che, nel ricordare quell’incontro, suo padre provava ben più che gioia; che riviveva il suo sentimento per lei come se da allora non fossero trascorsi anni, bensì giorni. Quel segreto tuttavia apparteneva a suo padre, e Peggy non aveva il diritto di rivelarlo.
Modesty si portò delicatamente un fazzolettino agli occhi, per asciugare le lacrime che ancora vi tremavano. «Per tutti questi anni non ne avevo mai fatto parola ad anima viva. Avevo aperto il mio cuore soltanto al Signore, ed Egli mi ha perdonata; eppure ora trovo vivificante parlarne con qualcuno che posso vedere in viso con i miei stessi occhi, e non soltanto con l’immaginazione. Ditemi, bambina, se non siete qui nelle vesti di angelo vendicatore, siete forse giunta a me come angelo del perdono?»
La signora Modesty parlava con tale eleganza che la stessa Peggy si trovò a usare le frasi dei libri che aveva letto, anziché il suo naturale modo di esprimersi. «Sono qui nelle vesti di… supplice» disse. «Sono venuta in cerca d’aiuto. Sono venuta per cambiare vita, e ho pensato, giacché avete amato mio padre, che forse potevate esser disposta a compiere un gesto di generosità nei confronti di sua figlia.»
La signora sorrise. «Se i vostri poteri di fiaccola sono anche solo la metà di quelli che affermate di avere, conoscete già la mia risposta. Che genere d’aiuto vi serve? Mio marito, morendo, mi ha lasciato molto denaro, ma non credo sia di questo che avete bisogno.»
«No, signora» disse Peggy. Ma che cosa voleva, esattamente, ora che si trovava lì? Come spiegare il motivo per cui era venuta? «La vita che mi sono vista davanti, laggiù a Hatrack, non mi piaceva. Volevo…»
«Fuggire?»
«Qualcosa del genere, credo, ma non esattamente.»
«Vorreste diventare qualcosa di diverso da quello che siete» disse la signora.
«Sì, padrona Modesty.»
«E che cosa vorreste diventare?»
Peggy non aveva mai pensato alle parole per descrivere ciò che sognava, ma ora, con Modesty davanti a sé, comprese con quanta semplicità quei sogni potessero essere espressi. «Voi, padrona Modesty.»
La signora sorrise e si toccò il viso, i capelli. «Oh, bambina mia, credo che dovreste avere mete più elevate. Gran parte di ciò che in me ha più valore è stato vostro padre a donarmelo. Il modo in cui mi ha amata mi ha insegnato che forse — no, non forse - che ero degna d’amore. Da allora ho imparato molte altre cose riguardo a ciò che una donna è e dovrebbe essere. Che meravigliosa simmetria, se solo potessi restituire a sua figlia una parte della sapienza che egli mi ha donato.» Rise dolcemente. «Non avrei mai creduto di poter accogliere un’allieva.»
«Più discepola che allieva, credo, padrona Modesty.»
«Né allieva né discepola. Sei disposta a restare come ospite in casa mia? Mi consentirai di essere tua amica?»
Sebbene Peggy non potesse scorgere con chiarezza i sentieri della propria vita, sentì tuttavia schiudersi dentro di sé futuri che mai avrebbe osato sperare, e che l’attendevano proprio in quel luogo. «Oh, signora» sussurrò. «Se lo volete voi.»